Anime & Manga > Skip Beat!
Segui la storia  |       
Autore: Yasha 26    08/06/2016    4 recensioni
(Cain/Setsu/Reino)
- Ma che t'importa con chi esco? Se anche andassi a letto con mezza città, a te che importa? -
- Non osare nemmeno pensarla una cosa del genere! – esclamò Cain, guardandola torvo. Lui ci provava a mantenere la calma, ma Setsu era abile nel fargliela perdere.
- Perché non dovrei? Adesso potrei anche uscire da questa stanza e andare a letto col primo che incontro! Non potresti impedirmelo! - lo sfidò, avvicinandosi all'ingresso, ormai stanca di quella lite.
Fu tutto troppo veloce per Setsu, che quasi non capì come avesse fatto a finire sul letto, con Cain su di lei a bloccarla con forza contro il materasso.
Era sorpresa da quella reazione, ma non impaurita. Le sembrava di assistere ad un attacco di gelosia e non al rimprovero di un normale fratello preoccupato. Poteva forse sperare che fossero la gelosia e la rabbia di un uomo innamorato?
- Perché ti stai comportando così? Che cosa vuoi da me? - gli chiese, sperando in una risposta diversa dal suo solito: "Sei troppo piccola e ingenua per avere un uomo”.
- Volevi andare a letto col primo che incontravi, no? Ti sto accontentando! – rispose lui, baciandola.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cain Heel, Reino, Setsuka Heel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 




- Domani torni a casa. – la informò sbrigativo, mettendo le scarpe e prendendo il cappotto. Aveva bisogno di uscire da quella stanza e stare lontano da lei.
 
- Co-cosa? Perché? – domandò incredula la ragazza.
- Perché una cosa del genere non dovrà mai più ripetersi. – rispose amareggiato Cain, puntando lo sguardo verso il letto con le lenzuola sfatte, testimoni di quell’amore incestuoso che non avrebbe dovuto consumarsi.
- Io… non capisco. Sei stato tu a… - mormorò spaesata, non riuscendo a seguire i suoi discorsi sconnessi, almeno per lei, poiché per Cain erano fin troppo chiari.
- Già. È colpa mia ciò che è accaduto. Non avrei dovuto nemmeno toccarti. È stato un errore. Ti ho tolto qualcosa che non mi spettava davvero prendere. – disse terribilmente pentito.
- Non ti seguo. -
- La tua verginità... mi spiace. Sono stato un animale. Ho agito d’istinto. –
- Eh? Che accidenti dici? Non avrei voluto altri che te, sia per la prima volta sia per l’ultima. Ti amo e non potrei mai pentirmi di quello che è successo. Io ne sono felice. Se è solo questo il problema, non sentirti in colpa, lo volevo tanto quanto te. – provò a rassicurarlo. Lo vedeva agitato e non capiva il perché.
Cain ascoltò nuovamente quella dichiarazione d’amore e non poté che sentirsi peggio. In altre circostanze avrebbe gioito. Sarebbe stato felice di scoprire che la donna che tanto amava, ricambiava il suo amore. Ma non lei. Era sua sorella e doveva proteggerla.
Ricordava ancora le ultime parole che gli avevano rivolto i genitori quel tragico giorno,  poco prima di uscire a cena: “Ti affidiamo Setsu. Occupati di lei.”
Semplici parole di routine che ogni genitore era solito dire al figlio più grande lasciato a fare da babysitter al più piccolo, lo sapeva, ne era consapevole, ma per lui, rimasto orfano poche ore più tardi, erano diventate un peso enorme da sostenere. Gli avevano affidato Setsu e lui l’avrebbe protetta da tutto e da tutti, anche da se stesso.
Se avesse permesso ai sentimenti di prendere il sopravvento, sarebbe stato pericoloso. Finché quello innamorato era solamente lui, andava bene, l'avrebbe amata in silenzio, così si diceva ogni volta, ma poiché Setsu provava le stesse cose, doveva allontanarla. La conosceva bene e sapeva che se fosse rimasta lo avrebbe provocato fino a farlo cedere, facendogli perdere il controllo e trascinandolo in una relazione pericolosa, agli occhi di tutti. Setsu doveva allontanarsi da lui, anche se questo lo avrebbe annientato.
- Cain? – lo chiamò lei, vedendolo assorto.
- Da quanto? – chiese il ragazzo, spezzando il silenzio.
- Da quanto cosa? –
- Da quanto sei innamorata di me? – le domandò curioso, visto che non aveva mai sospettato nulla.
- Da che ne ho memoria. Pensavo fosse affetto fraterno, però mi sbagliavo. Lo notavo ogni volta che eri con qualche ragazza. Oltre ad esserne gelosa, ne ero tremendamente invidiosa. Avrei tanto voluto essere al loro posto quando le baciavi, così ho capito. Sapessi quanto mi ha reso felice scoprire che anche tu mi ami! Adesso possiamo stare insieme senza scuse e finzioni! Saremo una coppia perfetta fratellone! – affermò Setsu emozionata. Sentiva il cuore scoppiare di gioia come mai. Finalmente non avrebbe dovuto dividerlo più con nessuna. Sarebbe stato solamente suo. Ovviamente sembrava spaventato per quello che sarebbe accaduto, si notava dall’espressione tesa del suo viso. La gente li avrebbe mal giudicati, ma a lei non importava nulla. Lo amava e avrebbe affrontato di tutto per lui.
Cain, però, non la pensava alla stessa maniera.
- Noi non staremo mai insieme. – dichiarò freddamente, facendo appello a tutte le sue forze.
- Come? – chiese Setsu, sperando di aver sentito male.
- Non avremo nessuna relazione. Smetti di fantasticare su cose impossibili e torna con i piedi per terra. – l’ammonì duramente.
- Perché? – domandò lei, sentendo il cuore balzare in gola.
- Forse hai dimenticato una cosa Setsu: siamo fratelli. – le ricordò sofferente, cercando di non darlo a vedere e indossando una maschera d’indifferenza che non gli apparteneva.
- E che importanza ha? Non saremmo né i primi né gli ultimi! – sostenne lei, ben sapendo di non essere i soli a trovarsi in quella situazione.
- Ma ti senti quando parli? Che importanza ha, chiedi? Oltre che immorale, è soprattutto illegale! O lo hai dimenticato? Sono un attore e presto si verrebbe a sapere che ho una relazione incestuosa con mia sorella! Hai idea delle ripercussioni che ci sarebbero? – le rammentò, poiché sembrava aver totalmente cancellato la parte più importante.
- No, non l’ho dimenticato, ma non dobbiamo certo andare a sbandierarlo ai quattro venti se non vuoi! Lo terremo solo per noi, per non rovinare la tua carriera. Non possiamo rinunciare ad amarci per questo! E poi… abbiamo già fatto l’amore. Non credi sia troppo tardi per tornare indietro? –
In quel momento, grazie alle parole della sorella, nella mente di Cain prese forma un piano perfetto per allontanarla definitivamente, anche se, probabilmente, l’avrebbe odiato per sempre. La scelta, però, era vivere con lei quell’amore proibito e metterla seriamente nei guai, o allontanarla e permetterle di vivere la sua vita, in modo sereno e alla luce del sole. E lui sapeva cosa fosse giusto fare per proteggerla. Doveva farlo per il suo bene, perché l’amore che provava per lei era più grande di ogni cosa, perfino più della propria vita, che avrebbe sacrificato mille volte per lei.
Chiamò a sé tutto il suo coraggio e infine parlò.
- Rinunciare ad amarci? Credo ti sfugga qualcosa d’importante sorellina… Io non ho mai detto di amarti. – rispose distaccato, iniziando a recitare un ruolo che non avrebbe mai voluto interpretare.
- Che intendi dire? – chiese lei confusa.
- Stai confondendo una semplice notte di sesso con qualcosa che non esiste. Non l’ho fatto certo per amore, ma solo per togliermi uno sfizio. - mentì, sentendo il cuore incrinarsi.
Lo sconcerto sul viso di sua sorella, però, fu la cosa che più fece male. I suoi occhi sgranati valevano più di mille parole. Più volte la vide aprire le labbra per parlare, ed altrettante volte le vide richiudersi, preda di un lieve tremore. La voglia di abbracciarla e dirle che stava mentendo, iniziava a farsi forte, ma non doveva cedere, nemmeno se avesse iniziato ad inveirgli contro.
- Uno… sfizio? – riuscì finalmente a parlare, quando la voce si decise a tornare.
- Sì, uno sfizio. Per questo mi spiace averlo fatto, perché sicuramente avresti preferito donarti all’uomo che un giorno amerai davvero. – continuò a recitare, pronunciando con rabbia quelle parole, pesanti come macigni. Immaginarla con un altro uomo era un tormento.
- Non è vero ciò che dici! Stai mentendo! – esclamò, sentendo la testa girare. Aveva inconsciamente smesso di respirare per lo shock. Tutto il suo corpo sembrava essersi paralizzato nell’udire quelle brevi ma terribili parole. Solo il cuore dava segni di vita, pulsando con talmente tanta furia da voler fuoriuscire dalla sua gabbia toracica.
- Non ti sto affatto mentendo. Sei mia sorella Setsuka. Come potrei amarti come donna? –
- E quello di poco fa? Con una sorella non si va a letto per passare il tempo! – affermò con sconcerto.
- Sì che si può, così come si può fare sesso con un’estranea. –
- Quello che dici non ha senso! Hai detto che sono tua, che nessuno deve toccarmi all’infuori di te e ora te ne esci che era solo per sfizio? No! Non ti credo! Quelle erano le parole di un uomo geloso, innamorato della donna che stava baciando! L’ho sentito! – sostenne disperata, pensando che la situazione che stava vivendo fosse assurda e irreale, il frutto di un incubo.
- Hai sentito ciò che hai voluto in quanto donna innamorata. Mi spiace sorellina, ma io non ricambio questo amore malato, quindi, per il tuo bene, è meglio che mi stai lontano se non vuoi soffrire. –
- Amore malato? – ripeté ancora più sconvolta, mentre le lacrime iniziavano a lasciare i suoi occhi, che non avevano più avuto la forza di chiudersi.
- Sono sicuro che questa tua pazzia passerà presto. È solo uno dei tuoi tanti capricci. Torna a casa. L’aria di questo paese ti fa male. –
Setsu non rispose. Era totalmente impietrita. La sua mente si era svuotata di ogni pensiero. Sentiva solamente il freddo invaderle l’anima, raggelarle il cuore, che lentamente frenava il suo pulsare folle.
 “Sì… è sicuramente un incubo. Adesso mi sveglio e tutto questo svanirà. Mi ritroverò tra le braccia del mio amato Cain, che mi stringeranno come sempre. Sì, è un incubo! Devo svegliarmi! Ora! Questa non è la realtà. Questa non è la realtà! No! Non può!“
- Vado a fare un giro, tu prepara le valigie per domani. Ah, dimenticavo, non rovinare la camicia. Devo restituirla. – le disse, guardandola un’ultima volta prima di lasciare la camera.
Era ferma al centro della stanza, a guardarlo con espressione quasi assente. Credeva avrebbe iniziato ad urlargli contro, invece non aveva più detto una parola. Non sapeva se fosse un bene o un male. Si aspettava insulti, invece nulla. Sembrava essersi chiusa nel mutismo, solo i suoi occhi pieni di lacrime esprimevano per lei il dolore che le aveva inflitto. Si sentì un verme, ma non poté fare altrimenti.
Si chiuse la porta alle spalle, senza nemmeno salutarla, e si allontanò dall’albergo, senza una meta precisa da raggiungere.
 
Setsu restò a guardare la porta davanti a sé e dalla quale Cain era uscito. Se n'era andato. L'aveva lasciata da sola in quella stanza, con quel letto a ricordarle il paradiso vissuto prima e l'inferno in cui era caduta dopo.
Non era riuscita a parlare, a dire nulla. La sua mente era come andata in blackout ascoltando quelle parole. Avrebbe voluto pregarlo di ripensarci, avrebbe voluto chiedergli di non andarsene, avrebbe perfino voluto imprecare contro di lui, ma non c'era riuscita. E lui era andato via per non guardarla, forse per sempre.
Improvvisamente, la stanza iniziò a vorticarle intorno, diventando stretta e soffocante. Una forte nausea la costrinse a raggiungere velocemente il bagno, nel quale riversò anche l’anima. Tremava, ma non per il freddo. Era completamente sconvolta. Si era sentita in quel modo solo una volta in vita sua, ovvero quando le dissero che i genitori erano morti, ma in quell’occasione ci fu Cain con lei. Questa volta era da sola, anche perché erano state proprio le mani di suo fratello a spingerla giù nel baratro.
Di colpo comprese che doveva andarsene; doveva uscire da lì, il prima possibile. Nonostante la confusione che le annebbiava i pensieri, rifletté sul vestirsi prima di lasciare quella stanza. Mise le prime cose che trovò e uscì, non prendendo né il cappotto né il cellulare.
Il freddo pungente dell'inverno la colpì in pieno viso, ma non se ne curò. Aveva bisogno di respirare a pieni polmoni e l'aria gelida della sera l'aiuto, restituendole un po' di calma.
Camminò a lungo, senza guardare ciò che la circondava. Le strade erano tutte uguali ai suoi occhi. Proseguì finché si ritrovò su un cavalcavia, su cui si fermò senza forze. Osservò le auto sfrecciare sotto di sé, chiedendosi se fossero dirette a casa, dove magari c'era qualcuno ad attendere il ritorno della persona amata dopo una giornata di lavoro. Dovevano essere all’incirca le nove, quindi era plausibile fosse così.
E lei? Lei attendeva il ritorno di qualcuno? No. Non aveva più nessuno. Cain l'aveva abbandonata nel peggiore dei modi, trattandola alla stregua di un oggetto, qualcosa con cui togliersi "lo sfizio", ed una volta fatto ciò, voleva liberarsene, rispedendola a casa.
Le lacrime tornarono a inondarle dolorosamente il viso. Delle auto sotto di sé, vide solamente le luci sfocate che si riflettevano sulle gocce salate che sgorgavano dai suoi occhi. Il cuore tornò a pulsare violentemente, bloccandole il respiro, fin quasi a soffocarla. Si lasciò scivolare disperata contro le inferriate del parapetto, fino a sedere sul freddo lastricato del ponte. I singhiozzi aumentarono d’intensità nel ricordare le parole di Cain  “- Io non ricambio questo amore malato. –“ . Così lo aveva definito, un amore malato, qualcosa di deprecabile, indegno di esistere.
Eppure… ricordava ogni singola carezza, ogni singolo bacio, ogni singola frase, e tutto sembravano, meno che i gesti dettati da un capriccio. Avrebbe giurato fossero azioni guidate dall’amore, dalla passione. Cosa le era sfuggito?
Poggiò la fronte sulle sbarre, stringendole con rabbia, continuando quel pianto inconsolabile. Non ci sarebbe stato più nessuno ad asciugare e nascondere nel suo abbraccio quelle lacrime. Era sola. Tutto ciò che le restava, erano solitudine e disperazione.
"Me lo sono meritato alla fine. Reino mi aveva avvertito di stargli lontano, ma io non l'ho ascoltato." rifletté, riuscendo finalmente a comprendere le parole del ragazzo. Lui sapeva che sarebbe successo, l'aveva avvertita, ma lei, troppo ingenua, troppo innamorata, troppo sciocca, non gli aveva dato retta.
 
Sappi solamente che io ci sarò quando quel bastardo ti spezzerà il cuore. Non esitare a chiamarmi se avessi bisogno d’aiuto, intesi?
 
Le parole del ragazzo risuonarono nella sua testa, provocandole un senso di disagio. Chiamarlo nel momento del bisogno? Sicuramente non era da lei. Non le era mai piaciuto approfittare della gente e di certo non avrebbe cominciato in quel momento. E comunque non aveva con sé il cellulare.
Tuttavia, avrebbe tanto voluto qualcuno al suo fianco che la tirasse via da quell’abisso di dolore in cui stava annegando, istante dopo istante, fino a farle perdere coscienza di sé e del luogo in cui si trovava, chiudendo gli occhi e precipitando nel buio.
 
Cain vagò per le strade della capitale per diverse ore come un’anima in pena. Si sentiva il peggiore degli uomini per la durezza con cui aveva trattato Setsu, ma solo in quel modo era sicuro di tenerla lontano. Se non lo avesse fatto, lei avrebbe continuato a insistere su quanto fosse giusto vivere il loro amore, andando contro tutto e tutti. Non avrebbe capito la gravità della situazione.
Vivere come dei delinquenti, nascondendosi per paura delle conseguenze, non era ciò che auspicava per lei. Aveva sempre fatto del suo meglio per garantirle un futuro roseo e di certo non sarebbe stato lui a rovinarlo, anche se ciò significava distruggere anche il proprio di futuro.
Setsuka era giovane, avrebbe sicuramente trovato un altro uomo da amare. Per lui, invece, non ci sarebbe stata nessuna donna. Lo sapeva perché ci aveva provato, ma non aveva funzionato. Il suo attaccamento morboso era nato quattro anni prima, quando la sorella, appena quindicenne, aveva iniziato con le sue stravaganze. Non sapeva spiegarsi il perché di quegli assurdi sentimenti, ma ogni giorno che passava era una tortura per lui. Vederla crescere sotto i suoi occhi, osservare i suoi cambiamenti nel tempo, godere della bellezza del suo viso ogni volta che gli sorrideva, vedere la fierezza nei suoi occhi ogni volta che parlava di lui con qualcuno, erano cose che lo avevano avvicinato sempre più a provare sentimenti che andavano oltre all’amore di un fratello.
Per tanto tempo si era sentito una persona terribile, anormale, un depravato, per quel desiderio perverso che nutriva verso qualcuno che gli era proibito guardare, ma sapere di non essere il solo lo aveva in un qualche modo rassicurato che non fosse un pazzo squilibrato. Era stato sconvolgente scoprire che anche lei provava le stesse cose. Purtroppo non potevano vivere quell’amore se non in modo clandestino, cosa che lui non voleva assolutamente.
Erano le tre del mattino quando si decise a ritornare per via della neve che iniziava a scendere fitta. Non sapeva cosa lo attendesse. Era rimasta sveglia ad aspettarlo o si era addormentata tra le lacrime? Non lo sapeva. Di certo, non avrebbe dormito accanto a lei ma sul divano.
Aprì piano la porta, stupendosi di veder filtrare ancora la luce accesa dallo spiraglio appena aperto. Sicuramente lo aveva aspettato. Entrando, però, la preoccupazione lo investì in pieno, trovando la camera esattamente come l’aveva lasciata. C’era solamente la camicia adagiata sul letto, poi era tutto come poche ore prima.
Non proprio tutto, in effetti, poiché Setsu sembrava non esserci.
- Setsu? – la chiamò, senza ottenere risposta, così la cercò in cucina e in bagno, ma di lei non vi era più alcuna traccia. Colto dal panico, prese il cellulare e compose il suo numero, ma il panico divenne terrore quando sentì il cellulare della sorella squillare in cucina. Non lo aveva portato con sé.
- Maledizione! Dove cazzo è andata a quest’ora quella pazza? – imprecò, lanciando furioso il cellulare, che impattò contro il muro.
Andò a guardare i cassetti, per vedere se aveva fatto le valigie, portandole via con sé. Magari aveva cambiato camera, albergo o era andata in aeroporto senza aspettarlo, invece, trovò tutti gli abiti, compreso il cappotto, al loro posto. In quell’istante, la paura che avesse commesso qualche sciocchezza divenne reale, gettandolo nello sconforto più totale. Dove avrebbe dovuto cercarla?
Si maledì milioni di volte mentre ritornava in strada, cercandola senza sapere dove, girando a vuoto per ore intere, sotto la neve, mentre il tormento che si fosse fatta del male, per colpa sua, iniziava a diventare sempre più prepotente. Non era da lei fare una cosa del genere, ma l’aveva lasciata totalmente sconvolta, e non avrebbe saputo dire che azioni sarebbe stata in grado di commettere in quello stato.
- Sono un coglione! Un emerito coglione! Non dovevo lasciarla da sola! - urlò contro se stesso, ritornando in albergo quando il sole era ormai sorto.
Sperava ritornasse da sola di lì a poco, ma se non l’avesse fatto, come avrebbe dovuto comportarsi?
 






Salve miei cari ^_^ ed eccoci al momento poco felice di cui vi parlavo.
Cain manda via Setsu e lei non la prende certo bene. Adesso è sola e sconfortata. Che le accadrà?
Di certo Cain si pentirà amaramente di ciò che ha fatto :3 tornare indietro sarà difficile se non impossibile.
Nel ricordarvi nuovamente la mia paginetta Facebook su Skip Beat, che trovate qui →  Skip Beat Italia - Cain&Setsu  vi saluto e mi dileguo a rispondere alle vostre recensioni, che mi rendono sempre tanto felice *-* sono contenta che vi piaccia questa storia a cui non avrei dato un centesimo XD quindi GRAZIEEEEE :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Skip Beat! / Vai alla pagina dell'autore: Yasha 26