Not
today, my Lord
Le
campane
iniziano a suonare. È un’eco lontano, perso nel silenzio degli uomini e
nel
frastuono potente della natura.
Piove
ormai
da ore. Il suono delle campane appare funesto, un richiamo della morte
per i
molti che dovranno seguirla. Quelle campane suonano ogni giorno, anche
nei
giorni di sole.
Anche
nei
giorni di pace.
Ma
nessuno
ci pensa. Forse, nessuno pensa a nulla. Il silenzio profondo che sembra
sovrastare persino lo scrosciare forte della pioggia riempie le cotte
di maglia
e le livree, come se fosse parte delle anime dei soldati. E i fuochi di
chi
rimane dentro le cinte murarie, appena visibili tra la nebbia, appaiono
così
lontani mentre l’esercito, con gesti meccanici, continua la sua marcia.
Per
te tutto
ciò che accade è una scena già vista troppe volte. I paesaggi cambiano,
ma
rimangono anche gli stessi. Non importa che ci si trovi a sud o a nord
della
Manica, non importa che ci sia il sole o che piova. Un esercito che si
prepara
alla battaglia muta il paesaggio come fosse suo legislatore
inconsapevole e
tutto viene percepito attraverso sensazioni e brividi, la mente che,
come per
difendersi da un attacco improvviso, crea pensieri distaccati mentre il
respiro
accelera.
Il
tuo
respiro no, rimane sempre uguale, forse per orgoglio, o forse per
abitudine.
Puoi permetterti di pensare alla guerra senza che l’angoscia ti faccia
bruciare
le viscere. Ma ci si può davvero abituare al pensiero di poter morire?
Chiudi
gli
occhi per un istante, celando quel momento di riflessione sotto al
cappuccio.
Ma
riflettendo non hai mai risolto nulla. Da bambino il tuo precettore lo
diceva
sempre: i tuoi pensieri vanno più veloci della tua comprensione. Per
questo non
saresti stato un buon monaco come lui, anche se il pensiero ti avesse
mai
sfiorato la mente. Meglio passare la vita a gareggiare nelle giostre,
dove il
tempo passa veloce e non ce n’è abbastanza per pensare.
Riapri
gli
occhi. Il monaco si sbagliava, almeno in parte, su di te. Non sai
pensare a ciò
che provi, non comprendi i piani del destino, e molte volte ti sei
impantanato
nel fango del tuo dolore, non distinguendo più ciò che è giusto da ciò
che è
sbagliato. Sei stato senza leggi, ed è sempre servito un colpo più
forte di
quello che ti aveva spinto nell’abisso per farti ritrovare la luce. Ma sai capire la guerra. Sai riflettere
lucidamente sulle strategie, sul tuo nemico, sulla salvezza della causa
e dei
tuoi uomini.
Ecco
perché
nella battaglia la tua anima è completa.
C’è chi nasce con Dio e
chi nasce
“senza Dio”,
ti
diceva il monaco. Tuo padre lo cacciò dal castello appena sentì questa
sua
frase, detta di getto e con disprezzo.
Pensi
a te
stesso con un sorriso che ti copre d’infamia. Costretto a fuggire
lasciando la
tua casa nelle mani del nemico e a non vedere tuo padre morire, già
coperto di
disonore per il tuo ostinato desiderio di vendetta, scomunicato.
Il tempo avrebbe dato ragione al tuo vecchio
precettore…
Sono nato “senza Dio”?
«
Questi
inglesi non si stancano mai di questa dannata pioggia?!» senti sibilare
tra i
denti un soldato francese qualche passo dietro di te.
No, vorresti rispondergli. La
pioggia rende più lucidi e
semplici i tuoi pensieri e da bambino la osservavi dalle finestre
cercando di
calmare la tua anima.
Fa
parte
della tua terra, la terra che vuoi salvare e a cui sei così tanto
legato. Ti è
mancata nei lunghi mesi passati in Francia e in Fiandra.
La
frase
esasperata del soldato ha rotto il silenzio e sciolto il ghiaccio che
ricopriva
l’aria, e ora tutti possono tirare un sospiro di sollievo, scegliere
consapevolmente di non pensare a ciò che li aspetta e azzardare qualche
parola.
«
Mi
stupisco che non siano nati con le pinne come i pesci. » risponde il
compagno
di fianco al soldato, un sorriso forzato che svanisce presto e che
alleggerisce
di poco la tensione.
E
tu
trattieni un sospiro. In pochi tra i mangiarane
si ricordano che tu capisci benissimo il francese.
Se avessero notato la tua presenza tra tutti
quegli uomini non avrebbero azzardato neanche una frase innocente come
quella.
Non
sai
neanche quando hai incominciato a incutere timore agli altri e
soprattutto ai tuoi
sottoposti, e non sai quando ti sei accorto di questa verità.
Percepisci
il disagio profondo dei soldati francesi, lo senti sulla pelle. È
l’insieme
terribile di una sensazione e di un pensiero razionale. Perché, dato
che sai
riflettere a fondo su ciò che riguarda la guerra, sai anche scavare
nell’animo
dei soldati e percepisci quando la loro motivazione comincia a
sfaldarsi. In loro c’è qualcosa di perso,
rotto e
spezzato, come troppe volte accade. Tu hai affilato la tua anima come
una
spada pronta a ferire in qualsiasi
momento, l’hai trasformata in uno scudo pronto a parare ogni colpo o a
cedere
definitivamente. Non ti sei sforzato molto. La guerra è sempre stata
l’unica
cosa che sai fare. E la motivazione è l’unica cosa che non ti è mai
mancata.
Gli
inglesi
rimasti sul tuo stesso fronte, pur essendo scomunicati, condannati ad
una morte
senza Grazia, combattono per la loro terra.
I
francesi,
no.
È
pur vero
che combattono per il loro principe, per farlo diventare re
d’Inghilterra. Ma
il principe scende in battaglia per conquistare una terra, non per la
loro libertà.
A questo pensano i caratteri più deboli.
Ti
abbassi
il cappuccio del mantello sulle spalle, lasciando che la pioggia scorra
sui
tuoi capelli e sul tuo viso, ignorando lo sguardo dubbioso dei tuoi
uomini. A
tutti la pioggia fa paura. Il terreno scivoloso su cui lanciare i
cavalli o gli
stivali nella battaglia, a cui gli inglesi sono più abituati dei
francesi, la
rovina di un raccolto, la malattia che
può infettare ogni goccia gelida di quella pioggia torrenziale…
Spaventa,
ma
non quanto la guerra.
La
senti,
come un sospiro, un sussurro all’orecchio, mentre il silenzio si spezza
ovunque
ma non dentro di te: l’ombra scura della paura che non provi, che
ricordi
solamente, ed ha un sapore dolce e amaro.
Non vuoi morire, vero?
In
te c’è
solo il vuoto, e un senso straziante di perdita. La pioggia ti ha fatto
sentire
molte volte sicuro, mai felice. Non sai neanche tu cosa hai perso. O cosa stai per perdere…
Ciò
che
vedono gli altri è un giovane cavaliere, ma tu ti senti vecchio, non
per questo
stanco. Le braci di un fuoco che divamperà in battaglia sono sempre
vive dentro
di te. Cosa c’è di diverso, allora?
No, non voglio morire.
Non
vuoi
morire, ma non vuoi nemmeno salvarti.
Eppure
questa consapevolezza, così limpida e diversa dal mero istinto, così
sofferta e
ponderata, arrivata per caso, improvvisamente e chiaramente, sembra
voler
invadere tutto il suo essere.
Non
vuoi
morire oggi. Il perché lo sai. Senti di non aver vissuto abbastanza,
questa
volta, che una svolta sta per cambiare la tua vita, una vita di guerra
e di
quella rabbia bruciante che ti ha sempre fatto sentire vivo.
E
ora più
che mai ti senti un prigioniero muto, timoroso o incapace di spezzare
le sue
catene.
Se
tutto
finisse oggi, il tuo ultimo pensiero sarebbe quello di esserti perso
qualcosa
di incredibilmente importante, chissà cosa, come se stessi scappando
dalla tua
svolta, senza orgoglio né coraggio.
Per questo non morirai
oggi.
Not today, my Lord.
Ciao!
Questa
fic è breve e un
po’ campata per aria (e il titolo è brutto), l'ho scritta molto
velocemente, con ancora più entusiasmo rispetto al solito, perché
è un mio piccolo sfogo di inizio
vacanze estive *.*
È
bello tornare a
scrivere dopo così tanto, e l’ispirazione è arrivata con la
consapevolezza di
avere finalmente il tanto agognato tempo...
(e dalla pioggia… qui abbiamo avuto giorni tetri. )
Ritorno
a rompere con
Geoffrey, lo so, lo so, è più forte di me. E lo farò ancora, muahahaha.
Grazie
infinite per
aver letto questa storia!
A
presto, spero,
Tacet433.