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Autore: nikita82roma    09/06/2016    5 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Castle se n’era andato subito dopo aver finito di mangiare. Aveva parlato qualche minuto fuori dalla stanza di Kate con Jim per aggiornarlo velocemente su quella giornata. Gli raccontò della crisi avuta dalla figlia quando le aveva detto che erano sposati e per questo oggi aveva evitato di dirle anche del bambino. Jim consigliò a Castle di andarsi a riposare: malgrado non lo volesse far vedere, stava accusando la stanchezza fisica ed emotiva della giornata. Rick sapeva che aveva ragione e se ne accorse soprattutto quando, arrivato nella sua stanza si spogliò e si tolse le bende che coprivano la sua cicatrice. Gli faceva male, più del solito, e si era gonfiata. Si medicò come meglio poteva e prese degli antidolorifici, poi si buttò sul letto sperando di riuscire a dormire qualche ora in più della notte precedente.

Anche Kate, nella sua stanza, era stanca ed affaticata, sebbene non si fosse mossa dal suo letto. Le faceva piacere, però, passare un po’ di tempo con suo padre che era molto più sereno della sera precedente. Kate si preoccupava per lui, sapeva quello che aveva passato dopo la morte della madre ed aveva temuto che in quel periodo in cui lei era stata in pericolo di vita, lui avesse potuto ricadere nelle vecchie tentazioni. Le aveva giurato di no e gli credeva. Le chiese come era stata quella giornata con Rick e Kate si trovò imbarazzata nel rispondergli, perché non ci aveva ancora pensato nemmeno lei. Piacevole. Gli rispose così, era vero, ma sapeva che non era stato solo quello. Era stata emotivamente intensa e faticosa. Suo padre insistette per rimanere lì con lei quella notte, come la precedente, ma fu irremovibile, non c’era bisogno, aveva tutta l’assistenza di cui necessitava. Si lasciò abbracciare da Jim prima che andasse via, che la tenne stretta a se per molto più tempo di quanto lei ricordasse avesse mai fatto. 
Una volta sola prese il libro di Castle, provò a leggerne qualche altra pagina, ma i suoi occhi erano troppo stanchi per riuscirci. Si abbandonò al buio ai suoi pensieri. Suo padre e Castle erano due uomini così diversi, che nessuno avrebbe detto potessero avere qualcosa in comune, tanto era riservato e taciturno uno quanto esuberante e loquace l’altro. Eppure quando li aveva visti insieme sentiva che i due avevano una forte sintonia, avevano fatto squadra, per lei.
Non riusciva ad immaginare cosa i due avessero passato in quel periodo in cui lei era rimasta in coma, come si fosse sentito suo padre, all’idea di vederla lì, in pericolo, lottare per vivere. Gli era rimasta solo lei, era tutto ciò che gli rimaneva della sua famiglia. Stette male solo al pensiero, ricordando cosa era diventato suo padre dopo la morte di sua madre, l’amore della sua vita. Il suo pensiero volò a Castle: si sarà sentito così anche lui nel vederla lì, inerme, per settimane? Era questo quello che li legava, un rapporto così forte come era stato quello dei suoi genitori, tanto da annientare suo padre quando sua madre era stata uccisa e spingerlo in un baratro dal quale non riusciva a risalire? Provò invidia per quella se stessa che era riuscita a farsi amare così tanto da quell’uomo ed era mortificata per non ricordare di amarlo. Era stato ferito anche lui e nonostante questo, appena dimesso, si preoccupava di andarla a trovare tutti i giorni, benché lei fosse priva di conoscenza. Pensava a quanto doveva aver sperato nel suo risveglio e alla delusione provata nel sapere che lei non si ricordava di suo marito. Castle era suo marito, faticava a ricordarselo, era una notizia che ancora non era riuscita a metabolizzare. L’idea del matrimonio era qualcosa di lontanissimo nella sua mente, pensava, anzi, che non si sarebbe mai sposata e forse, nemmeno mai realmente innamorata, non di quell’amore che aveva visto solo nei film e negli occhi dei suoi genitori. E negli occhi di Castle. Quel giorno aveva visto come Castle la guardava e ne era ancora turbata. Come poteva essere lei l’oggetto di uno sguardo simile? Aveva sempre pensato che non sarebbe mai stata in grado di lasciarsi andare completamente in una relazione fino a quando non avesse risolto il caso di sua madre, che l’aveva prima ossessionata, poi, invece, semplicemente fatta chiudere in se stessa quando aveva deciso di rinunciare, per non soffrire ancora. Ora sapeva che tutto era finito eppure non riusciva a trovare, nella sua mente, conforto in questo. Era tutto finito, ma per lei era come se non lo fosse, perché non lo aveva mai vissuto e come poteva guarire un male che non c’era più ma del quale portava dentro ancora tutti i sintomi?
Sentiva di nuovo quella stretta al petto che stava prendendo il sopravvento. Provò tirarsi un po’ su ed accese la luce. Sul comodino c’erano l’anello di sua madre e le fedi che aveva lasciato Castle. Vide anche il cellulare e lo prese cominciando a guardare le foto. Avevano quasi tutte gli stessi soggetti, lei e Castle. Insieme, felici, si vedeva dagli sguardi. Non le sembrava se stessa quella che osservava, né per la fisionomia, né per quello che faceva. Non era da lei ridere e lasciarsi andare così. Sembrava spensierata. Sembrava veramente felice, come non lo era più da anni, come forse non lo era mai stata. Continuò a sfogliare intrufolandosi nella vita di quella lei che non sapeva essere lei e si trovò in un video sdraiata in un letto di quella che probabilmente era la loro camera, appena sveglia, mentre rimproverava Castle di ridarle il telefono e di smettere di riprenderla e sentiva la voce di lui pronunciare frasi dolcissime mentre lei arrossiva e si nascondeva con il lenzuolo. Questo lo trovava molto da lei, invece. Sorrise di se stessa, riconoscendosi finalmente in qualcosa. In breve capì che la maggior parte dei video li aveva fatti Rick prendendo il suo telefono, così come le foto dove erano insieme. Erano una bella coppia, pensò alla fine, quella lei e lui lo erano, ma continuava a vedere quella persona come qualcuno di diverso da lei. Aveva sempre la sensazione di spiare la vita di qualcun altro, ma anche la curiosità di conoscersi. Cliccò sull’icona dei messaggi ed il primo nome era ovviamente quello di Castle, le sembrava veramente, guardando quel telefono, che la sua vita, fino a poche settimane prima, ruotasse tutta intorno a lui. Cominciò a leggere, andando a ritroso, i loro messaggi. Sorrideva imbarazzata di se stessa nel leggere quello che gli scriveva e provò uno strano batticuore nel leggere le risposte di Castle rendendosi conto che quelle parole erano per lei, non stava leggendo della vita di qualcun altro, ma subito fu assalita di nuovo dalla tristezza di non riuscire a ricordare nulla di tutto quello e di quanto le sarebbe piaciuto provare quella splendida sensazione di essere innamorati. Così innamorati. Invece dentro di se sentiva solo il vuoto che non riusciva a colmare con i ricordi che non le appartenevano, li sentiva estranei. Posò il telefono e provò a dormire cercando di convivere con il dolore fisico ed emotivo. Era frustrata che non le dessero nulla per aiutarla a dormire nè delle dosi di antidolorifici più forti.
Pensò di chiedere a Castle, il giorno seguente, di usare il suo appeal per convincere dottori e infermieri a darle qualcosa di più forte per alleviare i dolori che sentiva. Si rese conto di aver dato per scontata la presenza di Castle il giorno successivo, non doveva abituarsi a lui, non doveva dipendere da lui, non doveva dipendere da nessuno se non da se stessa, come sempre.

Quando la mattina l'infermiera arrivò per controllarle le ferite le sembrò eccessivamente presto. Si sentiva ancora stanca ed assonnata. Ma la donna era irremovibile su quello che avrebbe dovuto fare: provare ad alzarsi. Così l'aiutò prima a mettersi seduta, poi la convinse ad appoggiare i piedi a terra. Le aveva messo davanti un deambulatore ma Kate era riluttante all'idea di appoggiarsi a quel coso: lei detective, anzi capitano, della omicidi, che inseguiva assassini sui tacchi doveva alzarsi dal letto appoggiandosi su quel coso. Era fuori discussione.
Aveva fatto i conti senza il suo fisico debole e si ritrovò suo malgrado ad aggrapparsi a quel coso senza rendersene conto, per evitare di finire a terra. Era bello stare sulle proprie gambe, ma quello sforzo semplicemente di mettersi in piedi le era sembrato insostenibile ed il dolore all'addome ed intorno alle ferite era aumentato. L'infermiera vedendola così sofferente la fece rimettere a letto, alzandole lo schienale per poter stare in una posizione più eretta. 
Kate non era mai stata una che si lamentava. Aveva sempre sopportato il dolore fisico, ma quel fastidio e dolore costante che sentiva sembrava entrarle direttamente nel cervello e non darle tregua. Prima che l'infermiera uscisse le chiese se poteva darle un antidolorifico più forte perché non si sentiva per niente bene.
- Mi dispiace signora, ma nel suo stato non posso darle niente senza aver prima sentito il dottore.
- Per favore - la voce di Kate era quasi una supplica ma quella fu impassibile
- Non posso signora, sono dannosi per il bambino.
Kate rimase pietrificata e l'infermiera si accorse dal suo volto che la donna non sapeva nulla e lei le aveva appena dato una notizia che l'aveva a dir poco scossa. Le si avvicinò di nuovo.
- Il bambino? - le chiese Kate con tutta l'angoscia che riusciva ad esprimere a parole e gli occhi gonfi di lacrime. Sperava che avesse capito male o che l'infermiera avesse sbagliato paziente ma sapeva già che non era così.
- Sì signora, lei è incinta. Di 9 settimane da quello che leggo nella sua scheda - disse controllando i suoi dati. - ha bisogno di qualcosa? Un po' d'acqua, vuole mangiare? 
- Di stare sola. Voglio solo stare sola.
L'infermiera annuì. Le accarezzò la fronte in un gesto molto materno mentre le prime lacrime uscirono dagli occhi di Kate.

Castle arrivò di buon umore quella mattina, con i soliti caffè, le brioches ed i fiori. Bussò delicatamente ed entrò da Kate. Lui stava per andare come al solito a cambiare i fiori ma la voce perentoria di Kate lo fece desistere da fare qualsiasi altra mossa.
- Siediti Castle. 
Fece per darle il caffè e la brioche ma lei lo fermò e lui ripose il tutto. Ora che la guardava bene vedeva che c'era qualcosa che non andava. Come aveva potuto non accorgersene subito? Doveva essere più attento, osservarla meglio, era Kate la doveva capire ad uno sguardo!
- Quando pensavi di dirmelo?
- Dirti cosa Beckett? Sono tantissime le cose che devo dirti ancora!
- Basta Castle, non ho nessuna voglia di scherzare o giocare. Quando mi avresti detto che sono incinta? Tu lo sapevi vero? È... È nostro figlio? - non riuscì a rimanere impassibile, quella parola che uscì dalla sua bocca aveva reso tutto più reale di quanto non era fino a quel momento.
Rick si mise le mani sul volto. Non sapeva se era più preoccupato per la reazione di Kate o più arrabbiato con chiunque le avesse detto del bambino quando aveva specificato più volte che avrebbe dovuto essere lui a dirglielo e non avrebbero dovuto assolutamente farlo loro. Si prese ancora qualche secondo per risponderle, ma Kate era impaziente.
- Allora Castle? Almeno delle risposte me le merito, no? - disse asciugandosi le lacrime
- Perché te l'hanno detto? È successo qualcosa?
- Non è successo niente, volevo degli antidolorifici e non me li hanno dati perchè mi hanno detto che ero incinta. Ecco perché! Perchè mio marito non mi aveva detto niente. Quando me lo avresti detto Castle? Rispondimi!
- Ti prego Kate, calmati! È stato uno shock anche per me quando l'ho saputo. Certo che te l'avrei detto, avrei voluto dirtelo ieri subito, ma dopo aver visto la tua crisi di panico quanto ti ho detto che eravamo sposati ho voluto evitare di caricarti di emozioni forti. Io mi preoccupo per te, per voi. Kate pensi che per me è facile dirti tutto questo sapendo che tu non sai nemmeno chi sono? 
- Non l'ho scelta io questa situazione Castle! Non ho scelto io niente di tutto questo! Di non ricordarmi niente di noi e nemmeno del bambino! 
- Non potevi ricordarti del bambino, non lo sapevamo. Non avrei mai voluto che sapessi così di nostro figlio. - Rick parlava ma Kate non sembrava nemmeno ascoltare quello che lui le stava dicendo.
- Dio mio Castle! Dici di conoscermi così bene e non hai pensato che questa cosa mi avrebbe sconvolto? Che dovevo saperlo?
- Certo che l'ho pensato Kate! Proprio per questo non te l'ho detto subito! Avevo paura della tua reazione, che non ti facesse bene agitarti così! 
- Non dovrei essere agitata secondo te? Io non sono una persona adatta a crescere un bambino! In questa situazione poi... - scoppiò di nuovo a piangere e Rick tento di avvicinarsi per consolarla, ma appena percepì il suo tocco si scostò.
- Ho bisogno di stare da sola. Vattene Castle, per favore.
- Kate io...
- Per favore!
- Ok. Come vuoi tu. Nel tuo telefono c'è il numero del dottor Burke, lui ti conosce, ti aveva già aiutato. Se vuoi parlare con qualcuno chiamalo. - Castle si alzò ed uscì mestamente dalla stanza. Appena fuori si sentì svuotato, amareggiato. Tutto era andato nel peggiore dei modi possibili. Chiamò subito Jim per informarlo di quanto accaduto e chiedendogli se potesse andare lui in ospedale, perché, malgrado quello che le aveva detto Kate, non voleva che rimanesse sola. 

   
 
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