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Autore: KiarettaScrittrice92    10/06/2016    6 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Le lacrime

Adrien la fece accomodare nella sua camera. Gli sembrava intimidita ed effettivamente, al pensiero dell’ultima volta che erano rimasti insieme, anche lui era imbarazzato, sopratutto ora che sapeva che Marinette era la ragazza di cui era innamorato da sempre.
Entrambi poggiarono gli zaini vicino alla rampa da skate nella sua camera.
«Allora, da dove cominciamo?» domandò, gettandosi sulla sua sedia bianca e facendola ruotare due volte.
Lei si avvicinò a lui pian piano ancora intimorita. Com’era bella quando si comportava così, come aveva fatto ad essere così cieco nei suoi confronti, come aveva fatto a non accorgersi delle somiglianze inconfondibili tra Ladybug e la ragazza che si trovava davanti a lui in quel momento. Più di una volta la super eroina si era ritrovata davanti ad Adrien e si era sempre comportata come ora si stava comportando Marinette.
«Beh io… Non lo so… Cioè… Tu sei l’esperto in queste case… cose…» balbettò, facendolo sorridere.
«Veramente no, io solitamente vengo chiamato dal fotografo e poso. Tutto il lavoro che c’è dietro diciamo che lo posso dedurre. – si fermò un attimo, leccandosi le labbra e tentando di riordinare le idee – Vieni.» aggiunse, indicandole una sedia di fianco a lui.
Lei si sedette in punta come se fosse pronta a scattare in qualsiasi momento, mentre lui prendeva un foglio di carta e una penna.
«Allora, innanzi tutto dobbiamo pensare alle foto che vogliamo fare e magari fare dei bozzetti, anche stupidi o con solo scritte. – disse segnando sul foglio il primo punto – Poi dobbiamo scegliere e preparare i costumi…»

 

Lo guardava fare quell’elenco, mentre glielo esponeva a voce e, sebbene stesse capendo abbastanza quello che stava dicendo, la sua mente era come incantata nel sentire quella voce dolce e melodica, nel vedere quelle stupende labbra muoversi sinuosamente, nel seguire quelle mani che gentili tenevano la penna che scriveva sul foglio bianco riempiendolo di numeri e parole.
«A proposito, tu hai un lenzuolo verde a casa?» chiese all’improvviso, facendola rinsavire da quello stato di estasi.
«Un lenzuolo… Sì… Credo di sì… Devo chiedere a mia momma… cioè mamma.» rispose lei, tornando ad arrossire.
«Ok, perché ci sarà utile se non troviamo delle scenografie adatte, anche se essendo a Parigi, credo sia difficile.» disse con una risatina sommessa.
Era bellissimo quando rideva: le ricordava il loro primo incontro, quando era scoppiato a ridere perché lei si era chiusa l’ombrello addosso, una ragazza normale si sarebbe offesa, magari arrabbiata, invece lei aveva semplicemente trovato quella risata stupenda e contagiosa. Era anche grazie a quella risata che si era innamorata di lui.
Avevano appena finito l’elenco di cose da fare e si erano divisi i compiti, quando all’improvviso la porta della stanza esplose in mille pezzi.
Marinette non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di quello che accadeva che il ragazzo l’aveva già buttata a terra per proteggerla dalle schegge che erano schizzate ovunque, mentre dalla porta apparve una donna. 
Era sicuramente Nathalie, la segretaria della famiglia Agreste: il suo ciuffo rosso sui capelli neri si era esteso e i suoi capelli sempre legati in una crocchia sembravano essere più lucenti, indossava una tuta viola scuro e i suoi occhiali avevano una nuova montatura, scarlatta e spessa, quasi a formare una maschera.

 

Adrien non aveva fatto in tempo ad alzarsi e a vedere chi, alle sue spalle, avesse sfasciato la porta della sua camera che sentì una mano afferragli il braccio e tirarlo su brutalmente.
«Adrien!» urlò Marinette.
Vide nel suo sguardo la preoccupazione di chi non sa che fare e capiva perfettamente cosa le passava per la testa: doveva scappare facendo la figura della debole, per poi tornare trasformata? O doveva trasformarsi rivelando a lui la propria identità? Non ebbe tempo di pensare ad altro perché la voce di Nathalie parlò proprio alle sue spalle.
«Tuo padre ha bisogno di una lezione…» disse e, all’improvviso, la sua spalla destra gli diede una fitta: la donna gli stava storcendo il braccio e, visto che era a conoscenza della sua ferita, ne stava approfittando.
Senza riuscire a trattenersi, fece un verso di dolore, portandosi la mano libera sulla clavicola.
«Adrien!» fece nuovamente la ragazza.
«Va via Marinette…» disse con mezza voce, ma si bloccò emettendo un’altro grido di dolore, al movimento brusco che gli fece fare la segretaria akumatizzata, ma la ragazza rimase lì: immobile, terrorizzata, impaurita e incapace di agire.
Doveva prendere una decisione per sbloccare la situazione. Se Marinette non si fosse mossa, nessuno dei due si sarebbe potuto trasformare e allora non ci sarebbe stato nessun eroe a risolvere la situazione.
«Marinette vai! Devi avvisare Ladybug e Chat Noir… Muoviti!» disse quasi urlandole in faccia.

 

La mora a quell’ultimo urlo disperato del modello biondo rinsavì. 
Aveva ragione, non poteva rimanere lì, Chat Noir non poteva sapere cosa stava succedendo, visto che probabilmente nessun notiziario ne aveva ancora parlato ed era lei l’unica che poteva intervenire. Si alzò in piedi e corse via, urlando al ragazzo di tenere duro

La donna akumatizzata non la degnò neanche di uno sguardo, come se fosse troppo intenta a torturare Adrien.
Doveva sbrigarsi, il suo Adrien non avrebbe retto a lungo. Inoltre sembrava che in qualche modo la loro nemica fosse riuscita infliggergli un dolore più acuto del normale, visti i suoi lamenti. 
Allo stesso tempo però non poteva solamente girare l’angolo appena uscita dalla porta e trasformarsi in casa Agreste, avrebbe dovuto far credere di essere lontana, o quanto meno che venisse da fuori. Si lanciò fuori dal grosso portone della villa e quando fu sicura che non ci fosse nessuno, aprì la sua borsetta.
La piccola kwami rossa schizzò fuori, il suo sguardo era preoccupato quanto quello della padrona.
«Sono pronta!» disse con la sua vocina decisa.
«Tikki trasformami!»

 

Il dolore era diventato oramai indescrivibile, se non fosse stato sicuro di quello che il dottore gli aveva detto, sul fatto che dopo aver tolto i punti era tornato tutto alla normalità, il ragazzo avrebbe giurato che prima o poi la sua carne si sarebbe lacerata di nuovo, riaprendo la ferita. Due lacrime gli stavano rigando il viso per il male, mentre con tutte le forze cercava di liberarsi dalla presa di Nathalie che lo teneva ancora per il braccio destro con una mano e per la vita con l’altra: lo stava trascinando a forza fuori da camera sua e lui stava puntando i piedi per non farsi portare in un luogo in cui poi Ladybug non l’avrebbe trovato.
All’improvviso la vide, alzò lo sguardo e i suoi occhi ancora un po’ annebbiati dal dolore e dalle lacrime videro quell’incantevole ragazza infilata nella sua tutina aderente e rossa a pois neri entrare dalla finestra. Una visione, e per un attimo credette davvero che se la stesse immaginando, che fosse un’allucinazione dovuta al dolore e alla disperazione, ma la ragazza, inveendo contro la donna che lo teneva bloccato, lanciò la sua arma, che probabilmente la colpì, perché mollo subito la presa su di lui, portandosi le mani al volto.
Adrien si allontanò velocemente, aiutato subito dalla giovane eroina, che lo sostenne, aiutandolo ad alzarsi per bene. I loro sguardi s’incrociarono e il giovane modello ebbe appena il tempo di ammirare quegli occhi azzurri come il cielo per qualche secondo, che lei un po’ rossa in volto lo scostò velocemente.
La segretaria si era ripresa dal colpo subito e, senza pensare, si era scagliata furiosa verso la corvina dalla maschera rossa.
«Mettiti al sicuro!» gli ordinò lei, facendo roteare davanti a sé il suo yo-yo.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e tenendosi ancora la spalla dolorante, si diresse verso il bagno che c’era in camera sua. Appena chiusa alle sue spalle la porta scorrevole, il kwami gatto uscì dalla sua camicia: il suo musetto, solitamente sempre saccente e sbruffone, sembrava invece essere preoccupato.
«Adrien, la tua spalla…» disse, ma fu subito interrotto dal suo padrone.
«Sto bene! – disse asciugandosi le lacrime dal volto – Ora andiamo ad aiutare Ladybug! Plagg trasformami!»

  
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