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Autore: reggina    10/06/2016    1 recensioni
Ci sono famiglie che a volte si separano, come succede nei film. Altre che, invece, restano unite nella fatica, nella stanchezza, nello sconforto; che non si arrendono alla paura che la parola cancro porta sempre con sé.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nora, Vale
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il primo giorno di chemio è un’incognita: Vale, avvolto da una fitta ed impenetrabile nebbia che lo lascia confuso, si sente un estraneo in quel mondo nuovo fatto di lettini e di flebo, di medici ed infermieri, di pianti a martellare tra i pensieri.

“Sarà un po’ come il primo giorno di scuola!”

Cerca di rassicurarlo Nora, fedele alleata anche su questo fronte sconosciuto di cui, fino a qualche tempo fa, ignoravano persino l’esistenza.

La tensione è la stessa di quella prima volta con grembiule blu scuro dal collettino bianco e con un grosso fiocco rosso alle elementari, anche se oggi indossa abiti comodi e “a strati” per poterli togliere e mettere facilmente. Nello zaino, che tiene gettato su una spalla, non c’è nessun abbecedario ma un libro, un paio di cruciverba e di sudoku e il telefono su cui ha caricato la sua musica preferita.


Le ragazze dell’accettazione, perfette e in divisa, lo salutano con un sorriso e allora capisce che l’avventura è iniziata.

La tentazione di andare lontano, la voglia di scappare dal presente sono forti ma Nora lo spinge dolcemente ad andare avanti, in quella foresta di solitudine, dove sarà un esule tra gli esuli.

Sono in un grande ospedale, non c’è uno tra di loro che non abbia non una ma più ferite da condividere. Un esercito di soldatini del dolore con i visi pallidi e le teste rasate.

Un giovane uomo a cui suo figlio piccolo voleva attaccargli gli adesivi in testa, un ragazzo che parla al cellulare tutto il tempo, un vecchietto che dice quanto è comoda la chaise longue una donna con un rosario tra le mani…

Un vago senso di nausea, la paura che tende l’agguato.


Quando escono dall’ospedale Nora vorrebbe soltanto coccolare suo figlio: portarlo da Mc Donald ‘s , comprargli un panino e osservarlo trangugiare fino all’ultima briciola. Fargli dimenticare quello che ha vissuto questa mattina.

Vale, però, non ha fame. E nemmeno tanta voglia di parlare.

“Prima chemio: missione compiuta! Siamo un po’ più vicini alla fine!”

Il ragazzo non condivide quell’eccessivo entusiasmo e la fulmina con uno sguardo disgustato.

“Siamo appena all’inizio di questo schifo, mamma!”

“Hai visto il dottore quando si è avvicinato, ti ha sorriso e ha allungato una mano ad accarezzarti appena? Sembrava Gandalf con la sua schiera di cavalieri bianchi!”

È stata una giornata brutta e difficile per entrambi e , nonostante la tensione e la situazione seria, Nora si sforza di trasformare il pianto a cui vorrebbe abbandonarsi in una risata contagiosa.

Perché un sorriso è l’ unica arma che hanno contro il cancro.

“Sai, quando sono andato fare pipì portandomi tutto il trabiccolo della flebo appresso? Ho attraversato la sala d’attesa e mi sono sentito importante perché tutti mi guardavano: sembravo un guerriero che sta per attraversare l’arco di trionfo con la lancia della vittoria in mano!”

L’atteggiamento positivo della mamma spinge anche Vale a parlare senza censure, a non sentirsi in imbarazzo e a sapersi prendere anche un po’ in giro.

Alla fine, però, ha una crisi nervosa e nell’instabilità emotiva in cui si trova basta un niente per passare dalla risata ad un pianto a dirotto con cui sfoga l’ansia, la tensione nervosa e la stanchezza.

Nora non lo lascia da solo. Lo stringe tra le braccia finché non si è asciugata anche l’ultima lacrima e non è lui, con voce rotta e stanca, a dirsi pronto.

“Torniamo a casa!”


Qui non trovano nessuno ad accoglierli e a dargli il bentornato.

Marco ci ha provato ma non è uomo abbastanza tosto da restare per fare da semplice spettatore ad una malattia che rischia di annientare suo figlio.

Senza pensarci troppo, all’ignoto ha preferito la fuga. Ha accettato una nuova trasferta di lavoro, è partito e più è andato lontano più è diventato piccolo agli occhi di Vale.

Passa la prima settimana, poi la seconda e anche la terza.

Il giorno peggiore è il terzo dopo l’infusione. Vale è come rimpicciolito, immobile, fa fatica a respirare. Diventa verde finché un’infermiera non arriva, di corsa, ad armeggiare intorno a lui e aggiunge un flacone alla chemio.

Quel pomeriggio la fatica si fa sentire più delle altre volte e non gli resta altro da fare se non restarsene sdraiato a letto, circondato dalle pareti tappezzate da poster di surfisti e di spiagge colorate alternate ad acquerelli fatti da lui.


Sta per assopirsi quando è colto da un’infantile paura: in un’accesa discussione i suoi genitori hanno alzato la voce. L’ennesimo litigio che fa capire quanto ormai siano in crisi.

“Non ci provi nemmeno a stare vicino a nostro figlio! È vero che non possiamo proteggerlo dal male, dal dolore, ma è nostro compito insegnargli come affrontarlo. Dobbiamo tenerlo per mano e camminare con lui attraverso tutto questo!”

La voce di Nora giunge ovattata e solo dopo un tempo indefinito, in cui attende che passi la bufera, Vale si accorge di aver inondato il cuscino di lacrime.

Piange perché in un mondo perfetto mamma e papà sorridono sempre. Piange nel vederli così tristi e arrabbiati e non per il fatto di rischiare di morire.


Una sensazione di isolamento e di impotenza, una nuova ondata di nausea e costretto ad alzarsi e a raggiungere il bagno con il passo dei bambini nel dormitorio delle suore.

L’affaccendarsi su e giù con la tavoletta del water, però, non passa inosservato. Quando sfinito, con il viso sofferente e il corpo imperlato di sudore, tenta di rimettersi in piedi nota suo padre appoggiato, impacciato, allo stipite della porta.

Gli tremano leggermente le gambe e Vale cade sulle ginocchia, vicino al lavandino.

“Valentino!”

Con due balzi Marco è chino sul ragazzo e cerca, maldestramente, di prendersene cura.

“Vado a prenderti un bicchiere d’acqua?”

Vale scuote la testa e dischiude la mano serrata a pugno: un gesto che, per un secondo, ricorda a suo padre tempi felici. Quando il suo bambino acchiappava una farfalla e poi dischiudeva il pugnetto per mostrargli il suo piccolo tesoro.

Adesso, invece, rivela una ciocca copiosa di bruni ricci perduti.

“Ne cadono sempre di più. Diventerò calvo e tutti lo sapranno! Tutti sapranno che ho il cancro!”

Trema vistosamente e batte i denti. A suo padre non resta che raccogliere i pezzi dal pavimento. Lo aiuta a rimettersi in piedi e gli avvolge intorno alle fragili spalle scosse un asciugamano come mantellina da taglio; impugna le forbici e il suo sorriso sbilenco si riflette nello specchio insieme agli occhi spenti e smarriti di Vale.

“Sei pronto? Eliminiamoli noi prima che se li prenda quel mostro!”

   
 
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