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Autore: Schifottola    10/06/2016    5 recensioni
Kurt, nato e cresciuto a New York, vive solo con la madre, Elisabeth Calhoun, ma dopo che lei muore scopre di essere figlio di Burt Hummel, un meccanico nella cittadina di Lima in Ohio. Costretto a seguire il padre si trova catapultato in una realtà provinciale e bigotta in cui la sua omosessualità non è ben vista e crea motivo di attrito e non accettazione nella sua nuova e detestata famiglia. Un giorno incontra Blaine, un ragazzo ingestibile, spesso protagonista di episodi spiacevoli. Kurt, scoprirà che a Lima, dove la gente non fa altro che parlare, colui che ha più da dire è proprio Blaine, muto selettivo che pur non usando la parola è capace di discorsi che sanno arrivare al cuore.
Tra situazioni tragicomiche Kurt e Blaine si conoscono, stringono amicizia, si innamorano e scoprono che il passato di Lima e di Elisabeth Calhoun e la Banda, i suoi amici di gioventù, è pieno di fatti mai sopiti che influenzeranno il loro presente portando delle conseguenze sull’intera cittadina.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Carole Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Sebastian/Thad
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kurt si guardò allo specchio. Aveva il viso tumefatto e colorato dai lividi che gli conferivano un incarnato dal giallo al viola. La testa, il naso e la schiena gli facevano molto male, tanto che ogni movimento o respiro gli procurava fitte dolenti. I medici gli avevano prescritto una cura di antidolorifici, una crema per i lividi e del ghiaccio da mettere sul naso più volte al giorno.
Sentiva l’irrefrenabile voglia di mettersi a piangere: era spaventato e ferito nel profondo da quell’orribile giornata.
Non era crollato solo  per la costante presenza di Blaine. Non si spiegava perché il ragazzo si preoccupasse tanto per lui, ma gli piaceva averlo intorno con le sue terribili battute senza tatto e l’umorismo cattivo. Tutto ciò lo distraeva da quel periodo nero che stava passando e, in un qualche modo, lo consolava.
Ripensò a quello che gli aveva scritto Blaine su suo zio Thomas. Ormai aveva capito che, nonostante il calendario datasse l’anno 2010, essere omosessuale e vivere a Lima era difficile e non riusciva a immaginare cosa doveva essere stato per lo zio di Blaine, tra la fine degli anni settanta e nei primi anni ottanta, quando la mentalità americana era molto più bigotta.
Kurt sospirò alla propria immagine nello specchio. I lividi ci avrebbero messo settimane a sparire del tutto. Sebastian e Thad, appena lo avrebbero visto da una videochiamata con Skype, si sarebbero incazzati e poi sarebbero venuti in macchina a Lima per sincerarsi di persona delle sue condizioni; nonna Blanche e nonna Carmen avrebbero assoldato un avvocato per fare causa al McKinley, Estella e  Adrian avrebbero cercato di organizzare nel finesettimana una trasferta per tutti a Lima e sua zia Isabelle sarebbe volata immediatamente a Lima e avrebbe fatto una litigata incredibile con Burt e Carole, ed era esattamente quello il motivo per cui aveva telefonato a Etienne anziché a lei. Etienne era più calmo e discreto e si sarebbe tenuto tutto per sé finché non avesse avuto un quadro chiaro dell’intera situazione.  
Kurt prese il suo Iphone e provò a chiamare l’uomo, aveva urgenza di sentirlo e di finirgli di raccontare quello che era successo a scuola e che cosa gli avevano detto in ospedale. Il telefono era spento. Pensò che fosse strano e sentì una sensazione d’angoscia crescere dentro di lui.
Gli tornò in mente l’immagine di sua madre in obitorio.
Cercò di calmarsi e di non pensare subito al peggio e di considerare che Etienne poteva avere il telefono scarico o  che, per lavoro, era andato a fare un sopraluogo da qualche parte in cui non c’era campo. Non sarebbe stata la prima volta.
Decise che avrebbe aspettato una mezz’ora e poi avrebbe ritentato a richiamarlo e, se di nuovo non avesse ottenuto risposta, avrebbe chiamato Sebastian o Thad.
Kurt cercò di concentrarsi sul finire di vestirsi, tornare in stanza da letto e buttare fuori Bob.
Non voleva far uscire il cane, ma era l’animale di Finn e non voleva dargli nessun appiglio per lamentarsi. Doveva ammettere che, anche se era da poco tempo che abitava in quella casa, la prepotente presenza di Bob con lui era diventata una routine confortante e a volte, anche se si vergognava ad ammetterlo, si era trovato a fargli interi discorsi, che lui sembrava felice di ascoltare…
Kurt venne distratto dai suoi pensieri quando un rumore strano attirò la sua attenzione. Rimase in mobile, in attesa di cogliere ancora il suono che lo aveva attirato. Non ci volle molto per udirlo ancora e stavolta lo identificò come dei gemiti e dei sospiri.
“Che sta combinando Blaine di là?”
 
Burt si sentiva sconfitto. Era seduto sulla sua poltrona preferita del soggiorno a ripensare a quella giornata infernale, finita con l’odio di entrambi i suoi figli. I suoi pensieri vagavano dalla rabbia di Finn allo sguardo deluso di Kurt si era chiuso in camera, non appena aveva i nonni per essere stati con lui al Pronto Soccorso. Poco dopo essere tornati e i suoi figli chiusi nelle rispettive stanze, aveva sentito un tonfo e aveva trovato Blaine con il viso spiaccicato alla finestra del soggiorno e un cartello in mano in cui gli chiedeva di poter vedere Kurt, anche se si erano salutati poco prima. Carole aveva borbottato qualcosa del tipo: “Le finestre... le avevo pulite domenica.”
Lui però era troppo stanco per ascoltare un’altra persona arrabbiata, così aveva ignorato sua moglie e aveva lasciato entrare Blaine, che era sparito su per le scale e da quel momento nessuno era riemerso dai piani superiori.
Burt non sapeva più cosa fare con Finn e Kurt. Ogni cosa che faceva sembrava che fosse quella sbagliata.
Era così stufo di quell’atmosfera cupa e rabbiosa che era calata sulla sua casa... avrebbe dato qualunque per rendere felice la sua famiglia. Qualunque.
 
 
Bob si era messo davanti alla porta del bagno ad attendere che Kurt finisse di farsi la doccia, dopo che a nulla erano serviti gli abbai e lamenti disperati per entrare con lui. Blaine aveva trovato tutta la scena molto divertente, ma quando si era stancato si era tolto il collare e si era disteso sul letto dell’amico, snobbando il divano che era adibito per gli ospiti e Bob non l’aveva presa bene. Anzi,  gli aveva lanciato sguardi e abbai indignati, comunicandogli la sua contrarietà nel vederlo ‘sulla cuccia del suo padrone’. Inutile dire che il suo lato dispettoso l’aveva trovato divertente, ma presto  si era addormentato senza rendersene conto.
 
Blaine era in un luogo buio.  Non aveva paura.
Qualcosa attirò la sua attenzione, era piccolo e luminoso. Pensò a una lucciola, ma più si avvicinava e più si definiva al suo sguardo un piccolo essere. Una fata.
Il ragazzo cercò di avvicinarsi il più silenziosamente possibile per non impaurire la piccola creatura, ma poi un rumore di foglie secche scaturì sotto i suoi piedi e la fata volò via. Blaine non voleva perderla di vista e cominciò a inseguirla, ma per quanto s’impegnasse non riusciva a prenderla.
Improvvisamente, mentre ricorreva la creatura, comparve il vecchio quartiere dove abitava quando era bambino. Era identico all’ultima volta che lo aveva visto.
I lampioni erano accesi, tranne quello vicino a casa che sua era guasto, ma nonostante ciò vedeva chiaramente la strada ampia, i giardini delle case pieni di foglie gialle, rosse e marroni.
Blaine iniziò ad aver paura sia per lui che per la piccola fata, che si stava dirigendo quella che un tempo era stata casa sua.
“No! Fermati! Non entrare lì, è pericoloso!” Urlò, ma la creatura parve non udirlo.
Vide la porta della sua casa aprirsi e rimanere accostata, ma non ne uscì nessuno.
Corse più veloce, sentiva i suoi muscoli da ragazzo adolescente tirare per lo sforzo, ma non gli importava:  voleva solo fermare la piccola fata, che in quel momento varcò l’ingresso della casa.
Blaine si bloccò davanti all’uscio, non voleva entrare perché sapeva quello che avrebbe trovato: sua madre morente  con il suo assassino.
Sapeva quello che c’era oltre la soglia e non poteva lasciare la fatina sola con un omicida.
Prese un respiro profondo ed entrò in casa e improvvisamente non aveva più sedici anni, ma otto.
Era esattamente come si ricordava: il soggiorno era in penombra e scorgeva sua madre in un lago di sangue che stava morendo. Negli occhi le leggeva il terrore, ma stavolta, a differenza degli altri sogni che aveva avuto, sentì cosa sua madre cercava di dirgli.
“Via, via di qui. Via!”
La voce era debole, poco più di un sussurro uscito con fatica, ma carica di urgenza.
Una sensazione di paura si fece largo in lui e corse per cercare di salvarla.

Sua madre divenne sempre più agitata e continuava a dirgli:
“Via, via, via di qui.”
Blaine la ignorò e sentì la sua voce di bambino urlare:
“Mamma! Mamma!”
 Vide le sue manine posarsi sul petto di sua madre dove c’era del sangue, voleva capire dove era la ferita per tamponargliela e poi avrebbe chiamato l'ambulanza. Lo aveva visto fare un sacco di volte nei film, sembrava una cosa facile...
Sentì un rumore, sapeva quello che sarebbe successo di lì a qualche istante … aveva paura...
 
 
Blaine si svegliò di soprassalto e prima di tutto sentì un dolore atroce alla testa e...
“Ahia! Blaine!”
Si portò le mani alla testa, cercando di quietare il pulsare del punto in cui la sua fronte aveva colliso con quella di Kurt, che era caduto a terra e aveva una posa simile alla sua.
Dannato,  volevi violentarmi?! Manco fossi a casa di Tina… Bimbo pervertito. Aspetta, fammi controllare...
Blaine passò più volte lo sguardo tra i suoi pantaloni e Kurt con fare sospettoso e poi tirò un sospiro di sollievo.
Meno male... ho ancora i pantaloni...’
“Stronzo! Non ho cercato di fare nulla di quello che hai pensato.”
Ah no?!
Blaine sollevò il sopraciglio scettico e Kurt si alzò in piedi stizzito.
“Se proprio vuoi saperlo, ho sentito dei rumori strani e sono venuto a controllare che non stessi facendo nulla di disdicevole.”
Blaine inclinò la testa con un’espressione incredula.
Disdicevole? Disdicevole?! Ma quanti anni hai? Ottanta? Te lo do io il disdicevole!”
 Si alzò in piedi e cominciò a slacciarsi i pantaloni e Kurt si mise a urlare:
“Falla finita non è divertente!”
Bob, che non aspettava altro di vendicarsi, saltò sul letto e con entusiasmo prese a ringhiare contro Blaine che, per nulla intimorito, si mise a sua volta a ringhiare.
“Bob finiscila!- urlò Kurt.- scendi giù! Giù!”
Il cane si mise a uggiolare pentito, rimescolando le zampe, e poi scese dal letto e si accucciò sul tappeto con occhi pietosi.
“Grrrrrrrrgrrrgrgrgrgrgrgrgrrrrrrrggrgrgrahhhhhhhhhhahhhhuuuu”
Kurt guardò Blaine emettere un suono tra un ringhio e un lamento. Era la prima volta che sentiva l’altro ragazzo fare un suono così lungo... cominciava a pensare che lo preferiva quando non ne emetteva alcuno.
“E ancora lunga?!”
“Grrerrerrerererrerererrererrerererereeeeeeeehhhhh”
“Woaf”provò timidamente Bob, intenzionato a unirsi ai versi emessi dal ragazzo ma Kurt urlò, esasperato:
 “BASTA!”
Nella mansarda cadde il silenzio e poi...
“Bau, arf, woaf.”
“Non sei divertente Anderson.”
Sei tu che sei noioso. Andiamo, solo perché non riesci a entrare in contatto con il tuo cane interiore, non devi tenere un comportamento disdicevole...
Blaine aggrottò le sopracciglia, notando per la prima volta l’abbigliamento di Kurt che era diverso da quello con cui era entrato in bagno: canotta nera e boxer, che lasciavano intravedere il corpo magro e tonico, leggermente muscoloso.
Sei sicuro che il test del DNA sia corretto? Cosa cazzo c’entri con Burt?
“Cosa guardi?”
Oh se te lo dicessi...
“Mi spieghi cosa guardi?”
Blaine prese in mano la sua lavagnetta, scrisse e la mostrò a Kurt, che lesse:
“Valutavo se era più prestante il mio Blaine Junior o la tua Katrina... Seriamente hai chiamato il mio organo Katrina?”
-Si chiama pene!-
“Blaine, perché devi essere sempre così volgare?”
-Sarei stato volgare se avessi scritto cazzo o uccello.-
“Non vorrai dirmi che sei stato un signore?!”
-Meglio, un gentiluomo.-
“Oh Andiamo.”
 - Per te, mi sono limitato alla disdicevole parola di pene.
“Ti dovrei anche ringraziare?”
Blaine annuì.
“Assolutamente no, scordatelo.”
Kurt si voltò e camminò verso il bagno e Blaine rimase ad ammirare il sedere tondo e sodo dell’altro fino a che la porta non si chiuse.
Anche il culo non l’ha preso da Burt. Siano lodati i Calhoun.
Rimasto di nuovo solo, Blaine si mise una mano nelle mutande e si grattò togliendosi un prurito improvviso da uno dei testicoli.
Ecco qualcosa di disdicevole.
Il cane abbaiò e il ragazzo lo fissò con un sorrisino.
Ah, fai di nuovo la voce grossa ora che non c’è più chi ti sgrida.
Bob, come se gli avesse letto nel pensiero, si voltò verso la porta del bagno per controllare che Kurt non rientrasse e ringhiò basso e minaccioso.
‘Guarda sta brutta salsiccia avariata… ora ti faccio vedere io chi comanda.’
Blaine prese a ringhiare a sua volta, ma…
“Voi due finitela immediatamente!” urlò Kurt dal bagno, tacendo ogni rumore nella mansarda.
‘Non guardarmi così salsicciotto, è colpa tua.’
Bob, dopo la sgridata, si era accucciato sul tappeto con aria colpevole e Blaine gli si avvicinò e si accovacciò.
‘Lo so che voi cani potete leggere nel pensiero, quindi amico … senti qua.’
Il ragazzo allungò la mano con cui si era grattato il testicolo e l’offrì al cane che, dopo averla annusata, si alzò e se ne andò uggiolando, nascondendosi dietro il divano.
‘Ehiii è inutile che fai quello schifato. Non siete voi cani che annusate le parti intime dei vostri simili per fare amicizia?’
Blaine sbuffò irritato e si annusò la mano.
‘Non mi sembra così brutto questo odore … okay, non è fiori di campo, ma da qui ad andarsene per aver sentito il profumo delle mie palline mi sembra esagerato a meno che… Ma certo! Il mio odore, preso dalla mia fonte di mascolinità, è quello di maschio alfa. Salsicciotto inchinati a me.’
 
 
Carole si sentiva esausta di tutta quella situazione. Suo marito era seduto nella sua poltrona con aria abbattuta, Finn da giorni era diventato intrattabile e a completare il quadro c’era il fatto che Kurt non si stava rivelando una persona semplice. Non sapeva cosa fare.
Era molto delusa da suo figlio e a dir poco furiosa per quello che era accaduto per colpa sua a Kurt, ma lo scusava anche…
Burt da quando era tornato con a casa da New York non aveva fatto altro che parlare e preoccuparsi Kurt, non dando la giusta attenzione a Finn che, già geloso del figlio naturale di suo marito, si era sentito messo in secondo piano e lasciato da parte.
Carole sapeva che Burt non lo aveva fatto a posta di lasciare il loro ragazzo da parte, né che poteva essere biasimato se per un periodo concentrava le sue energie per conoscere il figlio, che gli era stato negato per quindici anni.
Lei capiva anche che Kurt aveva subito una grave perdita e che la sua vita era cambiata e le sue emozioni era forti e altalenanti. Era normale e andava bene per il momento. Quello che invece non andava bene, che era provocatorio, sgarbato, maleducato e che trattava tutti loro come se fossero i suoi nemici.
Questo comportamento da parte di Kurt la faceva arrabbiare moltissimo. Non era il solo che si era trovato la vita completamente cambiata, ma anche lei, Finn e Burt.
Carole guardò l’orologio della cucina, segnava le sei di pomeriggio. Si mise a preparare da mangiare, quella sera sarebbero stati solo loro quattro. I suoceri sarebbero arrivati per il caffè alle otto e mezzo.
Aveva in programma di fare maccheroni al formaggio, forse sarebbe riuscita a strappare un sorriso a suo marito e suo figlio con uno dei loro piatti preferiti. Pensò per Kurt che sarebbe stato carino invitare Blaine così, forse, sarebbe stato più sereno durante il pasto. Si chiese se avrebbe dovuto preparare qualcosa per Kurt, non sembrava intenzionato a scendere a cucinare come aveva fatto gli altri giorni…
Suonarono alla porta e Carole sospirò.
“Burt lascia stare, vado io a rispondere.” Urlò mentre andava in soggiorno.
“Sei sicura?”
“Sì, tu rilassati e guardati un bel film.”
“Carole!”Disse Burt burbero e lei gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia.
“Fai felice tua moglie e cerca di rilassarti. Brontolone...”
Carole notò che Burt fece un sorriso timido, stava per dirle qualcosa ma alla porta suonarono di nuovo.
“Ci penso io.”
Carole  si diede una piccola sistemata davanti allo specchio dell’entrata e aprì la porta di casa.
Sulla soglia di casa c’era un uomo che avrebbe definito forte e affascinante, era alto, magro, lineamenti eleganti, con due occhi chiari e seri. Era certa che non fosse un venditore porta a porta, era vestito con un completo di pregio e tutto in lui urlava ricchezza e autorità.
Si chiese se per caso non fosse un avvocato mandato dagli Adams, loro sarebbero stati gli unici che avrebbero potuto fare una mossa di quel genere.
“Sì?” domandò cauta.
“Casa Hummel?”
“Sì. Chi è lei e che desidera?”
“Mi chiamo Etienne Smythe. Sono qui per Kurt.”
Carole alle sue spalle sentì suo marito alzarsi immediatamente e venire alla porta.
 
“Cosa ci fa qui signor Smythe?!”chiese Burt con tono duro.
“Kurt oggi mi ha telefonato sconvolto per quello che è successo a scuola.” rispose in egual modo Etienne, guardando i due.
Carole rimase sorpresa, Kurt certamente era sembrato arrabbiato, furioso e battagliero, ma non sconvolto.
 
Burt le fece cenno di spostarsi dall’ingresso e disse:
“Vuole entrare signor Smythe, che così che ne parliamo con calma?”
“Per questo sono qui.”
Mentre conducevano l’uomo in salotto, Carole notò che aveva delle buste con loghi di negozi che a Lima non c’erano. Intravide che c’era anche un pigiama.
“Prego, si sieda dove preferisce. Vuole qualcosa da bere? Una birra? Un bicchiere di vino? Latte al cioccolato, Pepsi, succo?”
 
Etienne guardò la signora cicciottella che, da esemplare donna di casa, cercava di metterlo a suo agio. Aveva un viso con dei bei lineamenti e un’espressione dolce, ma i capelli con la permanente la rendevano un po’ ridicola, come gli abiti troppo stretti che segnavano la forma rilassata del suo corpo.
“Mi dispiace, ma credo mi sia sfuggito il suo nome.” Etienne sapeva che la donna non si era presentata e in realtà il nome lo sapeva, Kurt glielo aveva detto, ma era una questione di etichetta.
“Oh che sciocca... mi chiamo Carole.”
“ Signora Hummel, visto che è così gentile, le sarei davvero grato se mi offrisse un bicchiere di acqua fresca.”
Carole rimase un momento interdetta per l’utilizzo del suo titolo formale dopo che le chiesto il nome, ma decise di far finta di nulla nonostante suo marito parve infastidito.
“Noi non siamo amanti dell’acqua, non ne teniamo in frigo, ma abbiamo quella dal rubinetto se le va bene.”[1]
Etienne non si scompose all’ammissione della padrona di casa, Kurt gli aveva detto dell’alto tasso di bevande e cibi zuccherati che giravano in quella casa.
“Certamente, è perfetto. La ringrazio molto.”
Etienne rimase solo con Burt, che lo studiava silenzioso e fece finta di nulla. Voleva solo vedere Kurt per capire come stava e abbracciarlo.
“Signor Hummel l-”
“Signor Smythe la blocco immediatamente, le chiederei di chiamarmi Burt e di lasciarci tutte le formalità alle spalle.” Disse seriamente il meccanico all’altro uomo.
“Va bene Burt, dato che è questo che desideri, così sia. Ora, vorresti raccontarmi cosa è successo oggi a Kurt?”
Burt fissò Etienne e lo trovò intimidatorio col suo modo di fare elegante, la postura colloquiale e le gambe accavallate.
“Cosa ti ha raccontato Kurt?”
“Non molto.-ammise- Era chiuso in un bagno al Pronto Soccorso e sussurrava, era agitato. Mi ha detto che stato aggredito da alcuni ragazzi appena entrato a scuola e che tu non lo consideri grave. Poi qualcuno ha bussato alla porta del suo bagno e mi ha detto che avrebbe richiamato e ha messo giù. ”
“Le ha telefonato di nascosto dal bagno?” chiese stupita Carole. I due uomini ne rimasero sorpresi dato che non si erano accorti della sua entrata.
“Sì e quindi?”
“No, niente, è solo che nessuno ha mai impedito a Kurt di avvertire lei o chiunque altro avesse voluto. Non mi piace questo comportamento.”disse severa Carole.
“Cosa pretende?! Era scosso e spaventato. E se ha agito così in un momento in cui era sottoshock, non è da arrabbiarsi.” Le rispose piccato Etienne.
“Nessuno si arrabbia col ragazzo per questo.- chiarì immediatamente la signora Hummel- Ma Kurt continua a mettere muri fra noi e lui, anche nelle situazioni che dovrebbe permetterci di aiutarlo.”
“Signora... gli era appena stato detto che quello che era accaduto era una ragazzata o qualcosa del genere. Nessuno avrebbe reagito lucidamente, tanto meno un adolescente emotivamente provato.”
“No, non è una ragazzata- ammise Burt. - ma in quel momento non potevo dire altro.”
Il meccanico spiegò tutto ad Etienne: l’arrivo di Kurt a casa, le litigate, le frasi poco felici, i fatti che si erano svolti quel giorno a scuola, degli affari tra la sua officina e l’azienda della famiglia Adams.
“Devo pagare le tasse sull’officina, ho tre dipendenti che contano su di me e sullo stipendio che posso dargli ogni mese. Una di loro ha un figlio paraplegico e un altro ha sessantatre anni e ha casa ha una moglie malata di cancro. Se io lo licenzio queste persone, non tutti loro saranno in grado di trovarsi un altro lavoro. E io sono nella loro stessa situazione. Lima non è New York, le possibilità sono limitate. Non c’è un altro cliente come gli Adams, non posso perderli.”
“Capisco.” Disse Etienne ma Carole scosse la testa.
“No invece. Signor Smythe lei è abituato a vivere in una grande città dove una persona è solo una fra tante e perso un cliente grosso ne può trovare un altro per coprire quello perso. Qui a Lima tutti conoscono tutti, da generazioni, qui il pensiero della comunità conta. È un attimo che una vita tranquilla possa divenire un inferno. Se vieni additato per qualcosa cominciano i dispetti.”
“Dispetti?” chiese incredulo l’uomo.
“Il mio primo marito, Christopher Hudson, è morto per droga.”
“Mi dispiace.”
“Grazie. Il fatto è che, quando a Lima si diffuse di cosa era morto mio marito, partì la gogna per me e i miei suoceri. Io ho avuto la fortuna di essere sempre stata una ragazza irreprensibile. Ho fatto parte del coro della parrocchia, volontariato e ho lavorato come badante notturna. Mi sono solo laureata tardivamente come infermiera all’università di Lima per via che avevo perso i miei genitori e...”
“Posso chiamarla Carole?” chiese improvvisamente Etienne.
“Certo.”disse la donna, anche se era leggermente infastidita per essere stata interrotta così.
“Cosa c’entra questo con quello che è successo oggi a Kurt?”
“Mia moglie sta cercando di spiegarle come funzionano le cose in città piccole come questa. Posti dove la comunità spesso ha un comportamento giustizialista.”
Etienne fece un cenno di comprensione e Carole riprese il suo racconto.
“I miei suoceri erano due persone un po’ timide e ritirate dalla vita della comunità. Il padre di mio marito, Bill, veniva da una famiglia che si raccontava facesse parte, solo alcuni membri, del Ku Klux Klan[2], se non addirittura lui stesso per un certo periodo. Christopher mi diceva che erano stati due genitori molto duri e inflessibili e non amava entrare nel dettaglio a parlare di loro. La mia esperienza con i miei suoceri fu buona. Per me erano due brave persone, ma a Lima non godevano di rispetto e, quando mio marito morì, vecchi rancori dimenticati esplosero in una feroce vendetta.”
“Qui esiste ancora il Ku Klux Klan?” domandò sconvolto Etienne.
“Ohio non è esattamente lo stato più tollerante.-ammise Burt.- Ora, saranno almeno trent’anni che a Lima non ci sono episodi legati al Ku Klux Klan. Io e la mia famiglia e molti altri cittadini abbiamo aderito a una lega contro il razzismo e lo abbiamo combattuto, se così si può dire. Nella contea di Allen è risaputo che è un problema. Possiamo anche tristemente vantare che qui tra gli anni 1925 e 40 fu sede una delle maggiori sedi delle Black Legion[3].”
Etienne sentiva lo stomaco che gli si stava chiudendo per l’ansia sapendo che Kurt era finito in un luogo che aveva una storia del genere.
“Che cosa è successo ai tuoi suoceri Carole?”
“Beh, appena la notizia e i motivi della morte di Christopher si diffusero, Evelin, mia suocera, si ritrovò la macchina scritta con la frase: La giustizia divina colpirà tutti voi del KKK[4]. Quello fu solo l’inizio di una serie episodi spiacevoli. Dopo un anno di insulti e di dispetti i miei suoceri non ressero più la pressione e decisero di trasferirsi in Texas, a Wako, dove tutt’ora abitano. Mi chiesero di andare con loro, ma avevo appena partorito Finn, loro nipote, e non volevo lasciare Lima. Questa è casa mia.”
Etienne era rimasto perplesso dalle notizie ricevute e così espose un dubbio che gli era rimasto in testa:
“Quello che non capisco e se i tuoi suoceri hanno fatto davvero parte dei KKK?”
Carole scosse la testa e alzò le mani.
“Christopher a domanda diretta non mi ha mai confermato o smentito che i suoi genitori abbiano fatto parte del Klan. Bill e Evelin con me non hanno mai espresso comportamenti o frasi razziste. Si sono sempre comportati correttamente, mandano ogni mese una quota per mantenere Finn e hanno permesso a Burt di adottarlo e dargli il suo cognome. Se avessero fatto parte del KKK, penso che non avrebbero permesso che loro nipote venisse adottato da un uomo dove la sua famiglia è contro il razzismo.”
Etienne rimase sorpreso dall’informazione che Burt avesse adottato Finn. A suo modo di vedere gli sembrava ancora più strano che i nonni del ragazzo non avessero pretese che portasse il cognome della loro famiglia in ricordo del padre morto …
“Cosa c’è Etienne? hai un espressione strana.” Domandò Burt.
“Ammetto che non mi piace che questa città ha una forte storia legata con Ku Klux Klan, soprattutto sapendo che ai giorni nostri hanno preso di mira anche gli omosessuali.”
“Ti blocco subito.- Burt appoggiò pesantemente le mani sul tavolo.- Il KKK esiste anche a New York. Ormai non parliamo più dell’organizzazione di una volta e ti ripeto qui a Lima sono trent’anni che non ci sono episodi riconducibili a loro. Puoi dire lo stesso di New York?!”
“D’accordo ma tutto questo cosa c’entra con Kurt oggi?”domandò esasperato Etienne e a rispondere fu Carole.
“Il KKK nulla, ma il comportamento dei cittadini di Lima sì. Qui l’omosessualità non è ben vista. Una denuncia a carico dei quattro ragazzi che l’hanno attaccato, in un posto dove la maggior parte la pensa come loro, sarebbe peggio.”
“Peggio in che modo? Chiudere l’officina perché nessuno verrebbe più da voi? Vale davvero così tanto quell’officina piuttosto che la sicurezza di Kurt?”chiese sprezzante Etienne. Burt fissò l’uomo e scosse la testa rabbioso.
“Si vede che lei è sempre vissuto senza una sola difficoltà economica signor Smythe. Quella officina mi permette di pagarmi l’assistenza medica e di vivere e mantenere la mia famiglia e i miei genitori, che l’hanno creata con le loro mani, e comprargli le medicine che iniziano a servire. Quella officina è il futuro, se non di Kurt, di Finn. L’officina mi permetterà di mandare all’università i miei figli e di metterla in garanzia con qualche banca quando Finn o Kurt vorranno aprire un mutuo per comprarsi una casa. La sicurezza di Kurt è al primo posto, ma non è agendo nel modo più logico che qui otterremo qualcosa. Agire di forza, denunciando i colpevoli, creerebbe solo odio e renderebbero il ragazzo un bersaglio da punire.”
“Allora ti chiedo di farmelo riportare con me a New York.” Provò disperato Etienne.
“So già che la sua vita è a New York e che appena si diplomerà tornerà lì, ma io già vissuto quindici anni senza conoscerlo. Non mi puoi chiedere di dare via i soli tre anni di vita che potrò avere con lui, mio figlio.”
Etienne provò una punta di vergogna perché intimamente su quello era d’accordo con Burt. Lo capiva e ne comprendeva il sentimento, però sapeva che c’era qualcosa che non tornava. Era certo che Elisabeth dovesse aver avuto un ottimo motivo per nascondere Kurt a Burt, ma allora si chiese: perché  svelare la verità nel testamento?
Era un controsenso.
 “Ma quello che è successo oggi a scuola? Come pensi di proteggerlo, se tu per primo non sei a favore del suo orientamento sessuale e non lo accetti per quello che è?”
“Posso non credere nella omosessualità, ma ciò non significa che permetterò a qualcuno di toccare mio figlio perché dice che gli piacciono gli uomini.”
“MA COME PENSI DI PROTEGGERLO SE NON LO FAI TRAMITE LE AUTORITÀ, DENUNCIANDO IL REATO DI ODIO CHE HA SUBITO OGGI?!”Urlò Etienne concitato, alzandosi in piedi, e Burt con calma rispose:
“Come ho detto, Lima è una cittadina piccola e prima certi avvenimenti possono essere un’arma che può essere usata in due modi, Etienne. Carole ed io abbiamo intenzione di proteggere Kurt e lo faremo a modo nostro e con le regole che girano qui.”
“QUELLO CHE NON CAPISCO È COME?” Domandò Smythe sempre più irritato.
“Etienne?”
Tutti gli adulti nella stanza si voltarono verso le scale dove c’erano Kurt, Blaine e Bob.
Etienne corse verso il ragazzo e controllò il volto tumefatto.
“Mio Dio, Kurt.”
“Sei qui.”
“Certo, te lo avevo promesso che sarei corso per ogni cosa.”
 Kurt butto le braccia al collo ad Etienne che lo strinse fra le braccia.
Blaine notò che Burt non aveva preso bene la scena, secondo lui, terribilmente melensa.
Etienne strinse più forte a sé il ragazzo.
“Ahia.”
“Kurt?”chiese l’uomo con fare preoccupato e confuso.
“Ho sbattuto la schiena, solo qualche livido... non è grave. ”
“Non è grave? Kurt c-”Etienne non ebbe modo di finire la frase perché Bob sentendosi ignorato cominciò ad abbaiare e fargli le feste.
“Mi dispiace.- Disse Burt prendendo il cane e togliendolo della gambe dell’ospite.- Bob è un cane molto affettuoso, saluta tutti come uno di famiglia.”
‘Ma che cavolo Salsicciotto! A me ringhi e a lui fai le feste?! Come ti capisco, è così bello che anch’io se fossi un cane farei lo svenevole con lui.”
 “Ha ragione lui.-confermò Kurt - In genere, quando mi segue mentre corro, fa le feste a qualunque cosa si muova.”
Carole si voltò verso il figliastro con le mani sui fianchi e con tono duro chiese:
“Nonostante ti fosse stato proibito, porti ancora fuori Bob?”
“Non lo porto fuori, mi segue! O meglio, ci prova.”
‘Ma che ci prova! Sta lì a guardarti sconsolato come a dire: Corri tu per me e di’ agli Hummel che li ho amati. Lo saprò bene, dato che ti spio dalla finestra.’
“In che senso ci prova?-chiese Burt stancamente.- E poi che giro fai? Lo sai che non sono favorevole che corri presto la mattina, anche se te lo lascio fare.”
Kurt lanciò uno sguardo duro al meccanico.
“Non ricominciamo con questa storia! Non mi allontano, corro letteralmente intorno alla casa per ben 45 minuti e Bob sta in giardino a guardarmi, dopo che per un giro cerca di starmi dietro.”
‘Salsicciotto, mi ricredo, addirittura un intero giro riesci a fare? Sei praticamente pronto per le olimpiadi.’
“Kurt a New York correva sul terrazzo condominiale di dove abitava.-disse Etienne.- se corre qua intorno non dovrebbe essere un problema: siete immersi nel verde e ci siete solo voi e la casa do fronte.”
Burt guardò Etienne, pronto a dirgli di non intromettersi con le regole di casa sua, quando suonarono alla porta e Carole andò ad aprire e poi urlò. Tutti nella stanza si voltarono  verso l’ingresso e Burt corse immediatamente dalla moglie, mentre Bob strisciò tra Blaine, Kurt e Etienne, che inconsciamente si era avvicinato protettivo verso i due ragazzi.
‘Ok, se vuoi proteggermi, fallo bene... prendimi tra le tue possenti braccia ed io mi abbandonerò ad esse... papino. ’
“Forza entrate!”Disse una voce profonda che Kurt non riconobbe.
“Ora non fate più tanto i bulli. Eh!?”Esordì Aron Puckerman, entrando nel salotto e strattonando con sé il figlio. La stessa sorte era toccata ad Azimio, che stava vendendo trascinato malamente da quello che era certamente il padre.
Kurt si avvicinò ad Etienne e notò che i due ragazzi appena arrivati avevano l’aspetto malconcio, come di qualcuno che aveva avuto una rissa.
‘Zio Aron non deve averla presa bene la tua condotta a scuola, vero Noah?’Pensò Blaine, colpito.
“Mio Dio.- Carole sentiva l’agitazione salire veloce nel suo petto.- Ma che gli è successo? Jade? Aron?”
“Nulla di male.-Rispose serafico Jade.- Vero ragazzi?”
Noah e Azimio guardarono verso i loro genitori e poi le altre persone nella stanza, fino a soffermarsi su Kurt. Blaine istintivamente fece un passo minaccioso in avanti e scrocchiò le sue dita. fissando malamente i due compagni di squadra.
‘Chi ha osato picchiarvi meglio di me!?’
“Come nulla di male?-Chiese Carole- Sono pieni di lividi e ferite.”
“E oserei dire che puzzano come un cassonetto della spazzatura.”esordì Kurt candidamente.
‘No, vai tranquillo, per quello noi ragazzi puzziamo sempre, sei tu l’eccezione alla regola.’
“Hanno solo ricevuto lo stesso trattamento che spesso hanno riservato ai loro compagni di scuola. Vi è piaciuto?” Chiese pericoloso Aron ai due ragazzi, che non osarono rispondere e saltarono quando Jade parlò:
“Guardate come lo avete ridotto! Ma siete impazziti?!”
“Noah, pensavo di averti cresciuto meglio di così!” Aron era vibrante di rabbia.
Kurt fissò con curiosità l’uomo che parlava con Noah. Era uno dei migliori amici di sua madre, lo sapeva grazie a Blaine e ad Olegh e alle foto che gli avevano mostrato. Aron Puckerman, pensò, che fosse una figura imponente. Era un uomo abbastanza alto, sul metro e ottanta, capelli lunghi un po’ sporchi, barba e  piccoli occhi dal taglio severo e di un penetrante azzurro. Tutto in quell’uomo suggeriva che non del fosse il caso di litigarci. Kurt incrociò lo sguardo di Aron e nei suoi occhi lesse una curiosità gemella alla sua.
“Che sta succedendo qui?”
Tutti si voltarono verso le scale dove c’era Finn, che osservava la piccola folla e, appena i suoi occhi suoi occhi si posarono sui suoi amici, corse in salotto.
“Puck, Azimio, che vi è successo? E tu chi sei?”
“Finn un po’ di educazione.”lo rimproverò Carole.
“Etienne Smythe, caro amico di Kurt e sua madre.” si presentò l’uomo a tutti che ricambiarono il saluto e Aron fece un sorrisino, come di chi avesse capito qualcosa che agli altri era sfuggito.
 “Scusatemi tutti quanti se mi intrometto.-esordi Etienne.- Ho capito che loro sono i ragazzi che hanno aggredito Kurt, ma non è ben chiaro chi ha aggredito loro... O meglio spero di aver capito male…”
A rispondere ci pensò Aron.
“Hai capito che io e Jade abbiamo dato una ripassata ai nostri figli?”
“Sostanzialmente.”
“Allora hai capito perfettamente.”
E Jade aggiunse:
“E visto che abbiamo scoperto che ai nostri ragazzi piace tanto buttare i compagni nel cassonetto della spazzatura, abbiamo pensato che si sarebbero divertiti a provare su loro stessi il loro passatempo.”
Etienne rimase a bocca aperta a guardare i due uomini, sconvolto dalla sincerità con la quale ammettevano le loro azioni.
“Hai visto che avevo ragione.”Sussurrò trionfate Kurt a Blaine che annuii colpito e divertito.
Finn rimase attonito dall’ammissione dei padri dei suoi amici e si sorprese quando Burt si rivolte a lui e, con un sospiro pesante, gli chiese:
“Finn, per caso tu hai a che fare o eri a conoscenza del comportamento così grave dei tuoi amici?”
“Non ho mai buttato nessuno nel cassonetto, io.”Finn inconsciamente incrociò le braccia sulla difensiva.
“Che significa...- sibilò Carole furiosa- che non hai buttato nessuno nel cassonetto, Finn? Che tu eri lì mentre i tuoi amici compivano atti di bullismo e non hai fatto nulla? Che anche tu hai compiuto atti di bullismo a scuola?”
Finn cominciò a balbettare frasi sconnesse.
‘Oddio sto per avere un orgasmo. Qui, sul posto, in questo momento. Peccato che papà e Cooper si stiano perdendo questo spettacolo. Santana poi non ne parliamo...’
“Finn.-lo chiamò Burt, con tono severo.- rispondi immediatamente.”
Il quarterback si zittì, incapace di parlare, e il meccanico, seccato, si rivolse a Noah ed Azimio.
“Mio figlio ha mai compiuto atti di bullismo a scuola?”
Ma come il loro amico, i due ragazzi non aprirono bocca.
“Noah... ti conviene rispondere immediatamente.” Disse con tono pericoloso Aron e Puck fece un passo indietro, spaventato.
“Lo stesso vale per te, Azimio.”
Carole vide che i tre ragazzi si erano barricati dietro il mutismo, nonostante l’insistenza dei loro padri, così si girò verso il piccolo degli Anderson.
“Blaine, tu sai qualcosa?”
‘Anche quello che non vorrei!’
Tutti si girarono immediatamente verso Blaine e lo osservarono, mentre batteva furiosamente sul suo telefono qualcosa, per poi passarlo a Kurt che lesse:
“Finn ha lanciato, l’anno scorso, delle granite in testa ai cosiddetti sfigati, ma ha smesso quando è entrato nel Glee club. Ora resta solo a guardare e a ridacchiare con gli sportivi popolari che compiono queste azioni.”
Kurt finì di leggere e poi si voltò verso Blaine e gli chiese:
“Quello che proprio non mi spiego, è perché in quella scuola c’è una macchina per le granite. Chi diavolo ha avuto quella brillante idea? Neanche a dire che qui faccia caldo.”
Blaine alzò le mani e fece una faccia come a dire che neppure lui se lo spiegava.
Burt fissò Finn, che aveva cominciato a guardare il pavimento con molto interesse.
“Anch’io quando ero a scuola ho fatto degli scherzi pesanti.- ammise Burt.- Alcuni ebbero come vittima tuo zio, Blaine.”
‘Bastardo pelato, che hai fatto a zio Thomas?’
“Me li ricordo.”grugnì Aron e così Jade.
“Già, ma anche voi potete confermare che mai siamo stati bulli!-disse con fervore il meccanico.- Abbiamo usato brutte parole, siamo stati stupidi, abbiamo indubbiamente esagerato. Ma non era bullismo.”
Aron sospirò e poi parlò.
“Non sei certamente la persona che preferisco e lo sai Hummel. Però hai ragione a dire che non sei stato un bullo, ma Thomas ha subito del bullismo quando era scuola, soprattutto da quei simpaticoni di Tinsley e William senior…”
“Infatti. E a quanto pare i loro figli ricalcano le orme dei padri.” Disse il signor Adams.
“E i nostri figli pure, vero Jade?-Commentò ironico Aron.- Come ci rendete orgogliosi ragazzi... prendervela con un ragazzino che è la metà di voi. Che comportamento da veri duri!”
“Ci dispiace.”provò Azimio verso i due genitori furiosi. Jade scosse la testa affranto e con un sospiro rivolse la sua attenzione ai coniugi Hummel.
“Burt, Carole, mi dispiace quello che è successo oggi a scuola per colpa di mio figlio e dei suoi amici.”
“Jade io-”
“No Burt, so del comportamento che Amelia ha tenuto… mi ha detto tutto. Ha fatto il possibile per evitare una denuncia ad Azimio.”
‘Il possibile?! Amico, ti sei sposato una vera stronza! Ti conviene venderla su ebay!’
Kurt osservò Jade Adams: aveva una corporatura enorme e poco in forma, però tutto in lui sembrava indicare che fosse un uomo buono. Il ragazzo venne strappato dalle sue considerazioni quando Burt parlò:
“Ammetto che Amelia mi ha spaventato, Jade. Siamo amici e so che uomo sei, ma so che a volte per i figli si possono fare cose stupide. E ho temuto una tua reazione se avessi deciso di procedere con una denuncia e mi sono trovato impotente con le conseguenze che tua moglie mi ha fatto sottintendere .”
Jade abbassò la testa, sentendosi colpevole.
“Capisco Burt. Amelia è accecata dall’amore per nostro figlio.”
‘Scommetto pure che pensa che sia l’uomo più bello della terra. Bleah, certa gente dovrebbe essere multata per pensieri osceni contro il genere umano.’
Aron scosse la testa infastidito.
“Anche Rikva ha fatto la stessa cosa, ma quello che le due care mammine hanno fatto è di non aver avuto pietà di un ragazzo che i nostri figli hanno picchiato! Guardalo, Cristo santo, e dimmi se è normale che un ragazzo vada a scuola e venga ridotto così!” Urlò furioso l’uomo e Noah e Azimio, nelle loro posizioni, cercarono di essere il più possibile invisibili, così come Finn che cercava di evitare lo sguardo della madre, che aveva le lacrime dalla rabbia.
“Papà, io...”
“Zitto Noah! Che diavolo vi è passato per il cervello a tutti quanti?! Che farete la prossima volta? Vi procurerete una pistola e ammazzerete qualcuno solo perché omosessuale o non in linea con il vostro pensiero?”
“Noi non volevamo spingerci a tanto!”
“Noah, vi siete spinti a tanto perché lui vi ha risposto, a differenza degli altri che terrorizzati si fanno buttare nel cassonetto o prendono la granita senza fiatare. Voi non dovevate, in primo luogo, fare cose così stupide!”
Kurt incontrò lo sguardo dell’uomo di colore, che solo osservandolo sembrava sul punto di mettersi a piangere ma prese parola con voce ferma e grave.
“Il problema era anche da aspettarsi che Figgins non avrebbe dato chissà quali punizioni. Io, Tinsley e Williams, siamo fra i maggiori finanziatori della squadra di football. Ha dovuto eliminare Karofsky per fare scena e far vedere che ha fatto qualcosa. Noah l’ha salvato  solo perché un bravissimo giocatore... se no a rigor di logica avrebbe dovuto sbattere fuori anche lui dalla squadra.”
“State scherzando spero.-disse Etienne furioso.-Per dei soldi il preside sarebbe pronto a passare sopra al bullismo?”
“Lo fa tutto il tempo a quanto pare. - disse Aron.- Pensi che il preside non sappia quello che accade nella sua scuola? Richard ottiene una telefonata ogni dieci giorni, circa, per il comportamento di Blaine.”
‘Eh già, inizio a sospettare che Figgins abbia una cotta per mio padre.’
“Posso confermalo anch’io.-disse Kurt.- Oggi il preside aveva dato inizialmente delle punizioni irrisorie, rispetto a quello che era successo. Pensa che non aveva nemmeno preso in considerazione di togliere Karofsky dalla squadra di football.”
Etienne al quadro della situazione rimase sempre più turbato.
“Kurt. Giusto?” chiese Jade.
“Sì.”
“Mi dispiace quello che mio figlio ti ha fatto.”
“Beh signore, non è comunque lei che mi deve delle scuse, ma appunto suo figlio. E devono essere fatte bene.”
Aron alla risposta secca e con tono altezzoso di Kurt, mise su un ghigno. Il ragazzo sembrava il degno erede della madre. Era un Calhoun sia nell’aspetto e sia nell’anima.
‘Infatti, tu devi chiedere scusa al mondo per aver generato un figlio tanto brutto e cattivo!’
“E comunque ho una domanda.- disse Kurt.- Voi sapete chi ha aggredito Chandler Khiel?”
“Kurt, tu sai di Chandler?”chiese stupita Carol al figliastro.
“Non esattamente, oggi l’ho sentito nominare un paio di volte. Quello che ho capito è che era un ragazzo bullizzato perché omosessuale e che se ne è andato dal McKinley dopo un brutto pestaggio o qualcosa del genere.”
Blaine al solo nominare Chandler sentì lo stomaco stringersi in una morsa spiacevole.
“Noah sai qualcosa di quello che accadde a Khiel?”domandò in tono rabbioso Aron.
“No, no, io non c’entro nulla. Lo giuro papà. Io ero al Glee Club quando Chandler è stato pestato.”
“Io invece ero in classe a recuperare la verifica di matematica.”disse immediatamente Azimio a Jade, che annuì perché se lo ricordava.
“Io anche ero al Glee.”rispose Finn.
“Fantastico che nessuno di voi c’entra nulla.-disse Aron con marcata ironia.-la domanda però è più ampia: sapete qualcosa? Noah?”
“No papà, non so niente. Nessuno della squadra di Football si è vantato di aver fatto nulla a Chandler.”
‘No, ma avete solo festeggiato che il frocio se ne era andato.’ricordò amaramente Blaine.
“Già neanche a me nessuno ha detto nulla.”rincarò Finn.
“Neppure a me.”aggiunse Azimio.
“Spero che sia vero.-disse Jade.-Se scopro che hai nascosto qualcosa…”
“Lo stesso vale per te Finn.- disse rabbiosa Carole.-Mi hai così delusa. Ti pensavo un bravo ragazzo.”
“Mamma io non ho fatto male a nessuno!” protestò Finn con disperazione.
‘Lanciare granite addosso alle persone è per fargli del bene? Trattamenti per il viso gratuiti a spese tue?’
“Per essere un bullo Finn non è necessario fare del male a qualcuno.- Kurt sbottò rabbioso.-basta essere lì a ridere e a umiliare la vittima con chi compie questi gesti. Anche quello è bullismo! Oggi a scuola a farmi del male fisicamente ci hanno pensato Karofsky e Puckerman, ma a fargli da spalle c’erano Tinsley e Adams e questo non li rende meno bulli degli altri.”
Azimio abbassò la testa in segno di vergogna e Puck cercò di evitare di guardare direttamente Kurt.
“DA QUANDO SEI ARRIVATO QUI NON FAI ALTRO CHE SPUTARE SENTENZE!” esplose Finn.
“FINN SMETTILA!”urlò Burt al figlio.
“DAI LEZIONI A TUTTI SU COSA E’ GIUSTO E COSA E’ SBAGLIATO. TI COMPORTI COME SE FOSSI MEGLIO DI TUTTI QUANTI E RENDI LA VITA A CHI HAI INTORNO UN INFERNO. GUARDA CHE COSA HAI FATTO OGGI A SCUOLA!”
“FINN FINISCILA”disse il meccanico afferrando il ragazzo per il busto quando questo fece un passo in avanti verso il fratellastro, che venne prontamente afferrato da Etienne e tirato verso di lui con fare protettivo.
“IO NON HO FATTO NULLA.-Affermò Kurt, con lo stesso tono di Finn- SEI TU E I TUOI AMICI CHE SIETE DELLE PERSONE PICCOLE CHE PER AFFERMARE UNO STATUS DOVETE BULLARVI DEGLI ALTRI, FERENDOLI E FACENDOLI DEL MALE. PER COSA POI? PER ESSERE I FIGHI DEL LICEO?”
“VEDI CHE SPUTI SENTENZE?”
“SENTENZE?! SU UN FOTTOTUTO REFERTO MEDICO C’È SCRITTO CHE HO UNA FRATTURA DEL NASO IN Asse! UN OCCHIO NERO, HO DEI TAGLI E LIVIDI DOVUNQUE! SONO FATTI, NON SENTENZE. I TUOI AMICI SONO BULLI. TU SEI UN BULLO!”
‘Nooo Finnocenza non farlo urlare che ha una voce stridula!’
 “MA CHE NE SAI TU DI NOI? DI ME? NULLA.- urlò Finn liberandosi dalla presa del padre e andando verso Kurt e Etienne con fare minaccioso.-IO NON SONO UN BULLO PICBOB, BOB CHE ?”
Bob si era frapposto fra i due ragazzi e aveva preso a ringhiare furiosamente a Finn, che arretrò spaventato.
“BOB FINISCILA.” Urlò Burt al cane, che continuò a ringhiare a quello che era il suo padrone.
‘A me non ringhiava così cattivo. Ho quasi un brivido di paura.’
“BOB BASTA!” ordinò Finn con rabbia con il risultato che il cane ringhiò di più.
Burt e Carole si guardarono un momento spaventati e confusi, Bob non aveva mai agito così.
“BOB, CANE CATTIVO.- disse Kurt con voce ferma e potente.-ORA A CUCCIA!”
Bob smise di abbaiare e ringhiare e si accucciò guardando Kurt con aria penosa.
‘Smettila di fare quell’aria affranta. Hai sbagliato tu. Come ti è saltato in mente di attaccare in quel modo Finn?! Dovevi solo pisciargli addosso.’
“Sei contento?” Finn chiese con rabbia a Kurt.
“Scusami?”
“Hai addestrato il mio cane contro di me.”
“Ma stai scherzando? Io non so nemmeno da che parte si comincia con un animale, figuriamoci ad addestrarlo.”
“Mi ringhia! Quando dovrebbe farlo contro di te.”
“Che discorso cretino. Il cane non dovrebbe ringhiare a prescindere. L’unica cosa che ho fatto, a differenza tua, è di dargli attenzione. E, sì, ogni tanto l’ho portato a spasso perché mi faceva pena vederlo lasciato a girare in quella porzione di giardino.”
“Io gli do attenzione!”
“Quale attenzione, Finn? La mattina sei uno zombi e non lo porti a passeggio. Torni da scuola e ti chiudi in camera a giocare con i videogiochi, mentre a dargli da mangiare e cambiargli l’acqua ci pensa Carole. Che attenzione dai a Bob? Da quando sono arrivato qua non ti ho mai visto portarlo a passeggio. La verità è che non ti è importato nulla di lui fino a che non ha cominciato a dare attenzione a me.”
Carole si era spaventata della reazione del figlio e per quanto gli desse fastidio si trovava d’accordo con Kurt.
“Finn, vai in camera tua -disse improvvisamente Burt- non tollero certi comportamenti! Io e tua madre dopo verremo a parlare con te della tua punizione.”
“Ma Papà!”
“Papà nulla Finn, vai in camera. Hai già dato abbastanza spettacolo con la tua immaturità.”
Finn sembrava essere sul punto di ribattere, ma uno sguardo severo e duro della madre lo fece desistere e decidere di eseguire l’ordine, ma prima voleva dimostrare qualcosa a Kurt.
“Bob, vieni qua. Andiamo.” Ma il cane non fece accenni a muoversi vicino dalle gambe di Kurt.
“Ho detto qui, Bob!”
‘Amico non ci provare non vedi che non è interessato?’
Finn sentì la rabbia esplodergli dentro, al che prese il cane per il collare e lo iniziò a trascinare malamente via. Bob cominciò a uggiolare.
“Lascialo, gli stai facendo male!”protestò Kurt e il cane, come a confermare ciò che era appena stato detto, abbaiò malamente a Finn, che per paura di essere morso lasciò la presa.
Bob, appena fu lasciato libero, si andò a nascondere dietro a Kurt e con la testa spinse contro le sue gambe, come a cercare conforto dopo una brutta esperienza. Finn era furibondo, si sentiva defraudato e odiava Kurt con una passione che non aveva mai provato per nessuno, nemmeno per Santana Lopez, che da anni era colei che lo tormentava in ogni occasione buona.
“Sai che ti dico Kurt? Tieniti quell’ammasso di pulci. Io non lo voglio più!” disse il quarterback correndo su per le scale, in camera sua.
‘Ora capisco perché Rachel Berry ha una cotta per lui... ha un senso del dramma non indifferente.’
“Sta scherzando. Vero?!” chiese Kurt a Blaine
‘Ti piacerebbe! Beh, diciamo che ha reso legale un fatto noto a tutti. Congratulazioni Kurt e Bob, vi auguro un futuro felice assieme.’ Blaine diede due pacche affettuose sulla schiena a Kurt, che fissò il cane in stato di Shock.
“Blaine finiscila non è divertente! Io non so prendermi cura di me figuriamoci di un cane.”
“Kurt.-lo chiamò Burt.- Finn ha parlato in un impeto di rabbia.”
‘Non ne sarei così sicuro. Bob poi sembra così felice.’
“Blaine ti ringrazio per quello che hai fatto oggi per Kurt.- fece gentile Carole.- Però posso chiederti se puoi tornare a casa tua?”
Blaine fece un cenno col capo ai coniugi Hummel e poi fece dei segni a Kurt, indicando prima il suo telefonino e poi Lui.
“Okay, ti scrivo stasera.”acconsentì Kurt.
Blaine salutò tutti nella stanza, diede un abbraccio ad Aron, che ricambiò gentile la stretta, e poi si andò a congedare da Etienne.
‘Ciao signor Anderson di oggi! Non ti vorrei lasciare, ma devo!’
Etienne sorrise gentile a quel ragazzo, Kurt gli aveva parlato di lui e del fatto che non parlava, ma in quei momenti che li aveva visti insieme aveva notato che tra loro c’era molta sintonia e sperava che fra i due nascesse una profonda amicizia.
Appena Blaine se ne fu andato, Aron prese parola.
“Allora Kurt, io e Jade, visto che il tuo vecchio qui ha introdotto il discorso punizioni e se anche lui è d’accordo, abbiamo un’idea per punire questi due imbecilli e insegnargli il valore del loro comportamento. “Che ne dici, ti và di ascoltarci?”

 
 

[1] Negli Usa il consumo di acqua è bassissimo. Un americano medio beve, indiscriminatamente a qualunque pasto, latte perché è considerato una bevanda (ed è per questo che è stato creato in tutte le varianti possibili, latte e cioccolato, fragola, caramello ecc ecc), è un’abitudine alimentare consolidata. Inoltre uno studio ha calcolato che un americano medio consuma più bevande gassate zuccherate che acqua normale, il motivo principale è che, oltre che essere cultura alimentare, una bottiglia d’acqua costa 3 o 4 volte di più di una bottiglia di una bevanda gassata.
[2] Ku Klux Klan (acronimo: KKK) è il nome utilizzato da diverse organizzazioni segrete esistenti negli Stati Uniti d'America a partire dall'Ottocento, con finalità politiche e spesso terroristiche a contenuti razzisti e che propugnano la superiorità della razza bianca.
 
[3] Le Black Legion, furono un movimento terroristico che assieme al Ku Klux Klan operava negli Stati Uniti attorno agli anni trenta. Quest'organizzazione venne fondata da William Shepard in Ohio. Negli anni 30 aveva tra i venti e i trentamila membri, un terzo dei quali a Detroit. Dopo la morte di Charles Poole, lavoratore della Works Progress Administration, rapito e ucciso dalle Black Legion, le autorità statunitensi condannarono all'ergastolo 11 membri delle Black Legion e ad alcuni anni di prigione altri 37 membri, ponendo fine all'esistenza dell'organizzazione.
[4] KKK acronimo di Ku Klux Klan
   
 
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