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Autore: HamletRedDiablo    15/04/2009    2 recensioni
Perché vuoi morire, ragazzino? Sei così giovane, ancora…
Sai ponderò con attenzione le parole da rivolgere a quel veleno fin troppo prolisso.
-Perché tutte le sere li vedo- confessò, atono. –Quando il sole tinge il cielo dello stesso colore del loro sangue versato, loro riemergono dallo Stige e vengono verso di me-
Chi?
-Tutti quelli che ho ucciso-
[…]
Ma non è per loro che lo fai, non è così?
Prima classificata al Poison Contest di PansyMalfoy
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Red Diablo
Titolo:
Voglio Solo Silenzio
Personaggi/Pairing:
Sai, Naruto
Veleno scelto:
Cianuro
Genere:
Drammatico
Rating:
Giallo
Avvertimenti:
Angst; AU (Alternative Universe), One-shot
Introduzione:
Perché vuoi morire, ragazzino? Sei così giovane, ancora…

Sai ponderò con attenzione le parole da rivolgere a quel veleno fin troppo prolisso.

-Perché tutte le sere li vedo- confessò, atono. –Quando il sole tinge il cielo dello stesso colore del loro sangue versato, loro riemergono dallo Stige e vengono verso di me-

Chi?

-Tutti quelli che ho ucciso- […]

Ma non è per loro che lo fai, non è così?

 

 

Il liquido ondeggiò all’interno della fiala ambrata, seguendo i movimenti della sua mano irrequieta.

Gli occhi ebano si fissarono su quei pochi centilitri di sostanza, quasi ipnotizzati dai pigri movimenti circolari che essa delineava all’interno del suo contenitore di vetro.

-E così mi sono ridotto a questo…-

Tutto in lui era stato smorzato dall’esperienza drammatica della guerra: la sua voglia di vivere, i suoi sentimenti… persino quelle parole meste erano fuoriuscite dalle sue labbra sottoforma di un mormorio appena udibile.

Come gli agenti atmosferici erodono con lentezza e metodo una roccia calcarea, così gli spari, le urla, le esplosioni gli avevano asportato l’anima un brandello alla volta, fino a lasciare solo il vuoto simulacro del suo corpo a vagare come un fantasma in quel mondo impazzito.

Eppure glielo avevano detto…

“Non guardare in viso un uomo che muore, mai! Se vuoi funzionare bene in guerra, devi essere come una macchina: non pensare, limitati a fare il tuo dovere”

E il suo dovere l’aveva fatto: appena era arrivata la prima carica, lui aveva imbracciato il fucile e, con la mira che lo aveva reso famoso all’interno del suo battaglione, aveva cominciato a fare centro in tutti i cuori nemici.

Ma il suo corpo gli aveva disubbidito: le orecchie non si erano concentrate unicamente sui suoni inanimati come gli spari, ma avevano incamerato anche le urla agonizzanti dei soldati, facendole rimbombare fino alle costole; la sua pelle non aveva registrato solo il calore delle esplosioni e il prurito provocato dalla polvere da sparo, ma lo aveva informato anche della sensazione umida generata dalle lacrime che avevano preso a solcargli le guance contratte; gli occhi non si erano limitati a fissare il mirino, ma avevano registrato anche le cadute scomposte dei militi, il colore bollente del sangue che sgorgava a fiumi su quei campi maledetti…

Afferrò con più forza la fiala, quasi incrinandone il sottile vetro, senza però decidersi a portarla alle labbra ceree.

Non capiva perché fosse tanto incerto: lui era già morto da un pezzo.

Respirava, camminava, si nutriva, ma era morto nell’anima molto tempo addietro: ogni volta che un soldato era caduto sotto le sue pallottole, ogni volta che un suo commilitone aveva esalato l’ultimo respiro, ogni volta che il plotone di esecuzione aveva svolto il suo compito… il suo spirito era volato via assieme a quelli degli altri soldati come lui, inghiottiti con ferocia da quella guerra senza scrupoli.

Perché tanta indecisione?

La domanda, viscida e subdola, era strisciata fuori dalla fiala che reggeva tra le dita.

Sa inarcò il sopracciglio: il veleno lo stava forse sfidando?

Sei già morto, no? Cosa ti costa abbandonare quell’ammasso di carne che chiami “corpo”?

-Nulla- rispose lui, portandosi il liquido davanti agli occhi scuri come per analizzarlo in ogni sua particella.

Che aspetti, allora?

Le sopracciglia scure si contrassero in un moto di rabbia: come si permetteva di decidere per lui?

La mia azione non è lunga e dolorosa come l’arsenico, e il mio sapore non è amaro come la stricnina.

Sai fece passare la boccetta da una mano all’altra, attento a non farla cadere, soppesando le parole ammaliatrici del liquido.

Hai fatto la scelta giusta con me. Modestamente, sono il re dei veleni.

-Megalomane- sibilò il soldato, tornando a portare la fiala petulante davanti agli occhi immobili.

Posso permettermelo: io sono il cianuro.

Sai fece roteare la boccetta tra le dita cineree.

Già, il cianuro…

Tutto sommato, era stato un giudice imparziale con sé stesso: lui aveva freddato i suoi nemici con un unico colpo, spedendoli all’altro mondo senza farli soffrire più di tanto… quindi era giusto che riservasse a sé stesso il medesimo trattamento.

I miei sintomi li conosci, no?

-Certo- affermò monocorde il soldato. – Avrò la sensazione di soffocare, avvertirò un intorpidimento alla gola, proverò ansia, confusione e vertigini, la mia respirazione si farà spasmodica, perderò rapidamente conoscenza, il mio corpo sarà preda delle convulsioni finché il mio cuore non si fermerà… insieme a tutto il resto- terminato il macabro elenco, lanciò un’altra occhiata esaminatrice alla boccetta.

-Ma dato che ho disciolto una dose massiccia di cianuro in questa fialetta, il tutto avverrà nell’arco di otto, massimo dieci secondi- decretò, lugubre.

Ottima spiegazione, Sai. Come hai detto tu stesso, non ti farò soffrire.

Niente sofferenze… per una volta in vita sua, niente sofferenze.

Non si ricordava neppure più che esistesse il verbo “ridere”: era talmente tanto tempo che non tendeva gli angoli della bocca in un sorriso, che probabilmente il suo volto si sarebbe sgretolato se ci avesse provato, come quello di una scultura di sabbia.

Perché vuoi morire, ragazzino? Sei così giovane, ancora…

Sai ponderò con attenzione le parole da rivolgere a quel veleno fin troppo prolisso.

-Perché tutte le sere li vedo- confessò, atono. –Quando il sole tinge il cielo dello stesso colore del loro sangue versato, loro riemergono dallo Stige e vengono verso di me-

Chi?

-Tutti quelli che ho ucciso- rispose il giovane, accasciandosi su una poltrona sgangherata lì vicino. –Mi mostrano le ferite che gli ho inferto e mi urlano contro… mi chiedono se sono felice di averli ammazzati, mi domandano quante medaglie mi ha fruttato la loro morte, quanti fiori sono cresciuti sulla terra ingrassata con il loro sangue…- strinse un pugno, facendo sbiancare ulteriormente la pelle diafana.  -E gridano con tutta la loro voce quanto mi disprezzino, mi  urlano contro le loro maledizioni…-

Ma non è per loro che lo fai, non è così?

Le labbra pallide del giovane si serrarono, rifiutandosi di rispondere.

-Li farai tacere?- chiese, dirigendo i suoi spenti occhi onice sul liquido fatale.

Ti darò il silenzio, soldato.

Le dita del giovane stapparono decise la boccetta.

Un sottile profumo di mandorla gli solleticò le narici.

Una volta gli piaceva quell’odore, quando proveniva dal forno pieno dei biscotti che gli cucinava la mamma, di cui era così ghiotto da averne fatto più volte indigestione.

Adesso non rammentava più che sapore avessero quei dolci: dopo anni passati a ingurgitare il nauseabondo rancio di trincea, aveva disimparato come fossero i sapori gradevoli. Così come l’ansia costante che si respirava sui campi di battaglia aveva cancellato il ricordo della tranquillità delle mura domestiche.

-Voglio il silenzio- dichiarò, afferrando più saldamente la fiala.

Non erano solo i suoi nemici a dargli il tormento, ma anche la sua coscienza, che gli trapanava l’anima ogni secondo con quel lugubre ritornello: assassino, assassino, assassino…

E se una voce dentro grida, fai rumore prima che ti uccida.(*)

Ma lui ne aveva abbastanza del rumore.

Tutto ciò che desiderava era il silenzio.

Chiuse gli occhi.

Non è per loro che lo fai.

 

***

 

Quando li riaprì, le lancette dell’orologio erano avanzate di un solo minuto.

E non era più solo.

-Ehilà, Sai!- esclamò gioviale il nuovo arrivato, scattando in un improbabile saluto militare.

Il ragazzo si portò una mano alla tempia, mugugnando infastidito.

-Mi sono addormentato?- biascicò.

Il giovanotto davanti a lui annuì con un sorriso bonario sul volto abbronzato.

Sai fissò per qualche istante il vecchio compagno d’armi davanti a lui: i capelli color dell’oro in contrasto con la sua zazzera corvina, gli occhi blu oltremare scintillanti di vita al contrario dei suoi, neri e avvizziti, le labbra curvate in un sorriso che le sue avevano disimparato da tempo…

-Non cambi mai, Naruto- constatò, rialzandosi leggero dalla poltrona.

-Nemmeno tu, Sai- sorrise l’amico, avvicinandosi. –Sei sempre il solito fragile romantico… e quello ne è la prova- asserì, fissando piuttosto eloquentemente la fialetta di veleno abbandonata.

Sai si avvicinò flessuoso alla finestra e si immobilizzò a fissare l’orizzonte in tramonto attraverso i vetri sporchi.

-Siamo malvagi, Naruto?- domandò all’improvviso.

L’amico storse il viso in una smorfia indecifrabile prima di borbottare:

-Buoni o cattivi… non si possono catalogare le persone in base a questi schemi semplicistici-

Rovesciò la testa verso l’alto, riflettendo ad alta voce:

-Siamo solo due ragazzi nati in un’epoca sfavorevole… e che per sopravvivere hanno dovuto eseguire gli ordini, senza mai discutere- un sorrisetto amaro si dipinse sulle labbra del giovane. –Sul campo siamo solo macchine da guerra, nient’altro che appendici dei nostri fucili. L’unica cosa buona…- meditò, tornando a fissare l’amico pallido. -… è che veniamo sollevati dalla fatica di pensare-

Sai rimase qualche secondo in silenzio, prima di proferire:

-Ti assicuro, mi sarei caricato del fardello del pensiero più che volentieri. Almeno, quella volta…-

Le sue iridi di petrolio vennero attirate come una calamita dal petto del giovane. Un’immensa ondata di pena lo avvolse a quella vista.

-Almeno quella volta avrei potuto fare di testa mia- mormorò, avvicinandosi all’amico. –Perdonami Naruto-

Il biondino volse il capo, incapace di reggere lo sguardo angustiato del compagno d’armi.

-Non è stata colpa tua, lo so bene- lo rassicurò. –Come ho detto prima, noi dovevamo solo eseguire gli ordini-

Sai annuì poco convinto, fissando l’orribile fiore di sangue aperto sul petto del giovane.

Era stato lui il responsabile di quello squarcio.

Naruto si era rifiutato di andare all’assalto: sarebbe stata una carneficina, un massacro, e lui non aveva intenzione di farne parte.

Così a Sai era stato ordinato di giustiziarlo come disertore.

E lui, misero soldatino in balia della pazzia dilagante, cosa avrebbe potuto fare?

Quello che gli riusciva meglio.

Obbedire ai comandi.

-Non mi hai fatto male- lo tranquillizzò Naruto. –Sei sempre stato un ottimo cecchino, e la tua pallottola è arrivata dritta al cuore, quasi non me ne sono accorto-

Sai annuì di nuovo, spostando lo sguardo sulla poltrona lì a fianco.

Le sue spoglie materiali giacevano scomposte sulla copertura in pelle, congelate dalla morte in una posa innaturale. Il cadavere della fiala, uno sparuto gruppetto di frammenti di vetro, riposava poco distante.

Lo sapevo che non era per loro. Era per lui.

Persino dall’interno delle sue vene gelide quel liquido continuava a sproloquiare.

Tutto il resto, sebbene a fatica, potevi sopportarlo… potevi tollerare le accuse, gli incubi, le maledizioni… ma non potevi sopportare che il tuo amico fosse morto per uno stupido ordine, vero?

-Ti avevo chiesto il silenzio- gli ricordò pacamente il moro.

La voce sottile del cianuro tacque.

-Dobbiamo andare, vero?- chiese retorico Sai.

Naruto chinò la testa in cenno di assenso.

Il soldato corvino lanciò un’ultima occhiata circolare alla stanza.

-Lo so- Naruto diede voce ai pensieri del moro, notando come il suo sguardo nero si fosse immalinconito alla vista del camino, di cui non avvertiva più il calore. –Nonostante le schifezze che abbiamo visto, è difficile abbandonare tutto, vero?-

Sai continuò a fissare la stanza, fino a che il suo sguardo naufragò sul suo corpo freddo: gli dispiaceva pensare che non avrebbe mai visto la sua chioma ingrigirsi e diradarsi con l’avanzare del tempo, né  la sua pelle raggrinzirsi sotto l’influsso avverso degli anni… nessuno lo avrebbe mai chiamato “papà” o “nonno”…

-Sì, è difficile- rimuginò Sai. –Ma noi siamo nati per le cose difficili- sentenziò, scrollando le braccia come per scioglierle dopo un lungo allenamento.

Naruto gli tese la mano, in un gesto cameratesco.

-Andiamo, è ora- lo informò, sorridendo.

Sai afferrò quell’arto etereo e, insieme, i due giovani marciarono verso i cancelli dell’aldilà.

-Sei strano- commentò Naruto, a metà strada. –Non mi hai fatto neppure una domanda su cosa ti aspetti dall’altra parte…-

-Ho affrontata l’inferno in questo mondo- dichiarò monocorde Sai. –Posso benissimo affrontarlo anche nel prossimo, se necessario-

Tuttavia cercò conforto nei lapislazzuli del compagno d’armi.

-Tu sarai con me?- domandò, cercando inutilmente di mascherare la sua inquietudine.

Naruto sorrise incoraggiante, avvolgendogli un braccio intorno alle spalle.

-Come ai vecchi tempi, Sai- annunciò.

E bastò quella semplice affermazione perché le labbra del moro ricordassero come ci si piegava per sorridere.

Svanirono quieti nel morir del sole, dissolvendosi lentamente da quel mondo spietato che aveva preteso troppo da due animi gentili come i loro.

Il fuoco nel camino sputacchiò qualche esile scintilla prima di gettare nel buio la stanza, interrompendo il suo scoppiettio.

L’orologio a pendolo rallentò i suoi rintocchi fino a fermarsi.

Il corpo del giovane aveva smesso di fare rumore da tempo: il respiro non raspava più la gola del ragazzo, il cuore si era immobilizzato, il sangue aveva arrestato la sua corsa rombante.

Il desiderio di Sai si era avverato.

Nella stanza, ora, c’era solo silenzio.

 

 

(*) Enrico Ruggeri

NdA: E’ la prima volta che scrivo riguardo un tema complesso come la guerra e il suicidio… è stata una sfida dar voce ad un animo tormentato come quello di un soldato che sceglie di suicidarsi perché non  può accettare la morte dell’amico.. spero di aver reso bene i pensieri di un simile personaggio.

Ah, un’ultima precisazione: Sai dice che sarebbe morto in pochi secondi, mentre dopo vede che le lancette sono avanzate di un minuto… questo perché, oltre che come trucco per indurre in errore il lettore, facendo credere che Sai sia ancora vivo e si sia solo assopito in quel minuto (spero di essere riuscita nel mio intento fuorviante ) ho supposto che l’anima ci impiegasse un po’ per distaccarsi dal corpo… ok, basta con questi discorsi macabri.

Spero che la ficchy sia stata apprezzata, aspetto con ansia i risultati ^^

Red Diablo

 

Io ero convinta di trovarmi all’ultimo posto, invece… *____________*

Le parole non bastano per dire quanto io sia euforica!

Sono veramente onorata per il commento della giudice, sono contenta che la mia ficchy sia piaciuta così tanto ^^

E complimenti a tutte le altre partecipanti, aspetto con ansia di leggere le vostre fic *W*


   
 
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