Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: Leti23    13/06/2016    0 recensioni
"Per ogni persona c'è sempre qualcuno destinato a rendere migliore la propria vita, o peggiore, dipende dai casi. In altri, un po' più rari ma meno di quanto si pensi, ciò che la migliora l'ha portata prima a peggiorare. Justin sapeva di pericolo, di corse contro il vento, di parole mai dette ed abbracci mai dati. Ricordava l'inverno, gli alberi secchi ed il freddo, dietro ai quali però c'era dell'affascinante, una sensazione che ti portava a volerne sempre di più. Lui mi aveva portata alle stelle per poi lasciarmi cadere."
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Selena Gomez, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5 Che la scuola mi opprimesse non era un segreto, più volte avevo espresso il mio quasi disgusto verso quel posto, ma per la prima volta – da che io ricordi – non mi dispiaceva così tanto andare. Sarà stato il fatto che il giorno dopo inizasse il weekend, o che in quella giornata alcune lezioni sarebbero saltate per la mancanza di certi professori, ma mi alzai tranquilla, vestendomi e scendendo senza fretta. La casa pareva deserta, non c'era traccia di Ashley, di Jason o della macchina. Certo, dover andare a scuola a piedi e con i dolori del ciclo non era esattamente una cosa piacevole, ma dato che non avevo altra scelta, mi incamminai chiudendo a chiave, tenendo la pancia quando sentivo delle fitte. La mattina era chiara, il sole aveva già iniziato ad illuminare il cielo, nonostante fossero appena le sette. Faceva abbastanza fresco, camminavo sul marciapiede strisciando la suola consumata delle converse nere mentre reggevo lo zaino su una sola spalla. Era bello vedere quel paese di periferia alle prime luci, lo faceva sembrare meno piccolo e vuoto, come se in sé potesse celare qualcosa di grande ed importante. Quei pensieri mi riportarono al sogno della notte precedente, a quella città che celava così tante ombre e segreti, alla figura sbagliata ma allo stesso tempo così bella e luminosa al mio fianco. Pensavo seriamente di stare impazzendo, le immagini dei miei sogni penetravano nella mia mente nei momenti meno opportuni, portandomi a riflettere su delle cose immaginarie, che non sarebbero mai successe. Era inquietante, per certi versi, dietro tutto quel mistero, orrore si nascondeva della bellezza, una sensazione di adrenalina ed energia nelle vene. Ripensai ancora una volta a quando vidi me stessa in mezzo alle fiamme, le labbra dello stesso rosso, i miei occhi che riflettevano il fuoco, che sembravano così vivi. Dietro quel mio dolce aspetto c'era una guerriera, e lo stavo dimostrando, a me stessa e a tutti gli altri. Scossi la testa tornando alle realtà, pochi passi dopo sentii un clackson richiamare la mia attenzione. Un auto nera mi si avvicino, e quando , una volta abbassato il finestrino, comparve il sorriso radioso di Justin sorrisi anche io di rimando. Era davvero contagioso, indossava degli occhiali da sole e la giacca di pelle, sembrava un vero ribelle ed era così maledettamente tanto figo. «Hai bisogno di un passaggio piccola?» domandò facendomi un occhiolino. Ridacchiai aprendo la portiera ed entrando. Va bene che mi ero ripromessa di essere fredda, per certi versi, ma mi stava comunque salvando da altri quaranta minuti come minimo di camminata. Abbassai il finestrino com'ero solita a fare, ammiravo la bellezza dell'alba, il modo in cui i colori si sfumavano gli uni sugli altri. Poi i miei occhi caddero su Justin, indossava ancora gli occhiali da sole, i primi raggi del sole gli illuminavano il viso rendendo la sua pelle più pallida, stringeva il volante tra le dita, l'espressione tranquilla ma dai lineamenti duri, le labbra carnose strette in una linea morbida, interpretabile quasi come un piccolo sorriso. Mi trovai a pensare che fosse davvero un bel ragazzo, un sogno di Hollywood diventato reatà, magari uscito direttamente da una rivista di PlayBoy. «Dolcezza, le tue attenzioni mi lusingano, davvero, ma mi stai mangiando con gli occhi, stai diventando inquietante.» rise mostrando i suoi denti bianchi e perfetti. Stupido, stupidissimo Bieber. «Non sei simpatico, e poi io sto guardando l'alba dietro di te» mi difesi facendogli la linguaccia. Tra di noi non c'era alcun tipo di imbarazzo, la totale libertà di essere sé stessi e di esprimerci, la nostra compagnia era come una cura da un mondo troppo piccolo per contenerci, per non parlare dei momenti in cui si mordeva il labbro mandandomi in un'altra dimensione. Ero letteralmente un adolescente con gli ormoni a palla, ma la sua vicinanza non faceva altro che drogarmi, avrei voluto averlo accanto a me ogni secondo, in ogni momento. «Certo, certo, come preferisci.» ridacchiò battendo le dita sul volante a ritmo di una canzone già sentita. Iniziai a mormorare le parole non ricordando precisamente il testo, lui invece pareva saperlo a memoria, ma ciò nonostante mimava solo con le labbra, prestando attenzione a me. «Piccola, spero che la tua aspirazione nella vita non sia fare la cantante, perché davvero non ci siamo.» risi di gusto stringendo le mani quando una fitta mi prese il basso ventre. Subito lui si fece preoccupato, accostando in un parcheggio a lato della strada. «Stai bene?» domandò premuroso slacciandosi la cintura. «Ciclo.» molte ragazze si vergognavano a parlarne, ma in fondo cosa c'era di male in una cosa normale? «Capisco, magari ti aiuta.» si sporse leggermente e subito la cintura nera venne spostata dal mio corpo. Sentivo il suo respiro sul mio collo, appena prima che una delle sue mani calde finisse contro la mia pancia, sotto il sottile tessuto della maglietta. Iniziai a respirare pesantemente per quella vicinanza che metteva i brividi, i suoi capelli chiari risaltavano sulla pelle pallida della mia spalla, leggermente scoperta. Le sue dita tracciavano dei cerchi delicati sui miei fianchi e sulla vita mentre le sue labbra erano appoggiate vicino alla mia spalla. Quello era decisamente uno di quei momenti in cui non sapevo se fosse meglio sotterrarsi oppure godersi il momento fingendo che non mi mettesse in imbarazzo. Averlo così vicino, percepire il suo tocco su di me, mi metteva in imbarazzo, ma non il tipo da figuraccia, più uno da 'allontanati, perché se no potrei non rispondere delle mie azioni'. «Va meglio?» chiese allontanandosi con un sorriso che ricambiai annuendo. Ripartimmo, arrivando in poco a scuola. Per tutto il tempo cercai di ignorare il momento in cui, allontanandosi, le sue labbra furono quasi contro le mie, quasi, pochi centimetri che una parte di me avrebbe voluto annullare immediatamente, mentre l'altra avrebbe solo voluto staccarlo e andare via. I corridoi erano già pieni di persone, tutte, nessuno escluso, stupite di vederci insieme. Mi sentii quasi in imbarazzo con tutti quegli sguardi puntati contro, ma non era da me mostrarmi debole davanti ad una tale banalità, così ignorai andando nella classe di chimica. Vidi Logan entrare nella classe, i capelli schiacciati sul viso e gli occhi azzurri stanchi, come se non avesse dormito per giorni. Sperai che si venisse a sedere accanto a me come faceva sempre, ma giustamente non lo fece. Avrei tanto voluto essere nella sua mente, capire cosa pensasse e cosa stesse passando, per me era un mistero, che se non mi fossi data una mossa, sarebbe rimasto tale. Appena la campanella suonò segnando la fine delle prime lezioni mattutine scattai in piedi spostando accidentalmente il banco e attirando l'attenzione su di me. Cercai di rincorrere il mio migliore amico per i corridoi, andava veloce, sembrava dovesse scappare da qualcosa. «Logan!» si fermò con uno sguardo triste, quasi colpevole. «Ti prego, non tirarmi fuori, dimmi che succede.» affermai accarezzandogli una guancia. Tra noi l'amore era cessato parecchi anni prima, lasciando il posto ad una semplice ma bellissima amicizia, ciò nonostante però qualche gesto d'affetto scappava ancora, senza però secondi fini. «Nulla. Vai via, fallo per te stessa» e scappò, mi lasciò sola nel corridoio, i mormorii a rimbombarmi in testa, completamente paralizzata, immobile come un sasso. Le restanti ore le trascorsi nel silenzio più totale, lo sguardo perso, esattamente come quello che era il mio migliore amico, chi lo sa se lo sarebbe stato ancora. Non avevo mai provato la sensazione di stare senza di lui, era sempre stato il mio tutto, il tempo non aveva cambiato nulla, però in quel momento davvero non volevo sapere com'era lasciarlo andare. Non l'avrei mai dimenticato, ma ero convinta che sarebbe stato al mio fianco fino al giorno in cui ce ne saremmo andati, quel vero infinito. Nemmeno Justin, quel ragazzo che iniziava ad occupare i miei pensieri prepotentemente, senza il mio consenso, riuscì a tirarmi su il morale, forse solo vagamente. «Non so cosa sia successo, ma sono certo che si risolverà.» feci un sorriso amaro riconoscendo la voce. L'aria fresca si infrangeva su di noi, era tutto silenzioso, il campo da calcio della scuola era isolato a quell'ora, tutti gli studenti erano tornati a casa, ma io avevo bisogno di rimanere a pensare, pensare a cosa stesse succedendo nella mia vita. «E se io non volessi che restassi qui?» lui sorrise beffardamente sedendosi accanto a me, prendendo dalle mie labbra la sigaretta, esattamente come il giorno precedente. «Resterei lo stesso. Poi mi piace questo posto...-» soffiò fuori l'aria e poi si girò verso di me, le labbra ancora incurvate all'in sù, uno sguardo dolce che mi ero vista rivolgere ben poche volte. «- ...e lo ammetto, anche la compagnia non è niente male.» «Ci stai provando con me?» risi fingendomi scandalizzata, era così facile con lui. «Mh, forse. Mi dici cosa ti turba? Se vuoi inizio a dirti cosa turba me e poi tu fai lo stesso.. nei libri funziona.» annuii dandogli la mia completa attenzione. La mente di Justin Bieber era assolutamente un posto che volevo esplorare. «A volte mi chiedo per cosa dovrei lottare. Sai quei momenti in cui tu sei a pezzi e speri sempre che qualcuno venga a ripararti quando invece prende una ramazza e gli spazza via. Queste delusioni, quelle che ti feriscono nel profondo, diventano come delle cicatrici su un cuore futuro, resta sempre il segno. Mi piacerebbe sapere se ci fosse un modo per cambiare la mia mente, darmi qualche obbiettivo, perché alla fine non ne ho nemmeno uno, vivo la giornata ma non mi aspetto mai nulla. » disse tutto con lo sguardo perso nel vuoto, lo ascoltai attentamente, cercai di capire cosa nascondesse dietro a quelle frasi disconnesse. Non comprendevo cosa intendesse, a cosa si riferisse e nemmeno perché me le stesse dicendo proprio in quel momento. Un sinonimo di Justin sarebbe sicuramente disconnesso, come i suoi discorsi, come lui. «Ora però tocca a te principessa.» anche lui mi rivolse la sua completa attenzione, sentivo che era davvero interessato, e la cosa mi rendeva felice, mi faceva sentire desiderata in un certo senso, perché avevo la consapevolezza che anche se avessi detto delle scemenze, lui le avrebbe ascoltate e non prese in giro. «Logan è diventato freddo, vorrei tanto sapere perché, se sia colpa mia. C'è una parte di me che in fondo è a conoscenza di ferire tutte le persone che le stanno intorno, al punto che mia sorella ha rifiutato di andare a vivere con il suo fidanzato per non lasciarmi da sola. È come se sentissi di non appartenere a questo posto, a queste persone. Che stronzate vero?» gli domandai scherzosamente spegnendo la sigaretta sull'asfalto rovinato dal tempo. «No, non credo che siano stronzate, ma comunque non voglio passare il pomeriggio a deprimermi... ti va di fare un giro? Forse posso portarti in un posto... diverso.» sollevai un sopracciglio alzandomi, era palese che l'avrei seguito. «E se io non volessi, Bieber?» domandai scherzosamente quando anche lui si fu alzato. «Beh, sarebbe una bella battaglia, perché io non ho nessuna intenzione di lasciarti andare.» mi afferrò la mano trascinandomi. Si era fatto tardi, il sole stava già tramontando, i raggi avevano preso un colorito misto tra l'arancione ed il rosso, e noi sembravamo corrergli incontro. Avrei voluto richiudere quel momento in una fotografia, per poterlo ricordare tra molti anni, per avere una prova certa che fosse davvero successo, per poter ricordare le sensazioni travolgenti, la libertà che mi provocava. «Entriamo.» mi accompagnò dentro a quel locale scialbo, la scritta 'Demonium' a lampeggiare a scatti sul muro esterno. Ci trovammo subito in mezzo alla folla, corpi sudati che si muovevano uno vicini, la musica sparata a tutto volume, le casse che parevano esplodere da un momento all'altro. «È qui che volevi portarmi?» urlai cercando di sovrastare la canzone. Lui scosse velocemente la testa aumentando la stretta sulla mia mano. «Non proprio ma per andare dovevamo passare da qui.» riniziò a camminare facendosi spazio tra la gente, io dietro di lui con la paura di perderlo di vista. Uscimmo da una porta finestra in vetro, dava su un vicolo che terminava con una specie di villetta. «Qui. Vieni, ti piacerà, ne sono certo. » il posto era cortile grandissimo, il pavimento di pietre bianche, al centro era incastrata una piscina dello stesso colore, accanto ad essa un grosso gazebo che fronteggiava la villa. Il tutto era illuminato da alcune luci colorate, all'interno di una stanza in basso c'erano moltissime persone, tutte vestite eleganti che danzavano. «Non vorrai mica infilarti tra quelle persone! Sono in Jeans Justin!» lui rise prendendomi per la vita e tirandomi contro di lui. Nonostante i pochi centimetri di differenza dovetti sollevare il mento per poterlo guardare negli occhi, i respiri accelerati , come i battiti. Continuava a sorridere, e potevo giurare che non ci fosse nulla di più bello al mondo. «Sei bellissima anche così, ma no, ho intenzione di restare qui.» iniziò a fare qualche passo,ondeggiavamo piano i fianchi, le mie mani dietro al suo collo, le sue sulla mia vita. Ci stavamo incastonando come due pietre preziose, mentre un lento risuonava in quel posto così magico. E ballammo, ballammo fino a quando il cielo si riempì di stelle, fino a quando iniziò il giorno seguente, sempre vicini, senza pensare alle preoccupazioni, nella mia testa non c'erano Logan, Ashley e nessun altro, solo la profondità dei suoi occhi su di me. Quando sarei tornata avrei ricordato il modo in cui avevamo ballato, la pressione che le sue dita facevano sulla mia pelle. Se qualcuno ci avesse visti avrebbe riso, entrambi vestiti semplicemente, i jeans strappati, con un leggero odore di fumo addosso, a muovere impacciatamente i piedi e a ridere per ogni minima scemenza. Avrei ricordato il modo in cui mi faceva girare, senza mai farmi inciampare. I capelli scuri che ricadevano sulla mia schiena, mi immaginavo come una principessa, con un lungo vestito azzurro. Restammo così fino a quando non giunse il momento di tornare a casa, ancora mano nella mano. E sorrisi, sorrisi perché ero certa che quel momento lo avrei ricordato per sempre.
   
 
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