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Autore: borndumb3dumber    14/06/2016    1 recensioni
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestarlo, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. [...]
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. [...]
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«E’ davvero la tua scelta definitiva? Non posso far nulla per persuaderti?»
Haewon ha il volto contrito per quanto la sua personalità le permette e posa lo uno sguardo deluso sui fogli di licenziamento che le ho poggiato minuti fa sulla sua scrivania ordinata.
«Non credo»
Lascia la sua posizione dietro la grande scrivania per trovarsi faccia a faccia con me: «La tua efficienza avrebbe potuto portarti lontano in questo ambito»
«E’ questo il punto» dico, ormai sicura di non voler tornare indietro «La mia efficienza non è ciò su cui voglio fare affidamento»
«Devo ammetterlo, è davvero un peccato»
Mi stringo nelle spalle prima di dire «Semplicemente non è questo che vedo nel mio futuro»
Ed è proprio al futuro che mi dedico, una volta lasciato permanentemente l’edificio in cui ho lavorato per mesi.
Fatta domanda per diverse borse di studio per dei master, non rimango particolarmente stupita quando a casa arriva la lettera di ammissione ad un corso in una rinomata università di Seul, con le spese coperte quasi interamente.
Non impiego molto tempo a trovare un lavoro part-time e un appartamento vicino a scuola e non troppo lontano dal posto di lavoro.
Inizio ad impacchettare tutta la mia roba almeno una settimana prima del trasloco e, nel bel mezzo dell’operazione, mi fermo per riposare un po’ dopo ore di organizzazione asfissiante.
Il telefono giace vicino a me sul pavimento e sporgo pigramente il braccio per afferrarlo in un gesto ormai automatico. Controllo i vari social network e, dopo poco, scorro i numeri in rubrica in cerca di un nome in particolare.
Il numero di Junhoe non è più in rubrica.
Arriccio le labbra e ricordo se mi sia capitato di cancellarlo in un momento di rabbia, ma mi ritrovo subito a smentire l’ipotesi. Sto cercando il più possibile di non pensare alla situazione, di lasciarmi scivolare addosso una serie di sentimenti che non potranno mai raggiungere un compimento soddisfacente, e cancellare il suo numero avrebbe significato dargli più importanza.
E quindi ovvio che sia stato qualcun altro a farlo, ma chi? L’ultima persona che abbia preso il mio telefono senza che io fossi nei paraggi è stato… Junhoe.
Oh.
La mente corre veloce e l’unica cosa che davvero spiega questo suo comportamento è il fatto che non si aspettava realmente di portare a termine qualcosa con me. Credevo fermamente, anche se con un passato di dubbi, che la sua proposta di lasciar caricare il mio cellulare quella sera in cui, ubriaca, sono rimasta da Jinhwan, fosse guidata soltanto dalla volontà di fare qualcosa di meramente gentile nei miei confronti –o in generale nei confronti di qualcuno che non fosse se stesso.
Ma evidentemente mi sbagliavo.
Mi sembra di aver pensato così tante volte questa frase che sono costretta a trattenere dei conati. Passo una mano sul volto e respiro profondamente, realizzando di essere tanto intelligente quando si tratta di conoscenza ma così stupida se ci sono di mezzo dei sentimenti.
Cosa diavolo mi aspettavo da una persona come lui?
E’ sul ciglio della fama, può avere chiunque desideri, e Hanbyul è probabilmente solo un altro sfizio di cui liberarsi in poco tempo.
Non mi pento comunque di aver lasciato Jungsu.
Speravo solo che mi sarei potuta sentire meglio nel fare la cosa giusta e non semplicemente quella più conveniente.
Mi sbagliavo anche su questo.
Il dolore all’altezza del cuore appare come un macigno da dover portare fino a quando questo non si sgretola e smetta di influire sul mio umore.
Porto le ginocchia al petto prima di avere il sensore che ci vorrà più di quel che vorrei.
 
Jinhwan mi invita al dormitorio per telefono, pochi giorni dopo.
Il gruppo è impegnato nella promozione coreana di qualche nuovo singolo e non può uscire per via di schedule fitte, proponendo come unica soluzione che sia io ad andare da lui. Mascherata come si deve, ovviamente.
Liquido le sue domande su Jungsu dicendogli che ormai è una storia passata, ma chiudo la conversazione per raccontargli di come impacchettare tutta la mia roba per il trasloco sia estremamente arduo senza l’aiuto di mamma Jinhwan.
Lui ride e sembra non farmi pesare il cambio d’argomento. So che vorrebbe chiedermi di Junhoe e forse ne parlerei anche se questo non facesse altro che farmi stare di nuovo male. Jin, però, vive nella sua stessa casa, quindi dovrebbe sapere meglio di me i giochi in cui l’amico si è intricato e prendo il suo non chiedere come un’ulteriore conferma del fatto che sia un totale pezzo di merda.
Credo di essere entrata nella fase di totale odio verso il moro –o si suppone lo sia ancora- e la fonte di sollievo preferita nei miei momenti di maggior sconforto è trovare gli insulti più incomparabili che la mia mente riesce a partorire.
“Hoe” continua ad essere il mio preferito perché tremendamente azzeccato, ma le diverse variabili sono ben accette.
«E dai, Sunhee, perché non vuoi venire a trovarmi?» piagnucola il più grande al telefono.
Il borbottio inconfondibile del leader arriva ironico al telefono: «Hyung, hai me, possiamo fare attività di gruppo se è questo a mancarti. Senza offesa Sunhee»
«Te lo avrei chiesto se avessi voluto, no?» ribatte ovvio Jinhwan, il cellulare leggermente scostato dalla posizione precedente perché il suono giunge più lontano.
«E poi vedo la tua faccia tutti i giorni»
«La settimana prossima lavoreremo di nuovo con loro, perché non aspetti e la lasci vivere?» domanda ancora Hanbin e il dispiacere di non poter più averli intorno aggiunge peso al macigno ormai permanente.
Per quanto sia andata a rotoli la mia relazione con Junhoe, di qualsiasi natura essa potesse essere, ho legato anche con gli altri ragazzi e il doverli sentire solo per messaggi o telefonate nei loro momenti liberi non è entusiasmante.
«Mi sono licenziata!» urlo perché il suono della mia voce possa in qualche modo arrivargli chiaro. Tuttavia non capisce ed è Jinhwan a ripetere la frase per me, oltre a lamentarsi di avergli forato un timpano.
«Ma come, senza neanche salutarmi! Ti ho riservato lo spettacolo più sexy della tua vita vestito da donna e questo è il ringraziamento?» Jinhwan si lamenta alle sue spalle e capisco dalla voce del leader fin troppo forte che deve aver preso il telefono dalle mani del più grande.
«Quell’esibizione è un sogno erotico realizzato, te lo assicuro! Era solo un lavoro temporaneo, sarebbe successo prima o poi» rispondo rattristata e con gli occhi bassi a simulare un broncio esagerato, pur sapendo che non può vedermi.
«Che colpo basso, dovresti come minimo venire qui una sera»
«Ehi! Adesso non ti sembra un’idea così ossessiva, vero?» gli urla dietro Jinhwan quando il leader avanza la sua stessa proposta. Sento subito dopo i due litigare per il telefono e alla fine in più grande ha la meglio.
«Però vieni davvero, no?»
Mi mordo il labbro e sospiro affranta. Vorrei sul serio passare una serata con loro, ma sono consapevole al contempo che non potrei essere di buona compagnia per un motivo più che palese e che Jinhwan dovrebbe comprendere senza troppe cerimonie.
E invece, al mio rifiuto, continua con la sua persuasione.
«Che amica di merda? Vorrei gentilmente ricordarti che eri ubriaca fradicia una sera e l’unica persona con te ero io!»
Hanbin afferra nuovamente il cellulare per dire: «Vi siete ubriacati senza di me?»
Roteo gli occhi per quest’affermazione, senza restarne troppo sorpresa ripensando all’intensa discussione sull’elasticità dei materassi dell’hotel, svoltasi il primo giorno in Giappone tra lui e Yunhyeong.
«Ho tantissimo da impacchettare per il trasferimento tra tre giorni, magari dopo posso fare un salto» cedo infine, ormai arresa alle insistenze dei due ragazzi dall’altra parte della cornetta.
«Ora si ragiona!» esclama Hanbin entusiasta «Hyung, dopo il trasferimento»
«Molto contento. Mi ridai il telefono adesso ed esci dalla mia stanza?»
Hanbin sbuffa infastidito e mi saluta prima di cedere l’apparecchio al più grande, il quale apre di nuovo bocca solo quando la porta si chiude rumorosa segnando che leader è via.
«Non verrai» dice serio.
«Non ho intenzione di essere la protagonista di un nuovo diss di Hanbin, però non sarà poi così semplice»
«Lo avevo inteso, non volevo dire niente davanti a lui. Si può sapere quale sia il problema adesso?» chiede, a metà tra il curioso e lo scocciato dalla numerosa serie di incomprensioni susseguitasi tra me e il moro.
«Come fai a non sapere che se la fa con un’altra?» domando sinceramente stupita dal fatto che non ne abbia la minima idea. Ma ci vive o no insieme?
«Lasciamo stare per il momento. Sono molto stanca, okay? E devo impacchettare ancora il mondo. Ne parleremo meglio a trasloco ultimato, ho troppe cose per la testa»
Jinhwan sospira alla mia silenziosa richiesta di non insistere per oggi e rimanda la conversazione a quando avremo entrambi più tempo da dedicarci. Gli auguro di dormire bene e di dare il meglio, oltre ovviamente a salutare gli altri e chiudo la chiamata che sono più in pensiero di prima: finché vivranno tutti insieme, il mio rapporto con gli altri del gruppo sarà necessariamente ostacolato in qualche modo. E la cosa non mi sta bene.
 
La sera prima del trasloco, un paio di giorni a seguire, arriva tra scatoloni e mille oggetti da ricordare di portare che mi affollano la mente. Porto l’ultima scatola contenente oggetti fragili, quali piatti e bicchieri, nel soggiorno, il più vicino possibile alla porta e sopra tutte le altre scatole così da essere sicura del suo contenuto e fargli riservare il trattamento adeguato.
Porto le mani sulla testa per stendere i muscoli indolenziti per i giorni passati a fare solo questo avanti e indietro di scatole e stropiccio gli occhi guardando l’orologio: sarà meglio che io vada a dormire, domani il camion per il trasporto arriverà presto in mattinata e voglio essere il più riposata possibile.
Controllo per l’ennesima e ultima volta che tutto abbia trovato posto all’interno di una delle scatole e lascio le chiavi dell’appartamento vicino al tavolino di fianco alla porta, in modo da ricordare di doverle portare al proprietario prima di andar via. Sbadiglio annoiata da questa procedura ripetuta un’infinità di volte e raggiungo la stanza da letto per lanciarmi sul materasso e sperare che il vorticare rumoroso nella mia mente cessi per qualche ora.
A discapito delle mie rosee aspettative, il telefono trilla rumoroso interrompendo il mio stato di dormiveglia. Lo ignoro per quanto mi è possibile, sperando che chiunque stia chiamando con tanta urgenza a quest’ora si stanchi presti. Ma, una volta terminata una chiamata, a distanza di pochi attimi ne arriva un’altra e così per almeno dieci minuti. Mi alzo riluttante e borbottante per afferrare il telefono e rispondere senza neanche controllare chi sia il mittente.
«Cosa c’è?»
«Finalmente!» riconosco subito la voce di Jinhwan e, per un briciolo tranquillizzata da questa consapevolezza, ritorno sul letto cercando di non cadere addormentata. Vorrà sicuramente parlare di qualcosa riguardante una performance, come sempre.
«Non reagire male, ma devi venire ad aprire la porta»
Ho sentito bene?
«Che stai dicendo Jinhwan, è tardi» reclamo, sperando vivamente che sia uno scherzo non troppo divertente.
«Per favore, si congela» la sua voce lamentosa mi costringe ad alzarmi ancora e a raggiungere a tentoni il citofono. Senza controllare dalla telecamera, apro il portone e mi dirigo successivamente a sbloccare la porta del mio appartamento. Jinhwan è già stato qui, saprà trovare la strada giusta per raggiungermi e spero anche una buona scusa per essere qui a quest’ora. Capisco che sia un idol e abbia orari diversi dai miei, ma io ho bisogno di dormire la notte.
Il suono dei suoi passi arriva in poco tempo oltre la porta e non mi scomodo ad accendere la luce, mi darebbe fastidio agli occhi assonnati.
«Devi restare lì per molto ancora? Ho sonno»
La porta si apre lentamente.





 
Buonasera ~
Vi dico subito che la cosa che avrei dovuto dire a questo capitolo la dirò necessariamente al prossimo (che gioco di parole nauseante :S), perché avevo inizialmente pianificato di scrivere un unico grande capitolo finale (sarebbe quindi dovuto essere questo), ma poi non me la sono sentita di terminare la storia senza neanche darvi un anticipo e ho allungato questo per poter permettere una divisione calcolata. 
Tenetevi forti per il prossimo capitolo in quanto ultimo e uuuugh, ho già le lacrime per dover finire questa avventura con Junhoe, Sunhee e tutti gli altri compresi :( mi prolungherò nei ringraziamenti a tempo debito, in questo caso a quando pubblicherò il prossimo conclusivo capitolo di questa storicina.
Vi ricordo che la storia è presente anche su wattpad, per chi lo usasse maggiormente e preferirebbe seguire la storia lì (sì ormai è quasi finita ma per le prossime non si sa mai eheh)☻ Come sempre vi invito a lasciare una recensione piccina senza impegno per farmi sapere se gli sviluppi vi aggradano o meno! Al capitolo 17,
Baci ♥

 
   
 
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