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Autore: nikita82roma    15/06/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Quando la sera prima gli era arrivato il messaggio di Beckett, Castle in realtà aveva già deciso quello che avrebbe fatto. 
Le aveva lasciato spazio per un paio di giorni, l’aveva assecondata, aveva compreso il suo desiderio di stare sola e di non averlo vicino. Però non l’avrebbe lasciata isolarsi. Non questa volta. C’era già passato ed erano trascorsi mesi prima che Kate si fosse fatta viva di nuovo con lui. Questa volta non lo avrebbe permesso. Le avrebbe imposto la sua presenza anche contro la sua volontà, se fosse stato necessario. Era sua moglie, era incinta di suo figlio, aveva tutti i diritti di starle vicino. Questa volta avrebbe combattuto con e per lei. Per loro. Non si sarebbe fatto allontanare ancora.

Bussò quasi timidamente alla porta della stanza e tutta la baldanza e le certezze che credeva di avere svanirono davanti alla possibilità che Kate lo avrebbe potuto allontanare ancora. Per poco non gli caddero dalle mani i caffè e i fiori nel vederla in piedi.
Si precipitò ad appoggiare tutto sul tavolo e andò da lei. Non sembrava molto stabile, ma vederla davanti a lui, sulle sue gambe e non sdraiata sul letto gli sembrava già un miracolo. La guardava con un'espressione imbambolata, alzò le mani per appoggiargliele sulle spalle, avrebbe voluto toccarla, abbracciarla stringerla a se ma si trattenne, lasciando le mani a mezz'aria e percorrendo la linea immaginaria del suo corpo senza sfiorarla, tenendosi distante.
- Ti vedo bene. - le disse sorridendo.
- Ho la nausea. - gli rispose disgustata.
- Mi dispiace. - Come se la unica causa del suo stato fosse lui.
- Dicono che è normale in questo periodo, Castle
- Sì, lo è. - Rispose lui sicuro come se fosse il massimo esperto mondiale di gravidanze e nausee mattutine.
- Ti ho preso un caffè se ti va. È decaffeinato, lo erano anche quelli dei giorni scorsi in realtà. - Parlava tanto, troppo, come suo solito, per rompere l’imbarazzo. Ma era il suo modo per dirle che lui pensava a lei ed anche al bambino, che non si doveva preoccupare, non l’aveva indotta in tentazione con la caffeina quando le avrebbe fatto male. Era un uomo previdente lui.
- Grazie Castle.
Lui vide i fiori appassiti e mentre lei si sdraiava di nuovo approfittò per cambiarli, con i nuovi gigli bianchi che le aveva portato. Non aveva mai lasciato che i fiori sfiorissero vicino a lei, non avrebbe dovuto farlo, erano tristi e in quella stanza di tristezza ce n’era già troppa. Le avrebbe dovuto mandare dei fiori freschi e farglieli cambiare da un’infermiera in quei giorni che lui non c’era stato, perché non ci aveva pensato?
Prese i caffè, li mise sul comodino e notò come aveva riposto le loro fedi al centro della collana con l'anello di Johanna. Fu felice di quel gesto forse involontario, ma sperò che sua madre li proteggesse e li aiutasse da lassù, era certo che lei facesse il tifo per loro.
- Come stai Castle? - Chiese Kate veramente preoccupata che non si fosse fatto vivo per motivi di salute.
- Ora bene Beckett.
- Sei stato male? - La sua risposta la allarmò di più.
- No, sto bene ora che sono qui, con te.
Beckett abbassò lo sguardo imbarazzata. Castle fino ad ora non si era mai esposto più di tanto sui suoi sentimenti, era rimasto molto discreto anche quando le aveva raccontato del loro matrimonio. 
- Di cosa volevi parlarmi Beckett? - Voleva arrivare subito al punto, per capire che direzione avrebbe preso quella giornata.
- Perché non sei più venuto? - Lo chiese senza pensare a come lui potesse interpretare quella domanda, non le interessava, voleva solo sapere perchè si era tenuto distante, e nel suo tono c’era quasi un rimprovero. Le aveva detto che ci sarebbe stato sempre, no? Lo aveva detto lui, se lo ricordava bene, almeno quello.
- Perché mi hai mandato via. - Non era sempre stata lei tra i due quella logica? Si chiese Castle mentalmente stupendosi della sua stessa risposta
- Mi hanno detto che non fai mai quello che ti dico.
- Infatti, è stata un'eccezione. Ma sappi che se vuoi mandarmi via ancora non ti ascolterò.
- Non voglio mandarti via Castle. Credo che abbiamo molte cose di cui parlare.
- Credo di sì.
- L’ho detto a Lanie - gli disse Kate senza riuscire a guardarlo negli occhi
- Cosa?
- Del bambino, ti dispiace?
- No, puoi dirlo a chi vuoi, è tuo figlio. - voleva essere accondiscendente però in realtà sì gli dispiaceva, ma capiva anche la necessità di parlarne con qualcuno
- E’ anche tuo figlio Castle, spero… - lo disse ironica ma non troppo
- Speri che sia mio figlio? - Questa volta non si fece sfuggire la possibilità di stuzzicarla
- Essendo tu mio marito, troverei abbastanza sconveniente per me, scoprire anche che non è tuo figlio ma di qualcun altro. 
- Ah, ok, quindi lo speri per mantenere la tua onorabilità
- Esattamente. - Asserì Kate cercando di essere il più convincente possibile.
- Solo per questo. - Insistette Castle.
- Sì. Certo - No. Ma non glielo avrebbe detto.
- Ok, mi pare ragionevole. Conoscendoti tenderei a rassicurarti su questo.
- Grazie Castle.
- Anche se io nel caso dovrei essere l’ultimo ad essere a conoscenza di altre tue frequentazioni. - Aggiunse Rick provocandola
- Così non sei d’aiuto Castle però eh! - Lui sorrise e lei capì che lo stava facendo apposta per infastidirla e suscitare delle reazioni, così come le avevano detto faceva sempre prima. Poi tornò serio, quell’uomo aveva la capacità di passare dall’essere un bambino dispettoso che le faceva venire voglia di sparargli se solo avesse avuto la sua pistola ad un marito amorevole nel giro di pochi istanti. E questa cosa in fondo le piaceva, perchè riusciva ad alleggerirle ogni notizia che le dava.
- Lo vorrei dire ad Alexis, mia figlia - specificò, nel caso non ricordasse che gliel'aveva già presentata - se tu sei d'accordo, ovviamente. 
- Non glielo hai detto?
- No Kate. - la chiamò per nome volutamente. Doveva farle un discorso più serio e personale e cercava un tono più confidente - Non sapevo cosa tu volessi fare. Non mi sembrava il caso di dirlo a mia figlia se poi... 
Castle si interruppe, non riusciva a dirlo, in realtà nemmeno a pensarlo. Kate alzò la testa di scatto ed ora sì, fissava negli occhi Rick e vedeva tutta la tristezza, la paura e la serietà del discorso che le stava facendo. Lei fece per parlare, ma lui la interruppe, chiedendogli di lasciarlo finire.
- Io ti capisco Kate. Le tue paure per questa situazione complicata. Ti trovi dentro una vita che non senti tua, con un marito che non conosci per il quale non provi nulla - Dio solo sa quanto gli fu difficile pronunciare quelle parole - ed in più scopri di aspettare anche un figlio da lui. Io ti amo Kate, anche se tu non te lo ricordi, i miei sentimenti per te non cambiano. Io voglio esserti vicino sempre, qualsiasi decisione tu voglia prendere, perché ti amo. Incondizionatamente. Ti chiedo solo di pensarci bene, perchè anche se non lo avevamo programmato, io sono sicuro che tu saresti stata felicissima di sapere di aspettare un bambino nostro, ne sono certo e non te lo sto dicendo per influenzare la tua decisione, non lo farei mai. Ti chiedo solo di pensarci. Pensaci, Kate, ti prego. Tu questo bambino lo avresti amato esattamente come lo amo io, come amo te.
Kate non aveva smesso di guardarlo per un istante. Avrebbe voluto rassicurarlo e consolarlo. Non aveva mai ricevuto una dichiarazione più bella e dolce. 
- Da quando ho saputo di essere incinta ogni volta che chiudo gli occhi e provo a dormire faccio sempre lo stesso incubo. Sono tante immagini che si susseguono, senza senso, ma evocano delle sensazioni che mi fanno rimanere senza fiato. L'incubo finisce sempre nello stesso modo. Io sdraiata a terra in una casa, qualcuno che mi stringe la mano e un neonato seduto in una pozza di sangue che piange ed io non riesco a muovermi per prenderlo. Ed ho paura per lui. Che non sia bene, che gli possano fare del male, che sia solo. 
- Non sarà solo Kate e nessuno gli farà del male, te lo giuro. Non permetterò più a nessuno di fare del male a te e alla nostra famiglia.
- È un sogno Castle? O sono ricordi?
- Dopo che ci hanno sparato, quando ci hanno trovati a casa, ci tenevamo per mano. Eravamo distanti. Tu ti sei trascinata fino a me e ci siamo presi per mano. Insieme, per sempre. - Era un ricordo allora. Era qualcosa che aveva vissuto. E allora anche il resto era vero? Ebbe un brivido, ma glielo avrebbe chiesto in un altro momento.
- Cosa hai provato tu Castle? Hai avuto paura? - Voleva sapere come si era sentito lui. Castle si sorprese di quella domanda. Nessuno dal giorno della sparatoria al loft gli aveva mai chiesto cosa avesse provato, nessuno gli aveva mai chiesto se avesse avuto paura. Era stata Kate la prima a chiedergli come si fosse sentito.
- Ho avuto paura solo che tu non ce la facessi. Non avrei resistito. Quando ho sentito la tua mano allentare la presa sulla ero terrorizzato.
Kate abbassò di nuovo lo sguardo. Come avrebbe potuto rispondere lei a tanto amore?
- Credo che per me è stata la stessa cosa. Vorrei solo ricordarmelo per potertelo dire. 
- Kate, non c'è bisogno che dici nulla. Tu non te lo ricordi ma io so cosa provavi per me e non ne ho mai dubitato, mai, nemmeno adesso, perché so che da qualche parte dentro di te c’è, lo devo solo trovare e fare in modo che tu lo possa ricordare.
- Rick - Castle provò un brivido a sentirsi chiamare per nome - lo puoi dire ad Alexis.
- Sei sicura Kate? Non devi decidere adesso, per quello che ti ho detto.
- Avevo già deciso, Castle. Ho paura, sono terrorizzata anzi. Non so come potrò fare, perché non riesco proprio a vedermi come madre, non so cosa sarà di noi. Però non sarei mai riuscita a decidere altro, anche se non riesco ancora a pensare a questo bambino come se fosse mio figlio, penso sempre che sia il figlio di quella Kate e non mio. È una cosa orribile lo so…
- È normale che tu sia confusa, che non sai cosa provi… Ce la faremo, farò di tutto perché noi possiamo farcela.
Kate vide gli occhi azzurri di Castle riempirsi di lacrime e non riuscì a trattenere nemmeno le sue. Non sapeva esattamente perché ma sentiva che stavano vivendo qualcosa di molto intenso e gli prese le mani tra le sue, cosa che sembrava impossibile visto quanto erano grandi quelle di Castle rispetto alle sue.
- Ci ho pensato Rick, non posso dirti di no. Mi sembrava la cosa più semplice. Poi mio padre mi ha detto che avrei potuto fare qualcosa della quale non mi sarei mai perdonata se avessi riacquistato la memoria e quella stessa notte ho fatto quel sogno. Non potevo farlo, mi capisci? Ho paura ma non potevo.
Lui la ascoltava senza dire nulla. Annuiva solamente. Non avrebbe mai immaginato di parlare così con Kate del loro bambino. Non era giusto, avrebbero dovuto vivere questo momento in tutt'altro modo, abbracciati a fantasticare cose assurde su di lui. Discutere sul sesso sul nome. Il nome! 
- Beckett, se è maschio... - lei lo guardò perplessa. Aveva appena finito i suoi dubbi e lui già stava fantasticando sul loro futuro. Chissà quante altre volte lo aveva già fatto in quelle settimane. Percepì che per lui era già molto più reale che per lei, ma aveva avuto anche molto più tempo per assimilare l'idea - ... Mi piacerebbe chiamarlo Cosmo.
- Castle - il suo sguardo diventò tagliente - non chiamerò mai mio figlio Cosmo. Scordatelo.
Rick rise di gusto e Kate non capiva perché, ma non le importava al momento. Lo aveva fatto ancora, aveva sciolto con una frase una situazione che rischiava di diventare troppo intensa per essere sopportata in quel momento. Sorrise anche lei e pensava che in fondo avere quello scrittore intorno non era poi così male, riusciva a rendere leggera ogni situazione facendola sentire meglio. Sì, gli era mancato, non c’era nulla di male ad ammetterlo.

Mangiarono, insieme e Kate si chiese quando avesse comunicato che avrebbero dovuto preparare per due. Lui si assicurò che lei mangiasse tutto, non aveva toccato cibo per tutta la mattina per colpa della nausea, ma ora stava mangiando con gusto e lui le diede anche una delle sue polpette che lei si stupì di volere veramente e non solo per capriccio, anzi forse ne avrebbe voluta anche un’altra. Era soddisfatto di vederla mangiare così, voleva dire che stava meglio. 
Dopo aver mangiato la stanchezza ebbe la meglio sul suo fisico ancora debole e provato oltre che dalle ferite anche dalle tante emozioni contrastanti che era costretta a vivere di continuo. 
Castle rimase tutto il tempo a guardarla dormire, uscì solo pochi minuti per parlare con i suoi medici per aggiornarsi sulle sue condizioni reali e fu rassicurato che tutto andava bene, almeno dal punto di vista fisico il suo decorso procedeva molto bene.

- Ho parlato con il dottor Burke - dissero all'unisono e Castle sorrise mentre Kate si stupì di quell'insolita situazione.
- Ci capitava spesso. - le rivelò vedendo lo sguardo confuso di sua moglie.
- Di dire le cose contemporaneamente? È inquietante Castle! - chiese Beckett sempre più perplessa
- Sì. Noi siamo connessi in qualche modo, dobbiamo solo ritrovare le frequenze giuste. - disse tutto molto seriamente, anche troppo e le strappò una risata, poi anche Kate tornò seria, pensando a quello che aveva detto.
- Castle, perchè hai parlato anche tu con Burke? - Chiese e si rese conto di essere stata anche troppo sfacciata, ma lui non si scompose
- Avevo bisogno anche io di fare chiarezza su alcune cose di quelle che sono accadute.
- Mi dispiace averti incasinato la vita
- Kate, tu la mia vita non l’hai incasinata adesso, ma tanti anni fa. Ed è la cosa più bella che mi sia capitata, mi devi credere.

- L'infermiera dice che devo camminare un po' - disse dopo un po’ indicandogli con uno sguardo il deambulatore - ma non voglio usare quel coso
La voce di Kate sembrava quella di una bambina che faceva i capricci. La risposta Rick la spiazzò completamente. Si aspettava che lui le facesse un profondo discorso sul fatto che doveva accettare di non essere autosufficiente, che ci voleva tempo, che era necessario… Invece non fece nulla di tutto ciò.
- No, no assolutamente, quello lo usano i malati, non lo puoi usare! - Le disse serio e irremovibile, allontanandolo in fondo alla stanza, più lontano possibile dalla loro vista. Lo avrebbe anche portato fuori dalla stanza, ma forse era troppo.
- Castle, io cosa sono secondo te? - Chiese Kate ritrovando la sua lucidità e raziocinio da persona adulta.
- Sei una persona in via di guarigione.
- Quindi praticamente ora sono malata. - Concluse logicamente il pensiero.
- Ehm sì, ma malato è un termine negativo, è triste e statico, non fa bene. Persona in via di guarigione è in movimento, proiettato al futuro e positivo. C'è la parola guarigione, da speranza.
Il suo discorso folle l'aveva quasi convinta a guardare le cose in modo diverso. Rimaneva il problema di usare quel coso per camminare.
- Se non lo uso non ce la faccio però. Non sono molto stabile, mi devo appoggiare
- Ci sono io! 
- Castle!
- Sono serio Beckett! Ci sono io per questo! Ti puoi appoggiare a me, come meglio credi. - Non era solo il suo appoggio fisico che le offriva, lei lo aveva capito ma aveva fatto finta di nulla.
- Non stai bene, sei stato ferito anche tu, non posso... - Cercò di prendere tempo.
- Non ho detto che ti porto in braccio in giro per New York - come avrebbe voluto fare se fosse stato bene, ma questo non glielo disse - solo che per camminare qui dentro ti puoi appoggiare a me e lasciare che io ti aiuti. Mi sembra un ragionevole compromesso tra il deambulatore da malati e fare tutto da sola.
Alla fine non le sembrava un'idea così malvagia anche se questo implicava un contatto tra loro più vicino di quanto non ci fosse stato fino ad ora. 
Si fece coraggio e si alzò appoggiandosi alle sue mani che la tenevano con fermezza mentre non smetteva di guardarla. Avrebbe detto che lo stava facendo con ammirazione ma non ne capiva il perchè. Quando si sentì sufficientemente stabile si mise al suo fianco destro e si aggrappò letteralmente al suo braccio. Rick con molta delicatezza si liberò da quella presa e lei per un attimo pensò che ci stesse ripensando magari gli aveva fatto male.
Lui, invece, con dolcezza le aveva cinto la vita con un braccio, per sostenerla, facendo bene attenzione con la mano a non andare a stringerla troppo o a non toccare le sue cicatrici. Le aveva viste solo una volta, quando ancora era priva di conoscenza, ma sapeva esattamente dove fossero. La sentiva molto magra e questo lo preoccupava. Doveva mangiare di più per riprendere forze e per il bambino. Ne avrebbe parlato dopo con i suoi medici così da modificare la sua dieta in quantità e qualità. 
Kate si sentiva imbarazzata di quella vicinanza e del suo abbraccio. "È tuo marito, sei incinta di suo figlio, ti ha molto più che abbracciata" si ripeteva mentalmente immaginando situazioni che non doveva immaginare. Certo per lui era tutto normale, la stava solo abbracciando, pensava Kate, senza capire minimamente cosa volesse dire per lui tenerla così vicina, percepire il suo corpo appoggiato sul suo fianco e doversi trattenere dallo stringerla a se e chiuderla tra e sue braccia. 
Camminarono per la stanza andando un paio di volte dal letto alla finestra fermandosi anche qualche minuto a guardare la vita scorrere fuori dai vetri, come sempre. Era una bella giornata, Kate pensò che le sarebbe piaciuto uscire respirare un po' di aria vera, anche lo smog, non le importava, era comunque qualcosa di più vivo dell'aria dell'ospedale.
Si stupì di quanta fatica in meno facesse a camminare con lui. Non sapeva se fosse solo una sua idea o era realmente così.
Mentre guardavano fuori, senza dirsi nulla, Kate si ritrovò a fare un gesto involontario nell'appoggiare la testa sul suo petto. Rick sussultò sia per la vicinanza inaspettata, sia perché, non sapendolo, aveva sfiorato proprio la sua cicatrice. Era la prima volta che qualcuno lo faceva, Rick pensò che non era un caso che fosse proprio lei a farlo. Kate si accorse del suo movimento e rialzò la testa di scatto, ma Castle appoggiò delicatamente la mano libera tra i suoi capelli, invitandola ad avvicinarsi di nuovo e la lasciò lì tenendola in qualcosa che poteva sembrare veramente un abbraccio. Respirò profondamente: tenerla così era molto più di quanto avesse potuto sperare quella mattina quando era arrivato.
- Castle? - la voce di Kate lo risvegliò da quei momenti di beatitudine
- Uhm?
- Sono stanca.
Non ci fu bisogno di dire di più e la riaccompagnò lentamente verso il letto.

Quell'abbraccio innocente ed intimo allo stesso tempo aveva lasciato in loro emozioni diverse. Castle ne fu rigenerato, come se tenendola tra le sue braccia avesse assorbito tutta la linfa vitale di cui aveva bisogno, gli dava speranza che le cose potessero sistemarsi, magari non presto come lui avrebbe voluto, ma che potevano almeno migliorare. Si erano visti solo per poche ore in fondo e lei si era appoggiata e fatta abbracciare senza opporre resistenza da uno sconosciuto. La Beckett che lui aveva appena conosciuto, anni prima, non lo avrebbe mai fatto e questo gli dava conferma, con assoluta certezza, che se la sua mente non si ricordava di lui, il suo inconscio sì.
   
 
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