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Autore: Everian Every    15/06/2016    1 recensioni
Viaggiamo insieme alla scoperta del passato degli abitanti dell'Ever World, scoprendo la loro storia, ma anche vedendo scorci del futuro di un intero mondo in cui nulla, nemmeno l'eternità, garantisce certezze.
A voi alcune storie spin-off sui miei oc. O almeno. Su alcuni...
Enjoy this :D
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Over Worlds'
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Il team Every.
Era un gruppo eterogeneo di esseri per lo più umanoidi. C'era chi sosteneva che fossero tutti provenienti da universi paralleli, chi invece credeva che fossero semplicemente eroi che si erano riuniti in un unica squadra coordinata. In realtà non erano né l'uno né l'altro. Come diceva il nome, dopotutto, loro erano Every. Le quarantasette altre persone che erano nate dai viaggi temporali del da tempo scomparso Every, l'originale. Ognuno proveniva da una Realtà differente, che si generava quando un viaggio temporale veniva compiuto. Ad ogni salto nel tempo, il flusso del tempo si spezzava in due, creando due Realtà differenti, una delle quali, inevitabilmente, finiva rasa al suolo totalmente. Nella maggior parte dei casi questo era impercettibile, visto che le due Realtà esistevano senza mai toccarsi in alcun modo. Per quarantasette volte, tuttavia, l'Every della Realtà morente, perendo, rinacque nella Realtà primaria. L'originale lì trovò tutti e diede loro una casa e uno scopo. Ma poi Every Zero, l'originale, il più normale di tutti, colui che aveva dalla propria parte gli Entes, sparì nel nulla, senza lasciare traccia, lasciando gli altri senza una guida.
Nessuno seppe mai quello che accadde dopo, ma pare che Nerverian, detto Never, uno dei più giovani del gruppo, impazzì dal dolore e trucidò a tradimento molti dei suoi compagni. Si pensa che gli unici superstiti alla sua furia omicida siano Everian, che era come un fratello per Never, e Murano "Murmure", il mentore del giovane crononauta, nonché amico più fidato dell'originale.
In realtà, altre quattro sopravvissero.
 
L'alta e secca figura nera avanzò, strascicando il mantello di piume bluastre d'inchiostro sul terreno tutto ciottoli e buche. Ad ogni passo, ansava dal becco nascosto sotto il mantello di piume che formava con le due paia d'ali avvolte tutt'intorno al corpo. Così conciato, con il capo piegato sul petto e le ali che lo avvolgevano del tutto, non lasciava intendere adeguatamente la sua magrezza. Sembrava una macchia d'inchiostro. Guardandolo sotto il cappuccio di piume era possibile appena intravedere le due sfere bianche come lune d'autunno che gli facevano da occhi, avvolti nel nero più impenetrabile della notte eterna che si portava appresso. Dalle piume che si trascinava dietro come lo strascico di un lungo e sontuoso abito pareva dipanarsi un'ombra immensa che abbracciava tutto ciò che si lasciava alle spalle, incupendo tutto con la sua aura marcia e deleteria. Una lunga coda sottile, simile a quella di un ratto, terminante con un folto piumaggio proprio in punta, strusciava sul terreno, sbandando come un pigro serpente troppo vecchio per muoversi con maggior convinzione.
Superò un albero, sfiorandolo appena con un lungo artiglio nero che aveva fatto spuntare da sotto l'ala. Il solo spostamento d'aria della falce che aveva al posto del dito bastò a far marcire e crollare in una cascata di poltiglia scura l'intero tronco.
Avanzava, e una scia di piume fluttuava alle sue spalle, segnando irrimediabilmente il cammino che aveva già percorso e infettato con il suo potere corrosivo. Avanzava e ansimava, come un vecchio con l'asma, inerme, debole, ferito nel corpo che non poteva più riparare e nell'orgoglio. Doveva trovare un riparo, in fretta. Ma quel posto era aperto, dannatamente privo di grotte, anfratti, niente! Era una stupida collina che saliva sino a congiungersi con una montagna su cui stava abbarbicato un castello e una città bianchi ed oro, scintillanti perfino in mezzo al temporale che lui stava causando. Emise un fischio senza aprire il becco e riprese la marcia.
Si fermò di nuovo, dopo una ventina di metri. Aveva udito qualcosa di insolito. Diverso da tutti gli esseri piccoli e deboli che abitavano quelle terre. Un alicorno? No, ne restavano pochi e di certo non ce n'erano nei paraggi. Sombra? Quel povero idiota che lui aveva manovrato con piacere a suo discapito era rinchiuso nelle lande ghiacciate a nord. Forse un demone del tartaro a cui aveva conferito poteri tempo prima? Nemmeno, avrebbe sentito puzza di limone (stranamente, il tartaro era pervaso da quell'odore pungente).
Spostò la visuale, girando il busto sul bacino di trecentosessanta gradi senza spostare le gambe. Sentì la colonna vertebrale spezzarsi. Tornò alla posizione naturale e riparò il danno senza problemi. Rimpiangeva la sua forma originale, in cui nessun movimento gli era impossibile e non c'erano ossa che potessero spezzarsi.
Spostò di nuovo il corpo verso i piedi della collina, stavolta girandosi del tutto. Niente. Eppure lo sentiva. Si girò di nuovo e restò interdetto. Davanti a lui, in cima al pendio, ad una ventina di metri dalla sua posizione, stava seduto un ragazzo di non più di vent'anni, alto, palestrato, con indosso una canotta bianca, dei pantaloni beige che gli arrivavano fin sotto le ginocchia, troppo larghi, tenuti su da una cintura di pelle nera. Portava poi delle scarpe eleganti e lucide, con due fibbie diverse a testa appuntate sui lacci. Sorrideva, giocherellando con una mano con un paio di sottili occhiali da sole. Teneva i capelli lunghi spettinati simili alle fiamme di un incendio, castani chiaro, perfettamente in tinta con la carnagione bronzea, mentre gli occhi, simili a pozze d'acqua di notte, erano di un verde scurissimo tanto che iride e pupilla erano difficilmente distinguibili.
"Finalmente ti ho trovato, maledettissimo!" disse il giovane Nitran "Nitro" Every, alzandosi e salutando il cupo signore come se fossero amici di vecchia data.
"Oh, è un piacere, messere. Quale onore porta a sprecare il tempo di vossignoria nella ricerca di un povero vecchio come me?" chiese mellifluo l'essere, abbozzando a fatica un inchino, facendo scricchiolare le ossa di tutto il corpo decrepito. La sua voce sembrava provenire da dietro una maschera. Era aspirata e profonda, debole e tetra, affaticata come se ne avesse poca per aver gridato troppo durante il giorno. Grosse gocce d'acqua iniziarono a precipitare come siluri dal cielo terso di nubi. Ora l'ombra del mostro non riusciva ad avanzare. Sembrava quasi che la presenza del giovane la costringesse a retrocedere.
"Sai, ti ho cercato. A lungo." disse il ragazzo, prendendo ad avanzare lentamente ed altrettanto lentamente scrocchiandosi le dita con un sorrisetto cattivo sotto gli occhi malevoli abbaglianti di insita rabbia repressa a fatica.
"Si? E per quale motivo, se posso chiedere?" rispose mellifluo l'altro, indietreggiando altrettanto piano, piegando il busto di lato in modo innaturale, come un uccello che studia il vermiciattolo che si sta accingendo a divorare, piegando di lato la testa.
Il ragazzo si fermò di scatto, sorpreso. Poi sorrise. Il sorriso si allargò fino a diventare quasi maniacale. Lasciò cadere all'indietro il capo e iniziò a ridere sguaiatamente, chiudendosi gli occhi con due dita, mentre un tuono squarciava l'aria proprio sopra di lui, illuminandolo insieme alla collina.
L'essere fu scosso da un fremito, piegandosi in avanti come se fosse in procinto di scattare all'indietro per mettersi in salvo. Ad un tratto il ragazzo sparì con un leggere suono come dell'innesco di un accendino.
"Lo sai perfettamente perché." disse Nitro con voce stentatamente controllata, apparendo dietro al corvo con la gamba sollevata dietro di sé. L'essere fece appena in tempo a voltarsi di novanta gradi che un calcio lo scagliò contro la cima della collina.
"Ti farò piangere il tuo sporco sangue nero, maledetto!" gridò il giovane, mentre il metalli argentato che aveva ricoperto la sua gamba svaniva nel nulla. Si mise a camminare verso il polverone in cui era sparito l'essere di ombre, creando altro metallo con cui ricoprì gli avambracci. Dalla nube saettò qualcosa di nero e piccolo. Sgranò gli occhi e parò il colpo con una mano, trovandosi tra le dita una piuma di quel blu scurissimo, quasi nero, che apparteneva alla creatura. La piuma si illuminò per poi esplodere, facendolo ribaltare per diversi metri prima che potesse arrestare la caduta piantando una mano nel terreno.
"Non giocare con me, moccioso. Ho poca pazienza e non ho voglia di giocare con te!" strepitò la voce dell'essere, ad un tratto più acuta e stridente.
"Giocare? Io non gioco... Sono qui per vendetta... Elphrin." ringhiò Nitro, ricoprendo anche braccia e spalle con il metallo, insieme alle gambe. Sbatté tra loro i pugni ed avanzò verso il corvo che si ergeva ora in tutti i suoi tre metri e mezzo di altezza. L'essere lo aspettò, facendo irrigidire il piumaggio che luccicò al passare di un'altra saetta.
"Questo è per tutti i miei compagni morti a causa tua!" gridò Nitro, sparendo e riapparendo di fronte al mostro, colpendolo alla spalla. Le piume fungevano da corazza, erano praticamente impenetrabili ad un attacco fisico come quello. Ma anche il metallo del ragazzo era praticamente indistruttibile, oltre che perfettamente riflettente rispetto a tutte le forme di energia. Il colpo lo avrebbe sentito anche con l'armatura. Soprattutto visto che i due si stavano muovendo alla velocità della luce. Con quella rapidità le gocce di pioggia sembravano immobili, ferme a mezz'aria.
Il corvo schivò ondeggiando in avanti, per poi spostarsi con rapidità all'indietro, schivando un calcio del giovane. Il ragazzo si voltò furibondo, iniziando ad emettere fumo bianco dagli occhi e delle braccia.
"Non pensare di poter evitare lo scontro per sempre!" gridò, tirando una raffica di colpi che l'altro schivò spostandosi verso le pendici della collina. Restava zitto, mentre gli attacchi dell'altro non gli davano tregua. Sgusciò di lato per evitare un doppio calcio del ragazzo, che fracassò il terreno. Senza dargli tregua, Nitro emerse dalla polvere come una saetta e sferrò un pugno che andò a vuoto, si girò, cercando di colpirlo con una spazzata del braccio, ma Elphrin indietreggiò come se stesse fluttuando, seppur fosse ancorato a terra. Nitro scattò in avanti sfruttando lo slancio della spazzata e tirò un pugno, poi un altro, sbilanciandosi in avanti. Mise le mani a terra e compì un giro a testa in giù con le braccia tese, ma Elphrin schivò anche quella mossa.
Il corvo guardava il giovane attaccarlo senza sosta. Non poteva perdere tempo con quello scontro. Aveva voglia di andare a distruggere qualche mondo. Oltretutto, se avesse attirato troppo l'attenzione, Nero lo avrebbe rintracciato, e lui non voleva che ciò accadesse. Schivò ogni attacco del ragazzo, finché si muoveva a quella velocità non aveva problemi ad evitarne i pugni e i calci. Nitro gli si lanciò di nuovo contro, caricando il pugno frontalmente, Elphrin fece per schivare, ma ad un tratto quello svanì nel nulla, lasciandolo sbigottito. Aspettò un attimo, poi una forte pressione dietro la testa lo fece sollevare da terra, mandandolo a sbattere a terra parecchi metri più a valle. Ora si trovava circa a metà dalle collina. Si girò sulla schiena, incuriosito, solo per vedersi piombare sullo stomaco i piedi uniti dell'umanoide. Il colpo fracassò la parete della collina, mandando il corvo e il suo aggressore sotto terra, in una grotta un tempo usata dai cani stana diamanti, ora disabitata per l'antica apparizione dell'Omino di mai che li aveva sterminati.
La grotta era umida e buia, ma la presenza di Nitro sembrava rischiarare e al tempo stesso scurire l'ambiente. Elphrin si mise in piedi a fatica, ma non riuscì a drizzarsi che una ginocchiata gli fracassò il cranio sotto le ali. Un altro colpo apparentemente proveniente dal nulla gli frantumò un ginocchio, facendolo piegare su una gamba. Poi si susseguirono un terzo, un quarto, un quinto colpo, finché Nitro non gli apparve davanti ed Elphrin illuminò gli occhi vitrei di una debole luce viola. Il pugno del ragazzo frantumò le piume delle sue ali come fossero di vetro, mandandole letteralmente in frantumi che, cadendo a terra, sprofondavano nel suolo come fossero minerali pesantissimi. Nitro restò interdetto, poi sorrise.
"Cos'è, vuoi dirmi che le piume del grande Elphrin, lo scudo più impenetrabile di tutto ciò che esiste, si è appena rotto?"
"Presta attenzione, piccolo uccellino arrabbiato: non si è rotto. Ti ha intrappolato."
Il sorriso sulle labbra del ragazzo svanì di botto, lasciando il posto ad un'espressione terrorizzata. Provò a togliere la mano dall'ala rotta, ma niente, era incastrata. Le piume che circondavano il corpo di Elphrin si illuminarono di colpo, emettendo un fischio acutissimo che coprì l'imprecazione del ragazzo. Poi ci fu una detonazione, e l'intera grotta crollò al suolo, portandosi dietro una buona parte della collina.
Quando il polverone si fu diradato (grazie ai poteri di Elphrin, perché altrimenti, visto che si stava ancora muovendo alla velocità della luce, ci avrebbe messo secoli a posarsi del tutto) il corvo studiò l'ambiente. Non era rimasto quasi nulla del promontorio. I boschetti che si aprivano a qualche centinaio di metri di distanza lungo il versante della collina su cui si trovavano erano svaniti insieme alla collina stessa. Una buca grande quanto un villaggio si apriva sulla fiancata del mucchietto di terra. Nitro si rialzò dolorante. Aveva ricoperto tutto il corpo di metallo solare prima che l'esplosione lo travolgesse. Sogghignò frustrato.
"Non potresti smettere... di prendermi in giro?" sibilò, camminando a passo controllato verso il corvo, che lo fissò con gli occhi bianchi e lattiginosi. L'altro, le cui ali si erano riformate prima ancora che l'esplosione spazzasse via la collina, piegò la testa di lato ed emise un fischio come di qualcuno senza un dente che sospira.
"Spiegati meglio, piccolo mio. Che intendi con prenderti in giro?"
"Oh, ma ti prego! Già è snervante combattere con un Ens. Mai una volta che combattano davvero! Giocate sempre voialtri, sottovalutate tutto! E tu più degli altri, arrogante e pomposo come sei! Combattimi da uomo a uomo! Oppure devo credere che hai paura!?" esclamò allargando le braccia l'altro.
Elphrin rimuginò un attimo. Non poteva combattere. Non lì. Non in quel momento.
"Dimenticatelo. Perché combattere quando giocare è più che sufficiente a tenere buoni tutti voi vermiciattoli? Tra l'altro è sempre divertente dare alle persone l'idea di combattere alla pari e poi, lentamente, sopraffarli, poco a poco, pianamente, gustandosi nel frattempo i loro pensieri che si fanno via via più angosciati, terrorizzati, morenti!"
Nitro ringhiò infuriato e scattò, colpendo il corvo al petto. Ma stavolta Elphrin non schivò, né incassò. Stavolta parò con l'ala, rinforzando le piume.
"Ti diverti, eh? Come ti sei divertito a far impazzire uno di noi Every perché uccidesse tutti gli altri, vero? Parli di questo, VERO?! DI COME CI HAI LASCIATI SBUDELLARE L'UN L'ALTRO, VERO?! RISPONDI!" gridò il ragazzo tirando un pugno ad ogni fine frase. Elphrin parò tutti i colpi e sull'ultimo si chinò in avanti con uno scatto che fece tentennare di sorpresa l'avversario. Lo fissò negli occhi ed emise un flebile sibilo divertito.
"No, parlo di quella troietta di tua madre!" disse divertito.
Nitro sgranò gli occhi e colpì ancora, con più forza, aumentando la velocità di dieci volte superiore a quella della luce, gridando furibondo. Dalle nocche chiuse partì una fiammata del suo fuoco particolare. Il fuoco del sole nero, una fiamma che non brucia, né raffredda. Non illumina, né favorisce le tenebre. Una fiamma che divora tutto, luce, buio, materia... Distruggendo qualsiasi cosa, perfino le piume impenetrabili del corvo.
Elphrin scattò all'indietro, ma la vampata si propagò come una gigantesca colonna di dieci metri di diametro che si erse per diversi kilometri in cielo, squarciando le nubi e impattando con un fulmine sospeso a mezz'aria. Nitro si fece avanti in mezzo al fuoco di colore nero e bianco che gli si diradava intorno e lo seguiva come un fedele segugio, corrodendo meglio di un acido tutto ciò che toccava. Il ragazzo raggiunse Elphrin, le cui piume ricrescevano così in fretta che nemmeno le fiamme parevano averle scalfite. L'essere cercò di parare il pugno successivo, ma non riuscì a fare altro che piegarsi sotto l'attacco nemico, crollando in ginocchio, un colpo dopo l'altro, mentre la sua risata e la sua voce pronunciante nefandezze si perdevano nell'ululare di rabbia di Nitro. Alla fine, quando il ragazzo si fu calmato, la conca era più profonda di almeno duecento metri e non c'era più pioggia nell'arco di un kilometro. Ansimava, tenendo i pugni serrati, mentre dagli occhi seguitava ad uscire quel fumo bianco.
"Non azzardarti... a parlare... di mia madre." disse con voce terrificante.
Il corvo, ridotto ad un cumulo cencioso sotto i suoi piedi, ridacchiò, debolmente.
"B-bravo. Se potessi provare dolore, ora sarei già morto per la sola sofferenza fisica. Sono fiero di te, figlio mio." mugghiò, ricevendo un calcio infuocato in volto. Il piede del ragazzo, a contatto con il piumaggio dell'essere, emise un'altra vampata che salì al cielo, investendo lo stesso utilizzatore del fuoco del sole nero. Ma tanto lui era immune al fuoco o a qualsiasi altro elemento naturale esistente. Ringhiò di nuovo.
"Non dire mai più quella parola rivolta a me. Non..." disse, ma il corvo lo interruppe.
"FIGLIO!" gridò, tacitandolo. Nitro fece per gridare e colpire di nuovo, ma il corpo del corvo si dissolse in una nube di piccoli corvi di fumo che si riunificarono dietro al ragazzo a velocità troppo elevata perfino per lui, ricostruendo il corpo di Elphrin. Da sotto le ali uscirono le mani artigliate del mostro che afferrarono le spalle metalliche del ragazzo, tagliando lo stesso metallo indistruttibile come fosse burro. "Mio..." seguitò con tono quasi di scherno l'essere.
Nitro si voltò di scatto gridando con una rabbia così grande che chiunque avesse udito quell'urlo avrebbe di certo sentito il bisogno di gridare a sua volta. Cercò di colpire il corvo, ma questi si era già smaterializzato.
"Mi hai convinto. Giocherò con te, figlio mio." disse Elphrin, apparendo a dieci metri di distanza. Le ali ebbero un fremito e le piume si irrigidirono, rizzandosi come pelo felino. Poi iniziarono a cadere, dissolvendosi in fumo che a sua volta svaniva nel nulla dopo pochi secondi. Le ali svanirono e lasciarono scoperto il corpo del corvo. Era completamente umano, letteralmente scheletrico, tanto che la pelle era tirata sulle ossa come se non fosse abbastanza da coprire l'intero corpo. Le gambe terminavano con piedi plantigradi con due grossi artigli simili a zoccoli allungati e affilati sulla parte anteriore e un artiglio d'aquila più corto sul tallone. Le mani avevano tre artigli a testa, neri, artigli che costituivano per intero le dita, flessibili abbastanza da potersi piegare come dita vere. Il collo era lungo  e sormontato da una testa obliqua su cui spiccavano gli occhi bianchissimi e sporgenti, perfettamente rotondi e inespressivi. Il becco ricordava tanto quello di un ibis, lungo e curvo in maniera insolita. Becco e artigli erano nero pece, mentre la carnagione era verde scurissimo e viscido. Indossava una corta tunica sul bacino, lasciando scoperto tutto il busto e buona parte delle gambe. Aveva bracciali e gambali, mentre sulle spalle poggiava un ricco e pesante collare d'oro che copriva quasi del tutto il petto. Il collo era adornato da un collare in argento molto spesso. La lunga coda sbatté a terra, mentre si scrocchiava le ossa con piacere, fremendo. Si fermò di scattò. Nitro aspettò indeciso. Poi l'altro spalancò il becco, emettendo un suono indescrivibile. Era certa solo una cosa: quel suono era quanto di più orribile, terrificante e doloroso che si potesse udire. Sentirlo poteva portare alla morte istantanea, se non al coma o al suicidio. Certamente la follia era assicurata, di quelle follie che rendono cupi, silenziosi, persi, privi della voglia di vivere. Ma Nitro era abituato a quel dolore. Lo sentiva tutti i giorni, grazie all'addestramento di Nero e alla sua discendenza. Dopotutto, era figlio di Elphrin stesso, anche se ammetterlo non gli era facile.
Il corpo del corvo si rimpicciolì, diventando alto non più di un metro e ottanta. Squame di una corazza viola scuro apparvero intorno al suo organismo, fino a coprirlo del tutto. Anche la coda era corazzata. Con un gesto secco, tese la mano i cui artigli erano stati rivestiti da più piccole scaglie viola che gli permettevano ancora di piegarli normalmente. Tra le dita gli apparve una lancia argentata da cavallerizzo, dalla punta ben letale e manico corto, protetto dalla stessa lancia. Strinse l'arma e la sollevò, poggiandosela sulla spalla. Ora sembrava quasi umano, se non fosse stato per la coda e il becco, unica parte visibile da sotto l'elmo che copriva anche gli occhi. Le fessure della visiera erano infatti poste in modo che un umano potesse vedere. Ma Elphrin aveva gli occhi ai lati della testa, quindi erano nascosti dalle tempie dell'elmo.
"La tua forma da battaglia... credevo che non l'avrei mai vista..." mormorò Nitro, ondeggiando davanti all'energia incredibile che l'altro stava iniziando ad emettere involontariamente.
"Ora possiamo iniziare a giocare, ti va? Ma non facciamo sul serio. Almeno... io non lo farò." disse la voce del corvo. Il fatto che quando parlasse non aprisse il becco era inquietante. La voce sembrava provenire dalla mente stessa degli ascoltatori. L'essere non aspettò. Si chinò leggermente e scattò, svanendo alla vista del giovane. Raggiunge una velocità di miliardi di volte più alta di quella della luce e gli apparve davanti così in fretta che nemmeno un teletrasporto sarebbe stato tanto rapido. Alzò la lancia e colpì con il fusto dell'arma lo stomaco del giovane, lanciandolo contro la parete della conca. Lo fece volare via così velocemente che perforò la parete e atterrò nel meleto poco distante dal villaggio in costruzione di Ponyville in meno di un milionesimo di secondo, frantumando il terreno, creando una sagoma perfettamente identica a lui. Sprofondò per un kilometro, prima di rendersi conto di avere tutte le ossa rotte. Sbatté le palpebre ed aprì la bocca, ma il dolore era troppo intenso per poter parlare. Gli serviva un power up. Strinse i denti e si ricoprì le ossa di metallo, raddrizzandole. Faceva male, ma almeno serviva allo scopo. Si iniziava a rendere conto dell'errore commesso. Lui era un dio, vero. Per la precisione era l'incarnazione di un sole nero, il corpo astrale dall'energia più grande di tutte. Con la sua seconda trasformazione poteva diventare un vero e proprio dio, ma anche nella sua prima forma era abbastanza forte. Eppure Elphrin sembrava così più forte che nulla sarebbe servito a batterlo. E non stava nemmeno usando i suoi poteri, ma solo quelli dell'armatura che, in un certo senso, lo limitava.
Si fece forza, mentre i poteri di guarigione rallentati dall'energia dell'Ens riparavano i danni, e si lanciò fuori dalla conca. Emerse e si trovò di fronte il corvo, che lo aspettava a braccia conserte appollaiato sulla lancia conficcata a terra.
"Salve." disse il corvo, senza dargli tempo di reagire, per poi afferrare la punta del manico con le mani, girare su sé stesso e colpire in volto Nitro con un calcio che lo fece schiantare contro il fienile. Il ragazzo si massaggiò la testa, ma Elphrin non aveva certo finito. Gli apparve davanti e lo colpì con la lancia con un fendente ascendente, facendolo sollevare in una frazione di millisecondo nell'atmosfera. Nitro sgranò gli occhi quando il nemico gli apparve davanti. Il corvo si mosse così rapidamente che per un istante parve essersi sdoppiato in diversi cloni, circondandolo. Poi le immagini svanirono, lasciando solo l'originale, che gli dava le spalle. Una serie di fitte lancinanti lo pervase, mentre iniziava a subire gli attacchi iniziati qualche secondo prima. Il mostro si voltò, mentre lui iniziava a precipitare, gli si lanciò contro e lo colpì con un pugno, facendolo schiantare sui resti del fienile di nuovo in una frazione di tempo infinitesimale.
Nitro strinse i denti. Se il corvo avesse usato il suo potere da Ens, lo avrebbe già ucciso. Invece non lo faceva, e lasciava che la sua immortalità lo tenesse in vita per fargli più male possibile. Si mise carponi, sputando un grumo di metallo solare liquido, il suo sangue.
Cercò di alzarsi, mentre la sua velocità calava. E mentre calava, la pioggia riprendeva a cadere, bagnandogli la schiena di ferro solare. Elphrin gli atterrò alle spalle. Piantò la lancia nel terreno e vi si poggiò copra con un piede, restando in equilibrio a braccia conserte, attendendo la risposta dell'avversario.
"Ti arrendi? Ho vinto io?" chiese con la sua solita fastidiosa voce strusciante.
"Forse potrei... aver sottovalutato l-la cos... la cosa..." borbottò il ragazzo, reggendosi a malapena in piedi. Barcollò un attimo. "Ma non mi fermerò... non finché non mi sarò... vendicato per... tutto... tutto quello che mi ha f-fatto..."
Il corvo piegò di lato la testa. "Vuoi continuare? Non fraintendermi, mi piacerebbe spezzarti le ossa qualche altra volta prima di ucciderti del tutto e divorarti come feci con quella sgualdrina di tua madre. Ma mi meraviglio che tu voglia andare avanti. Non ci sono già state abbastanza vittime?"
Nitro storse la bocca sul commento sulla madre. Ma si voltò di scatto a sentire le ultime parole del padre. "Che intendi?" chiese preoccupato.
Il corvo emise un soffio che avrebbe dovuto essere una risata divertita. Poi indicò col becco due corpi equini sommersi da un cumulo di travi.
"No... Non è... Non è successo davvero..." balbettò il ragazzo, che si avvicinò dapprima titubante, poi di corsa ai due cadaveri, cercando di salvarli anche se era troppo tardi.
"Ops, ops, ops, che hai fatto mai? Ti sei lasciato colpire da me e sei finito qui, buttando la casa di questi due poveri imbecilli sulle loro teste inutili, fracassandogliele? SI!" lo schernì il corvo, balzando giù dalla lancia e afferrandola con un gesto fluido, poggiandola sulla spalla corazzata.
"Tu... tu hai mirato qui, quando mi hai colpito, non è vero? Sapevi che sarebbe successo... Lo sapevi... potevi colpirmi e mandarmi ovunque, ma hai voluto uccidere queste due povere creature... Lo hai... Lo hai..."  mormorava Nitro, incapace di fare alcunché.
"In realtà si, l'ho fatto. Ma non solo! Senti un po' qua, sbruffoncello! Dopo che ti ho buttato come spazzatura quale sei su questi idioti, il tetto è crollato in parte, uccidendo il marito. Poi ti ho fatto fare un altro bel voletto e lì hai travolto la moglie, spaccandole la testa di cazzo che si ritrovava! Non è bellissimo?! Ma sai qual è la cosa buffa? Che stavano festeggiando il primo anno di vita della loro figlia minore! E i tre fratellini che sono là dietro a fissarci terrorizzati saranno la mia torta dopo che avrò mangiato te i loro genitori!" strepitò il corvo, volteggiando su sé stesso.
Nitro ammutolì e alzò lo sguardo sui tre puledrini che li stavano guardando scioccati. Una lacrima gli rigò il volto. Sorrise, pensando all'ironia della sorte. Lui era partito cercando di vendicare la morte dei suoi amici morti a causa di Elphrin e aveva finito col causare altre morti.
"Perdonatemi. Vi prego, perdonatemi, piccoli." mormorò trattenendo il pianto, alzandosi. Si voltò verso il corvo che piegò di lato la testa.
"Quindi non ti arrendi proprio, ah? Allora vorrà dire che..."
"Taci."
"Cos..."
"Taci. Per favore. Hai gettato abbastanza fango su di me con la tua voce, per oggi."
Elphrin rise divertito, facendo roteare la lancia.
"Che vuoi fare, scricciolo? Trasformarti in divinità? Ho ucciso dei più forti di te e li ho divorati usando meno potere di quanto ne abbia usato fin'ora. Fatti ammazzare. Tutto sarebbe più facile."
Nitro alzò una mano.
"Sunflower..." mormorò, mentre una sfera di energia rossa gli si formava sul palmo, crescendo fino a diventare grande quanto l'intero fienile. Poi fu percorsa da un'intensa ragnatela di luce bianca; una volta spenta la luce, il globo si era diviso in centinaia di sfere delle dimensioni di una palla da demolizione che fluttuavano sopra la fattoria. "Field."
Elphrin emise un verso strozzato. "La tua tecnica finale. Chiunque tocchi quelle sfere verrebbe annientato. Blocca poteri di rigenerazione, poteri di immunità... una tecnica così sembra disperata, visto che anche tu rischi di essere danneggiato a morte."
Nitro sorrise.
"È proprio ciò che voglio." disse.
Sparì, lasciando Elphrin sconcertato, per poi riapparirgli alle spalle e afferrarlo da sotto le braccia, stringendolo forte. Il corvo si dimenò.
"Che vuoi fare?! Che vuoi fare?!" strepitò con voce stridula. Si dimenava, ma Nitro lo tenne ben stretto.
"Addio, padre..." mormorò, scagliandosi contro tutte le sfere rosse. L'energia venne assorbita dai loro corpi. Non vi fu esplosione. Semplicemente svanirono lasciando solo una traccia di terreno carbonizzato tutt'intorno.
Nero guardò la scena, mentre sentiva che Elphrin si stava riformando da qualche parte. Nemmeno un attacco così poteva ferirlo. Si avvicinò alla finestra che aveva aperto per osservare le ultime fasi dello scontro e toccò la superficie acquosa che si increspò. Riusciva a rintracciare il corvo solo quando ormai era troppo tardi. Cancellò le memorie di tutti coloro che avevano assistito ad uno qualsiasi degli eventi di quel giorno, compresi i tre orfanelli. Famiglia Apple, che nome azzeccato. Infine ricostruì il fienile e la collina. Non poté far tornare in vita i due coniugi per le leggi del loro mondo e la cosa gli dispiacque. Ma non troppo. Darsi troppa pena per qualcosa, qualsiasi cosa... lo trovava controproducente...

Intanto Nitro si svegliò di soprassalto. Era immerso nel vuoto cosmico. Ma non era il SUO vuoto cosmico. Capì al volo. L'esplosione lo aveva sbalzato via dal suo universo. Probabilmente c'era lo zampino di Nero. Il lato positivo era un nuovo universo da esplorare. Avrebbe potuto iniziare da quel pianeta in cui sentiva la presenza di un gruppo di anime particolarmente potenti...
 

Angolo di ME!

Vi sono mancato? Spero bene... Altrimenti mi offendo!
Scherzi a parte... Doveva essere un'altra storia sul fantastico ME! Invece... Ma vabbé. C'era desiderio di scrivere qualcosa di più violento, più... alla vecchia maniera, insomma! Effetto AMV, probabilmente. Anyway, alla prossima storia, magari sarà su ME, stavolta... Speriamo, mi piacerebbe... Ehm, ma che ora si è fatta! Io devo andaaare, ciaoèstatounpiacere!
(P.s. Elphrinvince!)
 
Ev.
   
 
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