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Autore: KleineJAlien    18/06/2016    0 recensioni
Questa storia tratta le vicende di principalmente nove ragazzi, nove studenti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Alcuni vedono le loro vite intrecciarsi molto tempo prima rispetto altri, che dovranno ancora conoscersi e superare vicende difficili.
MiniFF | 11 Chapters | AU!Hogwarts
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6




Dopo che Madama Chips gli aveva rimesso apposto la spalla, e aveva medicato tutte le escoriazioni presenti sul suo corpo, se fosse stato per lui, Isaac sarebbe tornato immediatamente nel suo dormitorio, invece era stato costretto a rimanere sotto controllo due giorni in infermeria.
Insieme a lui c'erano altre due persone in condizioni molto peggiori rispetto a lui, ma la cosa che lo infastidiva di più di quella situazione non era l'odore insopportabile che nessuno ad Hogwarts tollerava di quella stanza, o il non poter fare nulla se non stare seduto a fissare il soffitto, bensì l'enorme via e vai che si era venuto a formare, via e vai che era gradito solamente quando erano Louis e Jess ad andarlo a trovare, o alcuni suoi compagni di Quidditch.
Più volte Madama Chips si era ritrovata a dover cacciare gruppi e gruppi di persone che volevano sapere come stesse, ma soprattutto sapere come avesse fatto a salvarsi. Isaac d'altra parte aveva risposto a quelle domande solamente quando a rivolgergliele furono i docenti, cosa che non aveva impedito alle voci - che qualcuno di misterioso fosse riuscito ad essere abbastanza svelto dall'evitare uno sfracellamento al suolo - di circolare in maniera velocissima per tutto il castello.
Tutti si chiedevano chi fosse questa persona, persona che avrebbe potuto farsi avanti e ricevere non solo il ringraziamento sincero da parte di Isaac, ma anche una fama non indifferente e magari la possibilità di far ricevere qualche punto per la propria casa per il suo gesto.
Stessa cosa se lo chiedeva lui. Aveva passato le ore in solitaria più o meno così, ipotizzando fino a farsi un’idea, seppur azzardata ed astratta, di chi potesse esser stato.
Due giorni dopo l'accaduto, a cena Louis e Jess si erano presentati varcando la porta dell'infermeria in contemporanea con dei vassoi tra le mani. Quella sera i due mangiarono con lui, lo aggiornarono su quanto successo durante la su assenza e gli tennero compagnia fino a quando Madama Chips disse loro che era arrivato il momento per il biondo di riposare.
«Hai mai pensato che tu possa avere un'ammiratrice?» disse Jess «Sarebbe una cosa carina.»
«Mi stai dicendo che vuoi un ammiratore? Da quando ti interessano queste cose?» la guardò stupito Louis  cambiando posizione. Purtroppo per lui però la ragazza lo ignorò completamente e continuò a rivolgersi ad Isaac «Ora però è il momento che faccia tu un passo avanti non credi?»
Divertenti, aveva pensavo Isaac quando aveva visto i suoi due amici andarlo a trovare insieme, e cenare per tutto il tempo seduti uno a fianco all’altro ai piedi del letto. Nonostante ciò non si sfioravano nemmeno, né tantomeno parlavano tra loro. La conversazione si articolava unicamente verso il biondo, il quale a sua volta faceva da intermediario.
Poi c’erano tutti quegli sguardi che Louis lanciava a Jess, tutti quei tentativi di farsi considerare dall’altra, che andavano senza troppo impegno da parte della Serpeverde, in fumo.
«A patto che abbia un’ammiratrice, deve prima scoprire chi sia , no?!» constatò Louis vedendosi nuovamente ignorato da metà dei presenti su quel letto.
Isaac invece annuì dentro di sé, d’accordo con la loro teoria, più di quanto potessero immaginare.
«Perché sorridi?» gli chiese Jess quando notò un angolo delle sue labbra sollevarsi lentamente.
«Niente» mentì il biondo scuotendo vivacemente la testa «È solo strano vedervi vicini.» mentì ancora, nonostante nelle sue parole ci fosse un fondo di verità.
Era ancora sveglio, a dispetto degli altri due studenti presenti, quando più tardi quella sera Slot  si era intrufolata da una finestra aperta, all'interno dell'infermeria. Volò fino al suo letto, atterrando ai suoi piedi, e zampettò fino a raggiungere le sue ginocchia. Nel becco la giovane civetta aveva un sacchetto che non esitò a lasciar cadere non appena Isaac tese il palmo all'insù verso di lei. Una volta afferrato, accarezzò il capo dell'animale, il quale incassô appena la testa godendosi il contatto e poi volò via ripercorrendo la stessa strada al contrario.
Curioso il Serpeverde aveva sciolto immediatamente il nodo e capovolto il piccolo contenitore in tela. Sul suo grembo subito dopo cadde una catenina alla quale estremità era legata una piastrina. Con le sopracciglia aggrottate si portò una mano al collo senza trovare ciò che stava cercando. Quella sulle coperte era davvero la sua collana, riconosceva la parola incisa in corsivo su di essa, e quel graffio sul bordo sinistro che non ricordava nemmeno come fosse stato procurato.
Non si era nemmeno resoconto di averla persa, fino a quel momento. Da dentro il sacchetto estrasse inoltre un biglietto, il quale citava, senza alcuna firma"L'ho trovata sul campo da Quidditch. L'hai persa quando sei caduto". Tutto fu più chiaro.
Non aveva dubbi che dovesse esser andata così. Lui era stato troppo preso dai fatti per notare la perdita. La calligrafia sul pezzo di pergamena era sempre la stessa, questo confermò ad Isaac che chiunque fosse a mandargli i bigliettini, al momento del'incidente fosse lì, ed era pronto a scommettere che questa persona fosse la stessa che l'aveva salvato.
Non appena Madama Chips, la mattina seguente, molto presto gli diede permesso di andar via, Isaac passò nella sua stanza per cambiare abiti e uscì nuovamente nemmeno una decina di minuti dopo, momento in cui Louis si stava svegliando buttato giù da quella sua sveglia che odiava da morire.
Con la catenina al collo e il biglietto ricevuto il giorno prima chiamò Slot, non aveva tempo per raggiungere la guferia, doveva riuscir a far tutto in tempo per la colazione. L'animale d’altra parte lo raggiunse efficientemente pochi secondi dopo poggiandosi sulla sua spalla.
«Portami dal proprietario di questo biglietto.» chiese alla civetta poggiandole tra gli artigli il piccolo rotolino di pergamena. Immediatamente Slot si alzò in volo e stando attento che il proprio padrone fosse sempre alle sue spalle, gli fece strada.
Il Serpeverde non aveva pensato che il suo piano sarebbe davvero funzionato come invece sembrava stesse succedendo. Dovette però ricredersi quando, presentimento dopo presentimento, Isaac arrivò alla guferia e Slot andò fritto ad appollaiarsi non in una cuccetta da solo - come doveva essere -, ma con un'altra civetta dal manto completamente bianco e un paio di enormi occhi gialli circondati da un muso a cuore.
Come se ciò non fu abbastanza strano, appena il biondo si avvicinò a questa vide come il proprio animale stesse “amoreggiando” - perché in nessun altro modo riusciva a definirlo - con l'altro esemplare che di diverso aveva solo il colore più chiaro del piumaggio. I due sfregavano le loro testa tra loro  e ogni tanto si beccavano in maniera giocosa, addirittura tenera.
Se all'inizio il fatto che i bigliettini arrivassero con la propria civetta, che di fatto era un esemplare piuttosto diffidente e irascibile, gli sembrava strano, ora non lo pensava più. Aveva capito come fosse possibile che qualcuno fosse riuscito ad avvicinarsi a Slot, semplicemente puntando al suo cuoricino, con quella che doveva essere un'altra civetta o meglio la civetta della stessa persona che gli mandava i messaggi. Se il suo intuito non si sbagliava questa persona era scesa a patti così con il rapace. Un aiuto in cambio della "benedizione con la propria civetta.
E ancora, se il suo intuito non si sbagliava, non sarebbe stato difficile risalire al proprietario. Isaac allungò una mano verso la civetta bianca e le accarezzò il capo. Questa si dimostrò molto docile sotto il suo tocco ma non passò molto tempo prima che tornasse a rivolgersi solo a Slot.
Quando il Serpeverde raggiunse la mensa, furono molte le persone che lo circondarono per salutarlo. Furono Jess e Louis però che se lo aggiudicarono come vicino, riaffidandogli così il posto centrale divisorio dei litiganti. Nemmeno a metà colazione poi, alcuni gufi e civette fecero ingresso nella sala grande per consegnare la posta. Isaac non si lasciò sfuggire per niente al mondo il momento, stando attento ad osservare la propria civetta, e non gli sfuggì Slot in compagnia della compagna bianca, lo seguì finché queste non dovettero separarsi.
Come quasi ogni giorno Alexis sedeva vicino a Niall il quale tavolo era diventato anche il suo. Solo nelle occasioni speciali, la Corvonero sedeva con i propri compagni. A nessuno sembrava dar fastidio quella sua intrusione e i professori non avevano mai dato voce in capitolo su ciò anche se dubitava che trovassero quell'inclusione positiva.
Nel momento in cui i gufi e le civette entrarono, la ragazza non staccò lo sguardo dal tavolo. Solitamente riceveva posta solamente il finesettimana, ma quando Flo si poggiò a pochi centimetri dal suo piatto, la testa piegata appena di lato e gli occhi gialli bel spalancati, ne fu decisamente sorpresa. Oltretutto sulla zampina che in quel momento teneva sollevata nella sua direzione, non vi era niente di grande o che facesse pensare ad una lettera straordinaria da parte dei suoi genitori, ma si trattava di un bigliettino arrotolato su se stesso e dalle piccole dimensioni.
Liberò l'animale dal suo compito e lo lasciò andare, però solo dopo parecchi secondi trovò il coraggio si aprirlo. Su di esso vi era solo un parola scritta sopra, ed era “Grazie”.
Senza pensarci nemmeno il suo sguardo scattò in avanti dall’altra parte della sala. Per una frazione di secondo il suo inconscio aveva pensato ad Isaac, il quale era si nella sala quella mattina, ma parlava con Jess. Il fatto che come al solito lui non avesse rivolto nemmeno un accenno nella sua direzione, le fece storcere il naso. Probabilmente Flo iniziava a dare i numeri, o magari il mittente aveva sbagliato nel consegnare il messaggio. In ogni caso piegò il biglietto e lo mise in tasca ripromettendosi che non ci avrebbe pensato.

Erano stati meno plateali quella sera, solo i Serpeverde presenti nella Sala Comune videro quella scena, tra l’altro riuscendo a malapena a trattenere un ghigno divertito.
Come la Corvonero amica di Liam le aveva consigliato, Louis aveva ripreso a conquistare Jess. Per chiunque sarebbe sembrato bizzarro il modo di cercare di riconquistarla, attuato dal moro, ma era stataocosì che la prima volta era riuscito a conquistare la ragazza, ovvero con gli scherzi.
Spesso questi lo portavano al rischio di essere nuovamente schiantato contro un muro, ma questo non lo fermava. Dopo i primi due giorni, la mora aveva ripreso a parlargli - urlargli contro per la precisione - ma questo a lui bastava, anzi era ciò a cui mirava come inizio.
Aveva spaziato su vari scherzi, dal Dolce singhiozzino che Louis aveva mischiato alla cena di Jess, alla fattura dei foruncoli che  era costata al moro una strigliata incredibile in quanto la ragazza per poterlo trovare aveva dovuto prima girare tutta la scuola e di conseguenza tutta Hogwarts l’aveva vista con delle grosse e schifosissime bolle sulla pelle. Poi c’era stato anche l’incantesimo Pullus il quale funzionato a metà, l’aveva trasformata in una donna mezza pollo, oppure l’incantesimo gonfiante, che come da nome l’aveva gonfiata, per fortuna solo la faccia.
Quindi come già accennato all’inizio, Louis aveva combinato un’altra delle sue con la differenza che lo scherzo non era andato direttamente a discapito della mora, o meglio al suo aspetto, od oggetto, ma a qualcosa a cui comunque teneva quanto a se stessa, e ad esser testimoni di ciò vi furono solo qualche Serpeverde, senza togliere che tutti sapevano, la voce si sarebbe sparsa.
«Louis William Tomlinson!» Jess avanzava nella sua direzione a grandi falcate.
Il moro chiuse con finta nonchalance il libro che aveva tra le mani e si rivolse alla ragazza «Si?»
«La tua civetta ha fatto irruzione nella mia camera e si è portata via Bernie. Dove l’ha portata?»
«Non è affar mio di cosa fa Athena. Saranno andati a farsi un giro sopra il Lago Nero..»
«Non dirlo nemmeno scherzando rivoglio immediatamente il mio topo. Richiama immediatamente il tuo stupido uccello perché se lo trovo io giuro che questa volta gli stacco tutte le penne ad una ad una con le mie stesse mani.» entrambi sapevano che Jess non avrebbe fatto mai del male ad un animale, tantomeno ad Athena alla quale sotto sotto era affezionata, ma quella minaccia, doveva essere particolarmente di monito per il ragazzo.
Questo d’altra parte dimostrò il suo non essere affatto preoccupato replicando «Non è stupida!»
«Invece lo è, proprio come il suo padrone, e adesso muoviti, non ho tempo da perdere con te!»
Louis osservò ancora un po’ la ragazza di fronte a sé, rossa in viso per la rabbia, trattenendosi dallo scoppiargli a ridere davanti, o ancora peggio rischiare le proprie palle baciandola seduta stante afferrandole il viso tra le mani. Dopo un ulteriore cenno del sopracciglio intimidatorio da parte della mora, fu costretto a emettere un fischio.
In risposta poco dopo una civetta grigia entrò nel loro campo visivo, puntando dritta verso la mora. Sopra di lei aspettò che questa aprì le mani per lasciar cadere il ratto bianco, il quale immediatamente si accoccolò sotto il tocco gentile della propria padrona.
«Non ti ha fatto niente quello stupido vero?» chiese la Serpeverde al proprio animale.
«Se l’hai dimenticato, Athena è una lei.» s’intromise il ragazzo confuso.
«Infatti io parlavo di te.» le sorrise falsamente prima di dargli le spalle vittoriosa e accarezzare la civetta appoggiata sul divano qualche centimetro più in là,
Ancora una volta il colpo basso fu attutito nel migliore dei modi dal moro il quale  «Ah ah! Lo sapevo! Tu vuoi bene ad Athena.» rispose indicando la scena che si stava svolgendo davanti a sé.
Anche la ragazza non fu colpita da ciò e controbatté allontanandosi nuovamente verso il dormitorio femminile con «Vai al diavolo Tomlinson e stai alla larga da me e da Bernie. Intesi?»

Aveva perso il conto del tempo che aveva passato a girarsi e rigirarsi nel letto da quando si era coricata. Anche Jennifer era  tornata in stanza, chiaro segno che doveva essere davvero tardi.
La sua insonnia quella notte aveva raggiunto un livello esagerato, e nonostante non sentisse propriamente il bisogno di dormire, non le andava di passare la notte ad osservare i drappi del suo letto a baldacchino o a leggere. Dopo un po’ gli occhi le dolevano e non la entusiasmava il pensiero che l’indomani sarebbe stata fiacca per buona parte della giornata. Persino una delle sue tisane non le fu di aiuto quel giorno, contrariamente da qualsiasi altra occasione.
Alla fine, stufa di stare supina sul letto, si alzò con l’intenzione di scendere nella Sala Comune e magari sperare nel giovamento del calore, e della luce soffusa del caminetto, per il suo sonno.
Indossò un paio di scarpe e si buttò il mantello sulle spalle prima di uscire dalla stanza.
Notò la presenza di qualcuno nel salottino, solo una volta arrivata alla fine delle scale a chiocciola che portavano al piano inferiore. La prima cosa che le arrivò alle orecchie furono dei lamenti, lamenti trattenuti a fior di labbra, successivamente vide la figura rannicchiata davanti al fuoco.
Piegata in avanti si teneva la testa tra le mani, tremava, lo poteva vedere da lontano. Capì chi fosse, solo quando questa sollevò la testa per un secondo, e una lunga chioma mossa e castana cadde sulle sue spalle. Era impossibile non riconoscere Harry Styles dal suo marchio di fabbrica.
Immediatamente si tuffò in avanti saltando con un solo balzo i due gradini che le mancava no per terminare la scalinata. In un secondo fu china al fianco del Grifondoro il quale la ignorò completamente continuando a muoversi in maniera spasmodica e pronunciando parole sconnesse. Aveva gli occhi spalancati e arrossati, il respiro talmente pensante che la stessa Sylvia si sentì più debole, affaticata. Lo provò a scuotere senza alcun risultato.
«Non smette di pulsare. Fa troppo male, fallo smettere ti prego.» gemette il riccio.
«Che rumore? Cosa ti fa male Harry?» chiese Sylvia sollevandogli il viso.
«La testa. Non senti anche tu questo fischio? Perché non smette?» continuò.
«Oh Harry..» sussurrò Sylvia «Tutte quelle pozioni.. ti avevo avvisato che non erano un bene.»
«Smettila! Smettila di farmi la predica.» ringhiò il castano «Te l’ho detto, non ho bisogno del tuo aiuto.» disse improvvisamente allontanandola da sé stesso.
«Non sembra.. Permettimi di aiutarti, qualcuno potrebbe scendere e vederti così. E tu non vuoi.»
«Come se importasse qualcosa ormai.»
«Non fare l’idiota Styles.» rispose a tono la castana afferrando la propria bacchetta di biancospino«Non mi costringere a cucirti la bocca o peggio ad utilizzare l’Imperius.»
Harry tacque all'istante e per qualche frazione di secondo, rimase ad osservarla in silenzio, dopodiché scoppiò a piangere. Le mani andarono a coprire il suo viso e quando Sylvia, senza pensarci due volte l'abbracciò, si aggrappò a lei nascondendosi ora contro la sua spalla.
«Shh non piangere..» mormorò la ragazza stringendogli appena una spalla «Non sono brava a trattare con le persone che piangono. Soprattutto se sei tu Styles.» sospirò affranta «Quasi quasi ti preferivo schivo e scontroso.» ammise «Ti devo portare via di qui.»
Ma dove? Guardò le scale che portavano ai dormitori, ma lì non poteva portarlo.
«Va bene vieni con me.» disse poi sollevandosi in piedi e poggiando un braccio del ragazzo sulle proprie spalle «Ora devi aiutarmi e stare molto zitto.»
«Dove stiamo andando?» chiese il prefetto appoggiando anche la testa su quella dell’altra.
«Nella stanza delle necessità e se tu non collabori ci beccheranno prima di arrivarci.»
Il riccio non aprì più bocca, anche quando la Grifondoro si rese conto che l’altro non riusciva a smettere di tremare e gli chiese se avesse freddo. Dopo un cenno negativo con la testa, lei non gli aveva creduto e gli aveva passato comunque il suo mantello, in seguito insieme erano stati il più attenti possibile a non svegliare la Signora Grassa che in quel momento dormiva nel dipinto.
I corridoi erano terribilmente silenziosi, quella non era la prima volta che a Sylvia capitava di andare in giro per Hogwarts di notte, ad esempio lo faceva quando rientrava dalle feste clandestine, ma quel giorno con Harry, si sentiva più a rischio di sempre.
Arrivati furtivamente al settimo piano, passarono tre volte davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll desiderando che la stanza delle necessità apparisse loro, e puntuale un alta porta dalle fattezze semplice comparve subito dopo nella parete opposta.
All’interno vi era proprio tutto ciò di cui avevano bisogno a partire dal letto, la cosa più importante, su cui Sylvia fece sedere Harry appena varcata la soglia. Con gesti imbarazzati la giovane aiutò l’altro nel liberarsi da alcuni degli indumenti più scomodi come ad esempio il maglione scuro e il cravattino, oppure come le scarpe. Il riccio stordito non ebbe da ridire e si lasciò guidare fino a sotto le coperte, che la Grifondoro alla fine le rimboccò.
«Dove vai?» chiese Harry allarmato vedendola allontanarsi.
«Se i miei conti sono giusti, dovrebbe esserci qualcosa di caldo sopra questo tavolino.. ecco appunto!» esclamò afferrando due tazze di porcellana «Tieni bevi.»
Il riccio scrutò il liquido fumante color miele con sguardo pensieroso, la portò vicino al naso e annusò senza riconoscerne il profumo «Che cosa è?» gli chiese un po’ allarmato.
Sylvia rise tra sé e sé pensando che dopo l’effetto che le mille pozioni le avevano fatto, non doveva preoccuparsi affatto di quello che gli stava dando lei «È Camomilla, una tisana che i babbani bevono per rilassarsi. I miei me la preparavano quando ero più piccola per aiutarmi a dormire.» spiegò mentre prendeva posto con la stessa bevanda, su una poltrona vicino al letto «In realtà dentro ho messo anche qualche goccia di antidoto per aiutare il tuo corpo a smaltire le pozioni che hai preso.» ammise stupendosi della tranquillità con cui apprese la notizia.
Passarono circa una decina di minuti nel silenzio più assoluto, dieci minuti nei quali Sylvia sentì anche il suo corpo e la sua testa farsi più pesanti. Nonostante ciò fu molto più positivo per lei vedere il Grifondoro iniziare a cedere e lasciarsi andare al sonno che aveva rifuggito per troppo.
«Buona..» sussurrò il ragazzo dopo averla finita mentre le sue palpebre iniziavano a cedere.
La castana sorrise e si allungò ad afferrare la tazza prima che potesse cadere. Non passò molto tempo prima che il Grifondoro, ora più rilassato  sfinito, si addormentasse. Anche Sylvia, accertatasi che l’altro stesse bene, si appallottolò sulla poltroncina e chiuse gli occhi.

 
   
 
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