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Autore: The_Black_Widow    18/06/2016    0 recensioni
Dal testo: "Per salvare lei e tutta Storybrooke aveva deciso di diventare il nuovo Dark One, temporaneamente, almeno finché non avrebbero trovato un modo per liberarla. Nel frattempo avrebbe controllato l'Oscurità assicurandosi di non ferire nessuno. Era certa di poterlo fare perché non era sola, la sua famiglia l'avrebbe aiutata a combatterla".
L'idea per questa fanfiction mi è venuta subito dopo aver visto il finale della quarta stagione, prima degli spoilers, delle foto bts, delle still, ecc. Un (maldestro) tentativo di omaggiare questa stupenda serie tv, da fan devota quale sono, provando a immaginare come potrebbe proseguire la storia.
Insomma una 5^a Stagione alternativa!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8

L'Amore è Forza

... 'Cause darling you died

and well I cried

but I'll get by

salute our love

and send you a smile

and move on

So darling farewell

all will be well

and then all will be fine...”

Patti Smith

 

-E' stata dura ma alla fine ce l'ho fatta ad addormentarlo. Deve aver percepito la tensione degli ultimi giorni, non mi stupirei se in futuro manifestasse capacità empatiche- David andò a sedersi accanto alla moglie, che se ne stava sul bordo del letto a fissare una foto di lei e Emma sorridenti e felici, per informarla su Neal. -Forse dovresti provare a riposare un po' anche tu- le disse accarezzandole delicatamente la schiena con movimenti circolari. Lei fece no con la testa e lui evitò di insistere.

Le ultime quarantotto ore erano state difficili per tutti, gli avvenimenti che le avevano caratterizzate avevano sconvolto le loro vite, anche se in maniera differente, ma la sensazione che ormai si fosse arrivati a un punto di non ritorno gravava in egual modo sul cuore di ognuno. Mary Margaret non riusciva a darsi pace, le immagini di quello che era successo nella foresta la tormentavano riproponendosi ciclicamente nella sua testa. Quando Lei e David erano giunti nel punto dove avevano sentito urlare, si sorpresero nello scoprire che Emma fosse lì. Erano convinti che fosse stata Zelena a minacciare Regina e Robin, ma la strega si trovava a terra priva di sensi, con Hood che provava a rianimarla, e Regina era poco più in là visibilmente provata, tutto questo lasciava poco spazio ai dubbi: era opera di Emma. Avevano avuto giusto il tempo di rendersene conto, poi avevano osservato inermi Emma fermarsi e scagliare con mano tremante una freccia nel petto di Robin. David si era precipitato dall'amico, Mary Margaret aveva iniziato a gridare

-Emma cosa hai fatto?! Emma!-

Ma Emma non le aveva dato l'impressione di stare ascoltando, piuttosto stava fissando un punto nella foresta con un'espressione atterrita sul volto già pallido. Seguendo il suo sguardo, anche Mary Margaret si era voltata in quella stessa direzione e l'aveva vista: Cassandra con un ghigno terrificante e il pugnale dell'Oscuro stretto tra le mani. La voce di David che le chiedeva di chiamare un'ambulanza l'aveva fatta focalizzare per un attimo sul corpo disteso dell'arciere e su Regina che lo stringeva, poi era tornata a guardare Emma e Cassandra... sparite. Da quel punto in poi i ricordi erano diventati confusi, sapeva che erano arrivati in ospedale in qualche modo; che lì avevano scoperto che Zelena aveva subito un forte stress emotivo, ma che le ferite sul suo corpo erano superficiali e per niente gravi; e che per Robin era già troppo tardi. Ciò che invece non era sbiadito affatto era il senso di colpa, perché non poteva fare a meno di pensare di essere in parte responsabile.

-E' colpa mia David- disse con un filo di voce mentre posava la foto sul comodino.

-Mary Margaret no...- rispose David stringendole una mano tra le sue

-Sono stata io ad insistere perché Cassandra venisse con noi- continuò la mora, -Se non lo avessi fatto ora quella dannata strega sarebbe ancora a Camelot e non avrebbe costretto Emma a...- le parole le morirono in gola, calde lacrime cominciarono a bagnarle le guance.

-Non potevi saperlo- la rincuorò l'uomo, -quella donna ha ingannato tutti-

-Ho lasciato che fossero le emozioni a guidarmi e non sono stata attenta ai segnali- insisté la donna. -Volevo solo che tutto finisse al più presto e ho finito col peggiorare le cose.-

David si alzò per portarsi di fronte alla moglie, poi si inginocchiò e le prese il volto tra le mani affinché lei potesse guardarlo negli occhi. -Questo è quello che sei Snow, ed è uno dei motivi per cui mi sono innamorato di te- le disse

Mary Margaret fece un sorriso amaro, -Cosa? Un'ingenua presuntuosa?-

-Una splendida donna col cuore puro che crede nelle persone- rispose Charming

-E per questo Regina ha perso un altro amore- ribatté secca Biancaneve

-Regina non ti incolperà perché sa che se tu non fossi come sei, se non avessi sempre creduto in lei, ora non sarebbe la persona che è diventata- le disse David accarezzandole le gote

-Lo credi davvero?-

-Ne sono più che sicuro-

Mary Margaret gli afferrò le mani per baciarne il palmo e David tornò a sedersi sul letto accanto a lei. Si strinsero in un abbraccio, restando in silenzio per diversi minuti a pensare a quello che si erano appena detti. La mora sperava che il marito avesse ragione. Era così fiera di come il rapporto tra lei e Regina fosse cambiato, che non avrebbe sopportato l'idea che la sua matrigna potesse ricominciare ad odiarla. Provava per Regina profondo e sincero affetto da sempre, e ora più che mai era convinta che avessero bisogno l'una dell'altra. David, dal canto suo, credeva solo in parte alle cose dette a sua moglie. Per quanto si sforzasse, non poteva ignorare il flebile allarme nella sua testa, che lo metteva in guardia sulla possibilità che Regina potesse reagire alla sua perdita nello stesso modo in cui aveva reagito alla morte di Daniel.

La preoccupazione più grande per entrambi però era Emma, e il fatto che fosse sotto il controllo di una megera senza scrupoli, di cui ancora ignoravano le intenzioni, o il perché li avesse seguiti a Storybrooke. Se la ragazza da sola costituiva un enorme pericolo, con questa nuova incognita potevano immaginare soltanto il peggio.

Killian Jones aveva trascorso l'ultimo giorno nella villa di Merlino in cerca di qualcosa che potesse aiutarli, rovistando in ogni angolo della grande magione, anche se sarebbe più corretto dire che quello era solo un pretesto per sfogare la propria frustrazione, come testimoniavano i tavoli e le sedie rovesciati, e i pavimenti ricoperti di libri, e cocci di suppellettili, scaraventati con violenza contro i muri. Anche lui come Snow era furioso con se stesso. Le parole di Tremotino gli ronzavano in testa come zanzare fastidiose: “Non deve essere stato difficile per lei ingannare uno stupido come te”. Già... . Quando aveva perso la capacità di fiutare il pericolo a miglia di distanza? Quando aveva iniziato a rilassarsi a tal punto da farsi fregare dalle apparenze? L'amore lo aveva rammollito fino a quel punto? Che Cora avesse sempre avuto ragione?

-L'amore rende deboli...- disse ad alta voce nella solitudine della biblioteca in cui sembrava fosse passato un uragano.

Se ne stava seduto a terra con la schiena appoggiata alla parete sorseggiando rum dalla sua fiaschetta con sguardo vacuo. La sua mente gli rimandava pensieri e ricordi sfocati, apparentemente slegati tra loro, o forse era solo troppo poco lucido per coglierne i collegamenti da solo. Pensava ad Emma, costantemente. Pensava allo sguardo spaventato sul suo dolce viso quando l'aveva raggiunta a New York e non aveva memoria di lui, della sua famiglia e di Storybrooke; e al modo in cui era cambiato quando le aveva fatto prendere la pozione. Pensava a quanto era stato bello baciarla la prima volta, un bacio violento e senza amore, non ancora, ma carico di passione; alla sua voce tremante mentre gli confessava di amarlo poco prima di assorbire l'Oscurità; al loro primo incontro e a quanto le fosse sembrata bella nella sua risolutezza e diffidenza; al suo profumo; ai riflessi della luce lunare sui suoi capelli dorati sparsi sul cuscino.

Dov'era adesso la sua Emma? Nelle mani di una pazza che proprio lui aveva portato in città. Di una maledettissima strega della quale si era fidato ciecamente e che aveva difeso dalle accuse degli altri con convinzione. Si sentiva un idiota, un idiota inutile, perché non c'era modo di rimediare ai suoi errori. Era convinto di essersi fatto in quattro per salvarla e invece aveva finito col perderla, perché se era arrivata al punto di uccidere un loro amico, non c'era più niente di Emma in quella donna che ne aveva le sembianze.

-Cos'è successo qui dentro?- Qualcuno era entrato nella villa e aveva commentato a voce alta il disastro che vi aveva trovato. -Credi che sia opera dell'Oscura e di quella strega?- chiese ancora la voce a un teorico interlocutore. Evidentemente erano in due, e presto fecero il loro ingresso nella biblioteca.

-Killian!- esclamò Belle appena ebbe notato l'uomo. Scansando gli ostacoli che aveva di fronte gli si avvicinò. -Che è successo? Stai bene? Uncino!- Hook non la guardava neanche, forse non si era nemmeno accorto della sua presenza.

-Lascia stare Belle- le disse Gold tirando su una sedia, -probabilmente è ubriaco-

-Ma non possiamo lasciarlo così. Almeno aiutami a metterlo sulla poltrona- insisté la donna raccogliendo i tomi che erano sparsi nel tragitto tra la parete dove era Killian e la poltrona, per non rischiare di inciamparvi.

-Pensavo fossimo qui per cercare quel libro di cui mi parlavi, non per riassettare-

-Smettila di fare il cinico Tremotino- lo rimproverò Belle. Poi tornò da Uncino e gli sfilò da mano la fiaschetta, finalmente l'uomo si mosse spostando molto lentamente lo sguardo sulla giovane. -Killian- ripeté dolce Belle sorridendogli, -vieni ti portiamo su quella poltrona.-

Tremotino sbuffò in disapprovazione e si avvicinò malvolentieri a sua moglie e a quel relitto umano che era Killian Jones in quel momento. I due afferrarono il pirata per le braccia e lo tirarono su. Seppur barcollante Uncino riusciva a stare in piedi, e col giusto sostegno raggiunse la poltrona sprofondandoci.

-Avevi ragione tu coccodrillo- disse improvvisamente Hook, la voce impastata. -Sono uno stupido-

-Non ne ho mai dubitato- commentò sarcastico Gold, subito rimproverato dalla moglie.

La donna indugiò su Killian ancora un po', poi percependo l'impazienza di suo marito gli disse: -Il libro che cerchiamo si intitola “The Eternal Kingdom”, io e David lo abbiamo lasciato qui l'ultima volta, perciò sarà tra questi-

I due osservarono ancora una volta il disastro compiuto dal pirata, e con un cenno d'intesa si spostarono ai lati opposti della sala per cominciare la loro ricerca.

-Speriamo che sia intero- fu l'ultimo commento di Tremotino mentre raccoglieva da terra un tomo anonimo con la copertina strappata.

-Henry qual è il colore preferito della mamma?- La vocina squillante di Roland riecheggiò nel salotto rianimando l'intera casa al 108 di Mifflin St., che negli ultimi giorni sembrava essere caduta vittima di un incantesimo del sonno. Al momento le uniche presenze erano appunto il bambino e Henry, il primo se ne stava seduto al grande tavolo circondato da fogli e matite colorate, tutto concentrato nello sforzo di restare nei margini del disegno che stava colorando, e che aveva intenzione di regalare a Regina. Henry gli sedeva accanto reggendo il telefono in attesa di qualche notizia (dalla madre o dai nonni, gli sembrava di vivere in allerta da sempre), e sorrise alla domanda del piccolo, perché ancora non si era abituato a sentir chiamare Regina “mamma” da qualcun altro che non fosse lui.

-Mi verrebbe da dire rosso, ma credo sia l'azzurro- rispose il giovane Mills dopo averci pensato un po'. Roland lo guardò perplesso afferrando i pastelli dei relativi colori. -Potresti usarli entrambi, oppure tutti quelli che hai a disposizione, così sarai sicuro di indovinare- propose ancora Henry, e attese che l'altro prendesse la decisione di seguire o meno il suo bizzarro consiglio.

Roland osservò attentamente il disegno, poi con un sorriso a tutto denti chiese: - Come se fosse un arcobaleno?-

Henry annuì. -Sì. Forte no?- disse, e il bambino non se lo fece ripetere due volte, afferrò la prima matita, un giallo molto appariscente, e cominciò a colorare.

La mina tracciava linee a ritmo costante e con movimenti decisi, osservarla trasmetteva un senso di calma, distendeva i nervi e apriva la mente. Per Henry tutto era diventato così surreale, eppure non c'era niente di più vero della fitta di dolore, che dal cuore si era spostata allo stomaco, che aveva provato quando era venuto al corrente degli ultimi terribili avvenimenti. Emma aveva ucciso Robin, e sapere che lo avesse fatto solo perché obbligata da qualcun altro non lo faceva stare meglio, non al momento almeno. Imitando Regina si sforzava di mostrarsi tranquillo a Roland, perché l'ultima cosa che volevano era destabilizzarlo ancora di più. Sapeva cosa provava il ragazzino, anche lui aveva perso suo padre, ma con accanto le sue due madri, e il resto della sua famiglia era riuscito a gestire il dolore. Adesso anche lui aveva una responsabilità simile, essendo diventato un fratello maggiore. Eppure non poteva negare di essere deluso, arrabbiato e triste. Come poteva non esserlo? Voleva bene a Robin, nutriva per lui grande rispetto e senso di gratitudine per aver donato a sua madre l'amore che non sperava più di meritare, di aver riportato un po' di luce nella sua vita buia, nonostante anch'egli avesse commesso degli errori. Ma la loro storia, e quella dei suoi nonni, aveva insegnato a Henry che l'amore può superare tutto. All'incirca un mese e mezzo prima, Robin Hood gli aveva offerto un enorme piatto di patatine fritte da Granny's come pretesto per chiedergli ufficialmente la mano di sua madre, e quando aveva capito che non si trattava di uno scherzo, si era inorgoglito così tanto. Perché Robin lo faceva sentire uno dei “grandi” e non il piccolo da proteggere e che non viene mai coinvolto.

Intanto il nuovo acquisto della famiglia Mills era passato al blu e stava profondendo il massimo impegno in quel lavoro che, evidentemente, significava molto per lui. Henry lo fissava pensando che avrebbe fatto di tutto per essere il miglior fratello maggiore che un bambino possa desiderare, poi il campanello di casa lo distrasse. Quando aprì la porta non fu troppo sorpreso di vedere Mary Margaret e David col piccolo Neal al seguito.

-Ciao tesoro- lo salutò sua nonna

-Ciao a voi- fece lui lasciando loro libero il passaggio. I tre ospiti raggiunsero la sala occupata da Roland.

-Regina è in cucina?- Chiese ancora Mary Margaret notando l'assenza della donna

-No, in realtà è uscita da più di un'ora, ma non mi ha detto dove andava. Ha detto solo che aveva bisogno di stare da sola per un po'-

Mary Margaret e David si scambiarono sguardi preoccupati, erano passati di lì proprio per assicurarsi che Regina e i ragazzi stessero bene, che non stessero soli.

-Hai qualche idea su dove possa essere andata?- stavolta fu David a prendere parola.

Henry ci pensò su e disse: -Credo che sia andata...- fece una pausa e concluse sussurrando per non farsi sentire da Roland, -...alla tomba di Robin-

-Io vado a cercarla- annunciò Snow prima di uscire. David fece un mezzo sorriso a Henry.

-Sono sicuro che sta bene- gli disse con fare incoraggiante, ma il ragazzo lo guardò serio rispondendo bruscamente

-No, non sta affatto bene! Come nessuno di noi-

Roland smise di colorare e cominciò a fissare i due sorpreso dall'ostilità improvvisa del più giovane, Henry se ne accorse e gli si avvicinò per ammirare il frutto della sua arte

-E' davvero bello Roland- gli disse appoggiandogli affettuosamente una mano sulla spalla, -la mamma lo adorerà-

Il bambino tornò a rilassarsi e chiese: -Posso avere un succo?-

-Vado a prendertelo- rispose Henry, e si avviò in cucina. David lo seguì dopo aver dato una veloce occhiata a Neal ancora addormentato nella sua carrozzina.

-Henry so che questa situazione è stressante per te più che per chiunque altro. Se hai bisogno di parlarne sai di poter contare su di me- gli disse appena entrato. Henry prese un bicchiere dalla credenza e lo appoggiò sulla spaziosa isola al centro della cucina.

-A che servirebbe?- chiese retoricamente a mezza voce, dando le spalle a suo nonno nell'atto di prendere la bottiglia di succo dal frigorifero.

-E' normale avere paura, anche io ne ho, ma dobbiamo avere fiducia...- riprese David. Il ragazzo stava per versare la bevanda ma si interruppe per ribattere che la fiducia e la speranza si erano rivelate inutili di recente, David non gliene diede il tempo e continuò. -Le circostanze sono simili, è vero, però stavolta Regina non è da sola. Adesso lei ha te e Roland. E anche me e Mary Margaret-

-Tu pensi che io sia preoccupato che mamma possa tornare ad essere cattiva?!- gridò incredulo e arrabbiato Henry dopo aver compreso il discorso del nonno.

-Non fartene una colpa. Conosciamo la sua storia e sappiamo quanto l'Oscurità possa trasformare le persone- proseguì David nel suo ragionamento, dando per scontato che suo nipote avesse le sue stesse paure.

-E' proprio perché conosco bene lei e il suo passato che so che questo non succederà mai!- sbottò il ragazzo smentendolo. -E' di Emma che dovresti avere paura. E' lei quella veramente pericolosa!-

-Sai che era sotto il controllo di quella Cassandra!- ribatté altrettanto nervoso David, avendo però cura di non gridare

-Già! E prima era influenzata dall'Oscurità!- Henry invece non si preoccupò di regolare il suo tono di voce. -Sei così cieco da dare per scontato che Regina possa tornare ad essere la Evil Queen e da non accorgerti che la persona che dovrebbe salvarci è in realtà la più debole di tutti! Se Emma fosse forte almeno la metà di quanto lo è mamma non saremmo mai arrivati a questo punto!- Concluse il giovane Mills sbattendo forte un pugno sul ripiano della cucina, poi , prima che le lacrime trovassero la loro strada sul suo volto arrossato, corse in camera sua.

David rimase a fissare l'uscio vuoto, profondamente colpito dalle parole di suo nipote, finché non vide spuntare Roland che lo avvisava che Neal si era svegliato.

L'ultimo raggio di sole calante indugiava sul nome di Robin Hood inciso sulla pietra liscia. Regina lo osservò ritrarsi lentamente per fare spazio all'ombra, l'immagine perfetta per descrivere la sua vita. Ogni volta che qualcosa o qualcuno le illuminava la via, presto o tardi era destinata a perderlo, e poco importava quanto si sforzasse per evitarlo.

Per quanto fosse triste ammetterlo, era abituata al dolore, ci conviveva da sempre ed era ciò che l'aveva indurita così tanto negli anni; non era abituata al dolore degli altri, a quello dei suoi figli. Dopo la corsa in ospedale, due giorni prima, si era armata di coraggio, si era coperta gli abiti sporchi di terra e del sangue di Robin con un cappotto, ed era andata da Roland, e dai Merry Men, per dire al bambino di suo padre. Ma a Storybrooke le voci circolano in fretta, e quando era arrivata tutti sapevano già. Roland le era corso incontro, come faceva tutte le volte, ma senza gioia negli occhi, stavolta c'erano solo lacrime e paura. Lo aveva stretto forte provando a calmare i suoi singhiozzi accarezzandogli la testa riccioluta, il volto del bambino sepolto tra il collo e la spalla. Erano rimasti così per molto tempo, in silenzio, avevano lasciato che fossero i respiri sincopati e i battiti dei loro cuori a calmarli, poi Roland si era tirato su e lei gli aveva asciugato il viso e scostato i capelli dalla fronte sudata per posarci un bacio.

-Sei ancora la mia mamma anche se papà non c'è più?- Le aveva chiesto il bambino guardandola con occhi speranzosi. Non lo avrebbe mai lasciato alle cure di nessun altro. Lei e Robin non si erano sposati ma si consideravano già una famiglia, Roland era già la sua famiglia. Per questo le era venuto naturale rispondere con un -Sempre piccolo mio.-

Insieme erano andati a prendere le sue cose, avevano salutato tutti e si erano allontanati mano nella mano, diretti a casa. Nessuno della Brigata di Robin aveva avuto da ridire, neppure Little John che per Roland era una specie di secondo padre, perché sapevano che il loro leader e amico avrebbe voluto così.

Da quel momento la vitalità che quel piccolo ometto riusciva a mostrare, nonostante le brutte esperienze che la sua giovane vita gli aveva già riservato, e l'amore incondizionato di Henry l'avevano distratta dai cattivi pensieri e da certi istinti con i quali non era più avvezza a combattere. I sorrisi e i disegni di Roland avevano iniziato a riempirle le giornate e la casa, era attraverso di essi che lui esternava i suoi sentimenti, che comunicava dubbi e paure, e lei, seguendo il consiglio del dottor Hopper, lo assecondava e lo incoraggiava. Dopo tutto assicurargli un barlume di serenità era il minimo che potesse fare per lui, non essendo riuscita a proteggere suo padre... il suo amore.

Mary Margaret annunciò la sua presenza camminando rumorosamente sulle foglie secche che ricoprivano l'erba del cimitero. Regina non si voltò, aspettò che la figliastra si avvicinasse, e chiuse gli occhi.

-Sei venuta a chiedermi di non uccidere tua figlia?- le chiese seria, tornando a fissare la lapide. Mary Margaret si portò al suo fianco. -Non ne ho bisogno, so che non lo farai-

-Se ce l'avessi davanti in questo istante- le disse Regina serrando forte i pugni, -non esiterei a strapparle il cuore e a stritolarglielo senza pietà!- La sua voce era roca, e le parole volutamente provocatorie.

-Non è vero- rispose tranquilla Biancaneve, accennando anche un sorriso. Il sindaco la fissò

-Sembri sicura di quello che dici. Devo ricordarti chi è la persona con cui stai parlando?-

-So perfettamente con chi sto parlando- le fece eco Snow, -puoi provare a spaventarmi quanto vuoi Regina, ma io conosco il tuo cuore.-

Ed era vero, pensò Regina, le mani di nuovo distese e palmi arrossati. L'unica persona che avrebbe potuto passare quella specie di esame a pieni voti era proprio Mary Margaret. Sapeva che la stragrande maggioranza, se non la totalità, degli abitanti di Storybrooke, avrebbe temuto un ritorno della Evil Queen dopo la morte di Robin, e sentiva il bisogno di essere rassicurata sul fatto che la sua famiglia facesse parte della minoranza. Non che il pensiero di cedere nuovamente al lato oscuro non l'avesse sfiorata, ma aveva davvero troppo da perdere nel seguire la strada più facile.

-Ti chiedo scusa- disse ancora Mary Margaret, Regina la guardò perplessa

-Ti stai scusando per Emma? Credi che questo mi faccia stare meglio?-

No. Cioè sì... anche- rispose imbarazzata Snow, -scusa non so cosa sto dicendo- concluse sconsolata. In un'altra occasione Regina avrebbe preso in giro la donna più giovane per questo suo essere sempre così impacciata e inopportuna.

-Per qualche crudele scherzo del destino, sembra che tu e la tua discendenza siate venuti al mondo solo per distruggere la mia felicità- commentò freddamente. Perché, diavolo, qualsiasi osservatore imparziale lo avrebbe considerato un dato di fatto: aveva perso la sua prima occasione di vivere la vita che desiderava, libera e innamorata, a causa della lingua lunga di Biancaneve; e adesso aveva perso Robin per mano di Emma.

Nel silenzio che si era venuto di nuovo a creare tra le due, perché Mary Margaret non seppe cosa rispondere, Regina rabbrividì al ricordo di quello che era successo appena quarantotto ore prima, tempo che a lei sembrava molto più breve. Riavere il proprio cuore al sicuro nel petto le aveva fatto provare contemporaneamente sollievo e disagio, visto il trattamento riservatogli prima da Zelena e poi da Emma. Per un fugace momento aveva creduto che il peggio fosse ormai alle spalle, la Signora Oscura si stava allontanando soddisfatta, e le aveva anche ridato i poteri. Sentirli riaffiorare piano le aveva fatto male, come fa male tornare a respirare dopo aver rischiato di soffocare, aveva sentito le fibre del suo corpo dolere nel riaccogliere la magia, proprio come dolgono le ossa del costato all'espandersi dei polmoni. Con molta fatica aveva provato a rimettersi in piedi, con la coda dell'occhio aveva visto Robin avvicinarsi a lei per aiutarla; l'istante prima era in piedi, quello successivo in ginocchio con le mani contro il petto e un'espressione sofferente sul volto. Nel tentativo di rialzarsi e camminare più in fretta le gambe l'avevano tradita, allora si era trascinata facendo leva sugli avambracci, Robin aveva abbassato le mani, il sangue che imbrattava la sua maglietta era più vivido che mai. Quando finalmente lo aveva raggiunto aveva subito posizionato le mani per curarlo con la magia, ma era ancora troppo debole, e la ferita troppo profonda. Un colpo preciso al centro del suo cuore, con una potenza tale da attraversarlo.

-Robin resisti!- gli aveva gridato, anzi ordinato, mentre provava ancora, inutilmente. La mano dell'uomo aveva tentato a sollevarsi verso le sue guance rigate di lacrime appellandosi agli ultimi scampoli di forza, per dirle addio probabilmente. Regina lo aveva guardato negli occhi consapevole che quella sarebbe stata l'ultima volta che sentiva il suo tocco sulla sua pelle. Mentre la sfiorava aveva sentito i loro respiri fermarsi all'unisono, il corpo di Robin rilassarsi, e la mano ricadere pesante sul terreno.

Dalla sua bocca non era uscito un suono, ma la sua mente urlava forte, disperata, e aveva continuato a farlo anche quando i paramedici le avevano strappato Robin dalle braccia per metterlo su una barella; quando in ospedale attendeva che qualcuno in camice bianco le confermasse quella che già sapeva; quando ogni sera, da quel giorno, serrava gli occhi per costringersi a dormire.

-Non oso immaginare come tu possa sentirti- La voce di Mary Margaret tornò a sovrastare il rumore assordante dei suoi pensieri. Regina si passò stancamente una mano nei capelli corvini sospirando pesantemente.

-Accettare che la propria figlia sia diventata un'assassina deve essere altrettanto doloroso- le disse senza rabbia o sarcasmo. Vide l'altra trasalire alle sue parole, poi spostò lo sguardo puntandolo al cielo sempre più rosso.

-Stavolta è diverso- riprese Biancaneve, la voce tremante. -Stavolta ci siamo l'una per l'altra- e le afferrò la mano con un gesto che era fermo e rassicurante. Regina ne fu sorpresa. Osservò le loro mani unite, poi il profilo della donna più giovane, che stoicamente cercava di mantenere un contegno, mentre le lacrime sgorgavano copiose dai suoi occhi, e sentì una piacevole sensazione di calore irradiarsi nel petto. Il nome di Robin inciso sulla lapide fu investito da un ultimo raggio di sole per un breve momento. Regina restituì la stretta a Mary Margaret abbandonandosi a sua volta, ad un pianto silenzioso, composto e liberatorio.

Quella stessa sera Regina, vittima della consueta insonnia, girovagò per casa in cerca di qualcosa da fare. Dopo aver riassettato la cucina con superflua perizia provò a rilassarsi con un lungo bagno caldo, poi andò a controllare Roland e Henry nelle loro rispettive camere. Il più piccolo dormiva già da tempo, Regina si accorse che nel sonno si era scoperto e lo rimboccò. Si spostò in camera di Henry dove il ragazzo, ancora sveglio, era steso a letto e immerso nei suoi pensieri, alla luce della piccola lampada notturna che Regina gli aveva comprato quando, a tre anni, aveva iniziato ad aver paura del buio. La donna si approcciò al figlio sedendosi sul bordo del letto.

-Non riesci a dormire?- gli chiese piano poggiandogli una mano sul braccio che teneva lungo lo stomaco.

-Neanche tu- rispose lui, la madre strinse le labbra. Capiva il suo stato d'animo, e sapeva quanto potesse essere pericoloso arrendersi alla rabbia. Doveva parlargli, ma quello non era il momento giusto, avrebbe finito solo col fare più danni.

-Anche Roland ha il sonno agitato- disse per distrarlo

-E' il materasso, è troppo morbido per lui- spiegò Henry, Regina aggrottò le sopracciglia, poi sorrise ricordando qualcosa.

-No, io e Robin abbiamo già avuto la nostra buona dose di calci e manate in precedenza-

Anche Henry ridacchiò immaginando la scena. -Ricordami di non condividere mai il letto con lui-

Regina tornò seria e gli strinse la mano. -Non fare troppo tardi- gli disse dolcemente e uscì per tornare in camera sua.

Trascorse l'ora successiva a guardare la collezione di opere d'arte che Roland le aveva regalato. Quasi tutti i disegni rappresentavano loro due con Robin e Henry in tipiche situazioni familiari, rappresentavano quello che avrebbero potuto essere e che non sarebbero stati mai. Perchè con Robin era morto anche un pezzetto delle loro anime che forse, col tempo, avrebbero risanato a vicenda, ma le cicatrici sarebbero rimaste sempre ben visibili.

Il suo pollice accarezzò piano la figura dell'uomo vestito di verde che le sorrideva dal foglio ruvido.

-Mamma...- si sentì chiamare, e per un attimo fugace pensò che si trattasse di un Henry seienne spaventato da un temporale. Tornata alla realtà osservò Roland in piedi sulla soglia, in una mano reggeva la scimmietta di peluche che Regina gli aveva regalato al loro primo incontro, e con l'altra si strofinava gli occhietti assonnati. Sentirsi chiamare a quel modo dal piccolo era sempre un tuffo al cuore, non si era accorta di quanto desiderasse avere un altro figlio, finché non si era imbattuta in Robin Hood e il suo bambino.

-Roland, va tutto bene?- gli chiese posando i disegni sul comodino alla sua destra. Il bambino fece un passo avanti un po' incerto

-Ho fatto un brutto sogno- le spiegò. Regina si spostò un po' più al centro del letto per fargli spazio e gli fece cenno di raggiungerla. -Posso dormire qui?- disse lui felice avanzando senza ulteriori indugi.

Regina scostò le lenzuola e lo aiutò a salire, Roland si posizionò sul fianco aderendo al suo corpo e abbracciando il suo pupazzo preferito.

-Mi manca papà- sussurrò all'orecchio del peluche, Regina lo cinse con un braccio e con l'altro prese ad accarezzargli dolcemente la testa che le arrivava sotto il mento

-Lo so- sussurrò a sua volta, -manca tanto anche a me.-

Bastarono pochi minuti all'ometto per riaddormentarsi, il suo respiro leggero e il dolce profumo dei suoi capelli avevano sempre avuto il potere di rilassarla, chiuse gli occhi aspettando Morfeo. Dopo poco sentì le lenzuola spostarsi dietro di lei, Henry. Si voltò e lo accolse con un sorriso stanco, il ragazzo la abbracciò dopo che lei gli ebbe baciato la fronte. Quella notte le venne più facile addormentarsi e riposare davvero con accanto i suoi figli che, come giovani cavalieri, vegliarono su lei e sui suoi sogni.

Il fitto buio non permetteva di vedere a un palmo dai loro nasi, Emma accese una sfera di fuoco appena in tempo ad evitare di inciampare in un spuntone di roccia più alto, mentre proseguiva attenta nelle profondità dei sotterranei della città, con Morgana alle calcagna. La strega di Camelot, subito dopo l'omicidio, l'aveva costretta a portarla in un posto poco accessibile per farne il proprio rifugio.

-Perdonami, davo per scontato che il Signore Oscuro si trovasse a proprio agio nelle tenebre- disse ridacchiando Morgana

-Si può sapere chi diavolo sei tu?- ringhiò Emma

-Non ci siamo già conosciute sulla nave del tuo affascinante fidanzato?- fece l'altra fingendosi perplessa. -E' davvero un gentiluomo per essere un pirata-

Emma non cadde nella provocazione, cos'era successo a Camelot? Perché Killian, Regina e Mary Margaret si erano portati dietro un elemento tanto pericoloso? Come aveva fatto questa donna ad ingannare tutti?

Arrivarono in una zona più ampia, con rocce levigate e leggermente più luminoso, difficile indovinare da dove filtrasse la luce.

-Qui andrà benissimo- affermò la strega fermandosi. -Puoi sederti lì- indicò ad Emma una grossa pietra piatta e larga sulla sinistra. La bionda provò a resisterle e lei, stringendo l'impugnatura del pugnale, ripeté il comando con voce fredda, -Siediti.-

La Signora Oscura non poté evitare alle sue gambe di muoversi, l'ordine impartito dall'altra donna le rimbalzava nella testa, spingendo i suoi muscoli a contrarsi ad ogni sillaba, proprio come era successo poco prima nella foresta. Con un groppo alla gola si accomodò nel punto indicatole.

-Perché?- chiese con voce strozzata, mentre per la prima volta si trovava a fronteggiare il peso di ciò che era stata costretta a fare. -Perché hai voluto che lo uccidessi?- Morgana smise di guardarsi intorno e si voltò verso la giovane.

-Dovevo testare l'efficacia di questo pugnale- le disse senza un briciolo di emozione, mostrandole l'arma e scrutandone ogni particolare. -Sembra proprio che tu non possa fare altro che obbedire ciecamente a chi ne è in possesso. Straordinario, non trovi?-

-Era mio amico!- urlò la bionda furiosa

-Davvero? Se non sbaglio lo sono anche tutti gli altri, eppure il tuo comportamento con loro non era propriamente cordiale- ribatté subito l'altra, ed Emma fu investita dalla consapevolezza.

Quello che aveva fatto sotto l'influenza di Morgana era spaventoso, ma anche le azioni compiute spinta dall'Oscurità erano imperdonabili. Aveva ferito David, Regina e soprattutto Henry, l'unico che era stato in grado di capire e di mostrarle la via per salvarsi da sola, e lei gli aveva voltato le spalle, preferendo sprofondare nel buio fino ad annerire inesorabilmente la sua anima. Se avesse ascoltato suo figlio, se non si fosse spinta fino a quel punto, adesso non sarebbe alla mercé di questa folle strega.

-Cosa vuoi da me?- le chiese

-Tu sei una pedina fondamentale nella mia partita, Signore Oscuro- rispose Morgana infilandosi il pugnale nella cintura, -In realtà mi aspettavo che lo fosse ancora Tremotino quando sono giunta qui con i tuoi amici, ma devo ammettere che sei una piacevole e graditissima sorpresa.- Si allontanò di poco da Emma raccogliendo due sassi grandi quanto un pugno e proseguì. -C'è qualcosa di speciale nei tuoi poteri che ti rende mille volte più forte del tuo predecessore. Non ho capito di cosa si tratta, ma conto di scoprirlo presto. Ho imparato che la pazienza è una virtù che ripaga sempre.-

Emma la vide sistemare i sassi a una certa distanza tra loro, e successivamente trasfigurarli in una poltrona e in un tavolino. Non aveva mai visto una magia simile. La strega, notando il suo sguardo curioso le disse: -era un po' spoglio- e si accomodò sulla poltrona fissando la ragazza con un sorrisetto fastidioso.

-Qualunque sia il tuo piano non potrai mai portarlo a termine- la sfidò Emma, -loro troveranno il modo di fermarti!- Il sorriso sul volto di Morgana si allargò sgradevolmente

-Oh, ma è esattamente quello che mi auguro...-

 

 

Widow's corner

Ciao a tutti e scusate per il ritardo, sono entrata nella crisi del settimo (capitolo) e l'ispirazione mi aveva un po' abbandonata.

Quando ho progettato la FF (lo scorso anno ormai), non avrei mai immaginato che gli autori di OUAT avrebbero fatto morire Robin, come invece volevo fare e ho fatto io. Ho anche pensato di non farlo più per evitare troppe similitudini col telefilm, ma alla fine ho preferito non cambiare nulla dei progetti originali, spero che questo non vi induca ad abbandonarla.

Come vedete Regina per me ha già stravinto la battaglia con i suoi demoni interiori da tempo.

Non vi chiedo più di farmi sapere i vostri pareri, mi accontenterò di sapere che mi leggete.

Alla prossima!

   
 
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