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Autore: nikita82roma    18/06/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Beckett tornò ad osservare il monitor ancora per qualche istante prima che il dottore dicesse loro che andava tutto bene, dandogli appuntamento dopo un paio di settimane. Gli spiegò, cercando di non allarmarli, che a causa dello stato di Kate il bambino era solo leggermente più piccolo del normale, ma non dovevano preoccuparsi, perché lo aveva messo in conto: il cuore era forte e non presentava alcun tipo di sofferenza e lo sviluppo del feto era nella norma, questo era importante. Ora doveva solo pensare a recuperare energie, mangiare sano e nutriente così anche il bambino ne avrebbe tratto giovamento. Al prossimo controllo sarebbe stata fuori dal periodo critico e avrebbero potuto fare valutazioni più approfondite.
Castle ricordò al dottor Yedlin più volte di stampare le foto del suo bambino, mentre Kate era più interessata a sentire cosa avrebbe dovuto fare prossimamente, non che Rick fosse superficiale, ma aveva la necessità di vederlo e tenerlo con se, per chiedere delucidazioni sulle prossime visite c'era tempo, tanto sarebbero stati lì ancora un po' di giorni.
Il dottore aveva intenzione di trattenere Kate fino alla successiva ecografia, ma alla fine su insistenza di Beckett e dietro sua promessa di assoluto riposo intervallato solo da brevi passeggiate, si convinse a farla andare a casa prima, se gli altri specialisti che l'avevano in cura erano concordi, ma ormai del quadro clinico di Kate era la gravidanza la cosa da tenere più sotto controllo: il cuore non aveva dato più problemi da quando si era risvegliata e le ferite si stavano rimarginando correttamente.

Le avevano comunicato la data delle sue dimissioni: il primo luglio. L'inizio di un nuovo mese avrebbe coinciso con l'inizio della sua nuova vita fuori da lì.
Non vedeva l'ora di poter uscire ma temeva allo stesso tempo temeva questa nuova fase. Sapeva che una volta fuori sarebbe stata invasa da tutto quello che aveva perso e si sarebbe trovata in un mondo nuovo che non conosceva: in fondo quella stanza di ospedale era un bozzolo sicuro dove entravano solo persone che le volevano bene e la facevano sentire protetta filtrando quello che accadeva fuori.
Si sarebbe dovuta riadattare a tutto ed abituare ad un lungo periodo di inattività e questo la metteva a disagio: lavorava da quando era una ragazza e per trovare un lasso di tempo in cui era stata totalmente inoperosa doveva ritornare con la memoria a quando era una bambina e trascorreva spensierata le vacanze estive, solo che ora il tempo sarebbe stato molto più lungo, non sapeva nemmeno lei quanto. Oltre la sua amnesia c'era il bambino e questo le dava scadenze a lungo termine, troppo lungo per lei.
Sia suo padre che Castle, invece, non vedevano l’ora di portarla fuori da lì. Castle, soprattutto avrebbe voluto prenderla e portarla via, il più lontano possibile e non tornarci più, almeno fino a quando non doveva nascere il bambino, sempre che fosse stato necessario. In fondo potevano anche assumere un’intera equipe medica e partorire a casa, avrebbe fatto allestire una stanza come una perfetta sala parto con tutto quello che necessitava e se avesse preferito qualcosa di alternativo come il parto in acqua avrebbe avuto tutto il tempo per organizzarsi: non sarebbe stata una cattiva idea secondo lui, ma si vide bene di esporla a Kate, almeno per ora.
Sapeva bene, però, che sarebbero dovuti purtroppo tornare spesso per controllare le condizioni di salute sue e del bambino.

Non avevano toccato l'argomento "dimissioni", forse per scaramanzia che poi alla fine qualcosa andasse storto e dovessero rimandarla, di imprevisti ne avevano avuti fin troppi.
- Vengo domani mattina presto così appena firmano le tue dimissioni ti porto a casa - le disse Castle mentre era insieme a Jim in camera da Kate mentre radunavano alcune delle sue cose mettendole in una borsa
- Penso che possa venire direttamente papà a prendermi, o hai un'udienza? - chiese Kate rivolgendosi prima a Rick e poi a suo padre, ma suo marito non gli diede tempo di rispondere.
- Perchè tuo padre dovrebbe venire per portarti a casa? Cioè, se tuo padre vuole venire va bene, ma…
- Castle, perchè dato che non ho più una mia casa, per andare a casa sua credo che sia la cosa migliore che mi venga a prendere lui no?
- Katie - intervenne Jim - io e Rick veramente pensavamo che fosse meglio che tu andassi a casa tua, a casa vostra… 
- Ma se tu non vuoi stare lì, troviamo un’altra sistemazione Beckett. C’è sempre la mia suite al Four Season, ci sono due camere, starai bene.
Kate aveva lo sguardo furente. Lo avevano fatto. Di nuovo.
- Voi avete deciso dove devo stare io. Vi siete consultati, avete deciso cosa è meglio per me. Non vi è nemmeno passato per la mente di chiedermi cosa volessi fare io. Cosa credessi fosse meglio per me. No, voi vi siete organizzati, avete pensato a tutto, tranne a parlarne con me. Non sono una bambina, sono in grado di decidere io cosa è meglio della mia vita. Lo devo decidere io non voi.
Rick e Jim rimasero in silenzio subendo la sfuriata di Kate. Entrambi avevano agito pensando a quello che fosse meglio per la donna, sia dal punto di vista pratico che da quello clinico. Avevano parlato anche con il dottor Burke che aveva detto che vivere nel suo ambiente familiare poteva farle bene per accelerare il recupero della memoria, inoltre la casa di Rick disponeva di tutti i comfort e lo scrittore, non avendo un lavoro per il quale doveva sottostare ad orari stabiliti, aveva tutto il tempo ed il modo di prendersi cura al meglio di lei. 
Cercarono quindi di spiegale con tutta calma il loro punto di vista e le ragioni che li avevano portati a ritenere quella scelta la migliore. Quello che però non riuscivano a capire era che Kate non contestava la scelta, o almeno non solo quella, ma il fatto che non era stata interpellata.
Castle uscì dalla stanza, lasciando padre e figlia da soli. Voleva evitare di dire o fare qualcosa di cui si sarebbe pentito. Era demoralizzato. Era convinto che avessero fatto passi avanti, lei sembrava stare bene insieme a lui, perché aveva reagito così male all’idea di tornare a casa? Lui dava scontato che “a casa” volesse dire a casa loro, o in qualsiasi altro posto lei avesse voluto, ma insieme.
Era lui che stava precipitando le cose? Aveva male interpretato certi segnali di lei oppure quella era effettivamente la vecchia Beckett che negava fino allo stremo anche a se stessa ogni cosa che prevedesse cambiamenti emotivi?

Andò a fare due passi fuori dall’ospedale e subito un giornalista gli si fece incontro. Lo aveva già visto un paio di volte, era un amico di Gina che scriveva in uno di quegli odiosissimi tabloid. Castle continuava a camminare, avrebbe voluto accelerare ancora di più il passo, ma ancora il suo fisico non glielo permetteva.
- Signor Castle, è vero che sua moglie soffre di amnesia?
- Per favore, se ne vada
- Pensa che scriverà una nuova storia di Nikki Heat ispirata a questa situazione?
- Le ho già detto di andarsene. - Disse Castle fermandosi di colpo per guardare negli occhi quel ragazzo impertinente mentre gli mostrava tutto il suo disprezzo.
- Oppure questo inconveniente di sua moglie la porterà a porre fine alla saga di Nikki Heat così come aveva concluso quella di Derrik Storm?
A quelle parole Castle non riuscì a rimanere impassibile, soprattutto quel sorriso provocatore che gli mostrava mentre lo importunava colpì nel profondo Rick con la stessa forza con cui lui colpì con un pugno il viso del giornalista che, perso l’equilibrio, era caduto a terra, ma sembrava soddisfatto di aver ottenuto quel pugno, urlando ad un uomo a poca distanza da loro di riprendere tutta la scena.
- Se ti azzardi ad avvicinarti di nuovo a me o a mia moglie ti faccio rimpiangere il giorno che hai cominciato a scrivere. - Gli ringhiò contro Rick.
- Castle, tra poco lei sarà il violento scrittore che aggredisce un povero giornalista. Sarà su tutti i siti internet e domani su tutti i giornali. Le rovino la carriera Castle a lei e a sua moglie! Chissà quanto sarà utile per un capitano di polizia avere un marito violento che va a picchiare chi sta facendo il proprio lavoro!
Non si curò delle sue parole, sapendo però che aveva ragione e quello sarebbe stato un bel problema. I siti scandalistici ci sguazzavano in queste cose. Si convinse che quella era tutta opera di Gina, chi altro avrebbe potuto dire dell’amnesia di Kate? Nessuno lo sapeva al di fuori dell’ospedale tranne la famiglia e gli amici più stretti, nemmeno al distretto avevano voluto che la notizia circolasse. Poteva essere stata solo lei che, dopo aver ricevuto le comunicazioni del suo avvocato, aveva deciso di vendicarsi. Se non potevano avere loro i benefici della popolarità di Richard Castle non li doveva avere nessuno, quindi non era un problema infangare la sua immagine. Lui, però, aveva problemi molto più grandi a cui pensare di quanto la sua immagine pubblica fosse pulita o meno, l’unica parte di se che gli interessava curare era quella che doveva vedere Kate.

Tornato dentro chiese ad una delle infermiere del reparto se potevano controllare la sua mano: ancora non aveva imparato a dare pugni come si deve ed era molto indolenzita. Gli applicarono un gel e poi gliela fasciarono non senza fargli una ramanzina sul fatto che proprio non riusciva a stare lontano dai guai.
Quando tornò nel corridoio trovò Jim ad aspettarlo che gli disse di andare a parlare con Kate.
Lei era in piedi vicino alla finestra, guardava fuori e non si era nemmeno voltata per vedere chi fosse: le si avvicinò rimanendo qualche passo indietro senza dire nulla.
- Castle, lo so che sei lì.
- Come…
- Dal profumo Castle. Ti ho riconosciuto dal profumo.
Silenzio ancora.
- Kate… Se vuoi andare da tuo padre per me va bene. Cioè no, non va bene, nel senso che preferirei che stessi a casa nostra, ma se vuoi questo, ok. Se pensi che lì puoi essere più serena, lo accetto. Però permettimi di venirti a trovare ogni giorno come faccio qui e di prendermi cura di te. Non sparire, non escludermi mentre affronti questo percorso. Ti chiedo solo questo, so che magari per te è anche troppo, ma per me è veramente il minimo. - Le disse tutto di seguito senza darle tempo di rispondere e non poteva vedere il sorriso beffardo di Kate nel sentirlo parlare.
- Vengo a casa con te Castle.
- Ok, ti accompagnerò io da tuo padre. - Si era talmente convinto della sua idea che non processava nemmeno quello che le stava dicendo.
- Castle, quale parte di “vengo a casa con te” non ti è chiara? Non vado da mio padre. Sempre che tu non abbia cambiato idea.
- Io… io… no! Certo che no! - Si voltò a guardare il sorriso da bambino sul volto di Castle.
- A delle condizioni però. - Precisò severa perché lui l’ascoltasse e la prendesse sul serio.
- Tutto quello che vuoi Beckett!
- Non dormiremo insieme, mi dovrai lasciare i miei spazi e la mia privacy, non dovrai trattarmi come una bambina nè mettermi sotto una campana di vetro.
- Mi sembrano richieste ragionevoli.
- Lo prometti?
- Prometto che ci proverò. Non ti preoccupare, casa nostra è grande, avrai tutto lo spazio e tutta la privacy di cui hai bisogno, anche con Martha ed Alexis.
- Grazie Castle. - Gli disse appoggiando una mano sul braccio sinceramente riconoscente - Comunque non sono tua madre e tua figlia che mi preoccupano, ma tu!
Kate fece scivolare la mano dal braccio si Rick fino a raggiungere la mano fasciata dello scrittore. La sollevò per vederla meglio
- Questa cosa vuol dire Castle? - Si stava per beccare una ramanzina da Beckett, lo sapeva.
- Ho dato un pugno ad un giornalista troppo insistente. - disse come un bambino che confessava alla mamma che aveva fatto a botte con l'amichetto al parco.
- Perchè?
- Mi faceva domande su di te
- Su di me?
Si sedettero sul letto e Castle le spiegò brevemente di Gina, sua editor nonché ex moglie numero due, dei loro dissidi e del fatto che stava valutando la ormai ben più che reale possibilità di cambiare casa editrice e che era convinto che lo avesse avvisato lei.
- Ma cosa c’entro io con i tuoi libri?
- Volevano sapere se quello che ti è successo influenzerà il prossimo libro di Nikki Heat o se chiuderò la serie come con Storm.
- Chi è Nikki Heat, Castle?
In quel momento Rick realizzò che tutta questa parte l’aveva praticamente saltata. 
- Ecco… Nikki Heat è… è la protagonista della mia nuova saga, un’affascinante detective di New York. È il personaggio ispirato a te. - Kate aprì la bocca per parlare ma non le uscì nemmeno una parola. Richard Castle, quello che fino a poco tempo prima lei considerava solo come il suo scrittore preferito, quello per il quale aveva fatto ore di fila per farsi autografare un libro, quello di cui aveva tutta la collezione dei suoi libri, lui, insomma, aveva scritto una nuova serie basata su di lei. Poi era anche suo marito, ma come sempre questo faceva finta di dimenticarlo e al momento le sembrava quasi secondario al fatto che lui aveva scritto di lei.
- Kate? Tutto bene?
- Sì, cioè, no! Tu hai scritto una serie ispirandoti a me?
- Esatto. Era il motivo per il quale all’inizio, ma solo all’inizio, ti seguivo nei tuoi casi. Dovevo avere la giusta ispirazione per creare il personaggio di Nikki.
- Nikki Heat, Castle? Sul serio? - Kate ancora doveva riprendersi dallo shock
- Non ti piace? 
- No! È il nome di una spogliarellista!
- Uffa! - Sbuffò Castle. Gli aveva detto di nuovo la stessa cosa!
- Io ero d'accordo con questo nome?
- Ehm no!
- Lo vedi Castle? Certe cose non è necessario ricordarle!
Rick aveva preso il suo smartphone e le stava facendo vedere orgoglioso tutta la collana di libri di Nikki Heat.
- Sono un successo enorme Beckett, il personaggio di Nikki Heat piace a tutti, tu piaci a tutti!
Kate fece finta di non sentirlo. Lei odiava essere al centro dell’attenzione, figuriamoci essere la moglie ispiratrice delle opere del marito.
- E queste copertine? - Disse scorrendo le immagini velocemente. 
- Belle vero?
- Nuda!
- Come sei difficile! Non sei nuda! E poi non sei tu, è una sagoma! - Rick si stava divertendo tantissimo nel vedere il suo imbarazzo
- Quindi questa Nikki Heat sarei io?
- No è un personaggio ispirato a te. 
- E  questo… Jameson Rook è ispirato a te? - Disse leggendo la scheda su wikipedia
- Più o meno...
- Raley e Ochoa sono Rayan ed Esposito… Parry è Lanie…  - continuava a leggere dal telefono di lui schede e recensioni 
- E quanto c'è di vero e quanto di tua fantasia in quello che hai scritto?
- A cosa ti riferisci?
- Lo sai a cosa mi riferisco! La pagina 105 molto “hot” che citano in tutte le recensioni! Guarda… - Disse facendogli leggere le recensioni su Amazon del libro ed indicandogli tutte le volte che veniva citata quella pagina con quella scena molto “hot”.
- Ah a quello... Beh... Fino al terzo libro c'era molta mia fantasia, immaginazione, poi dopo la realtà è stata decisamente migliore! - Ammiccò e lei alzò gli occhi al cielo e poi li chiuse per un attimo scuotendo la testa.
- Quindi tu mentre noi eravamo… com'è che dici tu? Partner, tu immaginavi me con te a fare... 
- Lo facevi anche tu! - Provò a discolparsi lui
- Cosa facevo io?
- Immaginavi di te con me a fare… 
- Non ci credo Castle! Non cambiare discorso! E se anche fosse stato vero io non l’ho mai scritto o pubblicato per far leggere le mie fantasie a tutti! - Si morse il labbro rendendosi conto che aveva detto qualcosa che poteva essere interpretato a suo sfavore da Castle.
- Quindi ammetti che tu puoi aver pensato certe cose con me! Cioè, che è una cosa che potresti fare… - Rick non si lasciò sfuggire la possibilità di punzecchiarla
- Castle, non parteciperò al tuo giochino! E comunque non ho sicuramente fatto nessuna fantasia su di te.
- Perchè non pensi che io ti possa piacere in quel senso? Eppure… - La guardò con malizia e lei volse lo sguardo altrove. Quel discorso stava prendendo pieghe inaspettate. Lei voleva mettere in chiaro le norme della loro futura convivenza ed ora parlavano di possibile attrazione sessuale.
- No, cioè, sì… - Si stava incartando di nuovo mentre Castle la guardava molto soddisfatto - Non è questo il punto. Io non ho mai fatto quello che dici tu. Discorso chiuso - Riacquisto sicurezza e compostezza.
- Me lo hai confessato tu tanto tempo dopo! È vero Beckett! - L’espressione da bravo bambino innocente poco si addiceva sia a Rick che a quella conversazione, eppure lui era del tutto immedesimato nella parte che poteva anche sembrare credibile.
- Impossibile!
- Mi devi credere!
- Castle io non ti credo! Ma sarà meglio per te che tu abbia ragione perché quando ritroverò la memoria e scoprirò che non è così sarà peggio per te. - Lo minacciò continuando a tenere il punto. Si stava divertendo a battibeccare con lui, ma era un’altra di quelle cose che avrebbe tenuto per se.
- In tal caso, non vedo l'ora...
- Castle tu... Tu non hai idea... 
- Beckett ora sì, ora ho idea. Di tutto. - La guardò ammiccando.
- Castle sei insopportabile lo sai? - Gli disse quasi arresa al fatto che era impossibile vincere in quella gara contro di lui.
- Lo so, ma ti piaccio così! - Le fece la linguaccia e si mise a ridere.
Kate si girò di scatto per prendere un cuscino e tirarglielo, ma il suo gesto fu troppo avventato ed avvertì una fitta proveniente dalle ferite. A Castle non sfuggì la sua espressione, smise subito di ridere e giocare e si spostò più indietro e la abbracciò facendo appoggiare la schiena di Kate al suo petto.
- Sai come ti ho sempre chiamato? - Il tono di Rick era cambiato improvvisamente. Era diventato basso, calmo e dolce mentre le parlava con il mento delicatamente appoggiato sulla sua spalla. - La mia musa, anche se a te non piaceva tanto nemmeno questo all’inizio. Eri difficile Kate Beckett, mi hai dato tanto filo da torcere.
Kate sorrise, lasciandosi cullare dalle braccia di Rick. Come faceva ad essere così diverso nel giro di pochi minuti? Dal bambino dispettoso di poco prima si era trasformato in un uomo premuroso che la faceva sentire protetta.
- Perchè hai ucciso Storm? - Gli chiese sinceramente curiosa. Aveva finito di leggere l’ultimo libro la sera prima e le dispiaceva che quella saga fosse conclusa. L’aveva amata ed era stata la sua compagna di molte sere in solitudine a casa.
- Mi annoiava. Non era più divertente scrivere di lui. Sono stato tanto tempo senza scrivere più nulla, senza avere l’ispirazione. Poi quando hai fatto irruzione nella mia vita portandomi via da quella noiosissima festa ho capito che eri quello di cui avevo bisogno. Ho ricominciato a scrivere come non facevo da anni, ero pieno di idee. La saga di Nikki Heat è stata un successo grandioso e tutto per merito tuo. 
- Così mi imbarazzi Castle.
- È la verità. Forse se non ti avessi incontrata non avrei mai più scritto una riga in vita mia, ma di tutte le cose che potevano avere una piega diversa sarebbe stata la meno grave. Questi otto anni sono stati i più incredibili della mia vita, anche tutti quelli passati a cercare di farmi strada nel tuo cuore.
Si appoggiò un po’ di più sul suo petto, rilassandosi mentre lui rimaneva immobile per non interrompere quel momento. 
- Grazie Castle.
- Di cosa?
- Di essermi stato vicino in queste settimane.
- Lo farò sempre Kate.
   
 
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