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Autore: kissenlove    18/06/2016    2 recensioni
Quando Amu, giovane ragazza sedicenne viene "costretta" a sposare un "bel tipo" - come lo definisce lei, chiamato Ikuto, tutto ciò che desidera è uscire viva da quella situazione incresciosa. Stare con uno sconosciuto le sembra paradossale, condividere la casa, il letto, la vita intera, ogni cosa.. ma nulla si dimostrerà semplice sopratutto quando capirà che..
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                        Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                    capitolo 3



Mi avete chiesto di trovare un po’ di tempo per continuare questa storia, ed eccomi qui, anche se mercoledì 22 farò un tantino tardi e quindi non aggiornerò. Comunque continuerò prestissimo, non vi dovete assolutamente preoccupare. Sto rivedendo le puntate di Shugo Chara mentre scrivo, specialmente la seconda stagione quando Ikuto è per la milionesima volta in casa di Amu senza che i genitori lo sappiano. Io adoro AMUTO, chi tifa loro deve assolutamente commentare questa storia. 
Ci conto, ringrazio come sempre i miei fan affezionati Blue_Passion e TimeStrangeRey
Vi adoro! Continuate a seguirmi, anche se per colpa dei miei ritardi sono molto altenelanti. ►



Un’ora... una sola ora con lui poteva essere un giro nell’inferno oppure salire in paradiso, per me era più la prima, lo detestavo con tutta me stessa, o almeno cercavo di detestarlo. La cena in realtà fu decisamente insopportabile, ci raggiunsero poco dopo i familiari di Ikuto, molto simpatici sopratutto la sorella, lui invece era l’emblema della sua perfezione di strafottenza al limite dell’indicibile. La madre di Ikuto, Ayu, era così gentile e premurosa nei miei confronti, il tipo di madre che avrei voluto, visto che la mia decise di abbandonarci quando comprese che il ruolo di madre e moglie non le era mai andato a genio. Non vi erano dubbi che Ikuto tenesse molto a lei, lo si capiva dal modo in cui si guardavano con dolcezza. Ikuto cambiava totalmente con lei, diventava un’altra persona, ma nonostante questo continuavo ad odiarlo con tutta me stessa. Se non ci fossimo trovati in questa situazione così disperata avrei provato lo stesso odio smisurato di ora? Be’ sinceramente non sono poi tanto sicura che questi sentimenti sarebbero mutati, odiavo il modo in cui si faceva continuamente beffe di me. Utau la sorella di Ikuto di un anno più piccola si era rivelata un’ottima amica e confidente, andavamo molto d’accordo, ci parlavamo apertamente, cercavamo di fare conoscenza visto che saremmo presto diventate non solo amiche, ma anche “cognate” molto probabilmente tra un solo mese. Mi ricordava molto la mia amica Nadeshiko. Era partita qualche anno fa per l’Inghilterra per studiare danza, era il suo grande sogno e io da buona amica non avevo potuto far altro che vederla andare via nonostante avvertissi la malinconia stritolarmi in una morsa il cuore.
Avrei tanto voluto che Nadeshiko tornasse così almeno avrei potuto parlarle della situazione e riuscire a risolverla, insomma.. avevamo fatto sempre tutto insieme, ora senza di lei mi sentivo sola, abbandonata e completamente smarrita in me stessa. Che pasticcio!
Mia nonna trascorse la maggior parte della cena chiacchierando con Ayu e Yoshi, i genitori di Ikuto, i miei futuri suoceri mentre mio padre intratteneva una piacevole conversazione con il futuro genero, sembravano essere molto in sintonia sulle questioni maschili di cui stavano discutendo, mentre io sembravo presa nel mio mondo di ricordi, intrappolata costantemente nella regnatela che qualcuno ha intessuto, quel qualcuno era mia nonna.. era lei che mi aveva infilato in quella situazione davvero raccapricciante. Anche con i posti aveva progettato tutto lei: Utau era stata disposta di fronte a me, nonna stava accanto a lei, mio padre invece accanto alla madre di Ikuto, mentre io avevo il piacere incommensurabile di stare appiccicato a lui pure a tavola. 
Quando finimmo anche il dessert restammo tutti seduti intorno al tavolo a chiacchierare con gli argomenti più disparati quando improvvisamente senza che me ne rendessi conto Ikuto appoggiò e fece scorrere una sua mano verso la mia gamba destra. Quando avvertii la sua mano poggiarsi sulla mia pelle sussultai un momento e abbassai lo sguardo. Ikuto strinse ancora di più, rialzai il volto e incontrai il suo. I suoi occhi profondi mi guardavano, fondendosi con i miei color caramello, mentre sul mio volto si espandeva un timido rossore. Il suo tocco scatenò dentro di me un fluire ininterrotto di emozioni, di sentimenti contrastanti, riuscì a trasmettermi delle scariche così forti, che partirono dai piedi fino ad arrivarmi alla testa percorrendo tutto il mio corpo, triplicando lo strimpellare del cuore creando un concerto che mai mi sarei aspettata. Colpii la sua mano cercando di allontanarla, ma lui non demordeva, continuando a tenermi la coscia con una sicurezza incrollabile ben visibile nei suoi occhi misteriosi. 
— Ikuto! — gli urlai sdegnata, esortandolo a darci un taglio coi sentimentalismi. — Cosa cerchi di fare? 
— Dovresti abituarti a tutti questi sentimentalismi confettino, dopotutto tra meno di un mese saremo sposati, ricordi? E un marito fa questo e molto altro per la sua consorte. — rispose, spostandosi con tutto il suo peso verso il mio collo per lasciarvi un bacio, per poi ritrarsi. Capire il gioco di un’idiota era impensabile. 
— Oh... - sospirò mia nonna finendo di annoiare Utau. — Guardateli, sono davvero meravigliosi insieme, formano una bellissima coppia, non credi anche tu Utau cara? —
La sorella di Ikuto ci guardò, poi ritornò a fissare la nonna. 
— Penso che Amu sarà un’ottima compagna per il mio fratellino, purché non la faccia soffrire. 
Ikuto non voleva fare nulla con me questo mi era chiaro. Aveva le sue tattiche da maniaco, idiota, cetriolo... voleva sembrare un compagno perfetto, provare interesse per me, così quando avremmo finito la pantomima avrebbe capovolto la situazione a suo vantaggio con tutti quanti apparendo la vittima, mentre io il suo carnefice. Non gliela avrei mai data vinta, se lo poteva scordare, non avevo paura di lui. 
Ci alzammo dalla tavola per trasferirci nell’altra stanza, e chiudere quella serata ormai al limite dell’insopportabile. Mentre Ikuto veniva sequestrato dal braccio di mio padre, io rimasi ad aiutare a sparecchiare e riporre ogni cosa al suo posto insieme a Utau, che colse l’occasione per manifestarmi i suoi dubbi sulla convivenza con suo fratello. Utau si sporse per recuperare i piatti, mentre io i bicchieri, e proprio in quel momento mi si avvicinò stringendomi il braccio: 
— Amu. 
— U-utau? — la guardai sospendendo il lavoro. — Cosa c’è? 
— Niente, Amu. Volevo solo chiederti di stare attenta, io amo molto il mio fratellino ma lui non è come sembra. Lui non è assolutamente un ragazzo facile, anzi è un vero e proprio problema. — mi disse. 
— Utau.. sai benissimo che io e tuo fratello non siamo fatti per stare insieme. Non ci sopportiamo. Non ci vogliamo assolutamente bene, sicuramente saremo cane e gatto una volta sposati. Io infatti non ho alcuna intenzione di sposarlo
Utau spalancò le iridi, non mi credeva così coraggiosa, forse era convinta che io fossi come tutte le altre, che finissi abbagliata dalla sua bellezza smisurata, non potevo non ammettere che appena lo avevo visto tutte le mie certezze erano crollate e il mio odio non aveva avuto il sopravvento, ma adesso stavo provando con tutta me stessa a resistere, resistere per liberarmi di lui. Ma lo volevo davvero? Volevo davvero liberarmi di lui? 
— Non sarà così semplice scappare da questo matrimonio in cui sei stata intrappolata. Gli adulti decidono quello che più fa comodo a loro, noi dobbiamo solo sorbire in silenzio le conseguenze delle loro decisioni. —
Utau mi sorrise per alleggerirmi il peso che mi portavo dentro, ma esso non accennava a svanire per quanto mi sforzassi. — Non mi interessa proprio per niente. Nessuno può decidere per me
—Mi dispiace Amu che ti sia toccato in sorte quel rompiscatole di mio fratello Ikuto. Anche se è veramente insopportabile in realtà è molto dolce e gentile. Dipende da quale punto di vista lo conoscerai. 
Utau sorrise debolmente stringendo le mie braccia. Continuammo a fare ordine e quando finimmo ci toccò tornare in salotto, dove tutti ci stavano aspettando. Dopo quello che mi aveva detto Utau ero ancora più arrabbiata con mio padre e con mia nonna, come avevano potuto scegliere per me il ragazzo che avrei dovuto sposare? Diamine, non è possibile non avere proprio il controllo della mia vita accidenti
Mi avvicinai a mio padre che stava ancora parlando con Ikuto, e posi le mani sui fianchi. 
— Ipocriti! Non avevate il diritto di scegliere chi avrei dovuto sposare! Come hai potuto papà, ci sei già passato tu, perché non hai fatto assolutamente niente per riuscire a convincere la nonna, anche tu sei come lei, e vuoi la mia infelicità! — urlai, mentre Ikuto guardava altrove perso in non si sa quali pensieri. 
— Amu Hinamori modera il linguaggio, abbiamo ospiti. Questo non è il modo che si addice a una futura moglie...— mi rimproverò mia nonna, balzando in piedi come una molla. 
— Tesoro, sai già che questa non è una mia idea. Ci ho provato a tirarti fuori da questa situazione, sai benissimo che ci ho provato, voglio solo il meglio per te... per questo ho scelto Ikuto. Mi dispiace. — disse mio padre sull’orlo di un pianto disperato. Ci teneva a me, forse avrei dovuto controllarmi perché Ikuto continuava a guardarmi come se avessi detto una stupidaggine delle mie. 
— Non ti credo! Sei solo un debole. Ti prego lasciami sola, e non provate a seguirmi! — e detto questo mi precipitai fuori da quella casa che mi stava incastrando, mi stava imprigionando. 
Chiusi la porta sperando di poter stare da sola, prendere i miei spazi senza Ikuto tra i piedi. Ero solo una ragazzina, e volevo fare le cose normali che si facevano a quest’età, ma ormai non avrei potuto più farlo. 
Sentivo già il sapore amaro della delusione di quando sull’altare avrei rinunciato alla mia libertà, alla mia adolescenza, a tutto ciò che non avrei potuto fare con un marito per un anno intero, che mi sembrava un’eternità. Camminai piano oltre il viale della casa di mia nonna, l’aria era fresca e frizzante e mi entrava piano nei polmoni. Mi fermai sedendomi sul marciapiede, e abbastanza lontana da occhi indiscreti gettai via il mio scudo di superiorità e cominciai a sentirmi debole, mentre le lacrime rigavano le mie guance. Avvicinai i pugni chiusi per asciugarmele, e restai immobile a guardare i lampioni che lentamente prendevano ad illuminare la zona desolata. Vidi un’ombra stagliarsi sulla mia figura accucciata, e delle mani posarsi sulle mie spalle, non fu difficile capire di chi si trattasse, ma non avevo bisogno della sua ridicola consolazione. 
— Ikuto.. — mormorai fra le lacrime, stringendo le braccia intorno alle gambe. — Lasciami stare. 
— Non posso, confettino. Se stai male tu, sto male anche io. — ribatté lui.
— Non ho né il tempo, né la voglia di starti a sentire. Vattene dentro, per favore! 
— Non ubbidisco mai. — fece lui. — Torniamo dentro. Tua nonna è su tutte le furie, e mi ha chiesto di convincerti a rientrare.
— Sprechi fiato. Non ci rientro lì dentro, in quelle quattro mura, è fuori discussione. — scossi la testa. 
— Va bene... allora se non ti dispiace, non voglio essere colpevole perché ti sei presa un bel malanno. Ti ci porto a casa io. 
Mi voltai a guardarlo. — D’accordo ma questo non significa affatto che mi piaci. 
Ikuto fece un sorrisetto. — Ovviamente no confettino, tu in realtà mi ami. 
Era ritornato a fare lo stupido con me, insopportabile, aveva ragione Utau: Ikuto non sarebbe mai cambiato.
— Sei troppo sicuro di te stupido, non solo non ti amo, non mi piaci, non sei una mia scelta, ti odio mettitelo in testa una buona volta. — gli diedi un leggero colpetto sul braccio. 
— Calmati confettino, stavo scherzando. — fece un sorriso mentre con le sue braccia mi rialzava dal cordone del marciapiede e mi rimetteva in piedi, stringendomi nuovamente al suo petto muscoloso. Mi portò verso la sua macchina parcheggiata nelle vicinanze, e mi aprì la portiera: — Prego. 
— Grazie.. Ikuto. — mi tenne la portiera aperta finché non mi sedetti sul sedile morbido e confortevole del suo bolide. Anche lui fece il giro ed entrò, trascinandosi dietro la portiera silenzioso. Accese il motore e partimmo verso casa accompagnati dal buio più profondo. Il viaggio fu particolarmente silenzioso. Ikuto era serio e concentrato con gli occhi alla strada dinanzi a noi e le mani rigide sul volante, io mi godevo il misterioso spettacolo degli alberi smarriti nell’oscurità da un finestrino semi-aperto da cui proveniva un piacevole venticello. Spostai lo sguardo verso lui, notando quanto fosse carino quando era serio e non sbruffone come poco fa, ma non appena si accorse del mio interessamento feci finta di nulla e tornai al passatempo di prima. Guardare la natura mi aiutava a smembrare tutte le mie paure e materializzava dentro di me una pace che non avevo mai trovato. Quando arrivammo fuori casa mia, dopo un’ora di sguardi fuggitivi e parole vuote restai delusa, non perché mi mancava la presenza di Ikuto, ma perché la macchina in quel momento sembrava abbastanza sicura e rassicurante per poter scappare via da ogni problema. Accostammo vicino al marciapiede dinanzi la mia casa e spense la macchina. 
— Grazie molte per avermi portato a casa. Non ce la facevo più a stare lì dentro, è stato il peggior compleanno di tutta la storia. — sorrisi debolmente.
— É stato un piacere, confettino. — tornò a prendermi in giro. 
— Smettila di chiamarmi in questo modo, Ikuto. Forse dovrei rimangiarmi quel “grazie”. 
— Presto sarai mia e ti chiamerò in qualunque modo vorrai. — feci una smorfia per poi aprire la portiera. 
— Davvero non c’è una via d’uscita? Dovremo sposarci... anche se non ci amiamo, se non ci sopportiamo, perché io non ti sopporto Ikuto. 
— Credo di no, Amu. Deve sembrare che ci stiamo provando ad essere felici prima di chiedere il divorzio. — si portò una mano tra i capelli scuri spostandoseli piano. — Ma fino a quel momento può essere che ti innamorerai veramente di me, allora mi implorerai di restare al tuo fianco chi lo sa? Può succedere.. 
Nei sogni la principessa non si innamora dell’orco ma del principe in sella al suo cavallo, forse dovevo aspettare prima di definire Ikuto una persona spregevole, forse aveva qualità fin troppo nascoste che mostrava solo alle persone che voleva lui, forse.. una di quelle sarei potuta essere io, ma probabilmente erano solo mie stupide supposizioni come del resto i miei stravaganti pensieri su me e lui. Chiusi la portiera. 
— Ti piacerebbe, Tsukiyomi! 
— Sì... ammetto che una come te non è un cattivo tipo per me, non devo poi aspettare così tanto per averti tutta per me, mogliettina mia. — mi voltai verso la porta principale, era talmente fastidioso che guardarlo in faccia mi sarebbe addirittura costata cara la vista. Per renderlo felice scossi semplicemente la testa e dopo aver cercato la chiave nella borsa aprii la porta, un colpo di clacson e lui sparì nel nero della notte. 
Una volta entrata nel corridoio di casa tolsi le scarpe, mi piaceva camminare a piedi scalzi, mi rilassava, presto avrei dovuto dimenticare i miei illogici comportamenti e diventare matura per Ikuto, per il mio futuro marito, quella parola che mi lasciava solo l’amaro in bocca. Mi incamminai verso la mia camera, e non appena vi entrai scoprendo il disordine che avevo lasciato prima di uscire i miei occhi si spalancarono. Era abbastanza tardi per fare grandi pulizie, ma questo mi avrebbe aiutato a rimuovere dalla mia coscienza l’immagine di quello che era accaduto poco fa, la promessa matrimoniale e l’anello che era come una pugnalata ogni volta che mi guardavo il dito. Sfilai via il vestito rosso e lo aggiustai sulla gruccia, che riposi nell’armadio indossando un pantaloncino in cotone e una t-shirt larga. Legai i capelli rosa in un disordinato chignon e mi struccai infilandomi immediatamente nella coltre di coperte tanto che ricordavo un sarcofago egiziano. Recuperai il telefono e vittima di un colpo di insonnia inviai un messaggio a Yaya, una dei miei amici, insieme a Tadase, Kukai, Rima, il gruppo dei guardiani che formammo alle elementari. 
   Ragazzi, aiutatemi per favore. Quello che più temevo si è concretizzato, dovrò sposarmi...
       sapete con chi? Con Ikuto Tsukiyomi! Non so che fare per uscire da questa brutta situazione. 
                Devo vedervi. Facciamo domani al Royal Garden? 
                                               Amu.


Posai il cellullare sul comodino e mi tirai le coperte fin sopra al naso per riuscire a ritrovare la voglia di cadere nelle braccia dello sperduto Morfeo. Proprio mentre mi stava conducendo in uno dei miei sogni più belli il cellulare emise una lieve vibrazione, e pensando che Yaya mi avesse risposto lo presi felice, ma purtroppo non era la persona che speravo, no. Era... Ikuto, lui di nuovo dopo che ci eravamo salutati. Perché non mi lasciava dormire quel ragazzo? Avevo bisogno di dormire per ritemprare lo spirito. Era cattiva educazione non rispondere. Accesi il display e lessi il messaggio:
                           
         Amu, anzi confettino... oggi è stato molto divertente. 
         Mia madre mi ha confermato che domani dobbiamo fare qualche compera per il matrimonio e ci vuole entrambi presenti, visto che si tratta di noi due. Dimmi che ci sei. 
Dopotutto sarà un evento straordinario, confettino... sono sicuro che lo amerai proprio come ami me.
                                                                  Ikuto, con amore.


Perché non andava al diavolo, lui e il matrimonio pure. Forse non aveva capito... non avevo intenzione di sposarmi con il re degli stupidi e passare uno spaventoso anno in sua compagnia. Lui invece parlava di sposarci e in un secondo momento lasciarci, era fuori del tutto, potevamo mai stare insieme senza avere rapporti, senza provare passione l’uno per l’altra, saremmo riusciti a resistere tutto quel tempo? Credo proprio di no. Vidi il numero e misi in chiamata, per ascoltare la sua voce calda e profonda? No, per cantargliene quattro a quel gattastro pervertito. Due squilli, cadenzati dai battiti del mio cuore, e infine la sua voce, ancora più profonda di come l’avevo sentita poco fa. 
— Confettino, che onore con questa telefonata.. 
— Nessun onore, onore... tu nemmeno sai cos’è, ma ti chiamavo per sapere.. come hai il mio numero? 
Nessun rumore o respiro, speravo che non avesse riattaccato per la miseriaccia. 
— Questo non posso dirtelo, è un segreto professionale. Domani vieni con noi, vero?
Sembrava un bimbo che chiedeva alla mamma di comprargli le caramelle, ma secondo me era la sua ennesima tattica di convincermi a fare ciò che più non volevo: partecipare a quella pantomima. 
— Ho altri impegni per domani. — tagliai corto. 
— E dove devi andare? Qualcosa più importante a quanto pare del tuo futuro marito. 
— Mi vedo con gli amici. Tu a quanto pare sei un asociale, vero? 
— Preferisco stare solo. 
— Come i gatti, Ikuto. 
— Uhm.. sì, ma accetto la buona compagnia sopratutto la tua. 
— Forse in un’altra vita sei stato un imbecille e anche un gatto. Comunque, vai da solo. Tua madre ha buoni gusti, sceglierà sicuramente la cosa più giusta per quella cerimonia. 
— Insignificante? Sveglia confettino, sarà il giorno più bello delle nostre vite legate per sempre. 
Sbuffai. — Mi dispiace, ma non attacca. Ti ho chiamato solo per mettere in chiaro che non verrò. 
Ikuto sospirò dandomi l’impressione di essere rimasto deluso, ma a me non importava partecipare allo shopping, quanto invece vedermi con Yaya e gli altri domani al Royal Garden. 
— Buona notte, Ikuto.
— Amu! — mi bloccò lui mentre stavo per premere il tasto rosso. — Ti troverò confettino, in qualunque posto perché tu domani verrai con me, e non si discute. Verrò a prenderti, quindi sii presentabile. 
— Sei tosto, Ikuto. Non ci vengo! 
— Ti convincerò, ora.. dormi bene e sognami. 
Risi. — Allora... sarà uno dei miei incubi peggiori, Tsukiyomi. 
— Ci vediamo domani, confettino. — e prima che potessi rimproverargli di nuovo questo lui attaccò. 
Questo ragazzo che mi avevano trovato era un vero e proprio mistero, ma per quella sera ero troppo stanca per iniziare a decifrarlo. La cosa era rinviata a domani, a quando avrei discusso con gli altri sul da farsi, speravo solo che Ikuto si sarebbe convinto che era tutta un’enorme buffonata, che con questo matrimonio forzato non avremmo vissuto in un sogno, ma con gli incubi, gli incubi di non sentirci in sintonia. Io non ero affatto in sintonia con lui, lui era troppo diverso, troppo strafottente, troppo idiota, troppo tutto, mentre io non ero altro che una ragazzina che voleva godersi la vita, e mentre la mia mente ripescava questo ragionamento Morfeo mi avvolse in una bolla di piacere e annullò ogni cosa. 
                                            






 
   
 
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