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Autore: nikita82roma    19/06/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Luglio era arrivato portando con se un carico di afa che durante il giorno rendeva anche difficile respirare. Avevano posticipato le dimissioni di Kate di 24 ore: nell’ultimo controllo, la sera prima del giorno preventivato, avevano riscontrato uno scompenso pressorio, probabilmente dovuto alla tensione per le dimissioni, ma volevano essere certi e monitorarla il giorno successivo. Tanto era bastato per far agitare oltremodo Castle che aveva visto saltare tutti i suoi progetti ed aveva insistito per passare tutta la notte con Kate in ospedale. A nulla erano servite le proteste della donna e le rassicurazioni dei medici. Lui doveva stare lì. Punto.
Dato che era inutile parlarci o provare a fargli cambiare idea, alla fine acconsentirono e lui passò la notte lì, su quella sedia. Dormì un po’, ma poco. La maggior parte del tempo la trascorse guardandola dormire. Ripensò a quante ore aveva passato così nelle settimane passate, quando lei non riprendeva conoscenza a parlarle, a sperare e a pregare. Quando dormiva era sempre la sua Kate: la posizione sul cuscino, come teneva le mani, la bocca leggermente socchiusa, le piccole smorfie quando sognava. Allungò un braccio mentre dormiva che andò ad adagiarsi sul vuoto, ricadendo dal bordo del letto: Kate fece una smorfia, ma non si svegliò. Rick conosceva bene quel gesto, inconsapevole, che sua moglie faceva tutte le notti. Era quando si avvicinava a lui, appoggiava la mano sul suo petto e la testa sulla sua spalla, poi continuava a dormire mentre lui la stringeva a se. “Io ci sono da qualche parte nei tuoi ricordi… devo solo trovare il modo di uscire fuori da dove mi hai rinchiuso” Pensò Rick mentre si lasciava vincere dal sonno per quelle ultime ore in ospedale.

Kate la mattina si svegliò inconsapevole di tutti quei pensieri notturni di Castle. Aveva dormito bene quella notte, nonostante l’idea che lui fosse lì a guardarla dormire la inquietava ma, paradossalmente riusciva anche a tranquillizzarla. Erano due sentimenti contrastanti che pensava non potessero coesistere eppure era così. La inquietava il fatto di sapere che lui la osservava quando era completamente indifesa, ma sapere che lui vegliava sui suoi sogni la faceva riposare meglio.
Ma il suo risveglio non fu altrettanto buono come il sonno. Le nausee erano più forti e si erano aggiunti anche dei giramenti di testa. Proprio un bel modo per cominciare quella giornata ed aveva anche paura che vedendola così non l’avrebbero fatta uscire. Era sola, Castle doveva essere uscito da poco a parlare con qualche medico, sentiva il suo profumo ancora nell’aria, gli piaceva solitamente quel profumo, ma quella mattina gli dava fastidio come qualsiasi altra cosa. Si sedette sul bordo del letto, sperando che la posizione più eretta la facesse stare meglio.

Non fu così. Quando Castle rientrò con i soliti caffè non e la vide cominciò a chiamarla allarmato. Kate riuscì a malapena a fare qualche mugolio dal bagno dove era ripiegata sul water in una posizione che le procurava non pochi fastidi alle cicatrici. Rick abbandonò i caffè e si avvicinò alla porta del bagno, indeciso se invadere la sua privacy oppure no, ma la porta era rimasta spalancata e vedendola così affaticata non si fece ulteriori scrupoli, si avvicinò a lei, le raccolse i capelli in una sua mano e la sostenne, nel senso letterale del termine ma non solo. Lei protestò appena. Non voleva farsi vedere così, da nessuno, ancora meno da lui, ma non era nella condizione di permettersi di rifiutare il suo aiuto. Solo un’altra volta le era capito di avere delle nausee così forti, ma lui non c’era e non l’aveva vista. Era stata un’infermiera ad aiutarla e poi aveva totalmente minimizzato quanto era accaduto. Aveva letto che passate le prossime settimane poi sarebbe dovuta stare meglio e le nausee diventare meno frequenti se non addirittura sparire: ci sperava.
- Come ti senti? - Le chiese non appena si rimise in una posizione eretta mentre le tamponava il viso con un asciugamano, era visibilmente teso e preoccupato.
- Meglio, grazie Castle. Lo sai vero che se sto così è colpa tua? - Gli disse sorridendo per quanto riusciva, cercando di sdrammatizzare la situazione, ma lui non colse la sua battuta e la guardava ancora più preoccupato
- M…mia? Cosa ho fatto? - Balbettava passandosi una mano tra i capelli, Kate scosse la testa e sorrise.
- Castle, concentrati: cosa fa di solito stare così una donna, la mattina in un periodo specifico?
- Ah… - sembrò sollevato - allora direi che è colpa mia al 50%, non tutta mia!
- Va bene, te lo concedo, solo per la metà!
- Ti ho portato qualcosa da metterti per uscire da qui. Spero vada bene…
- Che vorresti dire Castle? Mi sono già ingrassata?
- No, no… - riprese a balbettare - sei solo più… morbida! Volevo dire, qualcosa che non ti dia fastidio con le cicatrici e la causa delle tue nausee mattutine.
- Castle?
- Dimmi Beckett
- Rilassati!
- Ok… Tu sistemati, io sono qua fuori, vado ad informarmi quando ti faranno uscire.
Rick uscì dalla stanza, lasciando Kate a prepararsi. Vide sul letto i vestiti che lui le aveva lasciato prima di uscire, un completo di lino ecrù,  pantaloni ed camicia dal taglio molto morbido. Ne saggiò il tessuto delicato e leggero e la pregevole fattura come si conviene ad una rinomata marca di alta moda italiana. Non ricordava di aver mai avuto nulla di simile nel suo guardaroba, non tanto per lo stile quanto per la qualità del capo. Vide piegati lì vicino anche una canottiera di seta ed un foulard entrambi di tonalità leggermente più chiara. Apprezzò l’accortezza di Castle nel prenderle un indumento da mettere sotto la camicia un po’ troppo trasparente, una premura che non si sarebbe aspettata da un uomo, ma aveva già avuto modo di capire che lui era diverso.
Si vestì, provando non poco fastidio e si accorse di quanto i suoi movimenti nella vita quotidiana erano ancora limitati. 
Sul comodino vicino alla collana con l’anello di Johanna che aveva sempre tenuto vicino a se in quelle settimane, Castle aveva lasciato anche l’orologio di Jim. Kate indossò entrambi notando una bustina di velluto rosso lasciata sotto alle loro fedi. Le ripose lì dentro mettendole nella valigia sulla sedia insieme alle altre sue cose, poche a dir la verità.
Aprì il cassetto del comodino e prese il libro di Storm e una copia dell’ecografia di qualche giorno prima. Castle la trovò così quando rientrò in camera, seduta sul bordo del letto a guardare la foto del loro bambino, gli sembrava di aver interrotto un momento molto intimo.
- Scusami… - disse imbarazzato - … vuoi che torno tra qualche minuto?
- No - gli rispose mettendo la foto in mezzo al libro e buttandolo nella valigia insieme al resto alzandosi lentamente - Sono pronta.
Castle deglutì prendendo tempo. Vederla così, davanti a lui, in piedi senza quelle camice da notte o vestaglie, ma vestita come una persona sana e viva, lo emozionò. Senza un filo di trucco, con i capelli raccolti in una coda veloce, era bellissima e glielo disse. Più volte.

Kate era sulla porta, si guardò indietro a vedere Castle che prendeva la sua valigia e guardò quella stanza. Tutto quello che conosceva del suo nuovo mondo era tra quelle quattro mura ed ora le si apriva un mondo nuovo che doveva scoprire. Lì aveva pian piano conosciuto le “nuove” persone della sua vita, ascoltato aneddoti di quello che aveva vissuto, aveva scoperto casualmente di essere incita ed aveva gettato le prime basi del suo nuovo rapporto con Castle. Sorrise vedendo l’ultimo mazzo di gigli che le aveva portato solo il giorno prima, le due tazze di caffè che quella mattina non avevano toccato, ma non era berle l’importante, ma che ci fossero, lo aveva capito. C’era ancora lo specchio che aveva tolto dal muro solo perchè lei si voleva vedere, era stata la prima follia che aveva visto fare a Castle per lei ed era sicura che non sarebbe stata l’ultima. Era impaurita di uscire da lì, ma anche speranzosa. Rick mentre chiudeva la valigia indugiava accarezzando lo schienale della poltroncina pensando anche lui a tutte quelle settimane, da quando lei non si svegliava a pochi minuti prima. Dalla paura di perdere sia lei che il bambino ad averla lì, viva, ad osservare la sua ecografia. Erano stati fortunati, nonostante tutto, ancora una volta.
- Ti piace quella poltrona Castle?
- Eh?
- Mi chiedevo da come la stavi accarezzando se ti piacesse. Pensi che starebbe bene a casa tua?
- Ehm no, non credo starebbe bene a casa nostra… Stavo solo pensando… 
- Pensieri belli o brutti? - Rick si stupì di come Kate continuava ad essere l’unica che si preoccupava di quello che pensava.
- Entrambe le cose. Poi pensavo a questa poltrona è stata in questi mesi un po’ come la mia sedia al distretto vicino alla tua scrivania, solo un po’ più comoda in una situazione molto più scomoda. - Fece un profondo respiro, mise giù il trolley e si avvicinò a Kate - Sei pronta?
Lei fece cenno di sì con la testa, si appoggiò al suo fianco e lui la cinse come ormai era solito fare nelle loro brevi passeggiate per la camera o il corridoio. Non aveva in realtà bisogno di essere sostenuta per camminare, non più almeno, ma lui continuava a farlo perchè così le poteva essere più vicino e lei non protestava. Si avviarono lentamente agli ascensori che li avrebbero portati fuori da lì. Prima di uscire un uomo con occhiali scuri si avvicinò a Castle prendendogli la valigia. Aveva chiesto ed ottenuto in via del tutto eccezionale dall’ospedale di poter parcheggiare l’auto direttamente davanti all’uscita per evitare la folla di fotografi che già da prima aveva visto davanti alla struttura. Kate sembrava piuttosto infastidita dalla cosa ed anche a Rick non faceva piacere, in un altro momento magari si sarebbe concesso volentieri, non ora, non dopo quello che era accaduto.
Beckett notò due figure familiari proprio fuori dalla porta, Ryan ed Esposito come se fossero due semplici agenti e non due detective della omicidi erano lì per garantire la massima sicurezza al loro capitano e fare in modo che nessuno la importunasse. Quando videro che era lì, entrarono dentro a salutarla.
- Ehy Capo! - La salutò Javier - Ti vedo bene
- Vero Beckett, stai benissimo - ribadì Kevin
- Grazie ragazzi, ma dovete imparare a mentire meglio!
- Fuori è tutto tranquillo, giornalisti a parte. Vi scortiamo all’auto così non vi disturberanno.
- Grazie ragazzi - disse Castle sincero.
- Figuratevi, è il minimo. - Esposito e Ryan si misero ai loro lati accompagnandoli alla loro macchina. La portiera era già aperta ed aiutarono Kate ad entrare mentre Castle fece il giro dall’altra parte ignorando flash e giornalisti. Quando entrambi furono dentro Javier diede una pacca sul vetro per far capire all’autista che era tutto apposto e potevano andare, così l’auto si allontanò, portando Rick e Kate di nuovo verso la loro casa.

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto. Kate guardava fuori dal finestrino una città che le sembrava cambiata. Percorreva strade conosciute e vedeva negozi diversi. Ferma ad un semaforo notò come quel caffè all'angolo dove andava spesso dopo il lavoro non c'era più al suo posto una delle tante catene take away. Si rammaricò. Amava quell'ambiente un po' consumato e vissuto, le tazze in ceramica, quelle torte fatte dalla proprietaria. Era un angolo familiare nella grande città. 
Kate non sapeva dove stessero andando di preciso. Non aveva chiesto a Castle dove fosse la loro casa. Si accorse solo che si dirigevano verso sud, poi l’autista passò davanti all’entrata di un palazzo con un numero discreto di giornalisti al appostati fuori, girò l’angolo e si fermò.
- Signor Castle, cosa devo fare?
L’autista si girò a guardare Rick, che gli diede le informazioni per entrare con l’auto dal retro andando direttamente al parcheggio sotterraneo del palazzo. Erano arrivati, quindi. Era una bella zona elegante e non snob, pensò Kate mentre scendeva, l’autista li accompagnò portandogli il trolley fino all’ascensore e Castle prima di salire gli lasciò una cospicua mancia, ricordandogli di tenersi a disposizione perchè ne giorni seguenti poteva avere ancora bisogno di lui.
- Tu non hai un’automobile Castle?
- Ehm sì, quelle due lì - disse indicando la Ferrari rossa e la Mercedes grigia all’angolo opposto - Ma in questo periodo preferisco non guidare.
- Vai in giro per New York in Ferrari? - Chiese con un’espressione che Rick non seppe se giudicare stupita o inorridita, ma sapeva benissimo quanto a Kate piacesse guidare la sua Ferrari, quindi non se ne preoccupò
- Qualche volta e ti piace anche guidarla!
Kate rimase a bocca aperta, certo che le piaceva guidare una Ferrari, era un sogno per lei
- Quando starai meglio andremo a farci un giro e guiderai tu, promesso! - E lei sorrise salendo in ascensore.

Castle aprì la porta di casa e indugiò prima di entrare. Kate notò la sua incertezza e gli appoggiò una mano sulla spalla. Per lei era una situazione del tutto nuova ma poteva capire che per lui tornare lì insieme era qualcosa di diverso.
- Tutto bene Castle? - Kate era sinceramente preoccupata di come lui si sentisse e Rick apprezzo quel gesto di conforto tanto quanto la sua domanda.
- Credo di sì. Ero tornato in questa casa solo per prenderti delle cose. Beh ora è diverso. 
Entrarono e lasciò il trolley vicino alla porta mentre Kate si guardava intorno stupita cercando di trovare qualche appiglio nella sua memoria. Fece alcuni passi incerti verso il salone, solo quello era grande quanto tutto il suo vecchio appartamento. Castle le mostrò il suo studio e la nuova cucina, l’unica cosa cambiata rispetto a prima.
Poi la condusse davanti alla porta di quella che era la loro camera. La porta era chiusa, lei non disse niente, non l’aprì ma ma si voltò a guardarlo. Rick le spostò una ciocca di capelli dal viso approfittando per accarezzarle la guancia morbida, poi le diede un dolce bacio lì dove le aveva lasciato una carezza.
- È la nostra camera, vero? - Kate non si era allontanata davanti alle sue attenzioni, le facevano piacere più di quanto volesse ammettere e stare sempre sul chi va là e mantenere le distanze con lui in ogni momento la stancava mentalmente e fisicamente. In fondo non c’era nulla di male se suo marito la accarezzava o le dava un bacio sulla guancia. Castle per conto suo si era sempre comportato come un perfetto gentiluomo, non era mai andato oltre. La abbracciava quando poteva, la coccolava dolcemente, ma nulla di più. Non invadeva il suo spazio, non la forzava in nessun modo, non gli piaceva ovviamente questa situazione e in alcuni momenti trattenersi diventava veramente difficile, ma sapeva quale era il suo limite e lo rispettava anche forzandosi, come in quel momento.
- Sì. Te lo sei ricordato? - Le chiese speranzoso
- No, l’ho capito dai tuoi occhi. - Fu deluso da quella risposta. Aveva realmente sperato che nella sua mente fosse riapparso qualche ricordo. Non glielo disse, ma Kate lesse anche quello in quei due frammenti di oceano che la guardavano intensamente. Non era così complicato per lei capire cosa passasse per la testa di quello scrittore, forse perchè lui esternava molto le sue emozioni con le espressioni del viso, forse perchè era pur sempre una delle migliori detective della città, capitano si corresse mentalmente, o forse perchè aveva ragione lui e loro erano in qualche modo connessi.

Castle aprì la porta ed entrarono, di nuovo, insieme nella loro camera da letto. Kate si guardò intorno come nelle altre stanze poi si sedette sul letto, dalla parte in cui dormiva solitamente andò vicino a lei.
- Questa era la tua parte di letto
- Avevo il 50% di possibilità - sorrise
- Già, è vero. 
- Dove sono tua madre e Alexis?
- Fuori, tornano dopo, gli ho chiesto di lasciarci un po’ da soli.
- Non voglio che per colpa mia debbano andare via dalla loro casa.
- È anche la tua casa questa, non te lo dimenticare.
- Già, scusa, non è facile… Immagino che al piano superiore ci siano le altre stanze, giusto?
- Sì, giusto.
- Dormirò in una di quelle?
- No, dormirai qui. Andrò io sù.
- Castle, non è giusto che tu dorma altrove ed io stia qui.
- Beckett, punto primo, io in questa stanza senza di te non ci dormo a maggior ragione se so che sei in casa altrove. Punto secondo questa è la sistemazione più comoda per il tuo stato di persona in via di guarigione: non devi fare le scale, hai il bagno qui e questo ti da la totale privacy, ci sono tutte le tue cose, può aiutarti a ricordare e non ti fa alcun effetto se io ci sono oppure no.
Kate si fermò a pensare ma non trovava niente da ridire, i suoi appunti erano ineccepibili.
- Va bene Castle. 
- Hai fame? Vuoi che ti preparo qualcosa?
- No Castle. No.
- Hey sono bravo a cucinare e poi adoro cucinare per te!
Si rese conto di quello che le aveva appena detto. Si guardarono. Lei non capiva perché non voleva che lui cucinasse, era una cosa irrazionale. Aveva sentito una sorta di morsa allo stomaco e quelle stesse sensazioni di quell’incubo che ogni tanto ancora faceva. 
- Non voglio che prepari niente adesso, ok? - Gli parlò con voce ferma ma che lasciava trasparire la sua preoccupazione.
- Ok… - sussurrò Rick - … perchè?
- Non lo so, ho avuto paura… Ti sembra strano?
- No, Kate, non lo è. Ho avuto paura anche io. - Le prese una mano, mentre con l’altra prese il cellulare cercando i numeri dei ristoranti che facevano consegne a domicilio. - Cosa vuoi mangiare?
- Pizza. Ho tantissima voglia di pizza. E patatine fritte. E hamburger. E di uno shake alla fragola con panna. E anche di pollo fritto. - Rick la guardò incerto sul da farsi.
- Dici sul serio Beckett? - Lei fece cenno di sì con la testa mordendosi il labbro come una bambina colta in fallo. Si aspettava che Castle le facesse una ramanzina su quanto fosse importante nel suo stato mangiare sano ed invece si fece ripetere quello che voleva ed ordinò tutto. Doppio. Non si sa mai.

   
 
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