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Autore: Shi no hana    19/06/2016    1 recensioni
Noi siamo i fautori del nostro destino...
Sono nata libera e morirò così...

Un'antica lotta. Un ricordo sepolto nel tempo. Lacrime nascoste nell'anima.Una ragazza e il suo destino
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dove mi trovo?








La morte in fin dei conti è una dolce fuga. È facile abbandonare tutto.
Lasciarsi alle spalle i problemi. Gli ostacoli che la vita ci pone.
…Il vivere è la vera sfida…




Ero viva! E quella dolce voce maschile me lo rammentava.
Ricordo il dolce profumo di sapone di marsiglia misto a quello di rose che, mi avvolgeva e mi cullava.
Un timido raggio di sole m’imponeva di destarmi, ma io non volevo.
Desideravo ancora cullarmi nel dolce oblio.
No! Non volevo svegliarmi ma un ricordo dalle nebbie della mente m’impose di farlo.
“Alzati! Sei la solita pigrona! Su, è ora di andare Clara…il tempo a me concesso sta per scadere…”.
Quella voce imperiosa. La sua voce.
Aprii di scatto gli occhi.
“Nonno…”.
Sussurrai, mentre osservavo il soffitto.
Anche se erano passati degli anni, lui mi mancava. Mi mancava terribilmente.
Lui era stato l’unico a comprendere questo mio stato d’inquietudine. Questa mia voglia di fuggire.
Di libertà.
Sospirai.
“Ormai…il tempo è scaduto…”.
Mi dissi, quando qualcosa mi fece comprendere che non ero più nella stanza della pensione. Il soffitto era intarsiato, mentre quello della pensione era bianco con qualche leggera macchia di muffa.
Voltai il capo e vidi che ero coricata in letto a baldacchino dove, le tendine di stoffa candida leggera danzavano leggiadre sospinte da una dolce brezza che, portava con sé un tenue profumo di rose.
“Dove mi trovo?”.
Mi domandai, mentre cercavo di alzarmi facendo leva con i gomiti. Un’azione davvero ardua. Sentivo il mio corpo pesante e dolorante.
D’un tratto uno squarcio nella mente. Un viscido e lascivo uomo sopra di me. Il corpo legato.
L’impotenza di reagire.
Di urlare…e poi lo schiaffo.
Alzai lentamente la mano destra e toccai la guancia offesa, gonfia e dolorante. Lentamente spostai le dita sul labbro e sentii anch’esso gonfio.
Strinsi gli occhi.
“Quel bastardo c’è andato pesante…che male…”. Ringhiai.
Faceva male, ma ciò che più mi feriva era non aver reagito. Mi sentivo ferita nell’orgoglio.
Quell’essere mi aveva toccato.
Lentamente feci scivolare le dita sul ciondolo e sospirai, era tempo di scendere dal letto e capire dove mi trovassi.
Levai di dosso le lenzuola e vidi i lividi rosacei sulle gambe. Strinsi di denti dalla rabbia.
“Bastardo!”.
Sibilai. Questa era l’unica cosa che riuscivo a dire. Odiavo quell’essere e per quello che mi aveva fatto.
“Se solo fossi riuscita a…basta Clara!”.
Scivolai fuori dal letto e notai l’ampiezza della camera, se così si poteva considerare.
Rimasi a bocca aperta. Era bella e ben arredata.
Barcollai, ancora intorpidita dal dolore, verso il tavolino posto al centro della stanza dove, un vaso di fiori di campo faceva bella mostra.
Sfiorai la sua superfice, così lucida e ben curata. Riconobbi subito la sua fattura e sorrisi.
“Le Fablier. Il padrone di questo luogo ha gusto …”.
Mi guardai intorno e vidi che anche la mobilia era della stessa realizzazione. Quella camera era curata in ogni angolo.
Dal tavolino, al letto a baldacchino e ai comodini posti ai suoi lati. Dalla specchiera obliqua accanto al balcone aperto, all’armadio infondo alla parete destra. Tutto era perfetto.
Notai l’arco nella parete sinistra dove, lentamente mi diressi. Era il bagno, se così si poteva definire.
Il marmo candido era da padrone. Colonne intarsiate facevano bella mostra sui lati dell’enorme vasca, posta nel centro dove, un paffuto angioletto con la sua giara versava la sua calda acqua.
“Che spettacolo”.
Sussurrai, ma poi una domanda saltò fuori. Chi mi aveva salvato? E perché mi aveva condotto in questa camera?
Mi voltai e mi diressi verso il balcone aperto. Arrivai e mi affacciai. Sgranai gli occhi e dissi.
“Questa non è Atene! Dove cavolo mi trovo?”.
Il panorama era meraviglioso. Mi trovavo in palazzo posto sopra un promontorio roccioso dove, in lontananza vedevo dei piccoli santuari di marmo brillare al sole. Li contai erano dodici.
“Che buffo! Dodici come i mesi…come i segni dell’oroscopo”.
Socchiusi gli occhi e mi poggiai allo stipide del balcone dove, di nuovo Il profumo di rose mi avvolse.
Quel profumo era rilassante. D’un tratto pensai alle feste religiose della mia terra dove, la gente devota lanciava ai piedi del sacerdote i petali di rose.
Ripensai all’ultima infiorata del Corpus Domini dove, partecipai con mio nonno. Io che ammiravo il laborioso lavoro dei devoti, mentre mio nonno mi guardava felice.
Quella fu l’ultima nostra gita. Lentamente una lacrima scivolò sulle labbra. Era salata, come la mia tristezza che in quel momento mi aveva avvolto.
D’un tratto qualcosa mi fece sobbalzare e aprire gli occhi. Una voce femminile mi fece voltare.
“Mia signora, finalmente vi siete svegliata”.
A parlare era stata una ragazza con una veste lunga e semplice, di color avorio. Aveva la pelle olivastra, tipica carnagione mediterranea.
Capelli castani lunghi legati in una bassa coda. Gli occhi erano scuri, ma dolci. Mi sorrideva.
Io annuii, ma poi le posi la classica frase.
“Dove mi trovo? E tu chi sei?”.
Lei mi sorrise e chinando il capo.
“Vi trovate al Grande Tempio della Divina Athena, e il mio nome è Cassia, mia signora. Sono una delle ancelle al vostro ordine”.
Athena? Grande Tempio? Ancelle?
Dove cavolo ero capitata!
“Che assurdità! Che assurdità!”.
Continuavo a ripetere, mentre la testa mi scoppiava. Intanto Cassia mi guardava preoccupata. Infatti, si era avvicinata.
“Mia signora non vi sentite bene?”.
Io alzai la mano e le dissi che era tutto apposto, anche se non era vero.
Mi allontanai dal balcone e mi diressi verso il letto. Mi sedetti, mentre la mia ipotetica ancella mia guardava.
“Allora? Tu mi dici che mi trovo nel tempio della Divina Athena, giusto?”.
“Sì, mia signora”.
Mi rispose gongolando. Io sospirai un po’ esasperata.
“Quindi questo è il Partenone?”.
Le domandai in modo ironico. Per me tutto questo era una sorta di scherzo. Di burla ai miei danni. Lei mi guardò e poi  ridacchiò, cosa che m’irritò molto.
“Ma cosa dite mia signora? Lo sapete anche voi che, il Partenone è un ammasso di pietra ormai decadente”
“Già”. Sospirai.
“Questo è il vero tempio della nostra signora di grazia e giustizia, colei che…”.
“Sì, sì, so già la tiritera delle divinità elleniche. Piuttosto voglio conoscere il proprietario della villa o tempio come lo definisci tu”.
La fermai. Mi alzai, ero stufa di sentire cavolate a iosa. Ma Cassia mi fermò.
“No, non ora mia signora. Ma a tempo debito conoscerete colei che governa questo sacro luogo”.
Okey, non era questo il momento, ma infondo aveva ragione. Non ero in grado di  reggermi in piedi, ero ancora scossa da quello che mi era capitato la notte precedente. Ero debole e poco recettiva per intraprendere un discorso.
Sospirai, mentre il mio stomaco brontolava dalla fame. Ero affamata. Cassia sorrise materna e aprì la porta facendo entrare un’altra ancella più esile di lei, con in mano un vassoio ricolmo di ogni ben di Dio.
Aveva i capelli color miele e una carnagione chiarissima. Il viso era pieno di simpatiche lentiggini e gli occhi azzurri esprimevano allegria.
Come la sua collega anche lei aveva una lunga veste avorio.
“Mia signora vi ho portato il pranzo”.
Disse, mentre poggiava il vassoio sul tavolo. Poi facendo un inchino si presentò.
“Il mio nome è Nastya, per me è un onore poterla servire”.
Finì la frase arrossendo. Io sospirai e poi le sorrisi.
“Grazie Nastya”.
Mi alzai e mi diressi verso il tavolo. Tutto ciò era assurdo, tremendamente assurdo. Ma ora quello che più mi premeva era di placare la mia fame.
Però alcune volte quello tutto quello che può sembraci strano, assurdo, può rivelarsi vero. Come quello che avvenne il giorno seguente…




Continua…


___________________
Oh beh, questo è il mio marchio lasciare a metà.
Dopo questa sorta di apertura si avvia la storia vera e propria, speriamo che non risulti pesante perché sarà un po’ lunghetta ^_^’
A kiss mes chers lecteurs.

   
 
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