Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Clockwise    21/06/2016    2 recensioni
Chiudono gli occhi, entrambi, uniti e lontani ad un tempo. Lo stesso sospiro – tornare a casa.
[...]
«Mi dispiace, John.»
Scosse la testa.
«Di esserti innamorato di me?»
Sherlock non rispose; lo fecero i suoi occhi, trasparenti come acqua.

Amanda ha diciannove anni quando va a Londra per la prima volta in cerca di suo padre, in cerca di risposte, costringendo John e Sherlock, ormai estranei, a fare i conti con loro stessi.
"Nostos": in greco, "viaggio di ritorno", "ritorno a casa".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Didn’t he ramble?
 
 
Didn't he ramble?
Didn't he roam?
Didn't he wander
So far from his home?
Didn’t teach us?
And didn’t we learn?
Didn’t he reach out
Beyond all return?
Glen Hansard, Didn't He Ramble?
 
 
Curiosamente, Amanda trascorre tutto il tragitto in taxi in silenzio. Sherlock si era preparato ad un lungo interrogatorio, e invece si ritrova a dover guardare la strada fuori dal finestrino, senza sapere cosa dire. La ragazza sembra concentrata in una importante battaglia interiore, dove lui non può intervenire.
È incredibile quanto assomigli a Mary: il modo in cui sporge leggermente in fuori il labbro inferiore mentre pensa, l'arco delle sopracciglia aggrottate. Il tamburellare ritmico delle dita sul sedile, invece, è tipico di John: irrequietezza, adrenalina, energia imbottigliata nel corpo minuto.
Chissà come sarebbe stato crescerla insieme.
Si meraviglia del suo stesso pensiero. Un tempo se ne sarebbe vergognato, l'avrebbe considerato una falla della sua mente geniale: ora non prova che rammarico. Perché sì, gli sarebbe piaciuto vederla diventare la giovane donna che oggi è – insieme a John.
«Siamo arrivati.»
Il Bart's è rimasto esattamente uguale, negli anni: solo qualche schermo in più e qualche apparecchiatura nuova, più crepe e vernici diverse alle pareti – sempre di colori deprimenti, come in ogni ospedale che si rispetti.
Anche Molly non è cambiata molto: capelli più corti e piccole rughe intorno agli occhi e alla bocca nascondono appena la ragazza sorridente e amichevole con fotografie di gattini sul cellulare e la suoneria di Grease.
«Buongiorno, Molly.»
La donna è china sul microscopio, sobbalza e si raddrizza quando Sherlock e Amanda entrano. Sorride del suo vecchio sorriso imbarazzato ed entusiasta.
«Ciao, Sherlock! Come, hum… Mi dispiace per quello che è successo, io… Ho appena finito l'autopsia, sto analizzando un campione di fegato, aveva un colorito strano...»
Amanda tossicchia e Molly si accorge di lei.
«Oh. Ciao. Chi–?»
«Lei è Amanda. È con me. Amanda, lei è Molly» presenta sbrigativo Sherlock, liberandosi del cappotto e avvicinandosi a Molly. Lei annuisce, ancora perplessa, e gli fa spazio al microscopio. Riflette che se Sherlock non si è dilungato in spiegazioni, vuol dire che non ce n'è bisogno oppure che la sua identità deve rimanere segreta. In ogni caso, sorride alla ragazza e tende una mano.
«Molto piacere.»
«Piacere mio.»
È quando sorride che la somiglianza le si palesa chiaramente.
«Ma tu sei...?»
Sherlock le lancia un'occhiata ammonitrice, vietandole di fare altre domande.
«Sì.»
E torna a chinarsi sul microscopio. Amanda abbassa lo sguardo, mentre quello di Molly rimane fisso su di lei, sempre più sbalordito.
«Non avevo idea che... Pensavo...»
«Quella molecola blu, la catena. È una proteina secondo te?»
Molly si accosta di nuovo al microscopio, regolando lo zoom.
«Potrebbe, sì. Il sistema non la riconosce, però, serve un altro campione, questo è molto deteriorato.» Si raddrizza e si dirige verso le porte del laboratorio. Sherlock annuisce appena, allontanando il microscopio da sé.
«Ah. Molly.»
La donna si volta, una mano sulla porta.
«Cause del decesso?»
«Shock, ittero ed insufficienza renale acuta. Inoltre ci sono segni di diverse emorragie, interne ed esterne, e gravi crisi emolitiche.»
Sherlock annuisce, abbassando le ciglia. Mycroft deve aver sofferto molto, nei suoi ultimi giorni – e Sherlock non era lì con lui, non sapeva nulla delle sue condizioni. Molly si porta una mano alla bocca, chiedendosi se forse non sia stata troppo diretta. Con Sherlock, era abituata ad andare subito al sodo, a non perdersi in convenevoli né giri di parole – non era mai capitato che sul tavolo dell'obitorio ci fosse qualcuno a cui lui teneva così tanto.
Vorrebbe dire qualcosa, ma peggiorerebbe la situazione. Sparisce oltre la porta, silenziosa.
Sherlock deglutisce un paio di volte, cercando di scacciare la sensazione di nausea che gli riempie la bocca. Caring is not an advantage, Sherlock. Una benda sull'occhio e una spada di cartone; un violino stentato; un gioco da tavolo troppo semplice; un sorrisetto sardonico e una ruga di preoccupazione fra le sopracciglia. Your loss would break my heart.
«Sherlock? Tutto bene?»
Sbatte le palpebre, focalizzando Amanda, davanti a lui, con una mano sulla sua spalla. Non appena i suoi occhi la trovano, lei ritira la mano, come scottata.
«Certo, certo.»
Si schiarisce la voce. Chiude gli occhi e apre la mente.
Don't be smart, Sherlock, I'm the smart one.
«Mycroft Atherton Holmes. Sessantun anni. Sovrappeso, lievi problemi cardiovascolari. Morte quattro giorni dopo una visita diplomatica in Nigeria. Presunta causa della morte: febbre gialla acuta. Sintomi tipici: disfunzione renale ed epatica, emorragie violente, nausea, shock. Delle molecole del virus non c'è traccia sui tessuti. Ipotesi: avvelenamento da ricina.»
«Arsenico.»
Sherlock volta la testa verso di lei.
«Prego?»
La ragazza sobbalza: non credeva di essere stata ascoltata.
«Oh, ho parlato sovrappensiero, non credevo stessi...»
«Hai detto arsenico. Perché?»
«Oh, io... Una mia amica, Merry, una volta, doveva scrivere un racconto in cui uno dei personaggi moriva per avvelenamento da arsenico. L'avevo aiutata a fare ricerche e ricordo che i sintomi erano gli stessi: shock, disfunzioni e tutto quello che avete detto voi.»
È vero.
What do we say about coincidence?
«Avvalori l'ipotesi dell'avvelenamento, dunque?»
Lei si stringe nelle spalle, presa in contropiede. Per tutti i santi, non vuole accusare nessuno!
«N-non lo so, magari è qualcos'altro. E poi, perché qualcuno avrebbe dovuto avvelenare tuo fratello?»
Sherlock sbuffa, un sorrisetto amaro sulle labbra.
«La domanda è come ha fatto ad arrivare a sessant'anni senza mai essere stato avvelenato.»
Molly rientra in quel momento con un contenitore metallico.
«Eccomi qui, non si era mosso nessuno, di là.»
Amanda si chiede distrattamente se chi lavora in obitorio debba sentirsi costretto a fare battute macabre ogni due per tre.
Mentre prepara i vetrini insieme a Sherlock, Molly sorride in direzione della ragazza.
«Non sei di Londra, vero?»
«No. Ora studio a Cambridge, ma sono di Dresda.»
A questo punto, è diventata una bugia, ma non saprebbe che altro dire.
«Oh, Germania! Che bello. Io e Greg siamo andati a Zurigo, qualche anno fa.»
Sherlock le lancia un'occhiataccia al di sopra del microscopio.
«Quella è Svizzera.»
«Oh, oh già. Beh, parlano sempre tedesco, no?» ridacchia, stringendosi nelle spalle. Amanda, quasi senza rendersene conto, si ritrova a sorridere. In fondo, Molly non le dispiace.
«Allora, hem... Come sta John?»
Amanda si irrigidisce, Sherlock non si scompone affatto.
«Bene.»
Molly annuisce, sfilandosi i guanti mentre Sherlock sistema un vetrino sotto la lente.
«Oh, ecco, l'ho sentito l'altro giorno... Mi sembrava un po' giù, sai. L'hai visto, da quando sei tornato?»
«Vengo da Baker Street, certo che l'ho visto. E no, Molly, il nostro rapporto non è miracolosamente migliorato e non verremo mai a prendere il tè da te e Greg come una qualunque delle attempate coppie di sposini di cui è costellata la tua vita coniugale.»
Il tono sarcastico non maschera del tutto una sottile sofferenza che fa tacere le due donne; abbassano entrambe gli occhi. Molly sente di avere valicato un tacito limite.
«Mi dispiace. Non volevo essere invadente.»
Sherlock non mostra segni di averla sentita, mentre si allontana dal tavolo, raddrizzando la schiena. La sua voce, quando parla, ha la freddezza del metallo.
«Ricinus communis. Pianta diffusa nell'Africa tropicale, dai semi altamente tossici a causa della presenza di ricina, una citotossina naturale.»
Molly si avvicina al microscopio da sopra la sua spalla.
«Dove la vedi?»
Lui si alza in piedi, lasciandola libera di guardare.
«La molecola blu, la catena.»
«Oh, eccola. Sì, potrebbe essere.»
Amanda si mordicchia il labbro, stringendo il cellulare in mano, chiedendosi se sia il caso di parlare. Sherlock si raddrizza, le mani dietro la schiena.
«Amanda, hai qualcosa da dire?»
«Oh, oh, io... Mah, di sicuro sbaglio, però... Secondo Wikipedia... Ecco, la ricina ha due catene.»
Sherlock solleva appena un sopracciglio. John incrocia le braccia al petto, con un sorrisetto sarcastico sulle labbra.
«Ti fai battere da Wikipedia, Sherlock?»
L'uomo trasalisce, quando si ricorda che non c'è nessun John nella stanza, prima di prendere con malagrazia il cellulare dalle mani di Amanda.
«Una sola catena potrebbe essere semplicemente orzo» gli fa notare la ragazza, timidamente.
Rimane l'arsenico, allora.
Balance of probability, little brother.
Ma come?
Si siede di nuovo al microscopio, girando furiosamente le manopole, quasi pretendendo di trovare la risposta scritta sul vetrino. All’improvviso, la realtà di quello che sta esaminando lo colpisce come un pugno nello stomaco – è il sangue di suo fratello, quello sotto al microscopio, suo fratello che giace su un tavolo metallico nell’obitorio dall’altra parte del corridoio, suo fratello che…
Si alza bruscamente e fa qualche passo indietro, coprendosi gli occhi con le mani, cercando di respirare regolarmente e ricacciare indietro un’ondata di nausea. Molly e Amanda sono subito in piedi, al suo fianco.
«Sherlock?»
«Sherlock, va tutto bene…»
Amanda gli stringe un braccio, Molly gli carezza esitante la schiena. Sherlock riesce solo a respirare e tremare. Lentamente, lascia scivolare le mani giù dal suo viso, gli occhi bassi. Si scosta dalle due donne e inizia a passeggiare su e giù per il laboratorio. Evita i loro occhi, mentre le congeda con un gesto frettoloso.
«Sto bene, ho bisogno di pensare. Molly, Amanda ha sicuramente voglia di caffè, introducila alla deliziosa caffetteria del Bart’s.»
Amanda corruga le sopracciglia perplessa, Molly sospira rassegnata. La prende gentilmente per un braccio e la spinge verso la porta, senza altre parole.
 
Molly è silenziosa davanti ad un budino poco convincente. Tamburella con il piede sotto il tavolo, Amanda può sentirla nella caffetteria semideserta. Non smette di lanciarle occhiatine furtive da sopra il suo dolce. Non ne può più – perché non le parla, se è così curiosa?
«Da quanto conosci Sherlock?»
Molly nasconde presto la sorpresa e ci pensa su.
«Oh, beh… Secoli. Almeno venticinque anni. Forse addirittura di più.» Sorride, inconsciamente.
«L’ho incontrato qui, per la prima volta. Cioè, in realtà lo conoscevo anche prima, ma lui no, nel senso…»
Trae un profondo respiro e abbassa gli occhi.
«Veniva alla mia stessa università. Lui si stava laureando in Chimica, io in Medicina… Abbiamo fatto qualche corso in comune. Lui… era famoso in tutta l’università. Si è laureato in metà del tempo, correggeva i professori, faceva esperimenti non del tutto… legali, ecco. Si cacciava nei guai di continuo, ma la passava sempre liscia. Era un po’… Un mito, ecco.»
La donna china il capo, ma ad Amanda non sfuggono le guance rosate.
«E insomma, ecco, tutti lo conoscevano m-ma… lui era un tipo molto solitario, n-non… Io ero troppo timida per parlargli, quindi… Ci siamo conosciuti per davvero quando ho iniziato a lavorare qui. L’ho trovato in laboratorio con Mike che discutevano di rane, o qualcosa del genere…»
Scuote la testa al ricordo.
«Ha subito iniziato a comprarsi i miei favori… S-sai, anche John e Sherlock si sono conosciuti qui. Grazie a Mike.»
Amanda abbassa le ciglia sulla sua crème caramel, lasciando a Molly il tempo di riacquisire compostezza. Buffa, la vita, a volte: chissà come sarebbero andate le cose, se Mike non avesse mai presentato Sherlock e John, se Sherlock e John fossero stati persone diverse, a causa di chissà quale minimo cambiamento nelle loro vite dalle conseguenze imprevedibili – chissà come sarebbero andate le cose se l’universo non li avesse portati ad essere esattamente quei John e Sherlock in quel preciso momento al laboratorio del Bart’s. Molly sembra pensare la stessa cosa.
«Conoscevi Mary?»
La donna si riscuote dai suoi pensieri, sbattendo rapidamente le palpebre.
«Mary? Sì, certo» risponde, addolcendosi. «Era una donna coraggiosa, forte.»
Amanda china il capo, giocherellando con il suo budino.
«Lei… Lei e John… Voglio dire…»
Sente un grumo di lacrime ostruirle la gola, impedendole di parlare. È una domanda troppo profonda, per dirla ad alta voce. Molly, per fortuna, sembra capire.
«John conobbe Mary in un momento molto particolare, quando ne aveva più bisogno. Sherlock aveva finto il suicidio, ed è stato via per due anni, forse ne avrai sentito parlare…»
Amanda annuisce, anche se non sa molto di questa storia – al momento, è secondaria.
«In ogni caso, John e Mary si sono fidanzati e sposati poco dopo il ritorno di Sherlock. Erano molto felici. Lui ha aiutato ad organizzare tutto quanto, ha fatto da testimone, ha fatto un discorso, ha composto un valzer per loro… Dev’essere stato terribile, per lui.»
«Perché John gliel’ha fatto fare? Non si è accorto di… non ha visto che…»
Il sorriso di Molly è dolceamaro, pieno di comprensione – assomiglia al sorriso di una madre.
«John amava Mary. Forse è crudele dirlo, e sicuramente non dovrei essere io a farlo, ma… probabilmente, in quel momento, Sherlock non era… la sua priorità.»
Amanda annuisce, sbattendo rapidamente le palpebre per dissipare delle lacrime impudenti. Molly le prende una mano e la stringe, comprensiva. Finiscono di mangiare in silenzio.
 
«Arsenico, dunque. Inalato, non ingerito, come mostra lo stato dei suoi polmoni. L'avvelenamento è durato diversi giorni. Ma come? Doveva essere contenuto in qualcosa, ma cosa?»
Molly solleva gli occhialini protettivi sulla fronte, guardandolo con il mento appoggiato a una mano. Amanda tende appena il collo per vedere bene a cosa sta lavorando, dall'altra parte del tavolo rispetto a lei e Sherlock, e subito se ne pente: sta sezionando un intestino, santo cielo.
«Sai chi altro è morto con l'arsenico?»
Sherlock scuote la testa, roteando appena gli occhi. Si alza dallo sgabello, iniziando a camminare su e giù per il laboratorio.
«Chi?»
«Madame Bovary.»
Il tono di Molly è fin troppo entusiasta. Sherlock si ferma e la guarda accigliato da sopra le mani giunte sulle labbra. Amanda si chiede se quella buffa posa, come in preghiera, gli sia usuale.
«Dovrei conoscerla?»
«Oh, andiamo! Nel romanzo di Flaubert! Ingoia una manciata di arsenico in polvere e muore dopo qualche giorno di agonia atroce.»
Gli occhi di Sherlock sono saette gelide al di sopra del tavolo.
«È un romanzo, Molly. Non credo che chiunque abbia ucciso mio fratello si sia ispirato ad un libro
Molly fa una buffa smorfia contrariata e imbarazzata allo stesso tempo, e torna al suo intestino.
«Non lo fanno mai, i criminali? Ispirarsi ad una morte famosa, o letteraria? Ho letto un libro dove dei monaci venivano uccisi come nell'Apocalisse, o una cosa del genere...» interviene Amanda.
«Certo, e in “Dieci piccoli indiani” seguono una filastrocca. Non è raro che si verifichino casi simili anche al di fuori dei libri, ma si tratta per lo più di psicopatici o serial killer. La morte di Mycroft è una morte sicuramente premeditata, organizzata e preparata nei minimi dettagli, curata affinché lui non si accorgesse di niente, ma non abbiamo né un serial killer né uno psicopatico. L'assassino sapeva sicuramente che avrebbe attirato la mia attenzione, sa che mi divertono i rompicapo, altrimenti gli avrebbe rifilato un qualunque veleno nella cena e adieu. No, ha voluto essere più sottile...»
Amanda alza le spalle.
«Era un politico, no? Magari è morto come un altro uomo politico del passato.»
Sherlock agita una mano in segno di stizza, impaziente.
«Non è stato pugnalato alle spalle come Cesare, non gli hanno sparato come Kennedy, non è morto in esilio come Napoleone...»
Trattiene il respiro mentre pronuncia le ultime parole.
«Morto in esilio come Napoleone... Mycroft detestava uscire dal suo club, figuriamoci dall'Inghilterra, odiava lasciare i suoi ambienti...»
Sorride, ferino, mentre realizza.
«Verde di Parigi.»
All lives end.
Amanda e Molly si scambiano un'occhiata, confuse. Sherlock scuote piano la testa, il sorriso diventa una smorfia amara. Ora, la morte di suo fratello acquista più consistenza, così come il suo dolore e la sua pena. Non meritava una fine del genere.
All hearts are broken.

 





E anche stavolta ce l'ho fatta. Capitolo un po' di passaggio e forse un po' superfluo, ma mi sembrava necessario.
Grazie, come sempre, a chi è arrivato fin quaggiù, a chi segue e recensisce! 
Potrei aver scritto delle enormi sciocchezze, per quanto riguarda la parte medica – putroppo, non ci capisco un'acca e Wikipedia aiuta finché può. Se così fosse, non esitate a rimproverarmi!
Non dovrei metterci tantissimo per il prossimo capitolo – almeno spero. Quindi, a presto!
-Clock
  
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