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Autore: Charles and Paul    21/06/2016    2 recensioni
Febe Parker non sapeva di essere una semidivinità. Credeva che mostri, serpenti piumati e dei con piccoli problemi di altezza fossero solo leggende. Ma la sua vita verrà stravolta quando scoprirà che gli dei aztechi esistono ancora. Un’ardua impresa l’aspetta: recuperare lo specchio di Tezcatlipoca per salvare il Campo Aztlán ed i suoi amici. Ma temibili mostri si nascondono nell’ombra, e forze oscure stanno per risorgere.
Se credevate che esistessero solo divinità greche e romane, questa storia vi farà cambiare idea.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vengo assalita da una lontra gigante 

Barcollai all' indietro e afferrai un ramo di betulla agitandolo minaccioso davanti a me.
– S-sappi che io ho partecipato a molti corsi di… di sopravvivenza…­ – Nella mia mente riaffiorò l’immagine di mia madre intenta a mostrarmi come difendermi da un orso grizzly utilizzando il povero Bob come cavia, mentre lui urlava come un matto. – Si beh…più o meno – borbottai.
Il mostro emise uno strano sibilo gutturale, come se stesse ridendo.
– Siete così carini quando siete dei cuccioli –.
Il serpente mi girò attorno con il suo enorme corpo, scrutandomi. Ora che era così vicino che potevo sentire un leggero odore di biscotti bruciacchiati e di colori acrilici provenire dalle sue squame. La sua voce era calda e per niente spaventosa. Lo dovetti ammettere, accanto a lui mi sentivo proprio a mio agio.
– Come fai a sapere il mio nome? Dove diavolo mi trovo? E tu che accidenti saresti? Un lombrico gigante pronto per il carnevale di Rio De Janeiro?
– Cara bambina, io sono Queztalcoatl. Il dio del vento, di Venere, dell’alba, dei mercanti e delle arti, dei mestieri e della conoscenza. Ma ora basta cincischiare, suvvia; ci saranno altri momenti per discutere di queste noiosissime questioni. Ora va’, e divertiti ad esplorare il Campo Aztlán. –
Ero più confusa che mai, ma non ebbi tempo di farmi molte domande che accanto a me una ragazza con la pelle caramellata dalle troppe lampade, degli stupidissimi occhiali da sole di plastica viola a forma di cuore inforcati sul naso, degli shorts sbiaditi, i capelli biondi platino ed un frappè di Starbucks in mano mi assordò con uno squittio: – Tu devi essere nuova! –
Non dava l’impressione di essere molto intelligente. – Vedo che hai conosciuto Quetzalcoatl, il nostro dio principale e direttore del Campo!
– Buongiorno, Candy.
– Buongiorno, Quetzy!
– Candy, accompagneresti Febe a fare un giro del Campo?
– Sicuro, con grande piacere! Vieni, Fancy!
– Ehm, io mi chiamerei…
– Coraggio, non è il momento di perdere tempo!! –
Credetemi, sono sicura di aver perso un decibel dall’orecchio in cui mi stava urlando, da quel giorno.
Afferrò il mio polso con la sua manina smaltata di un rosa barbie, e mi trascinò dentro il Campo. Mentre ondeggiava, - dovete sapere che lei non camminava, lei ondeggiava -, notai che portava lo stesso identico orecchino eccentrico di Ignacio, tranne per il fatto che il suo era di uno sfavillante blu zaffiro. Aprii bocca, ma la richiusi immediatamente: non avevo alcuna voglia di sentire ancora la sua fastidiosissima voce da criceto.
– Allora – Ricominciò lei, – come prima cosa devi sapere che noi dormiamo in tende, tende che cuciamo noi stessi, in particolare nel mio corso! Ovviamente tutti i ragazzi più grandi dirigono un corso… Sam e Dave quello di difesa, Marcelo quello di atletica, e Lawrence quello di mitologia e di lingue. Io dirigo quello di artigianato… – Sghignazzai. Lei mi si avventò contro: – Credi come tutti gli altri che il mio corso sia inutile, eh?! Ma ti sbagli di grosso! Il mio corso è pericoloso, anzi, pericolosissimo! Se sbagli un punto croce, è la fine! La tua impresa potrebbe essere compromessa! La tua tenda potrebbe rompersi perché un diluvio ti si è avventato contro, così non avrai un riparo e sarai costretto a salire su un albero, dove i gufi ti caveranno gli occhi!! –
Candy riprese fiato, ed io deglutii. – Ho… ho capito. –
Appunto personale: mai fare arrabbiare la principessina lampadata di Malibu, a meno che non avessi voluto essere accoltellata nel sonno con una limetta per unghie. – Candy – Dissi.
– Sì, cara?
– Non abbiamo delle maglie… o delle divise che ci contraddistinguono? –
Candy emise una sonora risata nasale. – Ah, che cosa idiota! Perché dovremmo avere delle maglie con scritto il nome del Campo? Sarebbe come mettere un’insegna luminosa per mostri con su scritto “Ehi gente! Siamo qua”! Ma dico, sei fuori? –
Effettivamente, non aveva tutti i torti. – Beh, vediamo un po’, cosa manca… ah, sì, giusto! I bagni! Vedi quella latrina laggiù? – Indicò una latrina malandata su cui delle mosche giravano attorno. – Quello è il nostro bagno… – Si avvicinò a me, sussurrando: – …ma non ti consiglio di andarci. Le docce, invece, sono dietro il campo di mais. Ah, a proposito, abbiamo un campo di mais! La sala mensa è dietro l’albero totem, precisamente al centro del Campo. Laggiù infondo, invece, vicino ai confini del Campo, c’è il “Laghetto delle anatre”… io non so perché l’hanno chiamato così, effettivamente non ci sono anatre, e non è neanche così tanto piccolo… ma quando fa veramente caldo, Lawrence ci permette di fare il bagno… credo di averti detto tutto. Prima che me ne dimentichi… – Prese dalla tasca posteriore dei jeans una pergamena su cui c’erano scritti gli orari dei corsi.

LUNEDì: dalle ore 10 alle ore 12 – corso di lingue mesoamericane con Lawrence Shakusky
         dalle ore 15 alle ore 17 – corso di mitologia mesoamericana con Lawrence Shakusky.

MARTEDì: dalle ore 13 alle ore 15 – corso di artigianato con Candy Walker
           dalle ore 16 alle ore 17 – corso di difesa con Sam e Dave Smith.

GIOVEDì: dalle ore 13 alle ore 16 – corso di atletica con Marcelo Garcia
          dalle ore 16 alle ore 17 – corso di difesa con Sam e Dave Smith.

VENERDì: dalle ore 14 alle ore 16 – corso di difesa con Sam e Dave Smith
          dalle ore 16 alle 17 – corso di artigianato con Candy Walker.

– Ah, giusto! – Continuò Candy, – Tu sei stata assegnata alla tenda numero 13. Ora devo andare, prima che Sam minacci di sparare a Marcelo in sala mensa un’altra volta! –
E se ne andò.

Le tende erano disposte in fila indiana. Sul tessuto giallo sbiadito e stopposo erano ricamati a grandi lettere rosse i numeri delle tende; 1, 2, 3… così via dicendo.
Cercai la numero 13, e mentre guardavo il numero delle tende, inciampai su qualcosa. Erano le valigie di Godiva Wells.
– Oh, scusami, non volevo! Che sbadata, non devo lasciare le valigie fuori dalla tenda! Mia madre me lo dice sempre: Per multum cras, cras, crebro dilabitur aetas!
La mia faccia doveva sembrare molto perplessa, perché Godiva cambiò subito argomento. – Anche tu nella tenda 13, eh? – Rise. Poi afferrò una torcia e si illuminò il viso. – Si dice che qui un tempo sia morta una bambina… e che le sue urla tormentino chiunque ci dorma! – Rise di nuovo. – Stavo scherzando! Su, vieni, entra, ti faccio vedere la tua branda! –
Mi trascinò all’interno della tenda; poi scaraventò sotto la sua branda le valigie. Le mie erano state messe da Nacho sotto la mia branda.
Mi sdraiai sul materasso; puzzava di muffa, e c’erano delle sospette macchie gialle. Godiva masticava rumorosamente un chewing gum alla fragola. – Beh, Febe, sembra che saremo compagne di tenda. Raccontami qualcosa di te! – Fece esplodere la bolla di chewing gum.
– Ehm, non c’è molto da dire su di me.
– Ma io so che sei una persona eccentrica, Febe, basta guardarti!
– Eh?
– Per esempio, chi è il tuo genitore divino, Febe?
– Io… ecco… ancora non lo so. – Mi diede delle pacche sulla spalla.
– Tranquilla, arriverà anche a te il momento! A differenza di ciò che ti dicono gli altri, essere un semidio è veramente straordinario! Sì, insomma, rischi di morire tutti i giorni, ma, insomma, chi non lo fa di questi tempi? –
Sentii una tromba squillare, ed io e Godiva uscimmo dalla tenda.

Era ormai tarda sera. Io, Godiva, Russel e Steve stavamo cenando, seduti su un tavolo da pic-nic. Se si alzava lo sguardo, si poteva vedere la via lattea. Intorno a noi, riecheggiavano urla animalesche e risate improbabili da parte di Candy.
– Russel, smettila! – Urlava Godiva.
– Guardatemi, sono un tricheco!! –
Russel si era inficcato in bocca due cannucce come se fossero zanne. Poi montò sul tavolo, si tolse la maglietta e la fece roteare sopra la sua testa.
Guardai in direzione di Ignacio, che mi salutò nervoso con un sorriso tirato da un altro tavolo.
– Io ti uccido – Gli sibilai, mimando il gesto di strangolarlo.
Ignacio mi aveva spiegato che il Campo suddivideva i ragazzi in base agli anni che avevano passato in quel luogo. Ogni ragazzo possedeva una piuma diversa per gli anni che aveva trascorso; le piume venivano cambiate ogni due anni. I primi due anni le piume erano bianche; seguivano le piume rosa, verdi, arancioni e blu.
La suddivisione dei tavoli, degli alloggi e persino delle lezioni erano suddivise sempre in base alle piume. Io, come il resto dei nuovi arrivati, avrei ricevuto la mia piuma bianca a fine estate.
Spostai lo sguardo verso Steve. Steve prendeva delle patatine fritte con la forchetta, sminuzzandole in piccoli pezzettini in modo tale che riuscisse a mangiarle senza troppa difficoltà, dato il suo apparecchio a baffo. Dietro di lui, la ragazza bassa e vestita con una tuta mimetica che avevo già intravisto nel bus urlò:
– Bene bene, guarda chi abbiamo un po’ qui! Dei novellini! – La ragazza si sistemò il berretto da caccia in testa. Steve sobbalzò, e la forchetta cadde a terra dalle sue dita tremanti, facendo un rumore metallico. – Tsk, ti ho spaventato, cucciolotto? – Steve si abbassò per raccogliere la forchetta, e con gran difficoltà, era comunque riuscito quasi ad acciuffarla, pur avendo indosso il busto di metallo. La ragazza diede un calcio alla forchetta, facendola finire ad un angolo della sala. – Ops, scusa, palo
Russel smise di agitare la maglietta e divenne serio. – Questo non è affatto divertente – Disse.
– Oh, sta’ zitto, palla di lardo. Io sono Sam Smith, insegnante del corso di difesa del Campo Aztlán, figlia di Painal, messaggero di Huitzilopochtli, e renderò la vostra estate un inferno! –
Godiva scattò in piedi, digrignando i denti, rossa quanto i suoi capelli. Sam ridacchiò, e ritornò al tavolo dei ragazzi dalla piuma blu, battendo il cinque a Ping-Mei, mentre gli altri incominciarono a discutere iracondi sul fatto di non prendersi gioco dei bambini del primo anno.

I ragazzi più grandi, insieme a Lawrence, avevano acceso un falò. Mi sedetti su una panca.
Nacho si avvicinò a me con un largo sorriso ed una busta stracolma di marshmallow.
– Scusa, Febe, mi dispiace averti trascinato qua. Vuoi un marshmallow? – Stavo allungando la mano per afferrare il marshmallow, quando Marcelo arrivò con un largo sorriso, i capelli con lo shatush biondo legati in una coda bassa ed in mano un bastoncino con sopra infilzati dei marshmallow. Marcelo si sedette proprio in mezzo a noi due.
– Spero che Sam non ti abbia spaventata, chica! Vuoi un marshmallow? –
Annuii con un’aria da ebete, e diedi un morso ad un marshmallow.
– Sei forte! Uno di questi giorni se vuoi ti insegno a surfare!
– Su quale mare, Pepe? – Rispose acido Ignacio.
– Oh, cuginetto adorato! Non ti avevo notato! – Disse scompigliandogli i capelli. – Vedo che ti sono cresciuti dei peletti, finalmente! Zia Consuela temeva di aver partorito una donna, invece che un uomo. – Nacho strinse così forte la busta dei marshmallow che prese fuoco.
Io e Marcelo lo guardammo sbalorditi, ma fummo riscossi dall’urlo di Nacho che aveva le mani completamente ustionate. Marcelo calpestò il sacchetto ed estinse le fiamme, poi accompagnò il cugino nella tenda del pronto soccorso.
Lawrence si sedette al posto di Ignacio, armato di chitarra. – Beh, com’è stato il tuo primo giorno al Campo Aztlán? Ti sei divertita? –
Lo guardai. – Ma certo che mi sono divertita. Chi non amerebbe stare in mezzo ad un branco di disagiati e di piccole psicopatiche armate di fucili a pallini? Un vero spasso.
– Devi scusarci per Sam. Non è mai stata una persona… brava con le presentazioni. – Ed incominciò a strimpellare la chitarra, suonando il ritornello di Knocking on heaven’s door. Il suono assomigliava a quello di un gatto che struscia gli artigli sulla lavagna, ma tutti si misero a cantare. Volevo morire.
All’improvviso l’aria divenne gelida ed il fuoco si spense. Lawrence fece cadere la chitarra, che emise un suono stonato. – TUTTI NELLA BARACCA PRINCIPALE! – Urlò. – QUESTA NON È UN’ESERCITAZIONE! RIPETO, TUTTI NELLA BARACCA PRINCIPALE!
In poco tempo scoppiò il caos: Sam afferrò Steve e lo issò su una spalla come un sacco di patate, mentre Steve urlava: – Qu'est-ce qui se passe?! –.
Ping-Mei radunò dei ragazzi con le piume verdi, Candy afferrò la mano di Godiva e mise in salvo il gruppo dei ragazzi con le piume arancioni. Voltai lo sguardo: sulla collinetta centrale dove risiedeva l’albero totem, intravidi un essere mostruoso. Aveva il corpo simile a quello di una lontra, ma molto più grande; il suo manto era liscio e lucido, nero, come la gomma, pareva molto scivoloso; aveva piccole orecchie a punta, simili a quelle di un cane. All’estremità delle sue arti non vi erano comuni zampe, bensì somigliavano a mani di procioni o di scimmie. I suoi occhi erano piccoli e rossi, come fari insanguinati nella notte. Le sue zanne erano affilate come rasoi.
Ma ciò che mi fece paralizzare dal terrore, fu la coda: la sua coda era dotata di una mano all’estremità, proprio una mano umana. Lawrence si voltò, mi guardò ed urlò: – Febe, scappa! –
Ma io non riuscivo a muovermi. Ero paralizzata dal terrore. Lawrence imprecò, – Maledizione! – e corse verso di me, ma nel momento esatto in cui lo fece, anche Ahuizotl corse nella mia direzione. Le mie gambe ripresero a funzionare; corsi più in fretta che potei. Il mostro stava inseguendo me, non Lawrence. Sentii l’adrenalina entrarmi in corpo, il cuore pompare sangue all’impazzata. Il vento mi sferzava contro il viso, e non riuscivo a vedere bene dove stessi andando. Grandioso, primo giorno da semidea e già stavo per diventare la cena di una lontra troppo cresciuta. Al diavolo il “essere un semidio è davvero straordinario” di Godiva, lei non stava per diventare cibo per mostri!
Pensavo di essere veloce, ma probabilmente non lo ero abbastanza, perché il mostro mi saltò addosso, facendomi cadere in mezzo al campo di mais. Riuscii a tirargli un calcio sul muso, facendo mugolare il bestione di dolore, e con una forza immane, sgusciai fuori dalla sua presa, non prima però che Ahuizotl mi graffiasse sulla gamba. La mano-coda scattò per afferrarmi, ma io feci un balzo all’indietro e pestai la mano del mostro, che ululò di dolore, mentre la sua mano diventava gonfia e violacea. Ripresi a correre, senza voltarmi; il mostro ruggiva infuriato. Avevo l’impressione che dietro di me il campo di mais stesse crescendo più assiduamente del normale.
Ma all’improvviso, inciampai su una roccia troppo sporgente. Come facevo ad essere così sfortunata? Imprecai contro qualsiasi dio esistente.
Ahuizotl stava per raggiungermi anche se le piante di mais lo stavano intralciando visibilmente.
Cercai di rialzarmi, ma la caviglia mi faceva un male pazzesco. Pensai che fosse la fine, per me, quando vidi qualcosa brillare alla flebile luce lunare. Provai ad estrarlo dal terreno, ma più cercavo di tirarlo, più quello sembrava fare resistenza, come se avesse una propria volontà.
Sembrava essere, essenzialmente, una spada in legno, ma aguzzando la vista, notai che sui lati c’erano delle lame di una pietra scura come la pece, ciò che sembrava essere ossidiana.
Il mostro si liberò dalle piante; i suoi occhi fiammeggianti mi puntarono, prese a caricarmi e, con un balzo, cercò di avventarsi su di me. Detti uno strattone ancora più forte alla spada. Era la mia ultima possibilità di salvezza.
All’improvviso i palmi delle mani incominciarono a bruciarmi, le falangi mi formicolarono, mi sentii rinvigorita di un’energia sconosciuta, come se stare in mezzo a quel campo mi stesse ricaricando le batterie. La spada non mi sembrava che facesse più tanta resistenza, e proprio mentre il mostro era a mezz’aria, riuscii ad estrarla, e con un rapido movimento del braccio scagliai un fendente che tranciò di netto la testa del mostro. Ahuizotl sembrò perplesso per qualche secondo, prima di esplodere in una nuvola di vapore. Mi abbandonai a terra, con la spada ancora stretta nel mio pugno. I capelli erano incrostati di fango ed avevano un colore ancora più osceno di prima. La gamba ferita mi faceva un male pazzesco. Vidi delle torce che si avvicinavano dal campo di mais, la voce di Lawrence riecheggiò nelle mie orecchie, lontana e ovattata, come se lo stessi ascoltando dal fondo del mare.
– Febe? Febe, mi senti? Febe, dove sei? –
Sentii le palpebre farsi pesanti. Poi, il buio mi avvolse.

Nota a fondo capitolo
Siamo stati un po' impegnati in questi ultimi periodi, scusate se non abbiamo postato niente per un po'!
   
 
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