Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    23/06/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando Alexis la mattina scese per prepararsi la colazione li trovò entrambi addormentati ognuno in un lato del divano. La vaschetta con quello che rimaneva del gelato, ormai totalmente sciolto, era tra di loro. Vedendola pensava che al minimo movimento avrebbero rovesciato tutto il liquido appiccicoso sulla pelle nera. Si sporse per recuperarla e cercando di non svegliarli, portarla via da lì prima che facessero danni.
Rimase un po’ a guardarli cercando di capire cosa trovava così strano nel vederli dormire sul divano, eppure era capitato spesso, quando la notte rientrava a casa, che li sorprendesse lì. Li aveva, in realtà, anche trovati in situazioni più compromettenti, ma il più delle volte erano talmente presi da loro stessi da non accorgersi che era rientrata. 
Era proprio quella la cosa strana: dormivano separati. In qualsiasi altra occasione, Kate sarebbe stata sdraiata sul petto di suo padre o lui sulle gambe di lei. Non che li spiasse o li osservasse dormire di solito, ma era impossibile non notare come fossero sempre perfettamente in armonia in contatto tra di loro. Adesso, invece c’era una distanza, quella di tutti gli anni dimenticati da Kate e, per la prima volta, sembrò prendere anche Alexis piena coscienza della cosa e sentirne il peso.
Aveva conosciuto l’allora detective Beckett che era una bambina ed aveva capito che suo padre ne era innamorato da prima che lui lo ammettesse anche a se stesso. Kate le era sempre piaciuta, anche se alcune volte, con la stupidità e l’egoismo adolescenziale, l’aveva detestata per le situazioni in cui suo padre si era messo per colpa sua, rischiando di morire svariate volte l’anno ed aveva rimproverato suo padre e la sua ostinazione a voler continuare a giocare a fare il poliziotto per starle vicino. 
Alexis non si era mai sentita gelosa della sua presenza, aveva visto come con lei Rick fosse felice come non lo era mai stato prima con nessuna donna e la stessa Kate le era stata più vicina in molte situazioni di quanto non avesse mai fatto sua madre, aiutandola ed ascoltandola quando ancora tra lei e suo padre non c’era niente più di una collaborazione o un’amicizia. Quello che Rick non aveva mai capito era la paura di sua figlia di perderlo, di perdere il suo unico riferimento familiare, perché Alexis non aveva mai considerato Meredith come tale, più che una madre era la simpatica zia un po’ svitata che ogni tanto veniva e la portava a fare shopping o in vacanza. 

Paura che Alexis aveva avuto ancora di più quando il portiere l’aveva chiamata dicendole che c’erano stati degli spari provenienti da casa sua ma che nessuno rispondeva all’interno. Aveva immediatamente chiamato Esposito per avvisarlo e chiedergli di andare a controllare e chiesto al portiere di chiamare anche i soccorsi. Era arrivata al loft poco dopo i ragazzi e Kevin non riuscì a trattenerla dall’entrare: quando vide Lanie riversa a terra temette il peggio, mentre la donna stava solo cercando di tamponare le ferite di Beckett aiutata da Javier che si stava occupando di Rick in attesa dei soccorsi. Vide suo padre sotto shock ma cosciente e l’unica cosa che si sforzava di dire era ripetere il nome di Kate in continuazione, senza voler lasciare la sua mano ormai inerme. Castle aveva ragione quando le aveva detto che nè lei nè sua nonna capivano fino in fondo il rapporto che lo legava a Beckett. Non capivano fino in fondo cosa volesse dire quando gli aveva ripetuto più volte che senza Kate sarebbe morto anche lui e si arrabbiava con lui sentendo quelle parole: non era forse lei un valido motivo per lui per continuare a vivere?
Avevano temuto tutti il peggio per Kate. Lanie sembrava sconsolata e quando arrivarono i soccorsi andò via con lei. Ad Alexis sembrò di rivedere quella scena di cinque anni prima, ma c’era meno rabbia e concitazione, l’unico sentimento che sembrava aleggiare su tutti era la disperazione. La ragazza sperava che si risolvesse nello stesso modo. Il vero trauma fu però vedere suo padre così. Lo aveva già visto in situazioni critiche ma mai così grave, ferito nel fisico e nell’anima. Proprio quando avevano appena tirato un sospiro di sollievo Alexis si sentì sprofondare di nuovo nel baratro di dover convivere con la loro lotta infinita, una guerra nella quale si era trovato di nuovo immischiato per Kate. Era questo che non riusciva a perdonarle, le sue battaglie che mettevano in pericolo entrambi ed ormai aveva capito che anche se suo padre ne fosse uscito incolume, se fosse accaduto qualcosa a lei sarebbe stato lo stesso, non sarebbe sopravvissuto, almeno non quel Richard Castle adorabile bambinone che era già scomparso in quei giorni in cui Kate lottava in ospedale. Non voleva quel padre, voleva il casinista sognatore che era sempre stato e che gli aveva regalato, malgrado tutto, una vita fatta di favole e fantasia, di giochi e gelati, tenendola al riparo da tutte le brutture del mondo.
Alexis sperava che l’arrivo di questo nuovo bambino, anche in una situazione così difficile aiutasse suo padre a ritrovare la sua spensieratezza e che convincesse lui e Kate, finalmente, a stare il più possibile lontano dai guai, visto che avrebbero avuto anche un nuovo piccolo Castle di cui occuparsi.  

Fece cadere un cucchiaio nel lavandino provocando un rumore rimbombante che fece svegliare immediatamente Rick accendendo subito i suoi sensi troppo vigili. Si guardò intorno e Alexis si affacciò dalla cucina scusandosi. Castle si alzò quando anche Kate stava aprendo gli occhi destata dal rumore. Le sussurrò di non preoccuparsi e che era tutto ok.
Raggiunse la figlia che salutò con un bacio sulla chioma rossa. Controllò l’orario sul timer del microonde e realizzò che avevano dormito veramente poco. 
- Scusa papà, non vi volevo svegliare è che il gelato era sciolto e…
- Tranquilla piccola, è tutto ok.
- Senti papà, i miei amici vanno qualche giorno ad Atlantic City…
- Vai Alexis, tranquilla.
- Sicuro? Anche la nonna sarà fuori per quegli spettacoli a Boston.
- Certo, io e Kate ce la caveremo.
Castle notò la figlia preoccupata, voleva però evitare di chiederle di più con Kate di la che poteva sentirli. Con la scusa di andare a cambiarsi, salirono al piano di sopra e, una volta nella camera degli ospiti, Rick chiuse la porta per parlare con sua figlia da solo.
- Cosa c’è che non va Alexis?
- Sono preoccupata per te e Kate. Nessuno di voi due sta bene, fisicamente intendo. Ed in più adesso siete soli, non siete voi. Vi ho visto prima mentre dormivate, distanti, sul divano. Non lo avete mai fatto.
- Le cose sono diverse adesso. Per Kate è tutto nuovo, non è semplice.
- Mi dispiace tanto papà. 
Rick abbracciò la figlia cercando di non commuoversi. 
- Andrà tutto bene, farò in modo che torni tutto come prima… Con un fratellino o sorellina in più per casa!
- Avevo quasi perso la speranza papà! Hai rischiato di diventare prima nonno che di nuovo papà!
- Ehy Alexis cosa stai tentando di dirmi?
- Niente niente, è solo per dire che data la mia età poteva accadere, no? Quanti anni avevi tu quando sono nata io?
- Faccio finta di non sentire quello che stai dicendo, ok? Non dare il colpo di grazia al mio essere un giovane ragazzo!
Risero entrambi, più rilassati. 
- Papà?
- Dimmi
pumpkin
- Smetterete di rischiare la vita tu e Kate? Non avrai più solo una figlia di cui preoccuparti, ma un bambino che dipenderà da voi. Non voglio crescere io vostro figlio perchè voi siete così incoscienti ed egoisti da mettervi in situazioni più grandi di voi senza pensare a lui.
- Alexis, te lo assicuro, non succederà.

Si cambiò realmente e tornò da Kate, ancora sonnecchiante sul divano.
- Come è andata la conversazione con tua figlia? - Gli chiese prendendolo in contropiede appena seduto.
- Bene ma…
- Sono sempre un detective, Castle!
- Sei un capitano, Beckett!
- Ops, già!
- C’è qualcosa che vuoi fare oggi?
Kate si incupì e si voltò respirando profondamente. Si mordeva il labbro ed era chiaro che c’era qualcosa che la turbava ed avrebbe voluto dire a Castle, ma si teneva dal farlo. Si portò la mano sul collo e sul petto, massaggiandosi bruscamente.
- Kate… vuoi andare da tua madre, vero?
- Come lo sai?
- Potrei dirti che sono un mago o che ho dei super poteri. Oppure che ti conosco, che so che quando hai quello sguardo malinconico e ti porti la mano sul petto cercando la collana con l’anello che non porti più è perchè pensi a lei. Scegli tu quale versione ti piace di più di me, andranno bene entrambe.

L’autista li aveva lasciati davanti all’entrata del Green Wood più vicina alla tomba di Johanna Beckett. Kate, accarezzando continuamente la collana con l’anello che aveva rimesso al collo, percorreva sicura la strada per arrivare lì e quando fu davanti alla lapide ebbe la strana sensazione di essere nel posto più vicino ai suoi ricordi. Castle rimase inizialmente qualche passo indietro, poi la lasciò sola. Sapeva che ne aveva bisogno. Era andata lì per cercare il calore e l’abbraccio della madre e lui non voleva turbare quel loro momento con la sua presenza.

Kate rimase in piedi, immobile, con la testa bassa fissa su quelle lettere incise “Veritas omnia vincit”. Le avevano detto che lei aveva trovato quella verità che ora non conosceva più. Si sentì defraudata dal destino anche di quello, di quella voglia di giustizia e di rivalsa che l’aveva spinta ad entrare in polizia, a lottare ogni giorno per fare in modo che nessuna delle famiglie dei suoi casi si trovasse mai nella sua situazione, di cercare per anni una verità nascosta e insabbiata, perché nessuna famiglia brancolasse nel buio senza sapere perché un loro caro fosse stato ucciso, aggiungendo rabbia al dolore. 
Avrebbe voluto sapere se era vero che la verità faceva stare meglio, se alleviava un po’ il dolore lacerante che aveva dentro oppure erano solo frasi fatte. Sperò di averla sempre resa orgogliosa con le sue scelte, di non aver mai fatto nulla per deluderla e di non aver mai tradito quei valori che le aveva insegnato, nemmeno per cercare la sua verità.

Pensò a tutto quello che sua madre era stata per lei, tutto quello che le aveva insegnato, tutte le volte che l’aveva protetta dal mondo e tutte quelle in cui l’aveva lasciata andare per la sua strada, per fare le sue piccole e grandi esperienze. Ricordava la sensazione di pace nelle sue braccia quando era piccola e faceva degli incubi e Johanna veniva a consolarla, si sentiva protetta da tutto, che nessuno potesse farle del male perché c’era la sua mamma a proteggerla. Pensava alle sue parole che le diceva quando tornava a casa dopo qualche delusione a scuola o con gli amici e si sentiva di pessimo umore, Johanna trovava sempre le parole giuste per restituirle la serenità e l’autostima, per farla sentire forte e prepararsi per la prossima sfida e affrontare chi l’aveva fatta soffrire. Crescendo sua madre era diventata la sua migliore confidente, dalle delusioni sentimentali, all’entusiasmo per un nuovo amore, alla soddisfazione per essere stata ammessa alla Stanford per studiare legge come Johanna. Era da lei che si rifugiava dopo ogni litigio con suo padre, più severo ed intransigente che non capiva le intemperanze della sua adolescenza con quella trasgressione tipica di chi ha già un carattere forte, quella sua voglia di vivere e di divertirsi tipiche dell’età, quella voglia che non ricordava di aver più avuto dopo quella maledetta notte. Pensava a quante altre cose avrebbe voluto condividere con sua madre, di quanti altri consigli avrebbe avuto bisogno, di quanti altri abbracci consolatori, della sua mano sulla spalla quando la vedeva guardare fuori dalla finestra della sua camera assorta nei pensieri, mordendosi il labbro mentre lei si avvicinava silenziosa diceva “Andrà tutto bene Katie” senza sapere cosa la preoccupasse, ma glielo diceva lo stesso, perchè sapeva che ne aveva bisogno. 

Kate pensò che tra poco sarebbe dovuta diventare lei tutto questo per un’altra persona.
Per suo figlio.
Si sentì inadatta ed impreparata.
Era lei che avrebbe avuto ancora bisogno di essere figlia, di avere sua madre a dirle ancora che sarebbe andato tutto bene, soprattutto in questo momento dove letteralmente non sapeva cosa fare, non sapeva più chi fosse. Come avrebbe fatto ad essere una madre a dare quel sostegno, quei consigli, quella consolazione che cercava disperatamente anche lei? Si sentì sopraffatta da una tale responsabilità, dall’idea di essere lei il punto di riferimento di qualcun altro che sarebbe dipeso completamente da lei. Pregava sua madre di darle il coraggio per riuscire ad essere lei stessa una buona madre, di trovare la forza per riuscirci perchè non si sentiva all’altezza per affrontare una tale responsabilità. Portò una mano sul suo ventre, in un gesto che inconsapevolmente si trovava a fare sempre più spesso, alzò la testa verso il cielo, poi chiuse gli occhi e lasciò che alcune lacrime scendessero silenziose mentre continuava a pensare a lei. “Mamma dimmi che andrà tutto bene”.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Castle era tornato e la stava osservando da qualche minuto. Non voleva spiare un momento così privato, ma era passato già molto tempo da quando erano lì ed aveva paura che si affaticasse troppo. Quando poi l’aveva vista toccarsi il ventre, ebbe paura che si sentisse poco bene, e la sua natura iperprotettiva prese il sopravvento sulle buone intenzioni di riservatezza e andò da lei.
- Kate, stai male?
Si voltò quasi stupita di vederlo. Castle vide le lacrime che avevano rigato il suo volto. Gliele asciugò e poi la avvicinò a se. Kate voleva resistere, era stufa di farsi vedere da lui sempre così debole e fragile, ma non ci riuscì. Si lasciò prendere come una bimba tra le forti braccia di Rick mentre lei continuava ad accarezzare la sua pancia che cominciava a diventare più rotonda.
- Andrà tutto bene Beckett. Sei preoccupata per il bambino, vero?
Kate alzò lo sguardo a guardarlo ed annuì sospirando.
- Sarai la madre migliore che mio figlio possa avere, non ho alcun dubbio.
- Smettila Castle. Non so niente nemmeno di me, come posso essere una buona madre.
- Sai tutto ciò che è necessario sapere per esserlo. Tutto quello che tua madre ti ha insegnato, quello che sei. E poi sono sicuro che ricorderai tutto. Andrà tutto bene.
Kate non credeva nel destino e nei segnali dal cielo. Non credeva a queste favole, non più, da tanto tempo, però quel tocco e quelle parole di Rick le sembrarono la risposta di Johanna alle sue preghiere. Doveva affidarsi a lui adesso?

Non si dissero più una parola per tutto il viaggio di ritorno al loft. Kate era solita chiudersi in quei silenzi nei quali la sua mente vagava in cerca di qualcosa che non riusciva ad afferrare. Cercava furiosamente dei ricordi che non trovava, esaminava ogni situazione cercava un indizio in ogni cosa che vedeva. Le sembrava di condurre un’indagine sulla sua vita e quando non cercava indizi del suo passato provava a capire il suo presente, le emozioni contrastanti che provava, quel suo non riconoscersi in tante cose che faceva, prima tra tutte la vicinanza che aveva instaurato con Castle: si ripeteva spesso che era normale, in fondo lui era suo marito, ma sapeva che non era quello, perché lei il Rick versione marito non lo ricordava. Si stava proprio affezionando a quell’uomo che l’aveva raccolta come un uccellino caduto dal nido e la stava accudendo con un amore incondizionato. Sentiva che era legata a lui in qualche modo ma aveva paura di confondere la gratitudine con altro e non se lo sarebbe potuta permettere, non sarebbe stato giusto per nessuno dei due.
Rick dal canto suo si forzava per rimanere anche lui in silenzio, non era nel suo carattere, lui parlava, sempre. Ma in quelle settimane aveva imparato a rispettare la solitudine che Kate cercava anche in sua presenza, isolandosi nel suo silenzio. Non l’avrebbe mai voluta vedere così, non voleva che si estraniasse, ma la lasciava fare, perché pensava che ne avesse bisogno per mettere insieme tutti i pezzi e le informazioni delle quali era continuamente sovraccaricata. 

Quando arrivarono a casa trovarono Alexis ad aspettarli, con una grande busta gialla in mano.
- Esposito ha detto che gli devi prestare la Ferrari per almeno un mese adesso. - Disse la ragazza consegnandogliela
- Me lo ricorderò
Kate era andata subito in camera, lasciando padre e figlia da soli. Parlarono un po’, della sua partenza per Atlantic City con gli amici e di altre cose senza molto significato. Castle era ansioso di andare da Kate, ma capiva che doveva dedicare del tempo anche a sua figlia.

Bussò alla porta della loro stanza, Kate lo invitò ad entrare era seduta sul letto, appoggiata allo schienale e faceva roteare tra le mani l’anello di Johanna.
Rick si sedette vicino a lei e le diede la busta che aveva portato Esposito. La aprì, tirò fuori il contenuto. Un fascicolo della polizia di New York.
- Castle come fai ad averlo qui?
- Me lo sono fatto portare da Esposito. Gli devo prestare la Ferrari per un mese. - Disse Rick come se fosse lo scambio più naturale del mondo - Leggi Kate, leggi quello che tu hai scritto. Quello che tu hai fatto. Ci sono le tue relazioni su ogni cosa che hai fatto in questi anni per arrivare a William Bracken.
- William Bracken? Il senatore?
- Lui. Qui c’è tutta la verità. Montgomery, Raglan, Simmons, Lockwood, Coonan, McAllister, Maddox. C’è tutta la storia Kate, tutta. E se hai altre domande, se vuoi sapere altro ci sono io. Abbiamo vissuto tutto insieme.
- Hai detto Montgomery, cosa c’entra Roy in tutto questo?
- Quando tua madre è stata uccisa lui era uno degli agenti corrotti che lavorava per Bracken. 
- No… Roy… lui… mia madre… - Come poteva Roy essere coinvolto in questa storia? L’aveva tradita? Si era affidata a lui per anni.
- No, Kate… Poi ne è uscito e quando ti ha conosciuto l’ha visto come un segno del destino, proteggerti come non aveva potuto fare con tua madre. Eravamo lì quando è stato ucciso, mi ha costretto a portarti via con la forza per salvarti la vita.
- È morto per colpa mia…
- No, è morto per delle scelte sbagliate che aveva fatto nel passato a cui ha voluto porre rimedio. Non è colpa tua Kate…
Le mani di lei tremavano nel tenere il fascicolo, Rick appoggiò le sue su quelle di Kate, erano tanto più grandi che le mani di Beckett sparirono.
- Devi conoscere la verità Kate, è giusto che tu la conosca. Io ti aiuterò, ripercorrerò con te passo passo tutte le indagini se vuoi, ma devi sapere. Oggi hai messo di nuovo la collana di tua madre. Erano anni che non lo facevi. Ce la fai Kate? Io sono qui con te. Non ti lascio sola, sto con te fino alla fine, come quando lo hai preso.

Fece cenno di sì con la testa e Castle le lasciò le mani. Kate aprì il fascicolo e vide subito quell’immagine che ormai aveva ben stampata nella mente, il cadavere di sua madre abbandonato nel vicolo. Non si soffermò a guardarla ancora, ma cominciò a leggere il primo rapporto su quel caso, quando aveva ricominciato ad indagare con Castle, quello fatto da Montgomery sulla morte di Coonan. Lo aveva ucciso lei, il killer di sua madre, per salvare la vita a Rick. Castle aggiunse che non aveva esitato a sparargli quando lo aveva visto in pericolo, anche se così non gli avrebbe più potuto dire nulla su chi fosse il mandante. Lesse della morte di Raglan, di Maddox, del suo rapimento da parte di Vulcan Simmons fino ad arrivare all’arresto di Bracken. Castle con i suoi racconti completava quello che non c’era nel fascicolo, tutto quello che nelle indagini non poteva essere riportato evitando però di entrare troppo nello specifico su alcune situazioni, senza raccontargli del suo ruolo con Mr Smith, quello che era successo dopo il suo ferimento al funerale di Montgomery e quello che le aveva detto. Kate lesse tutto, fino alla fine, senza fermarsi. Rimasero ore a studiare quel fascicolo e a parlare. Beckett non poteva credere veramente che avesse fatto tutte quelle cose, ma soprattutto che uno scrittore di successo avesse accettato più volte di rischiare tutto per seguirla, avesse messo in gioco più volta la sua vita, la sua carriera e la sua reputazione per aiutarla e proteggerla.
- Perché hai fatto tutto questo Castle? Perché hai voluto riaprire il caso di mia madre? - Kate era un mix di emozioni indecifrabili.
- Perché avevo capito che fino a quando tu non risolvevi questo caso non saresti mai stata veramente felice. Ed io volevo vederti felice. Poi me lo hai detto tu stessa un giorno, che se non trovavi la verità chi aveva ucciso tua madre, non saresti mai stata libera di vivere una storia d’amore normalmente e volevo essere io a viverla con te, esserci quando facevi cadere il tuo muro. E voglio esserci ancora, voglio esserci sempre.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma