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Autore: whitemushroom    23/06/2016    2 recensioni
The Lord of Murder shall perish, but in his doom he shall spawn a score of mortal progeny. Chaos will be sewn from their passage. So sayeth the wise Alaundo.
Una serie di short-fic nate dall'amore di un videogioco che in pochi conoscono. Sperando di attirare qualcuno a giocarci!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Personaggio: Wilson
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertenze: Il Barristan che viene citato nella storia è il mio Bhaalspawn.


Il richiamo della città

L’altro è forte.
Wilson gli si pianta davanti nel bel mezzo del sentiero; l’altro orso lo fissa, poi si guarda intorno e lo fissa di nuovo quando capisce che non vi sono altre vie di fuga e lui non lo lascerà passare oltre. È scontro.
L’avversario si alza su due zampe e ruggisce per spaventarlo, ma su Wilson certe dimostrazioni di forza non funzionano ed è lui il primo a colpirlo con una zampata al ventre. Quello non perde l’equilibrio e con tutto il suo peso –il nemico è più anziano di lui, ma non gli manca la forza- gli viene incontro: affonda le zanne in avanti ma esse serrano solo l’aria quando Wilson si sposta e sfugge alla sua presa.
L’altro è forte, ma non ragiona più ed i suoi occhi sono rossi.
L’altro è forte, ma Wilson lo è di più.
Solleva le zampe e le punta sulle spalle del nemico; ruggisce per convincerlo a fermarsi e lo spinge contro una quercia portandosi via parte del lungo pelo grigio. La sua mole sembra cedere per un istante, poi quello risponde con gli artigli caricandolo a piena forza, una potenza guidata soltanto dall’istinto battagliero. Wilson ne può vedere lo sguardo perso, lo scarso controllo e per lui è facile liberarsi dalla sua presa ed atterrarlo spingendo il proprio peso contro il suo fianco. L’avversario cade nel sottobosco e lui vi si avvicina per immobilizzarlo e farlo ragionare, ma quello per tutta risposta scatta in avanti con la testa e lo morde al collo, serrandogli i denti nel pelo senza alcuna intenzione di lasciare la presa.
Il dolore lo attraversa, ma le fruste degli umani fanno molto più male. Wilson capisce che l’altro non si fermerà spontaneamente quindi stringe di nuovo gli artigli intorno alla testa dell’avversario ancora stretta alla sua. Le zanne nemiche provano ad affondare più in profondità ma falliscono e l’orso grigio cade a terra, ancora battagliero ma con le zanne ed il peso di Wilson ben piantati tra collo e spalle. Ringhia, si divincola con tutta la forza che possiede e continua finché la furia che gli iniettava gli occhi di rosso non lascia il posto ad un abbandono che non appartiene alla famiglia degli orsi.
La pelliccia grigia striata di bianco si ritira e si fa sempre più corta mentre nei punti dove i suoi artigli ne hanno lacerato la pelle il sangue smette di correre e si fa pesto, l’odore pesante svanisce dalle narici di Wilson; lentamente rilascia la presa tenendo solo poco premute le zampe sulla creatura che sta mutando per evitare che possa attaccarlo di nuovo. Ma ciò non avviene e le iridi intrise di sangue riprendono il solito colore chiaro e le zampe si allungano, si distendono, si muovono fino a trasformare i pericolosi artigli in dita sottili e nodose, inoffensive finché non deciderà di abbandonare del tutto la presa su di lui.
A Wilson piace l’uomo dei boschi. Non lo ignora come fa il giovane cavaliere della città, né lo apostrofa con strane parole come fa l’elfa tutta nera. Il vecchio umano parla alla foresta ed agli animali con grande rispetto e Wilson lo ha ascoltato in silenzio quando l’altro gli ha narrato del suo dolore sopito le notti in cui cambiava pelle e correva sotto la luna.
“Hai ragione, amico mio” mormora l’uomo dei boschi. Osserva in modo mesto le proprie gambe senza peli e le proprie braccia, poi si passa un palmo contro la guancia quasi incredulo per ciò che è accaduto. “Mi dispiace non aver ascoltato i tuoi consigli. Ashdale è tutto per me”.
Molti umani pensano che lui sia solo un orso e dunque certe cose non le possa capire: ma la verità è che lui è un orso e dunque certe cose le sa fin troppo bene. Conosce le gabbie e l’odore dei propri bisogni incrostato al pelo, i carri tutti rotti che saltano sulle strade abbandonate, le pantere che si distruggono le zanne per aprire le sbarre e riprendersi i cuccioli che sono stati sottratti loro con la forza. Ricorda la carne verde e piena di vermi e sa che tutti quelli con due zampe chiudono a chiave quelli con quattro perché li divertono, li incuriosiscono o semplicemente li conoscono troppo bene e se ne credono padroni.
L’uomo che cambia il pelo pensa al suo cucciolo tutti i giorni ma parla troppo poco con gli altri uomini. Lui può diventare un lupo feroce ed uccidere in una notte decine di orchi, ma non ha la forza di convincere il resto del gruppo a distogliere la mente dai tesori nascosti sotto le colline di Windspear e tornare nella grande città per rivedere il suo piccolo. L’uomo dei boschi parla solo con Wilson, e questo non va bene.
“Io … devo tornare da lui. Non posso più ignorarlo”.
Per tutta risposta Wilson si pianta di nuovo al centro del sentiero, quel piccolo sottobosco di sassi e spinte che condurrà il vecchio umano, là dove la grande città di Athkatla cattura i maghi selvaggi, taglia le ali agli elfi e tiene il cucciolo chiamato Ashdale lontano da suo padre. E Wilson sa che l’altro non deve andarvi da solo, perché in quei posti la gente mette gli orsi nelle gabbie, li fanno ballare con la frusta e faranno tante cose brutte ad un uomo che può trasformarsi in un orso o in un lupo quando diventa davvero furioso. Wilson conosce pochi umani come quello che gli sta davanti, ma sa che quando i loro cuccioli sono in pericolo smettono di essere calmi e cadono nelle trappole della gente malvagia.
E questo l’uomo che cambia il pelo lo sa. Si guarda i piedi per cercare delle parole con cui scusarsi, ma a Wilson non occorrono parole. Le può lasciare a quelli con due gambe, quelli che le usano anche per fare tanto male, più che con i bastoni: lui preferisce un paio di mani che lo grattano dietro le orecchie o che fanno sparire il dolore delle ferite con la loro strana magia. “Seguirò il tuo consiglio. Parlerò con Barristan e gli chiederò di tornare ad Athkatla, ma se non dovesse accettare …”
Wilson gli viene accanto, scendendo per la via del ritorno. Il suo muso non è come quello degli uomini e quindi non sa ridere, ma serra i denti come fanno loro e lo sospinge verso il loro accampamento improvvisato dove senza dubbio qualcuno si sarà già accorso della loro scomparsa. Sa pochissimo di gente speciale come Barristan, ma non lascerebbe mai da solo un amico nel momento del bisogno.
  
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