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Autore: Jessie    25/06/2016    2 recensioni
La prima cosa che vidi nella frazione di secondo in cui la figura si fermò, improvvisamente, a qualche metro da me, fu una copia venuta male di Edward.
Il millesimo di secondo successivo mi accorsi che era un uomo che non avevo mai visto prima. [..]
«Dove hai preso quell’anello?» domandò all’improvviso guardingo.
Spostai sorpresa lo sguardo verso il punto in cui si era fissato il vampiro. Il diamante incastonato all’anello di fidanzamento della madre di Edward scintillava al tenue riflesso del sole che filtrava appena tra le fronde degli alberi.
«È.. il mio anello di fidanzamento..» mormorai colta alla sprovvista.
«No. Quell’anello apparteneva a mia moglie. »
.
E se il passato di Edward Cullen tornasse a fargli visita in modo inaspettato? A distanza di tre anni dalla nascita di Renesmee, la famiglia Cullen, Jacob, Seth e Leah avranno a che fare con una nuova città, un nuovo branco, un nuovo ibrido, una neo-strega e nuove battaglie..
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clan Cullen, Edward Senior Masen, Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Seth Clearwater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Cap.6
La Storia di Edward Masen

 
«Sono nato nel 1881, a Rockford,Illinois. Non ricordo bene come finii a Chicago con mia madre, ma sono abbastanza sicuro che ci andai da bambino e che mio padre non c’era più. Probabilmente si erano lasciati. Incontrai Elizabeth a diciassette anni e diciannove mi sposai. A vent’anni ero padre,uomo d’affari e diventai presto un avvocato – corsi di apprendistato e studi serali. Mi piaceva contrattare con la gente, e apparentemente, ero molto bravo a convincerla. I clienti dello studio per cui lavoravo erano in aumento, e il mio responsabile mi dava molte opportunità. A volte intraprendevo viaggi lunghi, ma non ero mai stato più in là del Colorado o più a sud della Georgia per lavoro. Non volevo lasciare Elizabeth troppo sola con un bambino.
Quando Edward diventò più grande cominciai a fare più spesso viaggi un po’ più lunghi. Gli affari andavano bene, vincevo sempre le mie cause, così mi proposero questa grossa opportunità oltreoceano. Non sapevo cosa fare. » guardò Edward con aria combattuta «Ero consapevole del fatto che, se tutto fosse andato bene, avrei potuto garantire un nuovo tenore di vita per la te e tua madre.. Ma sapevo che sarebbe stato un viaggio lungo e difficile.. Tua madre era preoccupata.
Alla fine mi convinsi a provare, e, anche se la mancanza di casa era tanta, mi sentii elettrizzato all’idea di arrivare in Europa per la prima volta nella vita, uscire dall’America, vedere il mondo.
Sarei dovuto stare via una decina di giorni – le traversate transatlantiche erano molto lunghe all’epoca -  , concludere l’accordo e prendere la prima nave disponibile per tornare a casa, che salpava cinque giorni dopo la partenza. Conoscevo il cliente, sapevo ci avrei messo molto poco. Normalmente quando si facevano viaggi così lunghi i tempi di ripartenza erano molto più prolungati, per una questione di equipaggiamento e di resistenza fisica. Tuttavia, lo avevo promesso a tua madre: non sarei stato via molto.  
In quelle stesse settimane, immagino, Elizabeth si ammalò di spagnola, e tu con lei. Tua zia Adeline probabilmente tentò di avvisarmi ma la posta ci avrebbe messo un secolo.  Il giorno della mia partenza ebbi un pessimo presentimento: ero molto stanco, ma dovevo tornare a casa.
Fu il viaggio più lungo della mia vita.
Per via del cattivo tempo, inoltre, la nave ci mise tre giorni in più.  Durante la traversata sentimmo che qualcuno dell’equipaggio si era ammalato, e la situazione degenerò molto presto: avendo scelto la prima nave disponibile, sebbene il costo del biglietto fosse molto più alto, le condizioni igieniche e i servizi erano pessimi.  Nel panico generale i metodi di contrasto disponibili si basavano su rosari e strane superstizioni assurde che peggiorarono la situazione e fecero sì che il contagio si espandesse tra i passeggeri, me incluso.  Non capii di aver incubato la Spagnola fino a che non vi trovai.  Mi sentivo debole, ma credevo che dipendesse dal viaggio estenuante: volevo solo sapere cosa fosse successo alla mia famiglia, la febbre mi aveva resto paranoico.
Quando arrivai a casa, non c’era nessuno. I vicini mi dissero che una settimana e mezzo prima eravate stati portati in ospedale con sospetto di epidemia. Adeline era morta.
 Sapevo  bene cosa significava: che forse avevo rimasto pochi giorni da passare insieme a mio figlio e a mia moglie. E sapevo anche che era severamente vietato avvicinare pazienti infetti.  »
Sospirò e tornò a guardare le persone di fronte a lui con aria stanca.
« Sono entrato di nascosto, - nessuno badava un granché alla sicurezza in mezzo a quel trambusto - ho cominciato a cercare Edward ed Elizabeth tra le file dei letti d’ospedale e alla fine trovai Liz. Il suo viso era trasfigurato e ossuto, ma i suoi occhi erano vivi. Mi riconobbero all’istante. Feci per avvicinarmi mentre mi accorgevo che cominciavo a barcollare. Avevo i brividi. Quando arrivai da lei mi gettai in ginocchio senza nemmeno accorgermi come: ero incredibilmente stanco. Ricordo che le presi le mani e che mi disse qualcosa a proposito di Edward che stava male, che era grave - ho ricordi molto confusi.» fece un sorriso affettuoso che sembrò costargli fatica prima di riprendere:« Be’ era tipico di Elizabeth preoccuparsi per gli altri, anche quando le sue condizioni erano a repentaglio.
Non ricordo molto da lì in poi. Mi girava la testa e ci vedevo appannato, probabilmente i medici mi portarono a letto e mi ricoverarono. Da quello che lei dice, dottor Cullen, devo aver perso la lucidità, devo essere peggiorato in fretta. L’ultima cosa che ricordo prima del mio risveglio da vampiro è un dolore lancinante al collo e due voci litigare. Probabilmente urlai, perché sentii qualcosa di freddo tapparmi la bocca fino a farmi perdere i sensi.
Chiunque mi trasformò, mi lasciò lì.
Quando mi risvegliai mi sentii.. Strano. Diverso. Ma incredibilmente forte e vigile. In un primo momento credei di essere guarito. Eppure, risvegliarmi nello sgabuzzino dell’obitorio mi fece rabbrividire: avevo un pessimo presentimento. Tutto era così.. nuovo. Così intenso.
Poco dopo entrò un ragazzo, probabilmente un volontario. Era molto giovane, e portava un vecchio camice usato. Quando mi vide lì, in piedi, quasi gli venne un colpo, ma dal terrore la voce gli si bloccò in gola, perché non urlò affatto. Gli dissi che mi chiamavo Edward Masen, che ero loro paziente, che mi ero ritrovato lì e che ora stavo bene. Mi sembrò turbato e poco convinto, così mi avvicinai dicendogli che probabilmente dovevo essere svenuto e che mi avevano messo lì per errore. Era l’unica spiegazione plausibile anche per me. Mi sentivo più che sano.
Eppure mi accorsi che i miei occhi si fissavano spesso sul suo giugulare, e nelle mie orecchie risuonava un battito, come di cuore. Non riuscivo a distoglierli. Sentivo un odore strano, mi solleticava la gola.
Il medico si accorse che qualcosa non andava perché mi domandò se mi sentivo davvero bene.
Cercando di distrarmi gli chiesi bruscamente se sapesse nulla di mia moglie e mio figlio. Obbedì all’istante, come in una strana trance. » alzò le spalle con gli occhi ritornati per un attimo al tempo presente «Scoprii molto più tardi che quello era il mio dono.»
I nostri occhi s’incuriosirono e lui lo notò perché fece una pausa per spiegarsi.
«Qual è esattamente?» domandò Jasper interessato.
«È una specie di.. ipnosi, a contatto visivo.»
Improvvisamente mi passò davanti agli occhi la faccia di Carlisle nella radura, il suo sguardo vacuo e la voce sonnolenta dopo che Edward l’aveva guardato intensamente..
«Hai.. Chiesto a Carlisle di dirgli la verità nella radura. Lo ha ipnotizzato.» mormorai guardandolo stupita.
Lui subito annuì poi si voltò verso il dottore, intercettando lo sguardo nervoso di suo figlio mentre frugava nella sua mente.
«Mi scusi signor Cullen.. Volevo solo essere sicuro. Quando ha pronunciato il nome di mia moglie e di mio figlio mi sono.. Spaventato» mormorò con aria colpevole, cercando di fare un sorriso di scuse.
Carlisle aveva l’aria pensosa:«Ora capisco perché quel momento di.. stranezza.» poi fece un sorriso «Non deve scusarsi, è stato legittimo e non aveva intenzione di farmi del male.»
Annuì, poi con un sorriso pacato guardò verso di me:«Tu sei uno Scudo invece» disse con semplicità.
Fui sorpresa ed assunsi un’espressione perplessa:«Sì, questo è quello che mi hanno detto.. Ma come..?»
Accanto a me Edward Cullen s’irrigidì accigliandosi:«Non c’era motivo di ipnotizzare Bella»
Suo padre scosse la testa:«Non l’ho fatto, e comunque non avrei potuto» scrollò le spalle «Mi sono preparato nel caso mi avesse attaccato. Ma ho visto che sarebbe stato impossibile. I suoi occhi chiari mi hanno rassicurato sulle intenzioni.»
Edward non sembrò rilassarsi ma non rispose. La sua mascella tesa somigliò tanto a suo padre, nella radura, con Carlisle.
«Con un vampiro comunque, è piuttosto difficile, a meno che non lo si colga di sorpresa. E il fatto che mi nutro.. Quasi sempre, di sangue umano, non è d’aiuto.»
«Con Carlisle ci è riuscito. Dipende dalla sua dieta?» domandò Jasper. Il suo lato da stratega lo rendeva meno taciturno del solito.
«È stato il fatto di prenderlo contropiede, innanzitutto. Ma credo sia piuttosto una questione di forza..Di sangue ecco. L’effetto è debole o nullo in vampiri saturi di sangue umano. Immagino che se mi nutrissi anch’io dello stesso sangue potrebbe essere un po’ più alla pari. La mia teoria è che sia più semplice con vampiri che seguono una dieta animale. Se io mi nutrissi di sangue umano sarebbe facilissimo, su uno dagli occhi come i vostri.»
Emmett aveva un’aria sorpresa ma sembrò sogghignare. Chissà a cosa pensava. Jasper annuì insieme a Carlisle, che aggiunse:«Dunque, stava dicendo a proposito del giovane medico? Le disse quello che voleva sapere?»
«Oh sì. Aveva tra le mani una cartella, una lista dei decessi. Mi confermò che Elizabeth Masen era morta quella mattina, e che Edward Masen Junior era stato portato via quella sera, e compariva tra i nomi delle persone morte. Appena udii quelle parole caddi a pezzi. Il sentimento di perdita sembrava mescolarsi con una strana rabbia, mai provata prima. Nel momento in cui i miei occhi notarono una macchia rossa sul suo camice, mi avventai su di lui.
L’attimo dopo, senza nemmeno capire come, mi ritrovai con il suo corpo dissanguato tra le mani.» fece una pausa con occhi persi nel vuoto, ma con un fremito sulle labbra. Era il viso di un uomo colpevole.
«Quale essere umano avrebbe mai potuto fare una cosa del genere? Ero terrorizzato, così sono schizzato via. Non realizzai nemmeno a che velocità ero sfrecciato tra gli alberi del parco deserto. Fui dietro il giardino di casa mia pochi minuti dopo, sbalordito. Entrai sperando che nessuno mi avesse visto. Ma non sapevo cosa fare, non sapevo chi fossi. Quando arrivai in camera mia e mi guardai allo specchio mi sentii ancora peggio. L’uomo di fronte a me mi assomigliava molto, ma c’erano dettagli che mi fecero rabbrividire, quasi quanto la mia camicia ricoperta di sangue, che mi sgocciolava fin sotto il mento. Avevo degli occhi rossi mai visti, la pelle, la velocità, i riflessi.. Mi convinsi che stavo avendo delle allucinazioni, o che era un sogno. Così mi tolsi la camicia e mi misi a letto. Ma non riuscivo a dormire, ed ero perfettamente in forma. » scosse la testa contrariato «Nemmeno un’ora dopo il tentativo di addormentarmi, cominciai a pensare, a riflettere su tutti i dettagli che ricordavo. Andai nella stanza di Edward e cercai un libro sul folklore che gli avevo regalato. La sete di sangue, il colorito pallido, la forza.. Mi sembrò folle, ma anche l’unica idea possibile, essere diventato un vampiro. L’alternativa era che fossi impazzito, e devo ammettere che non la scartai molto presto. Molte cose non quadravano con quello che leggevo, ma avevo paura. Quando si avvicinò l’alba mi serrai in casa, attento a non far passare un filo di luce: credevo mi sarei sciolto al sole. » cercò di fare una debole risata che si bloccò sulle labbra, come un sorriso di compassione verso se stesso «Restai barricato in casa tutto il giorno e non mi azzardai ad uscire la notte. Avevo paura che avrei aggredito qualcuno. Sapevo però che non sarei potuto restare lì a lungo. La seconda notte provai ad uscire di nascosto, mi coprii per non dare nell’occhio e feci due passi. Stare tra la gente mi rendeva nervoso, così rientrai. Ero sulla porta del retro quando sentii delle voci. Non vedevo nessuno nei dintorni se non delle ombre nella finestra della casa dei vicini. Sentii dire alla Signora Walker che la famiglia Masen era deceduta, che presto avrebbero assegnato la casa ad un imprenditore. Capii che non potevo più restare a Chicago, mi spaventai a morte. Riempii la mia valigia da viaggio di tutte le cose che mi vennero in mente – vestiti, soldi, ricordi, oggetti utili alla rinfusa - e me ne andai la notte stessa. Ho cominciato a viaggiare di notte fino a che non ho scoperto la verità sulla luce. Sono diventato un nomade per un po’. »
«Se n’è andato quasi tre giorni dopo essersi trasformato dunque..» irruppe Carlisle come avesse appena fatto un calcolo importante. Guardò Edward , suo figlio, che annuì con un velo indecifrabile di tristezza sul viso. Tornò su suo padre spiegando:«Quando ti sei risvegliato Carlisle mi aveva appena portato a casa sua e mi aveva morso. Ci ho messo tre giorni per risvegliarmi; dopo che Carlisle mi ha spiegato cos’ero diventato e perché dovevamo andare via, sono passato a casa a recuperare qualcosa.»
«Ed è stata la sera dopo che sono partito.» concluse con aria assente. Quasi colpevole.
 
 
Flashforward
 
«Sono ancora arrabbiata » la sentii mormorare piano, senza grande convinzione. Probabilmente se fossi stata dov’erano Rose ed Emmett non sarei riuscita a sentirla. «Makeda non sarà contenta, lo sai. Ma c’era un Protettore con loro..»
«È il mio sport preferito da più di ottant’anni, farti arrabbiare » fece, un po’ meno vivace del solito.
Uno sbuffo. «Avrei dovuto spezzarti il collo quando ci siamo conosciuti.»
Edward senior ridacchiò sciogliendo l’abbraccio mentre entravano nella penombra creata dalle chiome degli alberi.
«Non gli hai ancora raccontato di Izzy?»
  
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