Anime & Manga > D.Gray Man
Segui la storia  |       
Autore: malacam    17/04/2009    0 recensioni
La luce che ardeva dalla sigaretta illuminò per un attimo il suo volto, impassibile e freddo come catturato da uno spettacolo irresistibile ma al contempo vacuo. L'uomo rimise la sigaretta nel posacenere, e con i polpastrelli sollevò il mento dello skull come per guardarlo in faccia.
Ruotando il volto leggermente verso sinistra lasciò andare il fumo. Poi avvicinò la mano alla fronte del servo del Conte e, disegnando con il pollice una croce, recitò con voce ferma:
“In nomine Patris... et Filii... et Spiritus Sancti...”

[Cross Marian - Speculazioni sugli avvenimenti precedenti la storia originale]
Genere: Generale, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Benedetto il Signore

 

Benedetto il Signore, mia roccia,

che addestra le mie mani alla guerra e le mie dita alla battaglia

 

 

Parte 2

 

Quarantotto ore non furono sufficienti per far cadere il vento, che non smise nemmeno per un attimo di frustare la città. Stalattiti di ghiaccio pendevano dalle grondaie dei tetti. Le strade erano attraversate solo da poche carrozze e i cittadini infreddoliti, coperti da pesanti scialli e bersagliati dall’incessante neve, si spostavano passando velocemente da un portone all’altro.

Marian era in ginocchio ai piedi del letto, un rosario stretto fra le mani poggiate congiunte sulla fronte e i lunghi capelli rossi che non permettevano di vedergli chiaramente il volto.

Scorso sulle dita l’ultimo grano, aprì gli occhi e li alzò leggermente al cielo dicendo:

“…O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto… Poiché tuo è il regno, e la potenza, e la gloria: Padre, e Figlio, e santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.”

Alzatosi in piedi si mise il rosario al collo, e abbottonando l’ultimo bottone dell’elegante camicia di seta immacolata si avvicinò alla grande porta finestra che dava sulla veranda. Prese senza guardare la cravatta dalla spalliera di una sedia, gli occhi occupati a fissare il cielo, cercando inutilmente di seguire il tragitto di un singolo fiocco di neve. Spostò quindi lo sguardo alle cime delle montagne coperte dalle nubi, poi gli fece seguire il pendio, fino a cadere sul campanile della cattedrale a sud della grande piazza. Finì per fissare la propria immagine riflessa nei grandi vetroni e si fermò per un istante, la mano destra a sistemare i capelli e stirare il colletto della camicia aggrinzito dalla cravatta troppo stretta.

Prese dal taschino del panciotto un piccolo orologio e lo guardò: le esili e contorte lancette indicavano le 5 e 12 minuti. Dopo aver passato il pollice sul vetro ed aver rigirato l'orologio tra le dita, in modo da presentarne il retro d'oro verso l’esterno, lo rimise dentro la tasca percorrendo per qualche centimetro la catenella.

Infilò la giacca e dal comò tirò fuori un mazzetto di banconote. Dopo averle sfogliate velocemente, le piegò e se le infilò in tasca.

Passò dall’altro lato del letto e si chinò leggermente sulla gracile figura nuda che lo occupava. Spostò con una mano i lunghi e folti capelli neri e le fissò per qualche secondo il profilo angelico, il viso tondo e il nasino piccolo che faceva da tetto alle sue labbra carnose e rosee che spiccavano sulla pelle pallida e liscia. Sorvolando il mento e il delicato e gracile collo della fanciulla si chinò in avanti, baciandole delicatamente la schiena, un tocco impercettibile ma che scosse l’apparente immobile figura. Le poggiò la mano sui fianchi e la fece scorrere fino ad afferrare l’estremità del lenzuolo  che le cingeva la vita. Osservò i suoi seni nudi muoversi al ritmo del respiro, poi fece scorrere il lenzuolo fino a coprirle le spalle. Dopo essersi riempito i polmoni del profumo dei suoi capelli, scattò verso la porta, prendendo sciarpa e soprabito e mettendosi il cappello in testa. All'esterno, nel grande androne, la sua carrozza lo stava già aspettando.

 

Si adagiò all'interno senza neanche aver abbottonato il cappotto di velluto nero. Estrasse dalla tasca un portasigarette d’argento, il fregio della Dark Religious sul davanti, senza degnarlo di un solo sguardo. Lo aprì e tirò fuori una sigaretta che accese e portò alla bocca mentre continuava a guardare dal finestrino.

La carrozza si avvicinò rapidamente al ponte egizio. Il Generale seguì con lo sguardo la piccola sfinge scura che sorvegliava il passaggio, ammirandone il decorativo copricapo dorato e fissandone gli occhi. Per qualche istante ebbe l'impressione che la sfinge lo seguisse con lo sguardo, ma presto se ne dimenticò, la sua attenzione catturata dall'imponente obelisco che svettava subito a lato. 

La carrozza salì sul ponte. Osservò il fiume, ghiacciato e apparentemente fermo, come tutto in quella città. Sembrava di essere in un mondo illusorio, statico e freddo... ma fu sufficiente il rapido guizzo di un gatto nero, che corse veloce da una sponda all’altra, per riportare il Generale alla realtà. La cosa gli strappò un sorriso.

Il tragitto fu breve, neanche il tempo di finire la sua sigaretta. Quando la carrozza si fermò e il paggio aprì lo sportello per consentirgli di scendere, Cross si trovò davanti al piccolo portico del Teatro Antico. Il rumore dei suoi stivali che riecheggiava sulle pietre della pavimentazione fu coperto dalle pesanti campane della cattedrale di Sant' Isacco che suonarono sei volte; l'ultimo dei rintocchi si disperse mentre il Generale entrava nel teatro per raggiungere il suo palchetto.

 

Lì lo attendeva, seduto di spalle su un'elegante poltroncina, un signore distinto, molto alto, con i capelli lunghi tirati all’indietro. Senza nemmeno girarsi l'uomo allungò un braccio, porgendogli un calice colmo di vino.

“Ben arrivato, Marian…mi sono permesso di ordinare, spero di non averti in questo modo arrecato offesa!”

“Se i tuoi gusti in fatto di vino sono migliorati, no di certo…” rispose sorridendo. Lasciato il soprabito al cameriere prese il bicchiere offerto e si sedette di fianco al suo ospite.

“Ho il nostro ragazzo, come d’accordo…”

“...Quello che voi Noah non riuscirete mai a capire è il momento in cui parlare d’affari o meno…”

Prese un sorso di vino e proseguì. “…tu crea il «suonatore», io creo l’«esorcista»; insegno a te come scegliere il vino, a gustare l’opera. Se entrambi facciamo un buon lavoro, beh... il Conte cade, il Vaticano si annoia e io forse riesco a svegliarmi di fianco alla prima ballerina senza pensare di dover vedere il tuo visino da pagliaccio uscito male, che almeno hai avuto la cortesia di celare stasera, signor Quattordicesimo!”

Il Quattordicesimo sorrise di gusto, trovava molto divertente questo lato spavaldo di Cross. Tornò serio dopo aver notato lo sguardo irritato della signora impellicciata seduta nel palchetto a fianco. Non era il caso di dare troppo spettacolo.

“Credo che Sua Eccellenza il Conte – mimando con le mani le virgolette - sia abbastanza rilassato, vista la situazione... questo ci permetterà una discreta capacità di manovra…”

Il discorso dei due si interruppe bruscamente quando sul palco, sulle note della «Toccata e Fuga in D minore» di Bach, entrarono degli attori vestiti da fantasmi.

Gli artisti volteggiavano sulle assi di legno disegnando delle figure circolari e accompagnando con il movimento delle ampie vesti la principale sonata d’organo, come se ne fossero possedute. Il silenzio della folla, incantata dai giochi di colori e d’armonia del corpo del balletto che simulava l'irrompere delle presenze immonde nel mondo, fu interrotto da un colpo di tosse.

Cross accese un'altra sigaretta. Fissava il palco, ma la sua mente era altrove. Senza spostare lo sguardo si rivolse al Quattordicesimo.

“Disponiamo le nostre pedine. Quando il tuo messaggero giungerà a me, prenderò il testimone…”

Il Noah non distolse per un attimo lo sguardo dalla rappresentazione. La sonata andò in crescendo, le note si fecero veloci, i corpi dei ballerini troppo rapidi... e improvvisamente tutti gli spettatori del teatro sembrarono fissare il loro palchetto, anche se i due occupanti non li degnavano di uno sguardo.

“Allora arrivederci, amico mio.”

Abbozzando un sorriso il Noah si dileguò, lasciando che i suoi abiti si afflosciassero sulla poltrona di velluto rosso.

 

Era appena cominciata la seconda fuga della sonata, una sonata decisamente troppo macabra per una serata particolare come quella. Cross si alzò in piedi e, continuando a guardare il palcoscenico, poggiò le mani sulla balaustra, i suoi occhi fissi in quelli della bellissima prima ballerina.

L’esorcista sorrise vistosamente. Mentre la ragazza continuava a ballare e tenere lo sguardo fisso su di lui, con la sinistra tolse la sigaretta dalla bocca. Uno sparo, un rumore immondo, coprì per un istante la soave musica che continuò a scorrere, mentre la ragazza si contorceva dal dolore al centro del palcoscenico.

Nessuno, fra il pubblico, fece una piega. Continuavano a fissare il palchetto, e Cross continuava a fissare la ragazza finché un enorme mostro con la faccia contorta come da secoli di urla uscì dalla bellissima e vellutata pelle della ragazza ed esplose.

Riportando la sigaretta alla bocca, Cross sollevò all'altezza del viso la pistola bianca che teneva nella destra. L'arma era decorata sui due lati della canna con disegni d’argento che ricordavano dei gigli. 

Judgement.

Rimanendo fermo dov’era, cominciò a sparare e colpire tutti i presenti nel teatro.

Molti vennero raggiunti dai colpi prima ancora di rendersene conto. Altri avevano fatto in tempo a rivelare la loro natura di akuma, ma non abbastanza velocemente da costituire un reale problema.

Le esplosioni continuarono a susseguirsi, facendo crollare parti del teatro. Quando l’ultimo akuma esplose, un denso fumo misto a polvere pervase l’ambiente. Cross abbasso l’arma all’altezza della balaustra, senza poggiarla.

“AMEN”

Rinfoderò la pistola, uscì dal palchetto e riprese il suo soprabito, abbandonato per terra nel corridoio che conduceva alla galleria.

 

Quando mise piede fuori dal teatro il vento si era calmato, e nevicava in maniera soffice e delicata.

Avanzò oltre il porticato fino a che il suono dei suoi stivali non mutò da sordi e secchi tacchettii, a sommessi e cupi scricchiolii di neve.

Evidentemente i tempi erano veramente maturi.

Continuò a passeggiare per le vie della città soffocata dalla coltre bianca. I bagliori delle lanterne, che trapelavano appena dai lampioni coperti di neve, si riflettevano nella Neva che attraversava gli innumerevoli ponti della città. La capitale di tutte le Russie era silenziosa e calma.

Estrasse nuovamente il suo orologio dal panciotto, ma stavolta dovette passarci sopra il dito più volte perché la neve che cadeva si ostinava a posarsi sul suo quadrante.

Il tempo continuava a scorrere.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: malacam