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Autore: S_Austen    26/06/2016    7 recensioni
Bella è una ragazza come tante a cui piace divertirsi con le amiche e che è perdutamente innamorata di un su compagno di scuola: Mike Newton. Una sera le amiche le propongono un nuovo “gioco”: fare un patto col diavolo per conquistare il cuore di Mike. Ma si sa, un cuore per un cuore. Così Bella si troverà a ripagare il proprio debito col diavolo diventando la sposa di un demone e verrà catapultata in un mondo completamente differente da quello che aveva sempre conosciuto, a metà tra una vita sovrannaturale e la sua umanità.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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4 – Il Rito dei Cuori

Kristen fece fare un ultimo giro attorno al mio collo alla lunghissima collana di perle.
Ero seduta alla toiletta mentre mi preparavo per la cerimonia che sarebbe iniziata di lì a poco.
Indossavo un abito d’oro che mi lasciva la schiena completamente scoperta, mentre il pezzo davanti mi fasciava il corpo perfettamente evidenziando le mie forme e facendo brillare la mia pelle di riflessi dorati e si allacciava con un nastro dietro il collo, la gonna era fatta di leggerissimi veli semitrasparenti che lasciavano intravedere le mie gambe e i piedi erano scalzi. Il resto erano tutti gioielli: collane di perle ed oro, decine di anelli su mani e piedi, bracciali dorati ai polsi e alle caviglie ed i miei capelli tenuti legati in un’elegante crocchia in cima alla testa ed erano intrecciati a pietre, oro e perle.
Mi schiarii la voce arrochita dal nervosismo < Perché tutto quest’oro?>
< L’oro è il colore dei matrimoni nel nostro mondo, come il blu è il colore delle incoronazioni e il bianco quello dei funerali.> mi rispose tranquillamente Kristen continuando ad infilare anelli alle dita dei miei piedi.
< Ricordate Mia Signora, state sempre al fianco del padrone, non rivolgete mai la parola ad un invitato se non è strettamente necessario, in caso contrario sarà Sir Edward a parlare al posto suo, tenga sempre lo sguardo dritto ma non incrociatelo con un degli invitati e soprattutto non soffermatevi troppo a guardarli … questo in particolar modo se si tratta di un maschio, dovete sapere che i Demoni Reali non apprezzano quando le loro compagne si interessano ad altri uomini, di solito finiscono con l’uccidere l’uomo perché la loro compagna gli ha sorriso o lui l’ha guardata per un istante di troppo. Non farebbe bella figura il padrone se si infuriasse la sera del vostro Rito per uno scatto di gelosia perciò le consiglio vivamente di non provocarlo.>
< E per il Rito come mi devo comportare?>
< È semplice, quando arriverà il momento del Rito lei ed il padrone vi inginocchierete l’uno di fronte all’altra e lei verrà spogliata della parte superire dell’abito. Non temete, non dovrete muovervi ne tentare di coprirvi perché sarebbe segno di maleducazione e ripudio verso il vostro consorte. La Grande Sacerdotessa benedirà la Lama Sacra, poi prima il padrone e poi lei userete il pugnale per aprirvi il petto e tagliare a metà il vostro cuore per donarlo all’altro. Metterai la tua metà di cuore sul piatto d’argento che ci sarà tra voi due e quando entrambi avrete il petto aperto potrete prendere la metà del vostro compagno e sostituirla alla vostra mancante. Poi, quando il petto verrà richiuso la Grande Sacerdotessa Suprema vi benedirà e il Rito si suggellerà con un bacio pubblico.>
< Ma … ma non morirò dissanguata quando mi aprirò il petto?>
< Si se lei non verrà riconosciuta dalla Lama Sacra come la sposa adatta al padrone.>
< E c-capita spesso?>
< Purtroppo si. La maggior parte degli accompagnamenti li si fa per averne un guadagno ma Makenna non tiene conto dei soldi, ma solo del vostro cuore. Perciò se vi riterrà indegni di essere accompagnati ucciderà uno dei due, solitamente il più malintenzionato tra voi.>
Cominciai a sudare freddo.
Io non amavo Edward, anzi, avevo tentato di ucciderlo nel sonno! E se Makenna non mi ritenesse degna? E se mi uccidesse?
< Mia Signora, è pronta.> annunciò Kristina rialzandosi in piedi e distogliendomi dai miei macabri pensieri.
< Oh … si … eccomi …> borbottai alzandomi a mia volta.
I piedi mi erano guariti, era bastato qualche impacco di foglie e nel giro di poche ore non avevano neanche un graffio.
Kristen mi fece strada fuori dalla mia stanza e giù lungo la grande scalinata che portava al piano terra dove già si poteva sentire la musica e il vociare degli invitati. Infine mi ritrovai di fronte alle grandi porte per la sala dei ricevimenti.
Due imponenti statue di pietra che raffiguravano due guerrieri ai lati della porta all’improvviso si mossero e spalancarono i battenti.
Appana la porta si aprì nella sala calò il silenzio, mentre tutti si voltavano a guardare nella mia direzione.
Con la coda dell’occhio vidi che Kristen se n’era andata, lasciandomi sola.
Dall’altra parte della sala, seduto sul suo trono imperiale, al centro degli altri sei scranni, c’era Edward con l’aspetto di un demone ma pur sempre bellissimo e letale.
Indossava dei bracciali e delle spalliere in oro finemente decorati, il petto era nudo per sfoggiare il torace muscoloso e gli addominali scolpiti, indossava dei pantaloni di seta dorata tenui in vita da un’alta cintura d’oro incastonata di pietre preziose che gli arrivava all’ombelico ed indossava dei pesanti stivali di pelle. Le corna ricurve erano decorate da anelli d’oro e persino le grandi ali nere da pipistrello erano state decorate con placche d’oro sulla parte ossea , mentre centinaia di catenelle dorate e diamanti ricadevano sulla sottilissima membrana.
Quando la sala si accorse della mia presenza si fece immediatamente silenziosa e tutti guardarono verso di me che lentamente avanzavo a testa alta senza guardare nessuno se non Edward che, dall’altra parte della sala, mi sorrise mostrandomi le enormi zanne ed allungò una mano come ad invitarmi ad avvicinarmi a lui.
Quando gli fui davanti titubante gli presi la mano e lui con uno scatto velocissimo mi fece sedere sulle sue gambe, avvolgendomi la vita con un braccio. Arrossii prepotentemente a quel suo comportamento così intimo davanti a tutta quella gente.
Mi guardai attorno incuriosita dalla folla ammutolita che ci guardava con altrettanta curiosità.
Per primi guardai chi occupava i sei troni: erano tutti della stessa specie di Edward, col fisico forte ed atletico, le zanne e gli artigli, le grandi ali da pipistrello e le corna da muflone.
Poi il resto degli invitati erano uno più strano dell’altro: c’erano uomini dalla pelle blu, verde o viola, altri con sembianze quasi più animalesche che “umane”, altri erano uomini inquietantemente belli o donne talmente sexy da far perdere la testa a chiunque. C’era chi aveva le coda, chi le corna, chi le ali o le zanne, chi aveva centinaia di occhi e chi uno solo, c’era persino chi non era possibile capire quante braccia avesse.
Edward batté infastidito le mani e subito la musica ricominciò e pian piano gli invitati tornarono a ridere, mangiare, danzare o chiacchierare.
< Stai bene?> mi sussurrò Edward all’orecchio.
< Non lo so …> biascicai.
Una sua mano scivolò su una mia gamba accarezzandola con lentezza per tutta la sua lunghezza e poi risalire < Sei bellissima.> soffiò sul mi collo, ed inaspettatamente sentii la sua lingua seguire la linea della mia giugulare.
< G- grazie.>
< Hai fame?>
< Si … un po’ si.> ad dir la verità avevo lo stomaco totalmente chiuso ma mi aggrappai a quella scusa nella speranza che smettesse con quelle provocanti effusioni.
Lui mi sorrise e mi porse una delle sue mele rosse.
Feci per allungare una mano e prenderla ma lui la allontanò, rimisi giù la mano e lui avvicinò la mela alla mia bocca. Compresi cosa voleva farmi fare ed arrossii ancora di più.
< Non voglio essere imboccata!> borbottai distogliendo lo sguardo e puntandolo su un punto qualsiasi della sala.
< Perché no? Da questa sera e per il resto della nostra esistenza mi prenderò sempre cura di te, tanto vale iniziare ora.>
< Non davanti a tutta questa gente, è imbarazzante.>
< Tutta questa gente si aspetta che noi facciamo di molto peggio di imboccarci.> disse malizioso.
Mi voltai a guardarlo scandalizzata < Beh, mi dispiace per loro ma non avranno nessuno spettacolino!>
< Sono perfettamente d’accordo con te; anche perché voglio essere l’unico a vederti nuda, mentre urli il mio nome in preda al piacere. Qui di fronte a tutti sarebbe poco intimo.>
< Non ci credo che tu l’abbia detto...> mormorai a bocca aperta.
< Cos’ho detto di così strano? Infondo per il mondo umano noi siamo già sposati, mentre per il mondo demoniaco lo saremo tra pochissimo, però sei già mia da quasi quattro anni, ho aspettato fin troppo per averti.>
< Ma … ma … non puoi! Io non voglio! Tu non puoi costringermi a venire a letto con te!>
< Uff! Devo ancora ripeterti che hai firmato un contratto dove sei mia di diritto? E anche se così non fosse non mi ci vorrebbe nulla per costringerti con la forza a donarti a me, ma per tua fortuna non è il mio stile.> avvicinò le sue labbra al mi orecchio e in un soffio caldo aggiunse < Io non ti costringerò a far nulla, sarai tu a cadermi tra le braccia.>
Mi si seccò la gola < Che spaccone.> borbottai indignata.
Lo sentii ridacchiare sorpreso < Come mi hai chiamato?>
< Spaccone. Tu sei un gran spaccone!>
< Spaccone … è un termine del tuo mondo, vero? Vuol dire che rompo le cose?>
Rimasi interdetta al suo non comprendere certi termini così … così basilari per me.
< No, “spaccone” significa …> ci pensai su < una persona boriosa e che si da delle arie, ti credi chi sa chi, ecco!>
Lui mi guardò per qualche istante come se fossi impazzita, poi scoppiò in una sonora risata che fece voltare molte teste verso di noi.
Volevo sprofondare.
< Eh no, hai sbagliato persona!> disse indicandomi una donna seduta su uno degli scranni – l’ultimo a sinistra –, uno dei Sette. Stava ascoltando distrattamente un uomo che le parlava nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione ma lei non faceva che osservarsi le unghie. Era bella, con i lunghi capelli castani raccolti in un elaboratissima e vistosa acconciatura e l’elegante abito di seta, piume di pavone e gioielli.
< Lei è Clarissa Pride, il demone dell’arroganza. Se vuoi accusare qualcuno di essere uno “spaccone” – come dici tu – dillo a lei, ma non certo a me.>
< Tu sei il demone dell’avarizia, giusto?>
< Si, Edward Avarice, l’avarizia fatta persona.> ghignò, poi si chinò sul mio orecchio e con un ruvido sussurro aggiunse: < E tu sei la mia Isabella Avarice, farai bene a ricordartelo.>
< La smetti di ripeterlo che sono “tua”?> sbuffai infastidita.
< Solo se tu la smetti di negarlo e non fuggirai più.>
Sbuffai ancora, irritata, ma non risposi sapendo che ogni mia protesta controbattuta sarebbe stata inutile.
Prese la mela tra i denti e avvicinò il suo volto al mio come ad invitarmi a prenderne un morso anch’io.
< Stai facendo sul serio?>
Lui annuì, gli occhi accesi di divertimento e lussuria.
< E cosa ti fa pensare che io starò al tuo gioco?> gli chiesi retorica e un lampo di malizia illuminò i sui occhi verdi.
Improvvisamente il mio corpo fu avvolto da un piacevole e al tempo stesso fastidioso torpore, come quando vai dal dentista e ti anestetizzano il palato.
Provai a muovermi ma il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi. Avvicinai lentamente il volto a quello di Edward che continuava a guardarmi intensamente negli occhi, concentrato.
Maledetto! Avrei voluto ritrarmi ma quel torpore me lo impediva.
Le mie braccia avvolsero il suo collo in un dolce abbraccio, schiacciando il mio petto col suo e poi addentai la mela che lui mi stava porgendo con le sue labbra. E sebbene la situazione non fosse proprio adatta non potei non pensare che quella mela era davvero squisita, fresca, dolce e succosa.
Fu solo in quel momento che ripresi il comando del mio corpo, eppure non mi ritrassi subito, anzi, rimasi lì, avvinghiata a lui ad assaggiare quella succulenta mela.
Isabella Swan! Che cazzo stai facendo?
Arretrai di scatto, talmente velocemente che quasi mi feci male al collo.
Edward divorò in un sol boccone l’intera mela e poi mi sorrise mostrandomi i sui denti aguzzi.
Schioccò le dita e subito apparve uno dei camerieri pallidi e dagli occhi spenti. Ma da dove era uscito?
< Franz, porta subito dei dolci per la mia Isabella.>
< Subito Mio Signore.> e con un veloce inchino sparì nell’aria.
< Oh mio Dio! Dov’è andato?>
Edward ridacchiò e mi strinse un po’ più forte < Lui, come tutti i domestici di questa casa, è un fantasma.>
< Un che? V- vuoi dire proprio … proprio un fantasma? L’anima di una persona morta?>
< Si, sono anime che non hanno trovato la luce e io le ho prese e lo ho messe al mio servizio relegandole in questa villa per servirci.> spiegò tranquillamente prendendo un’altra mela < Davvero non te n’eri ancora accorta?>
< Anche Kristen è un …?> non riuscivo neppure a dirlo.
< Si, come Franz, Elza, Christopher, Albert, Lucilla, Mary, Charlotte e tutti gli altri.>
Mi lasciai andare sul suo petto come su uno schienale di una sedia borbottando uno shoccato:
< Ecco a voi i vostri dolci, Mio Signore.> disse Franz ricomparendo con un carrello stracolmo di ogni dolce possibile ed immaginabile.
Se prima credevo che dopo quell’ultima informazione mi fosse passato l’appetito, dovevo ricredermi! Tiramisù, apple-pie, sorbetti, torte alla crema e al cioccolato, torta ai frutti di bosco e creme brulé … oh la creme brulé!
< Oh Dio! Posso prendere?> chiesi trepidante come una bambina in un negozio di dolciumi.
< È tutto tuo, mia amata. Non posso mica farti mangiare solo mele per tutta la nostra esistenza.>
E prima ancora che finisse di parlare mi fiondai a prendere la creme brulé.
Appena misi in bocca il primo cucchiaino fu come un’esplosine di felicità e meraviglia per le mie papille gustative.
Mugolai di piacere < Oh … quanto amo la creme brulé!>
< Ah! Ami un dolce, ma non ami tuo marito?> si finse offeso Edward … ma effettivamente era così.
< Si! La creme brulé è dolce, delicata, invitante, con questo contrasto di caldo e freddo che ti manda in estasi … tutto il contrario di te!>
Wow, e la creme brulé ti dava pure coraggio!
< Ah si? Ti farò vedere io come posso essere dolce e delicato … ma soprattutto chi sa essere più invitante.>
< Arrenditi, è una battaglia persa in partenza!>
Edward soffocò una risata < Ho combattuto in centinaia di battaglie in entrambi i mondi e non ho mai perso una battaglia e poi vengo sconfitto in amore da un dolce … questa è la sconfitta più umiliante che abbia mai avuto!>
< Ma è semplicemente buonissima! Provala …> provai ad avvicinare il cucchiaino alle sue labbra, ma lui lo allontanò con gentilezza.
< Non posso mangiarla, per me gli altri cibi oltre alla carne umana e alle mele sono come veleno: mi farebbero stare terribilmente male o addirittura morire.>
< Ma non eri immortale?>
< Lo sono, ma un veleno potente, una spada nel cuore o una malattia incurabile possono ancora uccidermi.>
< Ah si?> La fugace idea di fargli mangiare di nascosto qualche mia pietanza si fece strada in me.
< Non ci pensare neanche.>
< Cosa?>
< Lo so che stai di nuovo progettando di uccidermi, ma ti resterebbero solo pochi minuti …> si interruppe, la fronte aggrottata concentrato ad ascoltare qualcosa che io non riuscivo a percepire.
Infine sorrise < anzi credo che Siobhan si a già arrivata.> mormorò.
Appena finì di parlare il portone della sala si spalancò e tutta la sala si fece silenziosa mentre gli ospiti si voltavano verso il nuovo arrivato. Nella sala entrò una donna altissima, la camminata sicura e il volto fiero. Era impossibile dire quanti anni avesse se non per qualche ciocca argentea nei suoi lunghi capelli rossi intrecciati a perline e piume. Era altissima, le spalle larghe e il fisico robusto, era vestita di pesanti pellicce.
Aveva l’aspetto di una selvaggia, ma quel volto, così altero e fiero, nessuna traccia di insicurezza mentre attraversava lo sfarzoso salone pieno di persone che al suo passaggio si dividevano e chinavano il capo al suo cospetto.
Dietro di lei c’era un enorme orso bianco, il muso feroce mentre mostrava le zanne e segnato da terribili cicatrici che costringevano un occhio a ristare chiuso ermeticamente.
Siobhan arrivò di fronte a noi e con un gesto frettoloso chinò il capo ad Edward che fece altrettanto. I due rimasero immobili qualche istante ad osservarsi negli occhi, come se potessero comunicare con lo sguardo … ma a quel punto chi mi diceva che non erano capaci di farlo? Edward fece un impercettibile cenno col capo e Siobhan si voltò verso di me.
Il suo sguardo di ghiaccio su di me mi mise a disagio, mi sentivo nuda di fronte a lei, come se potesse leggermi l’anima. Poi la donna tornò a guardare Edward e fece un cenno affermativo con la testa e lui sorrise. Finora nessuno nella sala aveva osato parlare, il silenzio regnava dappertutto e si sarebbe potuto sentire cadere un capello. Fu Edward ad interrompere quel silenzi carico di tensione e aspettative.
< Benvenuta Siobhan, Sacerdotessa Suprema.> disse facendo a sua volta un cenno col capo, poi guardò me con uno sguardo … imbarazzante < Lei è la mia Isabella, colei che diventerà la mia sposa.> disse presentandomi ed io chinai il capo in un gesto di rispetto.
< Salute a te Edward Avarice, Grande Demone Reale. E salute anche a te Isabella, futura sposa del signore di queste terre.> parlò con una strana accento, poi si voltò verso la sala rimasta in silenzio e spalancando le braccia esclamò: <Nigeb et Etir ide Trahes et tahat!>*
Edward mi fece alzare e ci inginocchiammo sui cuscini ai piedi del trono, uno di fronte all’altra.
Delle splendide ragazze dalla bellezza eterea, fatte di acqua e completamente nude danzarono elegantemente di fronte a noi, fino a quando si inginocchiarono depositando fra noi due un piatto d’argento decoratissimo.
< Deppritt et noiner.>**
Le ragazze fatte d’acqua vennero da noi danzando e lentamente cominciarono a togliermi le decine di collane che portavo e poi slacciarmi la parte superire del vestito lasciandomi il seno completamente scoperto davanti a tutta la sala che ci osservava con interesse.
Avvampai violentemente lottando contro l’opprimente desiderio di coprirmi, Edward si voltò furioso verso la sala e ringhiò minacciosamente contro gli ospiti.
Siobhan estrasse dal fodero un pugnale dalla lama affilatissima e ricurva su cui c’erano incise delle rune di una lingua incomprensibile, l’elsa fatta d’oro e avorio e sulla cima un rubino con su inciso un albero celtico splendeva del colore del sangue.
< Sith zi Makenna, reha nignaseax et trahes!>*** disse la sacerdotessa alzando il pugnale sopra la sua testa.
Chiuse gli occhi e cominciò a muovere le labbra come se stesse recitando un preghiera e tutti stettero ad osservarla in religioso silenzio.
Quando finì la sua silenziosa litania si inginocchiò assieme a me e Edward di fronte al piatto d’argento dove posò con estrema attenzione il pugnale.
< Keta et racres Makenna er nepo ruyo stechy, futere Kohoter er sevigh sih trahe ref sih Ebrym.>**** annunciò e così Edward afferrò con sicurezza l’elsa del pugnale e con gesti lenti e calcolati lo portò al petto.
Puntò la lama al centro dello sterno e premette.
Delle goccioline di sangue uscirono dal taglio che si stava infliggendo, ma poi più niente.
La lama affondò nella carte, oltrepassando pelle, muscoli e ossa, ma neanche una rivolo di sangue ne fuoriuscì.
Il volto di Edward rimase impassibile, ma una lieve contrazione della mascella mi fece intuire che in realtà stava soffrendo.
Poi con uno scatto veloce tolse la lama, si porto le mani alla ferita e con un colpo secco si aprì il petto.
Mi sentivo svenire, la nausea mi invadeva lo stomaco e la testa mi girava vorticosamente.
Resisti, resisti maledizione!
Era uno spettacolo orribile, ma non riuscivo a levare gli occhi di dosso ai suoi polmoni che si gonfiavano e sgonfiavano, la ragnatela di vene piene di sangue blu scuro ed il cuore che pulsava forsennato.
Edward riprese in mano il pugnale e con attenzione comincio a dissezionare il suo stesso cuore. Era come assistere ad uno strano intervento chirurgico, dove paziente e dottore erano la stessa persona.
Poi finalmente finì e il suo ventricolo destro andò nel piatto, ancora miracolosamente pulsante.
Rimise il pugnale sul piatto a fianco del suo cuore e prese un profondo respiro mentre diventava sempre più pallido.
Siobhan si voltò verso di me < Keta et racres Makenna er nepo ruyo stechy, futere Ebrym er sevigh sih trahe ref sih Kohoter.>*****
Non capivo nulla di quell’assurda lingua, ma ripetei i gesti di Edward.
Presi il pugnale e me lo portai al petto, puntai la lama sullo sterno e cominciai a premere.
Inizialmente un dolore lancinante mi fece irrigidire e più la lama affondava nel mio petto più il dolore aumentava. Sentii dei rivoli di sangue scendere lungo il mio ventre e alzando gli occhi pieni di lacrime incrociai gli occhi sgranati di Edward alla vista del mio sangue e un lampo di paura li attraversò. 
Ecco, era la mia ora, Makenna non mi aveva scelta ed ora sarei morta per mano mia, una morte lenta e dolorosa in cui avrei sentito il corpo privarsi piano, piano di ogni strascico di vita, fino all’ultima goccia di sangue.
Poi, come per miracolo, non sentii più alcun dolore, la lama affondava nel mio petto indolore fino a quando non lo aprii dal tutto.
Rimisi al suo posto il pugnale prendendo un profondo respiro afferrai il mio petto squarciato e con un grande sforzo lo aprii in due. Un dolore lancinante mi distrusse, ma trattenni con tutte le mie forze un urlo disperato.
I polmoni bruciavano ed ebbi l’orribile sensazione dei miei organi interni che, per forza di gravità, si rovesciavano fuori dal mio petto rendendomi ancora più difficile la respirazione accelerata.
Edward contrasse la mascella vedendo i miei organi interni che io non osavo guardare.
Con mani tremanti ripresi il pugnale e lentamente lo affondai nel cuore.
E fu allora che accadde quello che non mi aspettavo sarebbe successo.
Nessun dolore, nessuno strazio, solo un immenso piacere, un piacere incomparabile, un disarmante misto tra il piacere sessuale e la pace dei sensi: il nirvana.
Poi, quando la lama incise il mio cuore un’ultima volta tutto finì, e la realtà mi piombò addosso.
Il dolore insopportabile al petto, la difficoltà a respirare, il battito impazzito del mio cuore diviso in due.
Presi la metà di cuore che non mi apparteneva più e la misi schifata sul piatto assieme a Makenna.
Un cuore rosso e un cuore blu.
< Reaph sih trahes, noiner.> ******
Edward prese il mio ventricolo destro e lo mise al posto del suo, dove combaciava perfettamente.
Siobhan prese un sacchettino legato alla sua cintola, lo aprì e ne immerse due dita e quando le estrasse erano sporche di una strana polvere dorata.
Passò le dita dove i due cuori si univano e questi si cicatrizzarono, unendosi in un unico muscolo forte e vivo, che nel giro di qualche istante fuse i due colori diventando viola.
La sacerdotessa prese i lati del costato di Edward e lo richiuse, mettendo in asse le costole e ancora passò le dita intrise della polvere magica che richiuse perfettamente la ferita.
Quando lui ebbe finito toccò a me. Titubante presi la metà di cuore blu e lo misi al posto della metà mancante del mio, Siobhan passò la polvere magica e un lieve bruciore mi infastidì l’organo cicatrizzato, poi come per Edward mi richiuse il costato e lo sigillò.
Siobhan si rialzò in piedi e si voltò verso la folla alzando le braccia al cielo.
< Et Etir zi revo. Mor nok, linut liw vlie, ye Kohoter er Ebrym.> ******** annunciò e tutta la sala scoppiò in urla di giubilo e applausi.
Le donne d’acqua mi rivestirono ed io potei rialzarmi. Il cu
ore pulsava più forte di prima e ad un ritmo innaturale e una nuova energia mi scorreva nelle vene.
Edward mi attirò a se alzando un pugno al cielo prorompendo in un ruggito vittorioso.
Poi si voltò verso di me e guardandomi con gli occhi pieni di gioia ed esaltazione mi baciò, al lungo, profondamente e con un sentimento inaudito.
Quando si allontanò mi guardò ancora negli occhi e sussurrò: < Y res ruye Kohoter. Eyt res ime Ebrym.> ********


 

*“Che il Rito dei Cuori abbia inizio!”

** “Spogliate gli sposi.”

*** “Questa è Makenna, colei che scambia i cuori!”

**** “Prendi la sacra Makenna e apri il tuo petto, futuro Sposo e dona il tuo cuore alla tua Sposa.”

***** “Prendi la sacra Makenna e apri il tuo petto, futura Sposa e dona il tuo cuore al tuo Sposo.”

****** “Donatevi i cuori, sposi.”

******* “Il Rito è concluso. Da oggi, fino a che vivrete, sarete Sposo e Sposa.”

******** “Io sono il tuo Sposo. Tu sei la mia Sposa.” 

  
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