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Autore: keepcalm    28/06/2016    7 recensioni
Oscar e André, semplicemente. Seguiti, dalla mia insistente ed invadente penna, nelle tappe della loro crescita, come individui e come compagni. Non vedrete una Oscar esageratamente fredda od un André sempre servile: è mia convinzione che, nell'intimità del loro rapporto, lei sia sempre stata più dolce e lui meno accondiscendente. Spero che questa mia piccola avventura a capitoli possa assolvere al compito per cui è fatta: intrattenervi e scaldarvi un po' il cuore. Buona lettura!
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L’aria era profumata e tiepida, segno di una mattina presto di inizio giugno, e tutto il giardino risuonava delle urla e delle risa di due bambini che si allenavano con le spade. Oscar e André avevano trovato quella giusta sintonia dopo un anno di convivenza insieme che faceva sì che il loro maggiore desiderio fosse quello di condividere qualsiasi esperienza l’uno con l’altra: rubare i biscotti appena sfornati dalle teglie non era così divertente senza Oscar, così come festeggiare il Natale, il compleanno e giocare a lanciarsi palle di neve non era tanto speciale senza André. Da subito si erano piaciuti: in lui, lei aveva visto un bambino dall’aria un po’ sperduta e triste; in lei, lui aveva visto lo stesso, nonostante venissero da due realtà completamente diverse.

Si erano riconosciuti, senza sapere il perché o il come; in realtà senza neanche saperlo, almeno non ancora.

E adesso aspettavano solo che il loro rapporto si calcificasse e si modificasse insieme a loro, rimanendo immutato nella devozione, ma entrambi non mancavano di essere un valido sostegno per l’altro, anche solo con la propria tacita presenza o una silente stretta di mano. André voleva così bene a Oscar che non riusciva neanche ad immaginare una vita prima o dopo di lei; Oscar era molto spesso turbata o inquieta ma in André rivedeva la sua pace, se stessa. Tuttavia, anche di questo, ancora non era consapevole. Per ora si limitavano ad impugnare spade giocattolo e a darsela di santa ragione, senza la conoscenza di una solida ed impeccabile tecnica ma con tutta la foga e l’entusiasmo di due bambini di nove e otto anni.
Oscar si impegnava oltremisura e cercava sempre il modo di uscirne vincitrice; non l’avrebbe mai ammesso ma molte volte André la lasciava fare: aveva sofferto così tanto a vederla piangere a causa del padre, dei suoi continui rimproveri su quanto fosse debole che, dopo averla consolata, aveva deciso che avrebbe cercato di non vedere mai più quelle lacrime. Si era sempre sentito in dovere di proteggerla, un po’ perché gli avevano detto fin dall’inizio che quello sarebbe stato il suo compito in quella casa ma soprattutto perché non avrebbe sopportato di vederla soffrire. Era la sua sorellina, sebbene non potesse dirlo a lei altrimenti lo avrebbe fatto a fettine.
Il che già in questo momento le stava riuscendo piuttosto bene dato che continuava a sferrare colpi con la spada con il solo scopo di procurargli un bel livido

“Ehi, Oscar, così mi fai male!”

“Oh, André, non fare la femminuccia, non ti sto neanche sfiorando!” disse, prima di colpirlo esattamente sul ginocchio

“Ahia, e questa come la chiami? Una tenera carezza?” disse mentre si sfiorava la parte dolorante

“Uffa, André come sei piagnucoloso! Sei solo arrabbiato perché, come al solito, ti ho battuto” ribatté con un sorrisetto compiaciuto e provocatorio sulle labbra. André sapeva bene che non lo stava prendendo in giro sul serio, quando gli aveva detto che era un moccioso, ma sapeva invece che a lei piaceva giocare così, provocandolo e iniziando a battibeccare per vedere chi la spuntava. Anche lui si divertiva parecchio

“Sì, ma a me non è mai interessato vincere. Per il momento mi accontenterei di un ginocchio sano!”

“Come se ci credessi! Lo dici solo perché non vuoi dare a vedere che in realtà stai fumando di rabbia” e il nasino sporto all’insù. Gli veniva sempre da ridere quando faceva la finta smorfiosetta
Decise quindi di passare all’attacco e toglierle quel ghigno dalla faccia. Mentre lei si affaccendava a raccogliere le spade e poggiarle ai piedi di un albero, lui le si avvicinò e le si acquattò dietro, senza fare il minimo rumore, e iniziò a solleticarle i fianchi tanto che la poverina si stese a terra e cominciò a divincolarsi come una matta. André le sedeva sopra a cavalcioni e lei prese a lacrimare dal troppo ridere.

D’improvviso sentirono delle gocce piombar loro addosso e, quando si resero conto che sarebbe degenerato in un acquazzone estivo di lì a poco, si rifugiarono nel casino adibito ad armeria. Non erano mai stati lì dentro, perlomeno non da soli, in quanto era loro proibito utilizzare quelle armi, e il massimo a cui potevano aspirare erano le spade di legno. Oscar si aggirava con silenzio reverenziale davanti a quelle pistole, quei fucili e quei fioretti che avrebbe tanto desiderato essere in grado di usare ma purtroppo avrebbe dovuto aspettare l’anno prossimo per poter iniziare il suo addestramento vero e proprio: doveva diventare Capitano delle Guardie Realie e, per riuscire in questo ambizioso intento, avrebbe dovuto lavorare sodo sin da subito. Intanto, André non mancava lui stesso di apprezzare quelle armi: in fondo, si allenava anche lui e avrebbe continuato a farlo insieme ad Oscar quindi aveva una certa conoscenza di quello che gli si parava davanti agli occhi; avrebbe voluto impugnare quel fioretto dall’elsa intarsiata magnificamente e poterlo provare, ma gli era stato detto di non toccare niente lì dentro e lui, essendo solo il figlio della governante, doveva obbedire.
La bambina però non sembrava dello stesso avviso in quanto, avendo anch’ella adocchiato la stessa spada ma facendosi meno problemi del garbato bambino, mandò in barba le regole e la impugnò: era davvero pesante e non sarebbe riuscita a reggerla per molto, figuriamoci a combatterci, tuttavia,  iniziò ad agitarla un po’ maldestramente nell’aria, imitando un duello. André nel frattempo era rimasto con gli occhi sbarrati e la guardava come se fosse pazza o come se avesse bestemmiato, per di più in una chiesa. Quello sguardo non fece che rinvigorire l’ego di Oscar che si sentì come un’eroina, invincibile, perciò, si mise davanti alla finestra, puntò solennemente la spada al di fuori ed esclamò:

“Sai, André, un giorno saprò usare benissimo questa spada, ma talmente bene che sarò la migliore spadaccina di tutta Francia, no, di tutto il mondo! Un giorno mi butterò nella mischia e farò a brandelli i malviventi, quelli che fanno del male alle persone che non lo meritano e che si credono tanto forti. Mi verranno assegnate delle questioni di massima importanza per la Corona ed io le porterò tutte a termine perché sguainerò la mia spada e tutti avranno paura di me e della mia bravura, e sai perché lo so?” solo a quel punto si girò verso il bambino che, ancora con gli occhi sgranati ed incapace di proferire verbo, ebbe solo la forza di scuotere la testa in segno di diniego. Ma lei lo prese come uno sguardo carico di ammirazione e continuò più infervorata di prima

“Perché questo è il mio destino! Così mi ha detto il mio papà!” disse, abbassando leggermente la testa di lato mentre sembrava stesse cercando di ricordare qualcosa, forse di verificare nella sua memoria l’esattezza delle parole del genitore. Allora André capì, gli si dipinse sul volto un dolce sorriso indulgente e le rispose:

“Sì, Oscar, un giorno sarai imbattibile, tutti ti guarderanno con rispetto e tuo padre sarà molto orgoglioso di te. Scriveranno persino libri su di te, sulle tue avventure e…” poi un pensiero lo intristì però proseguì: “…e io sarò il primo a leggerli e mi immaginerò tutto come se lo avessi visto da vicino e...” ma a quel punto Oscar lo interruppe, disturbata da un dettaglio di quella previsione

“E perché non dovresti? Tu sarai al mio fianco, André, li dobbiamo combattere insieme i malviventi e portare a termine le nostre avventure: da sola non sarebbe più divertente! No, io dico che tu verrai con me ovunque io vada perché tu sei il mio migliore amico, vero, André?” il bambino non seppe bene come reagire, fu solo spiazzato da tanta semplicità e tanta tenerezza: adesso faceva meno male la mancanza dei suoi genitori perché sapeva che avrebbe sempre avuto Oscar e la nonna. Sì, lui l’avrebbe seguita dovunque. E perciò glielo disse:

“Sì, Oscar. E tu sei la mia, perciò affronteremo insieme anche le avventure più spaventose del mondo!” ma il diavoletto biondo in quel momento non sembrava soddisfatta

“André, sei proprio sicuro? Perché io ho deciso di iniziare già ora a combattere il male, non posso starmene con le mani in mano! Perciò devo dirti un segreto: ho scoperto un sacco di cose paurosissime, che neanche ti immagini! Prima di tutto: lo sapevi che c’è un mostro che ogni notte si infila sotto i letti e fa fare gli incubi o ti tira i piedi mentre dormi? Non possiamo permettere che giri per casa così e che faccia morire di paura Nanny o qualcun altro, noi li dobbiamo proteggere! E non ti dico di quanti ce ne sono nella soffitta! Lì ce ne sono a centinaia perché quello è il loro covo. Allora avevo pensato che stanotte, quando tutti vanno a letto, noi sgattaioliamo fuori e ci mettiamo all’inizio del corridoio, dietro l’armatura, e aspettiamo che…” e nel mentre, Oscar posò la spada e si sedette con fare cospiratorio vicino ad André, che l’ascoltava affascinato ed elettrizzato al tempo stesso.
Non vedevano l’ora che venisse la notte e avevano già un piano preciso per stanare quel mostro e metterlo con le spalle al muro: gli avrebbero ordinato di non farsi più vedere, una volta imprigionato in un lenzuolo, e se avesse insistito lo avrebbero minacciato con le loro spade, tanto lui era un mostro puzzolente, che ne poteva sapere che erano finte? E così non si accorsero subito nelle loro elucubrazioni che aveva smesso di piovere e che un timido sole indugiava nelle fessure delle ormai candide e sempre più rade nuvole. Oscar fu la prima a rendersene conto e si alzò di scatto, precipitandosi fuori dal casino: chiuse gli occhi e inspirò forte perché le piaceva tanto l’odore che tutto aveva quando la pioggia finiva. Poi li riaprì, e quello che vide la lasciò senza fiato:

“André, corri, hai visto! André, muoviti, che ha smesso di piovere, dai, vieni a vedere!” il bambino accorse e restò a bocca aperta anche lui: un enorme, gigantesco, infinito e bellissimo arcobaleno si stagliava proprio sopra le loro teste ed era talmente grande e talmente vicino che potevano tranquillamente intuirne la fine, che stava proprio aldilà del palazzo, più o meno nei pressi del laghetto dove loro andavano sempre

“Stupendo!” riuscì solo a dire, mentre rimaneva impalato con gli occhi attaccati al cielo. Ma ci pensò Oscar a risvegliarlo dal suo torpore:

“Sbrigati, André, che fai lì fermo, dobbiamo subito andare laggiù, dove finisce l’arcobaleno, prima che sia troppo tardi!”

“E perché?” la bambina sembrò molto infastidita

“Come? Non lo sai? Alla fine di ogni arcobaleno c’è una pentola d’oro con dentro tanti tesori a cui fanno la guardia dei folletti!”

“Davvero? E chi te l’ha detto?” chiese leggermente scettico. Oscar rimase delusa da questa reazione

“Me lo ha detto Nanny! E ho anche controllato sui libri che abbiamo in biblioteca, proprio sul mondo dei folletti e degli gnomi! Ma se non mi credi, rimani pure qua e aspettami, però non ti darò neanche un pochino del tesoro!”
André sembrò rifletterci un attimo ma poi si lasciò convincere, soprattutto dato che la bambina si era lanciata verso di lui con la spada di legno stretta nella mano destra e, con un improvviso balzo, gli si era posizionata sulla schiena, cingendogli la vita con le gambe e il collo con la sinistra libera. Squilibrato dal quel gesto fulmineo, André barcollò per alcuni metri ma poi si rimise in asse, non senza protestare

“Oscar! Ma sei completamente impazzita?! Che hai intenzione di fare?”

“Vai, André, corri! Dobbiamo arrivare oltre la collina prima che scompaia l’arcobaleno! Corri, mio prode destriero!” e lo spronò con dei colpi di bacino
Il bambino era totalmente sconvolto dal comportamento della sua amica, ma se c’era una cosa che aveva imparato da un anno a questa parte era non sorprendersi più di tanto per tutto quello che riguardava Oscar: non faceva mai niente come se lo aspettava; e, ad essere proprio sinceri, era questo che più le piaceva di lei. Quindi, passati i primi istanti di incertezza, anche fisica, lasciò il suo sguardo sofferente e si catapultò ai piedi di quella collina, non disegnando affatto la piega che aveva preso quel loro gioco

Oscar rideva come una matta e fendeva l’aria con la sua spada di legno contro mostri immaginari e André la incitava, correndo a perdifiato verso quello che per loro era un mondo inesplorato ma che agli occhi di un ormai disincantato e cinico adulto non era altro che il retro della tenuta di palazzo Jarjayes

“Prendi questo, troll disgustoso! Mangia la mia polvere, brutto furfante! Vai a destra, André, hai visto che quel folletto ci ha fatto una linguaccia? Dobbiamo punirlo per questo affronto! È inutile che fuggi, non potrai mai sconfiggerci, ti trafiggerò con la mia spada!”

“Attenta, Oscar! Si è rifugiato sugli alberi, quel vigliacco! Cosa facciamo adesso?” chiese il bambino, ormai quasi allo stremo delle forze ma non intenzionato a mettere fine a questo divertimento così coinvolgente

“Oh, non la passerà liscia, ti do la mia parola, André! Però ci penseremo dopo: adesso dobbiamo raggiungere l’arcobaleno prima che sia troppo tardi!”
E ce l’avrebbero fatta a raggiungerlo, se solo non avessero incontrato sul loro cammino anche un poltergeist, una fata delle foreste, un gigante e André non si fosse fermato a riprendere fiato ai piedi di quella grande quercia. Arrivati a quella che avevano creduto fosse la fine dell’arcobaleno, scoprirono di aver sprecato del tempo prezioso e ormai l’occasione era sfumata: la scia di colori era definitivamente scomparsa, lasciando il posto ad un cielo terso e pulito. A quel punto, Oscar scese dalle spalle di André e si sedette corrucciata al limitare del loro laghetto preferito

“Te l’avevo detto che ci dovevamo muovere! Ma no, il damerino pigrone doveva riposare! è tutta colpa tua André!” il bambino, con il fiato corto e una mano sul petto quasi a reggerselo, ribatté con quel po’ di aria concessagli dai polmoni e con rabbia crescente

“Mia! Ma se sei stata tu  a perdere un sacco di tempo perché dovevi fermarti a combattere con ogni mostro che vedevi!”

“E questa la chiami perdita di tempo?! Cosa avremmo fatto se il troll e il gigante si fossero alleati e avessero organizzato un piano per distruggere il palazzo?” chiese su tutte le furie l’altra. Ma il ragazzino non si lasciò convincere, sapendo di avere dalla sua una logica schiacciante

“Oh, andiamo Oscar, lo sai benissimo che il gigante e il troll non si sarebbero mai potuti alleare perché al troll puzzano troppo i piedi, si sa che agiscono sempre da soli per questo. E poi ce li vedi tu a fare un piano? Si sarebbero eliminati a vicenda perché il troll avrebbe travolto il gigante con i suoi piedoni enormi e il gigante per questo gli avrebbe dato una bella botta in testa con la sua clava!” soddisfatto del suo discorso, si accorse che Oscar stava boccheggiando alla ricerca di una scusa più plausibile.
Ma non era nell’indole della ragazzina dichiararsi sconfitta

“E il folletto, allora? Hai visto anche tu che quella linguaccia era una chiara dichiarazione di guerra! E poi dopo si addentrato in pieno territorio dei poltergeist: sai quanti furti ci sarebbero stati a palazzo? Per non parlare del fatto che si sarebbero alleati con i mostri negli armadi e in soffitta e avrebbero finito per spaventarci a morte tutti quanti! No, André, io ho agito per il bene di tutti, ho fatto il mio dovere, sei tu che sei stato troppo lento!”

“No, non ci casco neanche questa volta: il folletto si era rifugiato sugli alberi e sai benissimo che lì ci sono solo le fate dei boschi che non farebbero mai niente di male! E poi i poltergeist e i folletti non potrebbero entrare nel palazzo perché sai anche tu che hanno una paura matta di tuo padre! Per non parlare del mestolo di Nanny!” Oscar a questo punto era davvero con le spalle al muro e sapeva che non aveva più argomenti utili per replicare, così si alzò, si lisciò delle inesistenti pieghe sui calzoni per darsi un contegno  e puntò il nasino all’aria di nuovo: André sapeva che quei gesti decretavano la sua vittoria e quindi, soddisfatto, incrociò le braccia al petto, annuì con forza e sottolineò il gesto con un sospiro saccente. Oscar non era abituata a perdere ma, se succedeva, non poteva lasciare il campo di battaglia senza colpo ferire, doveva essere lei ad avere l’ultima parola

“Spero che saprai fare di meglio, stasera, quando staneremo i mostri dell’armadio nella tua stanza: non voglio che ci sfuggano anche questi, perché loro non sono né stupidi e né paurosi: non si lasceranno intimorire da un mestolo così come fai tu!”

“Almeno io non ho voluto cercare un tesoro e poi mi sono lasciato distrarre da altre cose inutili! Oscar, perché non capisci?! Quello che ci serve è un piano coi fiocchi e dobbiamo essere entrambi veloci e furtivi”

“Bravo, vedi di ricordarti specialmente il 'veloci ' ” profondamente seccato dalle risposte pungenti dell’amica, André si preparò a risponderle per le rime, sperando con questo di chiudere definitivamente la disputa, ma si risolse a ricorre ad un altro approccio, conscio che in quanto a cocciutaggine, Oscar non si sarebbe mai potuta eguagliare

“Dobbiamo entrambi migliorare se vogliamo combattere il male e far scrivere un libro su di noi! Cosa credi, che saranno tutti cretini come i giganti o paurosi come i folletti?! Dobbiamo essere una vera squadra!” la ragazzina parve pensarci un attimo, voltando il viso dalla parte opposta, ma quando poi si riebbe, André seppe di aver vinto di nuovo

“Mi sa che hai ragione, almeno su questo!…Che ne dici se finiamo di pensare al piano per stasera? Io avevo pensato che potremmo anche mettere una trappola sotto al letto di Nanny, uno di quegli aggeggi che quando ci passi sopra fanno un sacco di rumore, così, mentre noi aspettiamo in camera tua, se per caso il mostro ha capito che ci siamo noi con il lenzuolo dietro l’armadio e cambia vittima, possiamo sapere subito dove si trova. Che ne pensi?” chiese con una nuova luce nello sguardo, dimentica del piccolo litigio avuto con l’amico un attimo prima. André fu ben contento di questa cosa, e così rispose:

“Ottima idea! Perché non ci ho pensato prima! –colpendosi la fronte come a voler sottolineare la sua mancanza- Mi sembra di avere un mucchio di quelle trappole che tu dici nel baule in camera mia…”

“E allora cosa aspettiamo?! Deve essere tutto pronto per stasera, prima che tutti vadano a letto”  e così dicendo lo tirò per una mano. Corsero in casa e organizzarono questa caccia al mostro, impegnandosi a fondo anche nei minimi dettagli

Quando calò la sera su palazzo Jarjayes, i due bambini di ritrovarono, come pattuito, nella camera di André, aspettando che il mostro si palesasse  loro. Stettero per più di un’ora con un lenzuolo e la spada tra le mani, dietro l’armadio, poi si dissero che non cambiava poi tanto se avessero atteso sul letto che, tanto, era vicino all’armadio. Dopo altri dieci minuti, forse a causa di tutta quella aspettativa e ormai troppo stanca per essere forte, Oscar rivelò i suoi veri sentimenti al bambino

“André?”

“Dimmi, Oscar”

“E…e se non riuscissimo ad intrappolarlo ma…ma ci afferra per i piedi e ci ingoia in un sol boccone? Ho visto come sono fatti, questi mostri, sul libro dei folletti e degli gnomi, e sono…mostruosi! Hanno dei denti aguzzi che possono tagliare una gamba e anche la testa. Che facciamo se ci prende?” e detto questo si appoggiò alla testiera del letto e si portò le gambe al petto. André le si avvicinò e ne rincorse lo sguardo nascosto dal capo chinato

“Non ti preoccupare, Oscar, ci sono io con te. Non permetterò che il mostro ti faccia del male. Se proprio dovesse andare tutto storto urlerò con tutta la voce che ho e gli darò un calcione che scapperà dal dolore!” a quelle parole, Oscar, con gli occhi un po’ lucidi, si girò di scatto e lo strinse forte

“Grazie, André “ disse, ancora allacciata a lui. Poi proseguì: “Mi leggi una storia, come quella sera quando mio padre mi ha picchiato?” tutto sussurrato nell’orecchio del bambino, che non poté far altro che sorridere non visto e stringerla un po’ più forte

“Sì, tanto fino a che arriva il mostro dobbiamo fare qualcosa, altrimenti ci addormentiamo!” e si alzò per prendere il libro di fiabe che aveva sul suo piccolo scrittoio.
Ritornò sul letto accanto alla sua amica e, poggiatisi il lenzuolo addosso( e dove potevano metterlo per averlo a portata di mano nel caso il mostro facesse irruzione nella stanza?!), si stesero e André cominciò a leggere, condividendo il libro con Oscar, che compitamente portava il segno o lo rimproverava se sbagliava a pronunciare qualche parola o era troppo lento nel farlo, ma, quando il ragazzino si indisponeva e le proponeva di farlo al suo posto, lei gli rispondeva di no, che voleva lo facesse lui. Questo non glielo avrebbe mai detto ma in realtà Oscar adorava la voce di André e, da quando era venuta a conoscenza di questo passatempo che le aveva proposto lui quando, dopo una delle furenti liti con il genitore, l’aveva vista veramente sconvolta, aveva anche scoperto che era l’unica cosa che riuscisse veramente a calmarla e farle passare la rabbia e la paura. Così il bambino proseguì: lessero tre storie in tutto, prima che entrambi crollassero dal sonno, ancora abbracciati e con il libro di favole appoggiato sui loro petti.

Seppero che almeno parte del loro piano aveva funzionato quando, all’alba, sentirono un urlo sovrumano insieme a dei rumori strani provenire dall’altro lato del corridoio, in quella che si presupponeva fosse la camera di Nanny. Si svegliarono di soprassalto, facendo cadere il libro per terra, e si guardarononegli occhi, come a voler trovarci una spiegazione dell’accaduto. Poi il sonno si dileguò un po’ dalle loro menti e riuscirono a rammentare la loro azione di cattura: presero il lenzuolo, le spade, si guardarono di nuovo negli occhi e annuirono in contemporanea per farsi forza vicendevolmente. Spalancarono la porta e corsero per il corridoio tenendosi per mano; la porta della stanza della nonna subì lo stesso trattamento e si trovarono immersi nel buio più totale, dato che affacciava verso ovest.
Videro un’ombra che si chinava per terra e poi in prossimità del letto e, quando stava per girarsi, presi dalla paura ma memori del compito da dover portare a termine, gli si fiondarono addosso e lo ricoprirono con il lenzuolo, cominciando a punzecchiarlo con le spade di legno, mentre questo si divincolava e sbraitava, e Oscar urlò:
“André, ce l’abbiamo fatta! Abbiamo catturato il mostro! Te l’avevo detto che la trappola rumorosa avrebbe funzionato!” a quel punto la governante, avendo fatto il punto della situazione, se li scacciò di dosso e, intimando loro di smetterla di urlare come matti, accese subito una candela e se la portò vicino al viso, al di sotto del mento. Il volto di Nanny assunse un aspetto a dir poco spettrale che fu il colpo di grazia per quei bambini, il cui animo era già provato, tanto che scapparono gridando più forte di prima
“André! Il mostro si è mangiato Nanny!”

Inutile dire che, chiarita la faccenda, André fu messo in punizione per una settimana e ad Oscar fu impedito di entrare in biblioteca senza nessun adulto ad accompagnarla, entrambe cose che elusero non appena furono formulate, continuando a fare progetti per le loro strampalate ma emozionanti avventure contro il male.





Dopo un'ulteriore assenza incalcolabile, ritorno con questa storia che no, non ho abbandonato: sono solo questi maledetti esami che mi tengono impegnata, fisicamente e mentalmente, più di quanto sarebbe giusto o sano (ma non lo sono mai stata!). Mi dispiace di non aver risposto alle bellissime recensioni che mi avete lasciato nel primo capitolo ma Oscar e André sono un po' come una droga: se mi immergo di nuovo nel loro mondo, non ho la forza di uscirne più e quindi non ho più rimesso piede qui, su EFP. Ma oggi mi volevo fare un regalo di compleanno e loro sono l'emozione più bella che potessi scegliere. Spero che vi piaccia e che avrete la pazienza di seguire questa ragazza un po' sconclusionata nei suoi prossimi aggiornamenti. Non dimentico di ringraziare la mia cara amica Silvia, fondamentale per la pubblicazione di questa e di ogni altra mia storia: spero di averti divertita.  
  
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