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Autore: Generale Capo di Urano    28/06/2016    2 recensioni
"Gli italiani perdono guerre come se fossero partite di calcio e partite di calcio come se fossero guerre" disse una volta Churchill. Ma quando si parla di calcio, nessuno scherza.
Quando le nazioni danno il proprio peggio. Guerra, calcio, che differenza fa?
***
#1. Francia-Romania (2-1)
#2. Belgio-Italia (0-2)
#3. Austria-Ungheria (0-2)
#4. Germania-Polonia (0-0)
#5. Italia-Spagna (2-0)
Il primo tempo si concluse così, con l’Italia in vantaggio e la speranza accesa negli animi. Il secondo tempo fu pieno di urla, momenti di puro terrore alternati a momenti di illusa speranza; avevano bisogno di quella seconda rete, ma fallirono troppe volte e il Meridione pareva sul punto di avere una crisi nervosa.
“Vendetta, vendetta” gridavano intanto gli sguardi accesi dei due.
Genere: Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ItaliaSpagna

*Spagna – lunedì 27 giugno, ore 18 (fuso orario spagnolo)*
Non era tranquillo, Spagna, quella sera.
Avrebbe dovuto esserlo? Certo, erano i campioni d’Europa, non avevano motivo di temere gli avversari; infatti non era quello l’oggetto della preoccupazione di Spagna. Voleva vincere, ovvio –amava vincere, e la partita contro Turchia l’aveva dimostrato piuttosto bene- ma temeva la reazione che un certo italiano di sua conoscenza avrebbe avuto dopo.
Si massaggiò lo stomaco nel punto in cui, quattro anni prima, Romano gli aveva dato una di quelle testate che non si scordano facilmente; e la fronte, dove si era beccato una fiera capocciata alla Aldo Baglio subito dopo essersi ripreso da quell’altra e aver avuto l’ardire di commentare con un sereno “ma è solo una partita, mi pequeño!”
Per sicurezza, non aveva osato telefonare alla sua amabile ex-colonia neanche per augurargli un semplice “che vinca il migliore!”- anche se, sinceramente parlando, anche a lui una cosa simile sarebbe sembrata una presa in giro bella e buona.
Nonostante i dubbi e i timori, non aveva intenzione di guardarsi quella partita in perenne stato di ansia. Doveva godersela! Ed ecco, nel suo salotto, pronto il televisore acceso con l’inno spagnolo a tutto volume, la bandiera appesa fuori dalla finestra come durante le feste nazionali e una bottiglia di birra gentilmente offerta dal caro Gilbert –il vino, purtroppo, l’aveva esaurito completamente dopo i festeggiamenti per la sconfitta del povero Sadiq.
 Durante la partita, in ogni caso, ebbe modo di preoccuparsi di ben altro. Com’era possibile che quella sera stessero giocando così bene?
L’Italia era sicura, era grintosa, quasi quanto il suo allenatore che pareva pronto a far crollare l’intero stadio. Due volte si vide già in svantaggio, l’una salvata dalla miracolosa parata di De Gea e l’altra per un tremendo palo- finché, al 33’, il gol di Chiellini lo fece ringhiare di frustrazione. 1-0 per l’Italia, ma era solo l’inizio… no?
Tante, troppe volte il cuore gli saltò in gola, la squadra italiana sempre più vicina alla seconda rete; gli pareva quasi di sentire le urla e le imprecazioni di Romano ad ogni punto perso, ma anche lui non stava troppo bene. L’Italia incalzava, e sebbene durante gli ultimi minuti paresse cedere pian piano, i suoi giocatori non riuscivano a segnare. Le incredibili parate del portiere avversario gli fecero mettere le mani tra i capelli, e alla fine della partita ancora non era riuscito a fare un punto. Non gli restava che pregare per il tempo di recupero e per la benedizione francese (erano loro, quelli dei gol all’ultimo!): ebbene, questa arrivò. Ma non per lui.
Crollò senza forze sul divano, le mani a coprirgli il volto e la testa ciondolante oltre lo schienale. Non era possibile, era solo un sogno.
Non era tranquillo, Spagna, quella sera. In quel momento, però, lo era per un motivo completamente diverso da quello di due ore prima.
E già sentiva la voce derisoria di Romano sfotterlo a vita.


*Italia – lunedì 27 giugno, ore 18 (fuso orario italiano)*
 Non erano tranquilli, i due fratelli, quella sera.
Anzi, per dirla tutta, era da più di una settimana che stavano in ansia, in quello stato a metà tra il timore e l’ardente desiderio di sconfiggere quegli spagnoli una volta per tutte.
“Vendetta!”, gridavano gli occhi di Romano, incollati al televisore. E “vendetta!” gridavano anche le mani nervose del solitamente così tranquillo Veneziano, che stringeva una bottiglia gelata di birra tra le mani e appoggiava i gomiti sulle gambe tremanti, tanto da risultare egli stesso un piccolo terremoto; Lettonia sarebbe stato fiero di lui. E il maggiore non osava lamentarsene, trovandosi egli stesso in uno stato simile.
Avevano cercato di rilassarsi, prendendo vari respiri profondi e rassicurandosi con parole che parevano essere messe lì per mera consolazione – “Quest’anno siamo carichi”, “Conte li ha preparati”, “Contro l’Irlanda abbiamo fatto giocare le riserve apposta”- ma, in quel momento, erano tornati allo stesso stato di ansia con il quale avevano accolto la notizia che agli ottavi sarebbero stati contro la Spagna.
Feliciano cantò l’inno con la mano destra al petto, quasi fosse un gesto scaramantico, imitato poi dal fratello.
La partita iniziò e Romano preparò le bestemmie. Non gli servirono a molto, però: l’Italia giocava bene, si difendeva alla grande e più di una volta andò molto vicina a segnare. Il Nord e il Sud, attaccati allo schermo, alternavano momenti di religioso silenzio a grida forsennate, spesso illuse da giocate che parevano bellissime ma che poi venivano rovinate da gol falliti- e da imprecazioni colorite del maggiore dei due, anche se un paio di volte persino Veneziano sibilò un paio di parole ben poco carine.
Trattennero il fiato quando Chiellini segnò il primo gol della serata, salvo poi saltare in piedi ed esultare per almeno mezzo minuto. Non si erano montati la testa, però: con un solo gol di vantaggio era sempre possibile per gli avversari rimontare.
Il primo tempo si concluse così, con l’Italia in vantaggio e la speranza accesa negli animi. Il secondo tempo fu pieno di urla, momenti di puro terrore alternati a momenti di illusa speranza; avevano bisogno di quella seconda rete, ma fallirono troppe volte e il Meridione pareva sul punto di avere una crisi nervosa.
“Vendetta, vendetta” gridavano intanto gli sguardi accesi dei due.
Buffon si dimostrò un muro insormontabile e Feliciano si ripromise di dedicargli una statua non appena quello strazio fosse finito. Mancavano solo i quattro minuti di recupero, e ai fratelli non restava altro che pregare che non succedesse nulla; qualcosa successe, invece.
Il Nord trattene il fiato. Romano sgranò gli occhi. Videro la palla volare verso Pellè, e da lì dritta nella rete.
Un istante di silenzio.
Poi un boato si alzò dal salotto di quella casetta di Roma, unendosi all’unico, fortissimo urlo che unì tutta l’Italia.
Un grido di giubilo, seguito da varie altre espressioni di gioia, di sollievo e di esaltazione.
«Abbiamo vinto!»
«Spagnoli, a casa
«Favoriti di ’sta minchia
Romano e Veneziano saltellavano sul posto, abbracciati, le urla che si ripromettevano di arrivare fino alla Spagna per puro dispetto.
E il maggiore dei due non si risparmiò quella soddisfazione, quando telefonò a casa di Antonio per il semplice gusto di rinfacciargli l’esito di quella partita. E non se la prese quando l’iberico riattaccò in un moto di stizza –aveva solo rimandato l’umiliazione, perché l’italiano non aveva alcuna intenzione di togliersi la soddisfazione di ridergli in faccia.
«Adesso tocca a quel crucco!»
«Gli faremo il culo, fratellone!»
Romano passò un braccio attorno alle spalle del fratellino, stringendolo a sé con un’espressione fiera dipinta sul volto.




 
 
Meanwhile, in South America…

*Cile – lunedì 27 giugno, ore 14 circa (fuso orario cileno)*
Colombia sorrise, spostandosi una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio. «È stata una bella partita, vero?»
Cile chiuse il portatile, sorridendo. In qualche modo erano riusciti a seguire l’intero match via Internet, e parevano pure soddisfatti del risultato.
«Quanto vorrei vedere la faccia di Spagna in questo momento!» Javier si lasciò sfuggire un ghigno in direzione del ragazzo dai capelli chiari, in piedi in un angolo della stanza con un’espressione cupa sul volto. «L’Italia si è proprio presa la sua vendetta… al contrario di qualcuno. Oh! qualcosa non va, Jorge?»
Argentina ringhiò. «Vedi di chiudere il becco.»
«Oh, ma non devi prendertela, amico mio! Vi rifarete la prossima volta, dico bene, Isabel?»
«Trattienimi.» La ragazza si girò di scatto verso l’argentino, che pareva sul punto di esplodere: «Trattienimi o lo ammazzo!»
Colombia ebbe il suo bel daffare a tenere fermo Jorge, mentre Cile se la rideva, seduto tranquillamente sulla sua sedia senza la minima intenzione di fuggire.








Angolino sclerato. Ma tanto. Ma tanto.
No, non sono morta :3 Neppure dopo questa super-iper-mega-partitonaH-- VI ABBIAMO APERTO IL CULO, SPAGNOLI! MUHAHAHAHAHA*soffoca*
Sono una persona felicia~ ma non dobbiamo fermarci, ora tocca alla Germania! *partono i cori da stadio GerIta* ...ehm.
(erano partiti anche i cori da stadio Spamano, ma mi perdonarete se non riesco a scriverci. Voglio dire, non ho problemi a leggerne generalmente, ma non riesco a scriverci -3- ci ho provato e, ehm, lasciamo perdere.)
Comunque, per quell'ultima parte, si riferisce al fatto che quest'anno si è tenuta anche la Coppa America, per il centenario di...qualcosa(?) e come l'anno scorso l'Argentina è stata sconfitta in finale dal Cile ai calci di rigore.
E nulla, mi avete già sopportato abbastanza, moi moi! <3 

 
   
 
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