Tre settimane erano passate
e Federica non sapeva ancora come dire a Caradoc che se ne sarebbe
andata. I
suoi genitori avevano deciso di partire verso l’America
perché nel Regno Unito
la situazione diventava sempre più pericolosa e le avevano
chiesto in modo
accorato di seguirli. Federica si era arrabbiata e aveva pianto, tanto,
prima
di decidere di rispettare il loro volere. Aveva lottato tanto per
arrivare dove
era ora ma la sua famiglia era importante, più importante.
Il giorno per cui la sua
famiglia aveva prenotato la passaporta si avvicinava in modo
inesorabile e
aveva parlato della questione solo ai suoi amici e agli istruttori. Non
una
parola al suo fidanzato, non finchè non avesse trovato la
forza di dirgli
addio. Ezra le aveva suggerito una relazione a distanza ma per Federica
era
inconcepibile: che senso aveva se non potevano abbracciarsi o baciarsi?
Il baule era pronto ormai.
Aveva messo dentro tutto, dai libri ai vestiti, tranne la divisa da
Allieva
dell’Accademia. Le era dispiaciuto non poterla portare via
con lei, ma queste
erano le regole.
Si sdraiò sul letto a
leggere un manuale di Occlumanzia, argomento che le era particolarmente
piaciuto. Non seppe dire da quanto dormisse quando venne svegliata di
soprassalto da un incessante bussare alla porta.
Si alzò svogliatamente,
buttando un occhio al letto di Krystal ancora vuoto e alla sveglia sul
comodino
che segnava mezzanotte e un quarto.
“Perché è dovuta venire
Krystal a dirmi che domani mattina te ne saresti andata?”
esordì un Caradoc
infuriato come una biscia
“Io…” iniziò a dire la
ragazza
“Pensavi di fuggire così,
senza dirmi nulla? Solo perché sarebbe stato più
facile? Beh sai che ti dico?
Vattene pure! Arrivederci e grazie!” sputò fuori
lui prima di voltarsi e
andarsene.
Federica gli corse dietro,
con uno scatto lo fece girare e lo baciò con passione.
Caradoc rispose subito
al bacio con un trasporto smisurato. La spinse verso la sua camera,
senza
staccarsi da lei.
Una volta entrati in camera
la fece accomodare sul letto e iniziò a spogliarla, a
baciarla sul collo, sulla
clavicola e poi sempre più giù.
Federica si svegliò che
fuori era ancora buio, pensando quasi di aver sognato il suo incontro
con
Caradoc. Ebbe la conferma che era tutto vero la mattina successiva,
quando dopo
aver salutato i suoi amici si apprestò ad allontanarsi a
piedi dall’Accademia
per raggiungere la zona dove si sarebbe potuta smaterializzare.
Gettò
un’occhiata alla finestra di Caradoc, al secondo piano, e lo
trovò lì a
osservarla, con una mano alzata in cenno di saluto.
James sbuffava sonoramente
sopra al suo caffè, rimpiangendo il tepore delle coperte.
Accanto a lui Sean
sembrava non essere da meno, e lui il freddo lo sentiva anche dentro.
Nonostante Eveline fosse seduta soltanto a un paio di posti di distanza
la
sentiva lontana anni luce. Doveva assolutamente trovare il modo di
parlare con
lei, anche se lei continuava a fuggire.
Sadie si era accorta di
come Sean continuava a guardare l’amica. Nemmeno lei poteva
più sopportare quella
situazione di limbo in cui quei due si trovavano e di cui soffrivano
più o meno
palesemente.
Sean era palesemente triste
e abbattuto, solo in compagnia degli amici sembrava il solito ragazzo
scherzoso
e simpatico.
Quanto a Eveline, beh, lei
non avrebbe mai lasciato trasparire la sua sofferenza. Si atteggiava a
stronza
fredda e indifferente ma in realtà stava male più
di quanto desse a vedere.
Emily e Justin stavano
facendo colazione insieme ad Abbie, ai fratelli Prewett e a qualche
altro loro
amico. La mora non poteva smettere di pensare a cosa potesse nascondere
Justin,
eppure quando stavano insieme lui si comportava come se niente fosse.
Lei aveva
persino provato a sondare il terreno facendo qualche domanda ma Justin
era
stato abilissimo a giustificare ogni sua sparizione e ogni suo
comportamento.
Maledezione!
pensò
Emily, inforcando il pancake con gocce di cioccolato che aveva nel
piatto.
Quel giorno gli allievi del
primo vennero invitati a seguire l’istruttrice Charlotte
fuori, proprio nel bel
mezzo della bufera. Al centro del giardino, il gruppo di maghi e
streghe iniziò
a guardarsi stralunato.
“Bene, ci siete tutti. Oggi
le bacchette non vi serviranno, farete un po’ di esercizio
fisico” annunciò la
donna.
La bocca di alcuni studenti
rimase mezza aperta, e molti altri avevano gli occhi fuori dalle
orbite. C’era
quattro gradi sotto lo zero e almeno dieci centimetri di neve sul
terreno, come
cavolo avrebbero fatto ad allenarsi?
Ezra si rivolse a Elias
sussurrandogli “Questa è pazza”
“Secondo me vuole vedere
quanti ne muoiono assiderati” scherzò Hayden
L’istruttrice li fermò “Non
siate melodrammatici, qualche ora al freddo non ha mai ucciso nessuno.
Vi
scalderete correndo per un’ora lungo il perimetro della
villa, poi si passerà
ad altri esercizi come il salto agli ostacoli ed esercizi di
equilibrio. Dopo
l’allenamento, questo pomeriggio duellerete”
“Che cosa?” sfuggì a una
ragazza bionda
“Beh, non penserete che
quando andrete a in mezzo a un combattimento sarete tutti belli freschi
e riposati…oggi
sarete un po’ temprati, e io potrò valutare la
vostra resistenza” disse con un
sorriso sardonico.
Sbuffando e imprecando gli
studenti iniziarono a eseguire gli ordini e a correre.
Eveline non aveva problemi
a correre, lo faceva spesso ma Sadie faticava a starle dietro e la
pregava di
rallentare almeno un po’.
A metà del gruppo né James né
Sean sembravano troppo turbati dal fatto di dover correre in quelle
condizioni,
anzi il primo sembrava in qualche modo divertirsi.
Eveline stava camminando
nel corridoio che dal salotto portava alle scale, passando davanti a
una delle
sale lettura della biblioteca sentì qualcosa afferrarle il
braccio e
trascinarla dentro.
Sean chiuse la porta e la
guardò, i luminosi occhi azzurri erano diventati
improvvisamente severi.
“Sono stanco di doverti
correre dietro”
“Cosa vuoi, un premio?”
chiese lei lapidaria, accomodandosi su una delle poltroncine di velluto
verde
bottiglia. Non si era stupita più di tanto del gesto di
Sean, erano giorni che
praticamente non si parlavano. Evie sapeva che prima o poi avrebbe
dovuto
affrontare il ragazzo, anche se continuava a posticipare il
più possibile la
cosa. Era rimasta leggermente spiazzata dal gesto di lui, ma in fondo
doveva
aspettarselo: lui era il tipico ex Grifondoro, ostinato e impulsivo.
“Ce la fai per un solo
secondo a smetterla di comportarti da stronza? Ultimamente non hai
fatto altro
che allontanarmi… Io capisco che hai passato un periodo
difficile ma sai cosa?
Anche io!”
Sean aveva urlato. Questo
Eveline non se lo aspettava di certo, la sorpresa dipinta sul suo viso
non era
certo passata inosservata al ragazzo.
“Non ti è mai passato per
la testa che anche per me possa essere stato difficile, vero? Beh, ti
do una
notizia: lo è stato! Mio padre ha rischiato di morire e io
sono stato sotto
Cruciatus e ti posso assicurare che non è piacevole ma ero
lì a preoccuparmi di
come potevi stare tu, e tu invece non hai fatto altro che
scansarmi!” le parole
pronunciate a una velocità incredibile erano come piccole
frecce o pugnali che
colpivano Eveline.
La ragazza sentì il proprio
cuore stringersi in una sorta di morsa dolorosa, una cosa che non aveva
mai provato
prima. Dovette ammettere a se stessa di essere stata cieca ed egoista,
troppo
presa dal suo dolore, non si era accorta di quello altrui.
Se la sua natura era
davvero questa, se era davvero una persona così meschina,
aveva fatto bene ad
allontanare Sean, sarebbe stato senz’altro meglio senza di
lei.
“Io capisco come ti senti”
“No, non puoi capire” il
tono di Eveline era freddo e ostile. Si stava parando dietro ad un
muro, dietro
al muro che aveva pazientemente costruito negli ultimi anni.
“Se non posso capire è solo
perché tu me lo impedisci!” la accusò
Sean “Perché lo fai?”
La ragazza incrociò le
braccia al petto e con uno sbuffo cacciò via una ciocca di
capelli che le
copriva gli occhi “Fidati, è meglio
così”
“Allora forse è meglio che
me ne vada”
“Vattene se vuoi andartene”
rispose prontamente Evie
“Me ne vado se tu vuoi che
me ne vada”
La ragazza reagì come se
stesse discutendo con un bambino. “Non sei un elfo domestico,
sei un uomo
libero, fai quello che vuoi”
“E va bene!” esclamò
spazientito lui “Hai fatto di tutto per farti lasciare!
Complimenti, ci sei
riuscita!”
“Hey” lo richiamò “Come mai
non c’eri a cena?”
“Ho più sonno che fame a
dire la verità, finisco questa e me ne vado in
camera” rispose il ragazzo
alzando leggermente la tazza che aveva in mano “Tu hai
già mangiato?”
“Si… Justin non c’era… sai,
continua a sparire e io francamente non ne posso
più… secondo i Prewett dovrei
parlare direttamente con lui, ma secondo me loro sanno qualcosa e non
vogliono
dirmelo”
“Se vuoi saperlo anche io
credo che dovresti parlare con lui a quattr’occhi. State
insieme da anni, non è
giusto non mostrarsi a pieno”
“In che senso?” chiese la
ragazza leggermente perplessa.
“Lui dovrebbe dirti quello
che combina e tu non dovresti fare finta di niente quando siete
insieme,
dovreste discuterne, di qualsiasi cosa si tratti” disse Elias
bevendo un ultimo
sorso di cioccolata calda.
“Forse hai ragione” ammise
Emily.
L’amico si pulì la bocca su
un tovagliolo di carta che appoggiò insieme alla tazza sulla
mensola di legno
che sovrastava il grande camino di marmo.
“Buona fortuna” le augurò,
depositandole un leggero bacio sulla fronte.
Emily rimase una decina di
minuti buoni lì, ad osservare il danzare delle fiamme
rossastre e a cercare il
coraggio di affrontare Justin. Lei non era certo una codarda ma non si
era mai
trovata in una situazione del genere. Non aveva mai avuto grossi
problemi con
Justin, ma giorno dopo giorno il dubbio aveva fatto breccia nel suo
animo. Cosa
stava nascondendo di così grande da non dirle nulla?
Quando raggiunse la camera
del ragazzo non si meravigliò affatto del fatto che lui non
fosse lì, ma lo
conosceva abbastanza bene da sapere dove nascondeva la chiave di
riserva.
Entrò nella stanza e si
sedette sul letto, accarezzando la coperta di morbido tessuto blu.
Rimase un po’
lì a guardarsi intorno, poi iniziò a misurare la
stanza con i propri passi. Più
aspettavo più la stanchezza e i pensieri la rendevano
nervosa.
Justin rientrò alle undici
di sera e la trovò di spalle, in piedi davanti la finestra.
“Em… che ci fai qui?”
La ragazza rispose con una
domanda, andando dritta al punto “Dove sei stato?”
Justin non si fece cogliere
impreparato e rispose con nonchalance “Esercitazione
supplementare… sai, gli
esami si avvicinano”
Emily alzò gli occhi al
cielo cercando di ricacciare indietro le lacrime che già le
pungevano gli
occhi.
“Siamo arrivati a questo
punto?”
“Quale punto?”
“Il punto in cui mi menti
così spudoratamente”
Justin sembrò offeso. “Io
non ti sto mentendo, si tratta davvero di un esercitazione
supplementare”
“Dimmelo se mi stai
tradendo, ti prego dimmelo perché io non posso passare le
serate a domandarmi
dove o con chi sparisci dopo le lezioni” Il tono di Emily era
talmente accorato
che il ragazzo andò ad abbracciarla e lei si
aggrappò istintivamente al suo
petto.
“Smettila di dire idiozie”
disse teneramente accarezzandole la testa
Emily alzò lo sguardo e il
ragazzo si fece più serio “Ti ho nascosto una cosa
è vero…vuoi sapere cosa
faccio dopo le lezioni?”
Quando la ragazza annuì,
Justin si scostò e in un attimo il corpo del ragazzo
mutò, si piegò a quattro
zampe e in effetti le sue gambe non erano umane, erano proprio zampe,
con tanto
di zoccoli e dal suo fondoschiena fuoriusciva una coda, il resto del
corpo era
coperto da una fitta e corta peluria marrone. Solo la testa era rimasta
normale.
“Un cavallo?” chiese lei
confusa
Il ragazzo fece un notevole
sforzo per tornare alla sua forma umana. “Sto studiando per
diventare Animagus,
non ho detto niente a nessuno perché non sarebbe proprio
legale ma il mio
istruttore mi dà una mano. Ecco cosa faccio quando
sparisco”
“Io… non so che dire”
balbettò Emily.
Justin tornò a circondarle
la vita con le braccia, attirandola a sé. Posò la
sua fronte su quella di lei,
in modo che i loro nasi si sfiorassero appena.
“Davvero hai pensato che
potrei tradirti? Dovrei ritenermi offeso”
ridacchiò.
Emily si ritrovò a sorridere
a sua volta, sentendosi un po’ sciocca. I due si baciarono
dolcemente,
sentendosi molto più leggeri di come si sentivano
mezz’ora prima, come se si
fossero tolti un grosso peso dallo stomaco.
Dopo il bacio Emily si
rivolse a Justin “Mi prometti che non mi nasconderai
più niente?”
“Promesso” rispose lui
prima di baciarla di nuovo velocemente.
"Hey" le disse appena entrata nella camera "Sean mi ha detto che vi
siete lasciati, come stai?"
Eveline scrollò le spalle. "Sto bene. Non ho bisogno di lui,
o di altri fidanzati. Sto bene così, senza legami, da sola"
pronunciò le parole soppesandole una ad una, ma convinta di
quello che diceva.
"Tu non sei sola" disse Sadie prima di abbracciarla.
Salve
gente!
3 capitoli in pochi giorni…mi sento produttiva
ù.ù Purtroppo nei prossimi
giorni non credo che sarò altrettanto produttiva
perché lunedì ho l’esame per
il Goethe-Zertifikat (certificazione per la lingua tedesca) e quindi
sarò un po’
impegnata.
Cooomunque, veniamo alla storia. Ho eliminato
Federica…perché? La sua
autrice è sparita, mi dispiace ma questa è la
dura legge delle interattive.
Piccola nota: siamo ormai a pochi capitoli dalla fine. Questa storia
che
era nata come una sfida con me stessa, essendo la prima storia che
pubblico,
era stata inizialmente concepita per coprire tutti e 3 gli anni in
Accademia,
ma verrebbe un mattone/odissea/epopea quindi si concluderà
alla fine del primo
anno degli OC, mi sembrava giusto avvertirvi di questo
Alla prossima ;)
H.