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Autore: Mimithe_Moonlight    01/07/2016    0 recensioni
Quando eravamo piccoli i nostri genitori ci leggevano fiabe e favole in cui il Bene vinceva sul Male e la magia regnava sovrana. Storie che proiettavano i nostri sogni di bambini in un universo in cui il Per Sempre felici e Contenti era sempre facile da ottenere. Ma cosa succederebbe se i personaggi di quelle storie fossero proiettati nel nostro mondo? Il mondo reale dove non esiste solo il Bianco e il Nero perchè il confine tra di essi è sbiadito e confuso?Cosa accadrebbe a un'innocente Cappuccetto Rosso o Cenerentola, se nascesse nella realtà e vivesse qui la sua vita? Cosa cambierebbe? Ecco cosa voglio raccontare in questa storia che avrà dei contorni un po' cupi, dove Alet, la Fiaba ci racconterà le storie dei nuovi personaggi. Non aspettatevi quindi che raggiungere la felicità sia per loro così semplice ma se vorrete leggere allora io e Alet saremmo felici di avere la vostra compagnia in questo viaggio.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Sai il fatto che io abbia un bel portafoglio non vuole per forza dire che io sia un figlio di papà-
-Il tuo cognome sì invece mio caro principe azzurro-
-Cosa intendi dire?-
-Mi vuoi far credere che non sai quanto tuo padre sia famoso a The Wood? Ha fatto distruggere metà delle case popolari per farci costruire i suoi “splendidi” centri commerciali. Poi quando ha visto che la vegetazione continuava a crescere ha abbandonato i lavori lasciando centinaia di famiglie a dormire nelle rovine di un proggetto mai terminato- rispose Scarlet con astio. 
In fondo sono fiera di lei. E’ cresciuta forte e orgogliosa. Un po’ aggressiva forse ma vedo nei suoi modi che sa essere gentile. Magari come me anche lei ha riconosciuto qualcosa di familiare in Jonathan Wolf.
Il giovane rampollo ebbe la decenza di rimanere qualche minuto in silenzio.
-Mi dispiace- sussurrò infine voltandosi ad osservare la ragazza. -Non sono mai stato molto d’accordo con la politica imprenditoriale di mio padre, in effetti non siamo dello stesso avviso per molte cose- Osservò il ragazzo con tono amaro. Scarlet per la prima volta si pentì per un attimo del modo in cui stava trattando Jonathan, in fondo lui non c’entrava niente con il modo in cui suo padre aveva gestito l’azienda. Fu solo un’attimo però. Lei non voleva e non avrebbe mai voluto provare empatia per un ragazzo del genere. 
-Se stai cercando di diventarmi simpatico parlandomi delle tue liti con il tuo paparino ti sbagli di grosso-Disse con voce incerta Scarlet accellerando il passo. Si stava facendo tardi e a quell’ora l’area non era sicura nemmeno per chi conosceva la zona. Una risata di lui la fece bloccare e voltare ad osservarlo. Illuminato dalla luce debole di un lampione aveva alzato verso di lei lo sguardo, qualcosa di luminoso billava nelle sue iridi fredde e grigie. Si avvicinò a grandi passi fermandosi a pochi centimetri da Scarlet con un sorriso sghembo. 
-Come mai stai cercando di farmi arrabbiare?-disse con una voce profonda che la ragazza non riconobbe come quella del ragazzo di poco prima. Fece un passo indietro titubante.
-Non mi piacete voi dei quartieri alti, sempre con quell’aria da ricconi- 
-Perchè ti piacerei di più se non fossi ricco?- Lei arrossì allontanandosi ancora.
-Ti preferirei se non fossi un deficiente pallone gonfiato e narcisista-
-Io non sono narcisista- borbottò lui leggermente offeso. Lei rise.-Lo siete tutti- disse poi correndo via. Era veloce e le piaceva la sensazione del vento sulla pelle che la accarezzava pungendole il viso col suo freddo. Si sentiva libera e senza freni. Non doveva pensare a niente. Solo sentire l’aria gelida che le riempiva i polmoni stremati per la corsa e alla ricerca di ossigeno. O almeno si sentì così finchè il tacco di quegli stupidi stivali non si incastrò in una crepa dell’asfalto ormai distrutto . Ancor prima di cadere pregustava già il dolore e l’odore del sangue. Chiuse gli occhi ormai sicura di schiantarsi per terra ma qualcosa la sostenne. O per meglio dire qualcuno. Senti la mano di Jonathan poggiarsi sul suo fianco mentre la tirava verso di se impedendole di cadere. La sua schiena scontrò il petto del ragazzo mozzandole il fiato per lo stupore.
-Dovresti smettere di fare tutto questo per attirare la mia attenzione, finirai per farti male-
-Mi si è incastrato il tacco in una pietra- sussurrò lei rabbrividendo per il contatto del fiato di lui contro il suo collo. Sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto che si alzava e abbassava velocemente per il fiatone.
-Se ti fa sentire meglio pensarla così...- sussurrò lui facendola arrossire. Si allontanò zoppicando leggermente guardando con gioia il suo palazzo a pochi metri di distanza. Si voltò a guardarlo. Sorrideva ammiccante con le braccia incrociate davanti al petto. 
-Quella è casa mia, quindi direi che puoi tornartene al tuo castello mio caro principino- disse Scarlet riacquistando un po’ di contegno mentre indicava dietro di sè.
-Dopo che mi avrai ridato il portafoglio- rispose lui allungando una mano. Scarlet sbuffò estraendo il suo prezioso tesoro e lanciandolo al ragazzo che lo afferrò al volo.
-Ora smamma-
-Arrivederci Scarlet- sorrise lui camminando all’indietro.
-Addio Jonathan Principino Wolf- Esclamò lei voltandogli le spalle e spalancando la porta di casa sua. Con un sospiro la richiuse e vi si accasciò contro sedendosi per terra. La luce era spenta ovunque tranne che in camera di sua madre, da dove filtrava da sotto la porta chiusa a chiave. Sentiva i singhiozzi di sua madre mentre ogni tanto appoggiava la bottiglia di Whiskey . Anche senza vederla Scarlet era sicura di cosa stesse facendo. Sospirò sollevandosi in piedi e trascinandosi fino alla sua stanza per poi lanciarsi sul letto e abbandosi al sonno popolato da una zazzera di capelli neri e da due occhi grigi come nuvole in tempesta.

Si svegliò con il suono martellante della sveglia nell’orecchio. Era sabato mattina indi per cui niente scuola ma sicuramente lo Sweet Bastards sarebbe stato pieno. Accarezzò l’idea di rimanersene nel letto a dormire fino alla sera ma sapeva che non era possibile, aveva delle commissioni da fare e dopo il furto mal finito del giorno prima doveva trovare qualche altro allocco da depredare. Insomma doveva anche mantenersi in qualche modo no? Lasciò un bigliettino sul tavolo della cucina alla madre, pur sapendo che questa non ľavrebbe letto. Indossò un vecchio paio di jeans e una consunta canottiera bianca che nascose sotto la felpa di suo padre. Si sarebbe recata in centro, lì sicuramente avrebbe trovato qualche stupido ragazzino con le tasche piene di bei soldini. Pensò amaramente a quando poteva concedersi quelle giornate di pace per fare ciò che le piaceva di più, cucinare dolci. Era bravissima ma gli ingredienti costavano e lei ormai non poteva più permetterseli. Afferrò lo zainetto dove teneva chiavi, cellulare e portafoglio. Si alzò il cappuccio sulla testa ed uscì di casa sbattendo la porta ormai rotta dietro di sè. Non c’era più niente che funzionasse bene in quell’appartamento. I fornelli non si accendevano ed ormai mangiava solo cibo precotto. Per quanto riguardava sua madre, credeva che fosse il whiskey a farle da pranzo e cena. Non mangiava molto in realtà. insomma, il necessario per non svenire per strada ma non molto, anche perchè ormai aveva preso l’abitudine di sostituire il suo pranzo con il fumarsi una o due sigarette e a volte anche di più. Sapeva che a sua madre non sarebbe piaciuto ma non ce la faceva, il cibo a quell’ora le faceva venir la nausea. Si guardò intorno sollevando gli occhi sulle foglie bagnate degli alberi. Il cielo era ancora scuro ma per il momento sembrava che non sarebbe piovuto ancora. Si diresse a passo spedito verso i quartieri alti stringendo lo spallaccio dello zainetto e preparandosi a lavorare. 

Scarlet si sedette su un gradino e tirò fuori dalle tasche i soldi che aveva estratto dai portafogli delle sue vittime. Era stato un buon bottino senza dubbio anche se aveva avuto qualche problema quando un ragazzo sulla trentina l’aveva beccata e si era messo a rincorrerla. Ma era stata abbastanza veloce da sfuggirgli e così sperava di non aver problemi. Era già tardi e quella sera il turno al bar non glielo toglieva nessuno. Ci voleva circa un oretta a tornare a The Wood da dove si trovava e sebbene le piacesse camminare comunque si sarebbe dovuta mettere subito in marcia. Poi lo vide passare proprio davati a lei.Era un giovane ragazzo che camminava col capo chino nascosto dal cappuccio dlla giacca leggera. Infilò il bottino nello zaino e si avvicinò facendo finta di niente al giovane. Con delicatezza sfilò la refurtiva dalla tasca sul retro dei pantaloni del ragazzo e stava per allontanarsi quando... Il portafoglio era bloccato, legato ai pantaloni da una catenella che nell’ansia dell furto Scarlet aveva tirato troppo forte. Lui si girò a guardarla e dopo un momento di sorpresa sorrise. Era Jonathan. 
-Stai scherzando! Di nuovo tu? Ma cosa ho fatto di male nella mia vita precedente?-
-Allora che fai mi segui?- rispose lui con un sorriso malizioso dipinto sul volto trionfante e beffardo.
-Fottiti, sto solo cercando di andare a lavoro-
-Fantastico! Vorrà dire che ti farò da guardia del corpo signorina-
-Non c’è un modo in cui potrei riuscire a liberarmi di te vero?-
-Sai alcuni prernderebbero questo atteggiamento come un rifiuto ma io adoro le sfide-
-Che Dio mi aiuti- esclamò la ragazza alzando gli occhi al cielo. Lo sentì ridere mentre la seguiva con le mani infilate nelle tasche.
Prese una sigaretta dal pacchetto che aveva nello zaino e se la mise in bocca poi porse il pacchetto a Jonathan che però rifiutò. 
-No, non fumo. Mia madre è morta di cancro- le spiegò mentre lei le metteva via e si accendeva la propria inspirando profondamente.
-E mio padre è morto soffocato in un incendio a The Wood proprio in uno dei palazzi di tuo padre, ma ciò non vuol dire niente- disse glaciale, forse con l’intento di farlo sentire un po’ in colpa. Lui abbassò gli occhi per guardare dritto nei suoi. 
-Mi dispiace- disse infine e per la prima volta fu lei a sentirsi in colpa per come l’aveva trattato. Per la cattiveria con cui aveva accusato lui e la sua famiglia di ciò che era successo a suo padre.
-Anche a me- sussurrò abbassando lo sguardo.
-Dovrei segnarmi questa data sul calendario non è vero? Sai non sembri proprio una che chiede scusa così facilmente- esclamò con uno dei suoi sorrisi ai quali Scarlet si era abituata. Buttò fuori il fumo con un sospiro.
-Non mi piace sbagliare, sono una tipa orgogliosa- 
-Me ne sono accorta Bonnie- rispose lui mentre svoltavano avvicinandosi finalmente allo Sweet Bastards.
-Chi scusa?-
-Bonnie. Sai Bonnie e Clyde, i due ladri!- Lei scosse la testa confusa mentre Jonathan la guardava stupito.
-Ti devo istruire un po’ signorina- sospirò lui. -Provvederò la prossima volta-
-Quale prossima volta? Non ci sarà una prossima volta. Non ci vedremo mai più- disse lei fermandosi ormai di fronte al locale.
-Vuoi scommettere?- domandò lui sollevando un sopracciglio e avvicinandosi fino a ridurre a pochi centimetri la distanza fra loro. Scarlet stava per ribattere quando la vide.
 Sua madre camminava veloce lungo la via ma il suo passo era incerto, malfermo e spesso doveva appoggiarsi alle ringhiere per non cadere. In una mano luccicava il profilo della bottiglia di Vodka che stringeva come un arma. O come un ancora di salvezza. Il suo volto era deturpato dalla rabbia e i capelli erano arruffati e le contornavano il viso come una nube nera. Si avvicinò ai due mentre Scarlet con gl occhi sbarrati sussurrava -Mamma-. Quando arrivò davanti alla figlia tutto accadde velocemente. La donna la prese per un polso e la tirò verso di se per poi costringerla a lasciar cdere la sigaretta che spense pestandola con un piede al secondo tentativo tanto era ubriaca. Quando la figlia tentò di calmarla e di costringerla a tornare a casa la madre iniziò ad urlare. Bestemmiava e ogni sorta di parolaccia usciva dalla sua  bocca mentre tirava Scarlet per i capelli e con uno schiaffo la spingeva indietro. Granny era corsa fuori dal locale per vedere cosa stesse succedendo e ora piangeva stretta alla cornetta del telefono mentre chiamava la polizia. Mentre chiamava Max. 
Jonathan impotente assisteva alla scena con gli occhi spalancati aveva provato a bloccare la donna ma quella lo aveva spinto via con una forza che nemmeno immaginava potesse avere una donna così minuta. 
-Sei una disgrazia per la nostra famiglia. E’ colpa tua se mio marito è morto. Tutta tua la colpa. Figlia di lupi, ecco cosa sei. Non dovevamo tenerti! Dovevamo darti via o ucciderti. Lui non avrebbe dovuto trovarsi un altro lavoro per mantenerci e non sarebbe sicuramente morto. Non saresti mai dovuta nascere!- le urlò mentre Scarlet, in ginocchio per terra a qualche metro da lei, allungava le mani davanti a se in lacrime. 
Cercò di commentare ma la madre era fuori di sè, Il braccio della donna scattò all’indietro mentre con furia scagliava la bottiglia vuota contro la figlia che si coprì il viso con le mani mentre il vetro si infrangeva contro i suoi avambracci. Fu allora che arrivò la polizia e Max con lo sguardo di chi si sentiva tremendamente in colpa. Fu costretto a trascinarla via. Mentre Scarlet urlava di fermarsi, di non portare via anche lei. Ma Max doveva farlo. Jonathan la abbracciò e lui lasciò che la stringesse e la portasse dentro il locale dove Granny le medicò le braccia tagliate. Lo sguardo della donna era triste e sul suo viso scorrevano lacrime silenziose mentre alzava lo sguardo verso l’amica che con le gambe strette al petto era rimasta in silenzio fino a quel momento, guardando dritto davanti a se.
-Portala via di qui, coprirò io il suo turno non è nelle condizioni di lavorare-disse la donna dai capelli argentei al ragazzo quando ebbe finito di medicarla.
-Posso portarla a casa sua, so arrivarci- Granny si voltò verso l’amica e scosse la testa. 
-So che è un grande favore da chiederti ma io a casa non ho proprio posto, puoi ospitarla tu? Solo per una notte o due. Quelllo che basta per farla riprendere- Jonathan annuì e dopo qualche minuto caricò la ragazza su una macchina guidata dal suo autista e la portò a casa sua.
Era silenziosa la stanza dove la portò all’ultimo piano del lussuoso palazzo in cui viveva. La prese in braccio e la portò fino alla camera da letto dove le tolse le scarpe e la fece sdraiare sotto le coperte. Fu allora che finalmente lei alzo gli occhi lucidi verso di lui e sussurrò un timido -Grazie-.
-Te l’ho detto sono un gentiluomo. Anche se di solito preferisco fare altre cose con le donne sdraiate nel mio letto-
Lei sorrise ma una lacrima solitaria scese lungo la sua guancia. Jonathan si avvicinò e con il pollice la asciugò sorridendole.
-Andrà tutto bene, vedrai- le sussurrò guardandola negli occhi blu cielo. E Scarlet non sapendo neanche per quale motivo, appoggiò la fronte contro la sua e sfiorò le sue labbra con leggerezza. Lui resistette poco prima di stringersi contro di lei e baciarla con forza ma anche con una straordinaria dolcezza. Le prese il viso fra le mani accarezzando i suoi capelli che le sfioravano il viso e disegnando con la lingua il contorno delle sue labbra . Il suo viso era bagnato dalle lacrime ma a lui non importò perchè lei stava ricambiando infilando le dita tremanti fra i suoi capelli neri e attorcigliandoli sulle dita mentre gli cingeva il collo con le braccia minute . Fece scivolare la mano lungo la sua schiena lungo il profilo della colonna vertebrale facendola avvicinare a se in modo che i loro corpi fossero completamente attaccati l’uno all’altro. Inclinò il viso reclamando il  bacio come suo mordendole il labbro inferiore, la sentì gemere piano mentre approfondiva il bacio stringendo le dita nelle sue spalle. Si separarono solo per respirare. Un respiro di liberazione e sollievo per aver fatto ciò che il destino li aveva condotti a fare. Innamorarsi. Ed io ero lì a narrare un piccolo lieto fine, finalmente nella vita della mia povera Cappuccetto Rosso che aveva ritrovato finalmente il suo Lupo Cattivo. Anche se forse sul secondo aggettivo avevo iniziato a nutrire i miei dubbi. E come non farlo, quello era un ragazzo buono, forse con i suoi difetti e i suoi scheletri nell’armadio. Ma sicuramente buono. 
-Rimani con me stanotte?- gli chiese sussurrando sulle sue labbra e quando lui rispose di sì finalmente un peso andò ad allegerirsi nel cuore della giovane ragazza. 

Ed ora è forse l’ora che io vi dica che quella non fu l’ultima volta che andai a trovare la mia bambina che ormai era cresciuta. A quella sera nell’attico di Jonathan ne seguirono molte altre, tanto che lei si stabilì lì a tempo indeterminato. Sebbene il problema di sua madre le rendesse la vita un poco difficile sapeva di non essere più da sola ad affrontarlo. Granny e Jonathan erano sempre con lei giorno dopo giorno aiutandola a riprendersi e a spostare le sue cose da quella vecchia casa ormai distrrutta e fonte solo di brutti ricordi. La vecchia felpa rossa di suo padre Scarlet non smise mai di portarla anche se ormai aveva preso l’odore di Jonathan dopo tutte le volta che l’aveva stretta a se. Usando il suo ascendente sul ragazzo riuscì a convincerlo a far pace con il padre. E devo dire che nessuno fu mai più felice di loro dopo quella riunione. Certo non tornarono ad essere una vera e propria famiglia ma grazie a loro finalmente The Wood iniziò ad essere considerata di nuovo. I palazzi furono ricostruitti e le piante ridotte in modo da facilitare la vita agli abitanti. Al gruppo di pompieri di cui aveva fatto parte il padre di Scarlet furono donati mezzi più veloci e più utili per far fronte agli incendi. E quando dopo ben tre anni, sua madre uscì dalla riabilitazione. Scarlet era lì con Jonathan al suo fianco. La mano del ragazzo che con dolcezza e ormai per abitudine le cingeva il fianco e nella mano la ragazza non stringeva più una sigaretta ma quella del suo fidanzato, mentre sul suo anulare sinistro scintillava l’anello di fidanzamento che solo pochi giorni prima Jonathan le aveva dato. Quando vide sua madre stentò a riconoscerla. Elegante nel suo vestito a fiori, con i capelli neri legati in una crocchia sopra la testa e le mani strette sulla sua borsetta, non c’era traccia di rabbia o di nervosismo nello sguardo della donna ormai così diversa dall’ultima volta che l’veva vista. I suoi ochi brillavano di gioia quando vide l’anello e abbracciò la figlia stringendo poi la mano al ragazzo che sorridendo era rimasto lì ad osservare le due donne ricongiungersi. Scarlet aveva solo vent’anni ed aveva già una vita abbastanza bella. Tuttavia non posso nascondere che comunque non fu facile. Ma anche quando il padre di Jonathan si ammalò e Scarlet fu costretta dal cancro a letto per mesi prima di riuscire a sconfiggerlo, anche allora i due riuscirono a lottare insieme fino a costruirsi la loro felicità, il loro piccolo angolo nel mondo.E spero che, ovunque loro siano, tutto sia ancora come quando li ho lasciati. Mano nella mano davanti alla prima ecografia della loro bambina.


Angolo dell’autrice
Ecco qui Alet ha finito di narrare la nuova vita di Cappuccetto rosso e sono felice che anche se in pochi qualcuno l’abbia letta. Mi scuso per il ritardo ma ero fuori casa e non potevo aggiornare. Comuqnue ringrazio molto quei pochi che l’hanno letta o ci sono capitati anche solo per caso e credo di potervi spoilerare che la prossima storia sarà Biancaneve ma non ne sono ancora sicura. 
Spero che qualcuno vorrà recensire prima o poi il mio piccolo e brutto lavoro per aitarmi a migliorare.
Ciao ciao e grazie per aver sopportato questa prima storia. Alla prossima.
   
 
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