Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Alice95_    03/07/2016    4 recensioni
Una giovane Kate Beckett alla ricerca di una notte da dimenticare, si trova davanti a una persona che invece si ricorderà per il resto della vita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rick era ancora seduto quando la vide camminare verso di lui, la guardò attraversare la stanza con lunghi passi sicuri. Cercò di fare il suo miglior sorriso, o quello che almeno sperava venisse fuori, quello con cui normalmente tutte si scioglievano. Ma il suo sorriso vacillò quando vide lo sguardo furioso sul viso di Kate. Naturalmente si era aspettato che fosse sorpresa, forse anche irritata dalla sua visita senza preavviso ma in questo momento sembrava fosse pronta a ucciderlo.

“Che cosa ci fai qui?”, sussurrò, quando era abbastanza vicina a lui per far sì che lo sentisse e per non attirare l’attenzione della gente.

“Non hai chiamato”, balbettò, dicendo la prima cosa che gli era passata per la mente, già sapendo che la sua risposta non l’avrebbe soddisfatta. In qualche modo non aveva mai pensato al fatto che magari lei non avrebbe davvero avuto voglia di rivederlo.

“E chi ti da il diritto di presentarti e molestarmi mentre sono a lavoro?” rispose fissandolo.

“Quindi ti sto molestando?”, stava ritornando un po’ di fiducia in stesso dopo quell’accusa ridicola. Voleva solo parlare, non necessariamente in questo momento. Poteva sempre venire a prenderla più tardi..

“Beh non ricordo di averti invitato”. Rispose Kate, interrompendo il suo treno silenzioso di pensieri mentre era in piedi davanti a lui, con le mani sui fianchi. Se non fosse stata arrabbiata con lui, per qualche ragione incomprensibile, l’avrebbe trovata pure carina.

“Non hai chiamato”, ripetè, cercando di farle capire il suo punto di vista. Ma lo sguardo sul suo viso gli fece capire che era molto lontana dal capirlo.

“Di nuovo? Chi ti ha dato il diritto di presentarti qui? Hai mai pensato che magari non avevo piacere di chiamarti?” glielo sputò in faccia, più forte di quanto avesse previsto e vedendo diversi agenti andare verso la loro direzione. Ottimo, pensò. Questa era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, diventare l’argomento principale del distretto. Era già abbastanza difficile farsi valere tutti i giorni in un mondo di soli uomini, ancora di più essendo una mamma single. Non aveva bisogno pure del gossip intorno a lei.

“Oh  si ci ho pensato”, la risata senza di allegria di Rick la riportò alla questione, “ma ovviamente abbiamo bisogno di parlare, ecco perché sono qui”. Non capiva il rigetto che aveva verso di lui. Cosa aveva fatto?

“Non c’è niente di cui dobbiamo parlare”, replicò lei, cercando di mantenere uno sguardo impassibile. Ma lui se ne accorse dal guizzo nervoso dei suoi occhi, dalla sua lingua che bagnava le sue labbra, era nervosa. Lei sapeva perché lui era qui.

“Sai esattamente di che cosa, o forse dovrei dire di chi”, abbassò la voce, avvicinandosi, invadendo il suo spazio personale. Forse cercare di intimidirla era una mossa poco nobile da parte sua ma non sapeva cos’altro fare. Sembrava funzionare, così si fece sempre più vicino, vedendola fare un passo indietro e inciampando in una sieda dietro di lei.

“Beckett, stai bene?”, Miller la chiamò dall’altra parte della stanza, costringendola a girarsi.

“Sisi tutto bene, Miller!”, rispose, mordendosi le labbra. Non aveva bisogno di tutto questo. Royce l’avrebbe affrontata sicuramente più tardi.

Girandosi di nuovo, lo trovò ancora intento a fissarla, del tutto impassibile alla scena che stava creando, “Devi andare”, disse, “adesso”. E iniziò ad allontanarsi decisa a lasciarlo lì.

“Io non vado da nessuna parte finché non abbiamo parlato di Jamie”, rispose, la voce ferma, anche se non aveva idea di come ci era riuscito. Era furioso. Aveva sperato in una conversazione civile a proposito di tutto quello che era successo due anni fa. Magari sarebbe stato anche un piacevole viaggio nella memoria prima di arrivare a un accordo che avrebbe funzionato per tutti loro. Ma lei si comportava come se lui fosse una specie di pervertito. In cerca di che cosa? Di un’altra notte di solo sesso? Credeva davvero fosse quel tipo di persona?

Rendendosi conto che si trovavano ancora al centro dell’attenzione, Kate lo afferrò per un braccio e lo tirò verso una porta alla loro destra, spingendolo. Trovandosi in una stanza del distretto.

“Jamie non è affar tuo”, quasi gli urlò contro. Appena si trovarono fuori dal centro dell’attenzione e soli ogni fibra del suo corpo si era messa in modalità combattimento. Lo voleva tenere lontano da Jamie.

“Oh, in realtà penso proprio che lo sia. Credo sia molto affar mio”, imitò il suo tono, non era disposto a cedere ed era determinato a non fare marcia indietro. Jamie era sua figlia e lui aveva il diritto di…

“Non ho idea di cosa tu stia parlando”, disse, voltandosi e lasciandolo in piedi da solo, ma prima che potesse uscire dalla stanza le afferrò il polso, facendola voltare e mettendola faccia a faccia con lui.

“Perché ti comporti in questo modo?”, chiese, cercando di adottare un approccio diverso, “Voglio solo parlare e se questo è un brutto momento tornerò dopo oppure ci vediamo per cena o se vuoi ci possiamo vedere anche un altro giorno. Se mi prometti che ne parleremo accetto tutte le tue condizioni”.

“Tu non capisci, vero?” chiese, tirando via il polso dalla sua mano. “Non c’è niente di cui parlare. Non ho niente da dirti”. Dio, voleva solo che se ne andasse. Non poteva gestire questa situazione, non era preparata. Pensava che se non lo avesse chiamato avrebbe perso interesse. Non aveva realmente considerato il fatto che potesse davvero essere serio a proposito della chiamata e certamente non pensava scoprisse la verità. Ma forse se continuava a negare, l’avrebbe convinto di essere arrivato alla conclusione sbagliata.

“Kate”, fece un passo avanti ma lei subito ne fece uno indietro.

“No, Rick. Abbiamo passato una notte insieme, molto tempo fa. E questo è quanto. Io non voglio recuperare niente, non voglio ripetere niente. Non ho tempo per una relazione o qualsiasi cosa tu stia cercando. Sono un poliziotto e una mamma single e l’ultima cosa di cui ho bisogno nella mia vita in questo momento è un uomo”. Sperava solo che avrebbe capito. Per favore, dimmi addio e vattene per la tua strada.

“Sono suo padre”, disse invece, il suo tono cambiò e i suoi occhi si ammorbidirono per un momento. Era vicino alla supplica ma non gli importava. Tutto quello che voleva era avere la possibilità di essere padre della bambina. Una possibilità era davvero tutto quello che chiedeva.

Lei trattenne il respiro, inciampando all’indietro e cercando di mascherare il suo shock. Fino ad ora c’era una piccola parte di lei che sperava davvero fosse qui alla ricerca di un’altra notte di sesso o per avere una risposta al perché fosse scappata, ma dopo quella frase capì che lui sapeva, era a conoscenza di tutto.

“Jamie non ha un padre. Siamo solo io e lei”. La sua voce non era più che un respiro. “Non è tua figlia”.

Rick sentiva la voce di sua madre nella mente, avvertendolo che avrebbe fatto qualcosa di stupido, ma era troppo tardi, si stava per spingere troppo oltre. Era un padre dopo tutto, così sbottò, rabbia e disperazione presero il sopravvento, “Non fare finta di niente, Kate. L’ho vista. Ha i miei occhi, i miei occhi azzurri. So quando è nata, Cynthia me l’ha detto. E’ mia figlia e ne sono sicuro”. Sapeva che la stava perdendo e certamente questo non lo avrebbe portato da nessuna parte, ma non riusciva a tornare indietro. Prese un respiro profondo e cercò di calmarsi. Era anche sua figlia.

“Jamie è mia figlia”, urlò. “Mia. Tu non hai niente a che fare con lei, stiamo bene da sole. E se mai ti vedrò vicino a lei di nuovo…”.

“Oh, quindi è così che la vuoi mettere?”. La sua voce era fredda come il ghiaccio, il sorriso falso sulle labbra ancora più freddo. “Farò un test di paternità per dimostrare che è mia figlia. E chi pensi avrà le carte migliori quando andremo in tribunale? La mamma single che lavora a orari folli, che è costantemente in pericolo e che ha pochissimo tempo per la bambina o il famoso scrittore, con un sacco di tempo libero e molti più soldi?”. Era scioccato dalle sue stesse parole, vide il terrore nei suoi occhi. Quegli occhi tristi che non era mai riuscito a dimenticare. Ora erano colmi di lacrime e sapeva di esserne lui il responsabile, ma non riusciva a fermarsi. “Combatterò Kate Beckett. Combatterò per lei”.

Quando finalmente smise di parlare e vide le lacrime scorrere sul viso di Kate era disgustato da se stesso. Come aveva potuto dirle cose così terribili? Era uno stupido ed era inorridito dal suo comportamento, come aveva potuto lasciare uscire le sue emozioni in questo modo? L’aveva veramente minacciata? Se solo avesse ascoltato sua madre avrebbe agito in modo diverso. Avrebbe potuto chiamarla al distretto, farle prendere tempo, avvertirla, qualsiasi cosa. Darle una possibilità. Prese un respiro profondo, fece scorrere una mano sul suo viso cercando di portare la situazione sotto controllo.

“Vattene”. Sentì la sua voce tremante prima di avere la possibilità di scusarsi. E il suo cuore si ruppe quando realizzò cosa le aveva fatto.

“Kate, io…”, non lo fece finire.

“Vattene”, disse nuovamente, un po' più forte questa volta, ma lui non si mosse.

“Kate, per favore”. La stava implorando.

“L’hai sentita?”, una voce fece sobbalzare entrambi. “Lei vuole che tu te ne vada”.

Girandosi, Rick vide il poliziotto con cui aveva parlato prima, Royce. E sapeva che non c’era niente che potesse fare in questo momento senza peggiorare le cose. Quindi, dando un ultimo sguardo a Kate, che sembrava stesse per avere una crisi di pianto, alzò le mani in segno di resa.

“Per favore chiamami”, disse un’ultima volta prima di girarsi e andarsene.

Royce rientrò nel distretto per guardare l’uomo che aveva sconvolto la sua partner, così tanto che stava ancora piangendo.

“Che cos’era questo?” chiese Royce, guardando Beckett che stava cercando di ricomporsi.

“Niente”, disse finalmente, mettendo su un’espressione coraggiosa e tornando nel distretto, non voleva dare nessuna spiegazione.

“Beckett?”, la richiamò ma lei fece cenno con la mano di non volerne parlare.

“Lascia perdere Royce. Ho tutto sotto controllo”.

 

———————————————————

 

Royce la tenne d’occhio per il resto della giornata. Pretendeva di stare bene quando in realtà aveva ben poche cose sotto controllo. Qualsiasi cosa fosse successa tra lei e quel ragazzo l’aveva sconvolta a sufficienza per averle fatto perdere il senno della ragione, cosa che non era mai successa a meno che non fosse preoccupata per Jamie.

Fece in modo che non dovessero uscire in pattuglia per il resto della giornata, chiedendole alcune favori e lasciandole il lavoro d’ufficio mentre lui si occupava di una ricerca online.

Ci vollero pochi secondi per capire chi fosse esattamente Richard Castle. E Royce si era affrettato a farsi una teoria su cosa fosse successo tra la sua partner e quell’uomo, autore di best-seller. Personalmente non aveva mai sentito parlare di lui, ma sicuramente aveva carisma e aveva creduto alla sua storia circa sua figlia che era amica di Jamie. E se era riuscito a convincere un vecchio poliziotto come lui, aveva una vaga idea di che tipo di promesse potesse fare alle donne  un uomo come lui. Promesse che non avrebbe mai mantenuto, ovviamente. Fortunatamente Beckett, anche se molto giovane, non era quel tipo di donna ma il bastardo era riuscito comunque a farle del male.

“Hey Beckett”, spostò lo sguardo dal lavoro che stava facendo e vide il partner armeggiare nervosamente la penna che aveva in mano.

“Mmmmh?”.

“So che non è affar mio quello che è successo tra te e questo scrittore, ma…”, lo interruppe immediatamente.

“Sai chi è?” domandò con gli occhi ancora umidi. La situazione stava peggiorando di minuto in minuto.

Si strinse nelle spalle, “Ho fatto una ricerca sul web”.

Lei sbuffò, voleva solo che questa giornata arrivasse alla fine. Ma Royce interpretò il suo silenzio come un segno per continuare.

“Ascolta ragazza, voglio solo farti sapere una cosa, se vuoi che vada a fargli una visita o che paghi qualcuno per…” lasciò il resto della frase in sospeso, immaginando che avrebbe capito.

“Grazie Royce ma non è quello che pensi. Posso farcela da sola”, provò a fare un sorriso, ma fallì miseramente.

“Certo, tieni un mente una cosa però, ci sono tanti altri pesci nell’oceano”, disse prima di tornare alla sua scrivania.

Kate seppellì la testa tra le mani. Era già stato sufficiente che Royce avesse assistito alla sua litigata con Rick Castle ma ora si era fatto un’idea totalmente sbagliata di loro due nella sua testa, anche se forse era meglio della verità.

Guardò l’orologio alla parete e sospirò quando vide che mancava ancora più di un’ora alla fine del suo turno. Voleva tornare a casa. Voleva rannicchiarsi sul divano con la sua bambina e dimenticare tutto quello che era successo oggi.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Alice95_