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Autore: Ink Voice    03/07/2016    1 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XIV
Il labile confine tra umano e leggenda

Le immagini prima del vortice pieno di colori brillanti e poi di un percorso fiocamente illuminato si susseguono rapidamente davanti i miei occhi lacrimosi, ma la mia mente non reagisce a quel che vedono. È solo alla ferita che bada: potrebbe accadere qualsiasi cosa nei dintorni e non mi farebbe rendere conto di alcunché. Il contrasto tra il portale terribilmente sgargiante e il buio di ora intensifica per alcuni istanti il flusso delle lacrime.
Mi mordo il labbro inferiore tentando di soffocare gemiti o strilli di lamento, ma non ci riesco e mi sfuggono inevitabilmente degli imbarazzanti mugolii. La mano del braccio sano continua a fare pressione vicino alla ferita, stringendo l’avambraccio. Nella luce debole emessa da alcuni lampioni, la mia pelle sembra ancora più bianca e il sangue totalmente nero. Le gambe non mi reggono più e cado in ginocchio: finirei completamente per terra se non fossi sorretta all’ultimo da qualcuno alle mie spalle. Si sposta lateralmente, continuando a sostenermi, ma io ancora sono troppo concentrata sulla ferita per realizzare appieno cosa succeda. Senza dire una parola mi prende il braccio, e nel mentre riconosco lentamente la larga manica di un kimono.
Una delle sue grandi mani passa sul taglio profondo, sfiorandolo, poi ci ritorna e accende una fiamma chiara e luminosa, che a parte trasmettermi un po’ di calore non mi fa niente a contatto con la cute. Niente di male, perché quando si spegne e la mano si sposta, del taglio non c’è più traccia, e ancor prima se n’è andato via il dolore, tutto insieme, d’un tratto. Sulle prime sono ancora convinta di essere ferita e tengo gli occhi strizzati per non vedere il taglio orribile, ma li apro e noto di essere guarita quando una sua mano, probabilmente la stessa che mi ha risanato il braccio, si infila tra i miei capelli e mi accarezza delicatamente la nuca. È un tocco rassicurante e familiare, anche se è la prima volta che lo sento. L’altra mano tiene una delle mie con la stessa dolcezza con cui la prima mi carezza, mentre la sua testa è appoggiata alla mia, tempia contro tempia.
Rialzo lo sguardo, ancora lacrimante anche se non c’è più ragione di esserlo, e anche lui solleva un po’ la testa per farsi vedere meglio. Ho-Oh come umano è un uomo bellissimo, e non mi aspettavo niente di diverso. Si vede abbastanza bene anche nella poca luce: i capelli biondi e ricci, i lineamenti regolari del viso dalla carnagione diafana, la bella forma degli occhi, truccati di nero quasi quanto lo sono i miei.
Studio per qualche altro secondo il mio braccio rimesso a nuovo - i vestiti sono ancora strappati, ma non importa. Tutto è stato pulito del sangue che era sgorgato copiosamente. La pelle deve essere ancora più pallida di quanto dovrebbe, ma il conforto di non essere più in gravi condizioni mi sta riscaldando e tranquillizzando. Dopo un po’ non ce la faccio più e poso di nuovo i miei occhi sull’aspetto umano del mio Leggendario. Inizialmente Ho-Oh guarda altrove, dall’altra parte di un percorso desolato in terra battuta, poi cede al mio sguardo ammirato e stralunato allo stesso tempo, ricambiandolo con uno molto serio, come c’era da aspettarsi.
Persino nella semioscurità i suoi occhi hanno una nota malinconica, triste e amara, visibilissima anche ora che è quasi del tutto buio. Forse è questo a renderli così magnetici e affascinanti. Mi chiedo se il Leggendario si presenti anche sotto altri aspetti, sempre umani, o se si sia sempre trasformato in questo modo; e a questo punto mi domando anche se i suoi occhi abbiano sempre avuto questa espressione quasi nostalgica.
Interrompe di nuovo il contatto visivo, come se in questa forma fosse più insicuro e a disagio e non volesse guardare nessuno né essere guardato. Seguo la direzione della sua occhiata e arrivo dall’altra parte di un ampio sentiero, un percorso circondato da boschi. È quasi scomparsa la luce proveniente dall’orizzonte. Ci troviamo in un punto troppo anonimo perché possa ricondurlo a un qualche luogo conosciuto.
«Se stai meglio, rimettiamoci in piedi e raggiungiamo gli altri.» Sussurra: non avrei compreso le sue parole se non ci circondasse uno dei silenzi più intensi che le mie orecchie abbiano mai sentito - sempre che si possa udire il silenzio. Sono tentata di chiedergli perché si comporti così, perché sia così schivo ed insicuro tutto d’un tratto, ma lascio perdere e gli rispondo nel modo più semplice possibile. Sono certa, ad ogni modo, che percepisca i miei dubbi e che li fugherà quando o se vorrà farlo.
«Va bene.»
Sono troppo sicura delle mie gambe quando mi alzo in piedi, e inaspettatamente per me barcollo e perdo l’equilibrio. Ho-Oh, tempestivo, scatta a sorreggermi appena le mie ginocchia accennano a cedere, cingendomi con un braccio e tenendo la mano sul mio fianco. Arrivo praticamente ad aggrapparmi a lui, per la sorpresa e per paura di cadere di nuovo, e seguo i passi dell’uomo, lenti e brevi in modo tale che possa imitarlo senza difficoltà finché non sono davvero pronta a camminare per conto mio. Attraversiamo la strada desolata e ci inoltriamo nella vegetazione, spogliata dall’inverno; Ho-Oh non si disturba ad accendere fiammelle per fare luce, in qualche modo saprà dove mette i piedi e dove stiamo andando. Soltanto la luna piena rischiara il cammino, quel poco che basta per distinguere gli alberi dall’oscurità, per vedere un vago bagliore biondo provenire dai folti capelli leggermente ricciuti di Ho-Oh e notare come i suoi occhi siano di un rosso molto intenso, color sangue a causa della penombra.
Faccio di tutto per evitare di inciampare, non osando chiedergli - nemmeno io so spiegarmi il motivo - di illuminare un po’ la via con il suo fuoco colorato, ma dopo poco trovo comunque un modo per porre fine al silenzio. «Come fai a sapere dove siamo diretti, Ho-Oh?»
«Sento Raikou e Dialga. E ci ho scambiato due parole» aggiunge. La sua voce profonda e virile è un po’ più alta ora, quanto basta per cercare di farmi credere che non ci sia niente a turbarlo. Questo pensiero però mi assilla comunque, e lui deve essere così infastidito nel percepirlo che improvvisamente si ferma. Smette di sorreggermi e si passa entrambe le mani sul viso, sospirando rumorosamente, mentre io lo guardo con anche troppa attenzione, cercando inutilmente di capire cosa gli passi per la testa. «Non mi piace farmi vedere in questa forma.»
«Mentire non rientra nelle tue più grandi abilità, credo di avertelo pure già detto» ribatto, ma anch’io a voce piuttosto bassa. «Eri umano pure quando sono arrivata sulla Torre Campana a prendere la forma materiale del Legame, e dubito che tu abbia avuto qualche motivo di farlo, se non per farti vedere così. Non so perché e non so se me lo dirai, ma penso sia stata una decisione semplice e priva di una storia alle sue spalle. Non avevi motivo neanche di farti vedere da me in questo stato.»
«Volevo rassicurarti prima di presentarmi nel mio vero aspetto. La tua agitazione si percepiva da quando hai messo piede nel Sentiero Din Don, all’ultimo piano stava diventando quasi insopportabile.”
“Sarà» mormoro, dubbiosa, «ma io credo che sia un pretesto. Hai voluto farti vedere così e basta. Anzi, non hai voluto farti vedere: hai voluto passare un po’ di tempo in forma umana.»
I miei occhi sono incollati al profilo del suo viso. Alza la testa, inspirando profondamente, e il chiaro di luna sembra concentrarsi tutto su di lui: mette in risalto le lunghe ciglia bionde che fanno contrasto con il nero del trucco, la linea del naso con una leggerissima gobba che gli dà un’aria più austera e importante, le labbra chiare appena schiuse, le ciocche bionde che ricadono sulla sua fronte. Quando abbassa il capo e lo gira a ricambiare il mio sguardo, la luce lunare pare arretrare, tornando alla sua normale intensità. Ci scambiamo una lunga occhiata; io sono ipnotizzata, ma riesco a mantenere un’espressione piuttosto seria. Sicuramente non tanto quanto la sua, composta e autorevole: non sarà bravo a mentire ma riesce a non tradire alcuna emozione quando lo fa. Si riesce a capire che non dice la verità solo se si ha un rapporto abbastanza stretto e se si conosce ciò di cui si parla con lui, andando a cercare le contraddizioni nei suoi discorsi.
Improvvisamente Ho-Oh curva un angolo della bocca e sfoggia un sorrisetto beffardo, capovolgendo l’espressione dello sguardo, che lo fa sembrare un ragazzino, anziché un uomo sui trent’anni. «Forse non è vero che non mi piace apparire così. D’altronde riesco a fare un sacco di conquiste con questo aspetto. Secondo te sono bellissimo o sono bellissimo?»
«Sei bellissimo» fingo di rispondere seriamente alla sua «domanda», «e immagino tu sia un amante molto ricercato, ma tornando a noi…»
«Non torniamo proprio a niente, tesoro mio» mi interrompe. Arrossisco violentemente quando mi afferra un braccio e mi trae a sé, e le sue pupille incontrano le mie. Inizio a chiedermi, sempre più imbarazzata e in ansia, per quanto tempo mi toccherà rimanere così e temere le intenzioni di un Leggendario più umano e più pervertito del previsto. Lui aspetta un secondo in più del necessario, durante il quale spingo a forza l’aria nei polmoni e cerco qualcosa da dire che non sia eccessivamente stupido e confuso; poi molla la presa, gongolando e ridacchiando per qualche ragione che solo lui sa.
«Ti diverti tanto così, eh?! Se scopro che sei un porco con lei ali annullo il Legame!»
«Voglio proprio vederti a provarci» cinguetta lui, per niente preoccupato dall’eventualità che il Legame venga spezzato. È una situazione scherzosa - imbarazzantissima, però scherzosa - ma quella di un Legame che viene annullato è una questione serissima. Le probabilità che sia un maiale sono comunque abbastanza alte.
Riprende a camminare come se niente fosse, e io gli vado dietro un po’ titubante, accendendo una fiammella che faccia luce per alcuni passi intorno a me, avendo già rischiato di finire lunga per terra un paio di volte da quando non sono più aggrappata a Ho-Oh. I suoi scherzi mi hanno distratta e sono ancora piuttosto preoccupata dalle sue abitudini, ma le domande sul suo conto iniziano a riaffiorare nella mia mente. Non è bastato così poco per rimuovere dalla mia testa l’immagine fissa dei suoi occhi malinconici, e non mi sono scordata di quando ha detto di aver sentito Raikou e Dialga, senza neanche aver cercato di nascondere di essere tremendamente distante da Lugia. Non dimentico che ha qualche motivo per cui essere così imbronciato e impensierito per la maggior parte del tempo: la ragione, com’era manifesto fin dall’inizio, non è certo che si sente a disagio sotto forma di essere umano. L’ha ammesso lui stesso e poi ha completamente cambiato discorso.
Mi sforzo di mettermi l’anima in pace, sperando però che prima o poi il Leggendario smetterà di tenere tanti segreti e si aprirà con me… Non in quel senso, dannazione! Sarà tutta colpa sua se la mia immaginazione si orienterà verso determinate direzioni…
Rialzo gli occhi dal terreno, ancora un po’ rossa in viso per gli ultimi pensieri che mi sono corsi per la testa. Ho-Oh mi precede di qualche passo: una gonna dorata a pieghe, uguale alla mia ma lunga oltre le caviglie, fruscia al comando di un vento leggero. Anche la corrente sembra rispettare la presenza imperiosa e importante del Leggendario. Sopra la gonna del kimono indossa una sorta di mantello rosso, un po’ più corto di essa, con fasce bianche a decorazioni cremisi sulle larghe maniche, e rifiniture dorate sull’orlo inferiore. Sulla schiena ha un complesso disegno d’oro che unisce simboli e immagini stilizzate ancora privi di significato per me.
«Ti piace il mio vestito, cara?»
«È un po’ pacchiano.»
«Sei proprio priva di buongusto! Mi auguro che il possesso del Legame ti migliori da questo punto di vista, nel tempo» risponde, fingendosi offeso nel profondo.
«Il mio è più bello» ridacchio mio malgrado. Stavolta si gira e fa una smorfia di disappunto, poi se ne esce con una linguaccia che mi fa ridere di nuovo. Lui sorride, riacquistando una nota malinconica nella sua espressione, ma faccio finta di niente e gli corro appresso, recuperando i metri che ci separavano.
«Dove siamo di preciso?» gli chiedo.
«Non lo so. A Unima.»
«Ma che?! Sei serio? Come fai a non sapere dove siamo, sei stato tu a teletrasportarci qui!»
«Mi sono spostato dove percepivo gli altri Leggendari. Niente di più» dice serenamente. Io sbuffo e allora lui prosegue: «Che c’è, non ti fidi? Siamo quasi arrivati, sta’ buona. Ma prima che tu ti veda con gli altri, tornerò nella forma materiale del Legame.»
«E perché?»
«Sono un timidone!»
«Ma smettila, sei un cretino!» esclamo. La mia voce si propaga per tutto il bosco nudo e una leggera eco torna da noi, portando con sé la mia voce dal tono esasperato.
Ho-Oh, facendo finta di nulla, mi sorride di nuovo. Guarda davanti a sé e dopo qualche passo si ferma. «Sono praticamente lì, puoi proseguire da sola. Ci vediamo presto, forse.»
«Non mi hai detto perché non ti vuoi fare vedere così!»
La mia protesta rimane ovviamente inascoltata: Ho-Oh si trasforma in una grande fiammata arcobaleno, le cui dimensioni si riducono velocemente, finché non è abbastanza piccola da potersi fondere con il prisma della collana con la stella nera a sette punte, la forma materiale del mio Legame. Tanto non mi avrebbe risposto comunque, neanche se non fosse stato occupato a uscire di scena, come al solito in modo scenografico - anche se ormai per me è un po’ prevedibile veder trasformare cose, persone e Pokémon in fuoco dei colori dell’arcobaleno: se accadesse all’improvviso nelle immediate vicinanze, neanche me ne stupirei.
Stavolta cerco di non darmela per vinta: mentre cammino provo a contattare Ho-Oh cercando spiegazioni, nella speranza che, ora che non è più faccia a faccia con me, sia più disponibile a farmi sapere almeno qualcosa delle sue innumerevoli preoccupazioni, a parlare del perché il suo viso esprima una malinconia così grande, che trova tanto necessario nascondere con una maschera provocante e con degli scherzi da ragazzo, non da uomo, come invece lui si manifesta. Ma è tutto inutile: la fenice si è chiusa in sé stessa e non ha alcuna intenzione, a quanto sembra, di lasciare che io la disturbi con le mie domande. Non mi sembra di essere particolarmente assillante, tanto da arrivare ad escludermi e ad evitare ogni tentativo di conversazione. Mica è colpa mia se siamo mentalmente collegati e lui riesce a vedere ogni mio pensiero, ogni dubbio sui suoi comportamenti e sul suo passato, e se questo lo mette a disagio.
Ma perché mai dovrebbe vergognarsi della sua Legata, peraltro una ragazza che conosce molto poco il mondo, dato che ha passato alcuni degli anni più importanti della crescita in luoghi come la fantomatica Accademia e le claustrofobiche basi segrete delle Forze del Bene? Può essere davvero preoccupato dalle mie impressioni su di lui, può temere che io lo giudichi? Non capisco proprio perché si comporti così. Da dove nascono la paura di parlarmi con chiarezza e il bisogno di farmi tanti misteri, di aggirare l’ostacolo della mia curiosità, che penso sia del tutto lecita? Perché si chiude in sé stesso e non mi racconta di cosa è successo in passato, che l’ha portato a cercare un Legato? Cosa sta succedendo con Lugia, la sua controparte, e anche con Raikou che cerca di disobbedire?
Cerco di scacciare tutte queste domande che non troveranno risposta prima di molto tempo, temo; ma continuano ostinatamente a ronzarmi in testa, premendo perché io trovi una risposta che le soddisfi. E ne arrivano altre: perché non si fa vedere nella sua forma umana dagli altri Legati? Di nuovo, di cosa può vergognarsi con dei ragazzi che per la maggior parte trafficano con i Legami da pochi mesi a questa parte?
Mi chiedo se Helenos sarebbe in grado di darmi una risposta, lui che si vanta di essere così a stretto contatto con Ho-Oh tanto da poterne praticamente leggere emozioni ed intenzioni, e di agire di conseguenza su suo volere. Forse sì, saprebbe dirmi qualcosa in più su cosa è successo in passato che ha portato il Leggendario a questo strano stato, a comportarsi in modo contraddittorio, a spegnere una vivida scintilla di passione e vitalità nei suoi occhi rossi - così immagino - per lasciarne una in punto di morte, minuscola, che però mostra una grande malinconia. Ma tanto non mi direbbe niente, perché stando a quanto dice lo stesso Ho-Oh è un efferato misogino e non si fida né di me, né di qualsiasi altra donna; e io sono troppo orgogliosa e offesa per andare a chiedere aiuto a un soggetto del genere. Mi rassicuro dicendomi che presto sarà disposto a confidarmi qualcosa, meno restio, meno timido... forse non scherzava quando ha detto di essere un timidone, l’ha solo detto a sproposito, in un contesto differente da quello in cui probabilmente si vergogna davvero di qualcosa. Con me, poi! Più ci penso e più non capisco perché faccia così, un Leggendario vecchio come lui.
“Vecchio a chi?”
Alzo gli occhi al cielo nel sentirlo di nuovo, sempre poco serio: percepisco chiaramente che scomparirebbe, rapido come non mai, se gli chiedessi un’altra volta di parlare con chiarezza. Perciò mi ritrovo a dirgli, senza avere altre possibilità, d’altronde: «Ma statti zitto, va’.» Come se normalmente non se ne stesse già abbastanza in silenzio, aggiungo nella mia testa… non so se facendomi sentire o no da Ho-Oh, ma lui segue il mio ordine e torna nel suo angolino, nascosto da qualche parte nella forma materiale del Legame.
Quando vedo qualcuno profilarsi all’orizzonte, torno con i piedi per terra: vengo distratta del tutto dai miei dubbi appena le mie orecchie colgono le prime parole di un dialogo a voce non troppo bassa, tra un ragazzo e una ragazza. Saranno Daniel e Ilenia a chiacchierare, mentre Luke se ne starà in disparte come suo solito. Sorrido ripensando alle tensioni tra lui e il Legato di Dialga: non c’è niente di divertente in questo, anzi, non è una bella situazione quella tra i maschi del nostro gruppetto, ma per ora posso soltanto non prenderla troppo sul serio.
Le mie sopracciglia si crucciano non appena mi rendo conto, abbastanza presto in realtà, che ci sono soltanto due persone e che non sono affatto Daniel, Ilenia o Luke, ma dei perfetti sconosciuti che aspettano ad una fermata dell’autobus fuori da qualsiasi città. Tento di parlare a Ho-Oh, che aveva detto di avermi portata sulle tracce dei membri del mio gruppo: non può essersi sbagliato, i suoi poteri psichici sono molto sviluppati, anche se non al pari del fuoco e dell’aria, e non può aver mancato il bersaglio con il teletrasporto. Ovviamente lui non si fa sentire: sbuffo rumorosamente e decido che questo sarà l’ultimo forte rumore che emetto prima di capire dove sono e chi ho di fronte. Cammino in modo più silenzioso, con passo felpato - sono favorita anche dal sottobosco imbiancato di neve, e cerco di passare accanto agli alberi carichi della stessa per improvvisare, se necessario, un nascondiglio. Non c’è più un filo di vento, ora: la serata fredda è perfettamente calma e piatta.
Sono costretta ad avvicinarmi molto per vedere con chi ho a che fare, e sono già uscita allo scoperto prima ancora di capire chi sono i due ragazzi, che nel frattempo si sono accorti che qualcuno è uscito dal bosco del tutto spoglio. Cercando di fare la vaga, vado alla fermata dell’autobus anche io, tenendo le mani in tasca e parte del viso nascosta dalla sciarpa.
Ma spalanco le palpebre e smetto di “nascondermi” appena riconosco i ragazzi davanti ai miei occhi come Rongyin e Anyang, i Legati rispettivamente di Reshiram e Zekrom. Lui, che sembra insospettito, corruga ancora di più le sopracciglia poco folte quando si vede fissato da una perfetta sconosciuta, che pare sia faccia a faccia con un fantasma e non con un normale ragazzo - normale solo all’apparenza. Tuttavia riesco a riprendermi, anche se la mia espressione basita non muta, e attivo i miei poteri psichici per confermare che i due siano i Legati che stavamo cercando dandoci tanta pena. Ritrovo davvero un contegno solo quando le loro aure si mostrano come quelle dei contraenti di Reshiram e Zekrom: la prima, quella di Rongyin, è nera con un cerchio bianco al centro, invece quella di Anyang è l’esatto contrario. Buffo, visto che il Leggendario di lei è tutto bianco e quello di lui interamente nero.
Nel frattempo Rongyin, con un sorrisetto alla Daniel - ovvero di scherno - sul viso tondo e pallido, mi si rivolge con tono altrettanto beffardo, forse intuendo che c’è qualcosa sotto la mia espressione sconvolta di poco fa: «Ha bisogno di qualcosa?»
«Aspetto l’autobus. Come voi, immagino.»
Il viso di Anyang dice chiaramente “e mi spieghi così la faccia di prima?”, ma resta in silenzio; Rongyin risponde: «Qui non passa nessun autobus. La stazione è fuori servizio da anni.»
«E allora che ci fate qui?»
«Potrei chiederle la stessa cosa.»
«Dammi pure del tu, Rongyin.»
Lei inarca le sopracciglia, continuando ad esibire lo stesso il sorrisetto, così come Anyang si ostina a stare zitto e a tenere le sopracciglia corrugate. Lei mi tende la mano. «Con chi ho il piacere di fare la conoscenza?»
«Con la Legata di Ho-Oh. Mi chiamo Eleonora» mi presento, cominciando a sorridere anch’io e ricambiando la stretta di mano: mi comunica simpatia fin da subito.
Anche Anyang mi tende la sua e, mentre ce la stringiamo, mormora: «Ho ragione di credere che tu sappia anche chi sono io.» La sua faccia non è cambiata né in meglio né in peggio. Sembra che l’espressione standard delle sue sopracciglia sia quella crucciata.
«Anyang. Anzi, Zhao, e tu Yue» mi correggo, guardando prima l’uno e poi l’altra. «I Legati di Zekrom e Reshiram.»
«Così sembra» dice lei, tirando su a tre quarti la manica della giacca e quella di un maglioncino, mostrandomi la forma materiale del suo Legame: un bracciale molto semplice, che mette in risalto il Chiarolite, solitario. «D’altronde ho capito che non eri una ragazza qualunque quando mi hai detto di aspettare l’autobus, grazie al potere della Verità. A volte mentire è la cosa migliore!»
Guardo impensierita il bracciale, per poi mormorare lentamente: «Ricordo che dei miei compagni andarono in cerca del Chiarolite e dello Scurolite, e una volta trovati li portarono nella base segreta del Monte Corona...»
«Poi uno dei ragazzi che aveva pure preso parte alla missione si premurò di portarli a chi era giusto che li avesse, anziché lasciarli a fare la polvere sulla scrivania di un comandante delle Forze del Bene in attesa di rintracciare i Legati dei Leggendari in questione.»
Una nuova voce ha risuonato nell’oscurità, proveniente dal bosco alle nostre spalle. Prima che faccia in tempo a girarmi del tutto, con la coda dell’occhio vedo Yue sogghignare e Zhao scuotere la testa in segno di disapprovazione, anche se non sembra troppo serio. Rivolta verso il bosco, non vedo niente: la quasi totale assenza di luce non mi permette di notare niente, è vero, ma quella voce ha risuonato con troppa chiarezza, non poteva essere tanto lontana da rendere il proprietario invisibile. Gli alberi spogli sono immobili, perché non soffia il vento. Proprio per questo è strano che all’improvviso si manifesti un movimento tra la vegetazione poco fitta, un tremolio sospeso a mezz’aria ancora più nero del buio stesso tra le piante. Indietreggio di riflesso, un po’ intimorita.
Il tremolio si interrompe e lascia il suo posto a una figura allampanata che esce dall’ombra. Cammina con le mani nelle tasche di un paio di pantaloni scuri come il resto del suo abbigliamento. I capelli nerissimi, arruffati e lunghetti, incorniciano un viso dalla pelle scura e un po’ emaciato, non bello come ci si aspetterebbe da un Legato. Ha dei tatuaggi rosso sangue e neri sugli zigomi, sulle tempie, sulle mascelle e in generale sulle parti laterali della faccia: i motivi di alcuni ricreano quella che sembra la pelle di un rettile. Incredibili sono i suoi occhi, con una pupilla ristrettissima, quasi sul punto di sparire, nonostante la notte che dovrebbe invece ingrandirla. Un’iride di ghiaccio la fa da padrone, con poca differenza tra il suo azzurro e il bianco del resto dell’occhio. Un sorriso a mezza bocca accresce l’aria ribelle insieme a una barbetta incolta e alle sopracciglia ben marcate.
La sorpresa iniziale sparisce e sbuffo quasi con disappunto. «Chi l’avrebbe mai detto…»
«Cos’è questo tono seccato, Eleonora? Non sei felice di rivedermi?» ghigna.
Alzo gli occhi alle stelle. «Al settimo cielo. Non mi vedi, George?»
«Sono diventato un po’ miope e Yveltal non vuole farmi usare gli occhiali o le lenti a contatto. Vorrebbe che fossi cieco come lui, in realtà» ribatte lui serenamente. «Comunque mi fa piacere che tu sia contenta. Dal tuo tono non si direbbe, ma a questo punto scommetto che hai un sorriso a trentadue denti…»
«Certo, certo» borbotto. Non ho di certo dimenticato, nonostante i giorni impegnati e difficili, quanto poco buon sangue scorresse tra me e George, per una questione meramente caratteriale: io non sopporto lui e lui non può reggere me, non ci piacciamo e basta. Viviamo bene così; peccato per Daniel che è amico di entrambi e ogni tanto per colpa sua ci ritroviamo a dover parlare. «Allora sei stato tu a portare a Rongyin e Anyang le due pietre. Immagino che Bellocchio ti stia dando la caccia.»
«Guarda che i loro nomi sono Yue e Zhao. Comunque Bellocchio non mi ha proprio visto! Tu l’hai notato il trucchetto con l’ombra? Altro che fuoco, Eleono’, il tipo Buio è il più utile e figo in assoluto.» Lo ignoro con una faccia impassibile; dev’essere vero che è mezzo cieco ora, perché non si accorge della mia espressione e prosegue: «Comunque… ho usato praticamente lo stesso trucco con lui, ma non temere, gli ho lasciato un bigliettino in cui gli spiegavo la situazione. Non dev’essere stato scontento del fatto che avessi trovato due Legati e che gli portassi i loro Leggendari impacchettati, no?» Scrollo le spalle, e di nuovo lui non dà prova di accorgersi di nulla.
Yue interviene: «Reshiram sembrava contenta di aver trovato la sua Legata, Zekrom è un po’ più riservato ma scommetto che era felice anche lui di poterlo avere al suo fianco. Tale Leggendario, tale Legato! Sono tutti e due dei musoni, lui e Zhao!»
Il ragazzo in questione lancia un’occhiataccia alla cugina, poi brontola: «Sai meglio di me che non sono aperto con gli sconosciuti.»
«Be’, siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo fare affidamento l’uno sull’altro» replico. «Per quanto mi dispiaccia dovermi fidare di certi soggetti, ma questo è un altro paio di maniche…»
«Ma non eri contenta di rivedermi?» George si finge offeso.
«Ti vedo poco ostile, che ti è preso? Hai scoperto che non sono una persona così terribile in questo periodo di lontananza?»
«È colpa di Camille che mi ha reso più mansueto» sorride lui, più serio.
La mia espressione si indurisce solo nel sentirla nominare. «Lei dov’è?»
«Credo sia già andata dai tuoi amici, adesso li raggiungiamo tutti. E poi ci ridivideremo, altrimenti ci sgamano in quattro secondi, se siamo quasi dieci Legati a muoverci tutti insieme allegramente.»
«Non sono andata da nessuna parte, e lo sai bene, stupido.»
Mi stavo quasi aspettando che Camille facesse la sua comparsa da un momento all’altro, contraddicendo le parole del Legato di Yveltal: non so perché ne fossi così convinta, me lo suggeriva il mio sesto senso. Noto un bagliore rosato dietro un albero a pochi metri di distanza e dopo qualche secondo di attesa, per far tenere a tutti, teatralmente, il fiato sospeso, l’esile Legata di Xerneas compare da dietro un tronco già poco spesso di suo. Si dirige verso di noi a braccia conserte e con un’espressione affatto amichevole, dura e gelida come l’ho conosciuta in questi anni, anzi, di più.
I suoi capelli acconciati in una mezza coda sono più biondi, ora, del color carota di prima ci sono solo dei riflessi; sono mossi, non più lisci, e più lunghi di prima - come se in passato non lo fossero già. Ha la pelle bianca, diafana, e non c’e più traccia di alcuna lentiggine sul suo viso ovale. L’ordine e la precisione del suo aspetto sono in totale contrasto con quello di George, la cui pelle, tra l’altro, si è scurita nella Forma di Mezzo, mentre prima era bianca quanto e più di quella attuale di Camille. Lei in questo aspetto sembra una principessa elfica, bellissima, all’esatto contrario di lui. Le iridi dei suoi occhi, ora leggermente a mandorla, non sono più di quell’azzurro chiarissimo - che ora invece, per l’ennesima botta d’ironia della sorte, contraddistingue quelli quasi ciechi della sua controparte - ma di un blu polvere altrettanto innaturale.
Camille sembrerebbe anche angelica se non fosse per l’espressione a dir poco cattiva che rovina irrimediabilmente i bei tratti del suo viso, e che contagia anche la mia: stavo pensando di mostrarmi più bendisposta e simpatica nei suoi confronti, ora che più che mai dobbiamo collaborare, ma ho perso questa battaglia nello stesso secondo in cui ho visto il suo brutto muso imbronciato.
«Dove sono gli altri?» mi chiede.
«Non ne ho idea.»
Lei, se possibile, si cruccia ancora di più. «Non mi sembra il momento di scherzare, Eleonora.»
«Non sto scherzando» rispondo, ma il sorrisetto che esibisco potrebbe farle credere il contrario. «Ho-Oh mi ha portata qui, anziché farmi tornare da Daniel, Ilenia e Luke.»
Sembra che nessun nome le suoni familiare, eppure dovrebbe conoscerli tutti. «Allora come la mettiamo? Sei venuta qui senza sapere dove sono i tuoi vecchi compagni?»
«Proprio così.»
“Serve qualche informazione?” Ho-Oh sembra ridacchiare nella mia testa. Prima che inizi a lanciargli i primi insulti dettati dall’esasperazione, mi mostra il luogo in cui si trovano i miei tre compagni: una ruota panoramica tutta illuminata si staglia contro il nero del cielo, insieme a tantissimi grattacieli più lontani, e altre strutture, come l’ottovolante e una torre a caduta libera, che mi dicono chiaramente che sono nei pressi o dentro un parco divertimenti. Sono sicura di sapere qual è.
«Sono al luna park di Sciroccopoli» dico improvvisamente, mentre Camille ha smesso di guardarmi e fissa scocciata in un’altra direzione, scuotendo leggermente il capo. Yue e Zhao sembrano un po’ disorientati per la notizia partorita da chissà dove, ma lei e George capiscono che me lo deve aver detto Ho-Oh.
La Legata di Xerneas socchiude leggermente le palpebre, guardandomi come se sospettasse di me, mentre George non smette di prenderla sul ridere: «Ehi, voglia di lavorare saltami addosso, eh? Mentre noi sgobbiamo quel deficiente di Daniel va con gli amici a divertirsi! Questo cambiamento è forse colpa tua, Eleono’?»
«Quel deficiente è già scansafatiche di suo, non serviva l’intervento mio o di chicchessia» borbotto. Poi, a voce più alta e dopo aver passato in rassegna il nostro gruppetto, dico: «Allora, se non c’è niente da sbrigare sul posto, direi che possiamo raggiungerli. Poi vedremo come spostarci prossimamente.» Yue annuisce vigorosamente e George fa un cenno affermativo, mentre sia Camille che Zhao confermano soltanto muovendosi verso di me, l’uno semplicemente silenzioso, l’altra orgogliosa e scorbutica.
Apro bocca per chiedere come dividerci con i teletrasporti, visto che io non sono capace di portare nessuno in un luogo sconosciuto - già temo di non riuscire a mandare me stessa, in un posto che non conosco - ma posso prestare Gallade a qualcuno; mi trattengo dallo sprecare il mio fiato quando Camille estrae una lunga collana da sotto l’impermeabile. Qualcosa brilla alla sua estremità, è un gioiello piuttosto grande e ben lavorato, ma non capisco nemmeno che forma abbia. Prende vita, illuminandosi di un altro bagliore rosato e staccandosi dal filo della collana, e si ingrandisce fino ad assumere la forma della silhouette di Xerneas, che dopo qualche secondo si materializza al posto della luce stessa e si adagia con leggerezza sul terreno. Alza la testa sormontata dalle solenni corna, stendendo il collo lungo e mostrandosi in tutta la sua eleganza.
Poi con voce femminile, limitandosi a guardare solo la sua Legata, parla nelle teste di tutti i presenti, più o meno meravigliati dalla sua comparsa: «Vi porterò io a Sciroccopoli.»
Dice soltanto questo e un attimo dopo si trasforma nuovamente in luce; questa si plasma formando un anello brillante intorno a noi. All’improvviso si restringe repentinamente e ognuno di noi, appena viene attraversato da esso, viene catapultato nel teletrasporto della Leggendaria.
Arriviamo velocemente a destinazione, materializzandoci in un angolo buio da qualche parte nella città. Capiamo di essere proprio nel parco divertimenti dalla quantità di suoni che immediatamente arrivano a tormentarci le orecchie, già troppo abituate al silenzio totale del bosco in cui ci trovavamo prima. Troviamo la conferma di essere nel posto giusto anche alzando il naso all’aria e vedendo così la ruota panoramica, che gira placidamente, un sole artificiale splendente nel cielo di una limpida notte di luna nuova.
Senza dirci niente tra di noi, iniziamo a muoverci in cerca degli altri tre nostri colleghi. Io mi ritrovo subito in testa al gruppo, mentre gli altri Legati si appaiano tra di loro seguendo la complementarietà dei loro Legami: Zhao viene preso energicamente sottobraccio dalla cugina, gasatissima di trovarsi in un luna park - probabilmente non ci andava da anni, da quand’era bambina, come forse tutti noi. Inizio a sentirmi un incomodo, con le due coppie di Legami complementari: d’un tratto non vedo l’ora di tornare con la mia cara controparte, Ilenia, ed essere un po' meno a disagio.
Nonostante quella di oggi sia una serata infrasettimanale, le vie del parco divertimenti sono trafficate a sufficienza per essere in periodo invernale. D’altronde quello di Sciroccopoli è il luna park più famoso del mondo ed è praticamente sempre aperto, lavorando come non mai durante le settimane di vacanze invernali ed estive. Sono stata solo una volta in un parco divertimenti ed ero molto piccola, non ho proprio memoria di questo genere di posti: la mia testa gira da una parte e dall’altra, voltandosi anche alle mie spalle, per osservare ogni attrattiva del luogo e cercare di rievocare qualche ricordo della mia infanzia, ma invano. La ruota panoramica mi affascina più di ogni altra cosa presente e, forse un po’ infantilmente, mi ritrovo a sperare di avere il tempo per farci un giro prima di andare altrove, pur sapendo che ce ne andremo subito da qui, anche se i Victory sembrano non aver infestato anche questo posto.
La forte aura di Ilenia urta la mia senza preavviso, forse senza che lei stessa se ne renda conto. Seguo con la mente la traccia lasciata dalla sua aura rosea e piena di sfumature blu, e i miei occhi a loro volta la seguono: riconosco con enorme sollievo la faccia di Ilenia, preoccupata, immagino per la mia improvvisa scomparsa. Inizio a correre e anche lei ora si accorge della mia presenza, prima ancora di vedermi fisicamente, grazie ad un’ondata di energia che invio in sua direzione. Mi viene incontro alla stessa velocità, ma senza che la sua preoccupazione sia del tutto scemata, seguita a ruota da Daniel e Luke.
  
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