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Autore: Shi no hana    03/07/2016    1 recensioni
Noi siamo i fautori del nostro destino...
Sono nata libera e morirò così...

Un'antica lotta. Un ricordo sepolto nel tempo. Lacrime nascoste nell'anima.Una ragazza e il suo destino
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fanaticism









La giornata ormai volgeva al termine.
Io ero seduta accanto alla balaustra e osservavo il cielo tingersi di arancione. Il luogo era meraviglioso.
Calmo e pacifico, ben diverso dal luogo dove avevo soggiornato il giorno prima. Così caotico, ma pieno di vita.
Sospirai e voltai il capo verso l’interno della mia camera dove, una delle mie ancelle, Cassia, rimetteva in ordine.
Io volevo aiutarla, ma lei niente. Non era consono che un ospite rimettesse in ordine la stanza.
“Che testarda”.
Pensai scuotendo il capo, quando Nastya mi avvisò che il bagno era pronto. Mi alzai e mi diressi in bagno.
Anche qui si ripeté la scena di prima. Le due ragazze volevano aiutarmi, ma io m’imposi.
No! Mai avrei voluto qualcuno che mi aiutasse a lavare, era qualcosa che non tolleravo. Le cacciai fuori, chiusi la porta a chiave e mi spogliai.
Ero nervosa. Alcune volte la troppa gentilezza storpia.
Lentamente mi calai nell’acqua calda e mi lasciai andare ai miei pensieri.
Cercavo di capire, dove mi trovassi, ma poi pensai alla mia famiglia. Guardai i lividi sul mio corpo e rabbrividii.
Che cosa potevo fare? Avvertirli di ciò che mi era accaduto?
No, questo mai! Ma volevo sentire mio fratello. In fin dei conti quasi tutte le sere lo chiamavo e gli raccontavo del mio soggiorno in Grecia. Della mia vita quotidiana.
Ma adesso come potevo fare? La mia roba era rimasta nella pensione, come anche il pc portatile e il cellulare.
Sospirai e poggiai il capo al bordo della vasca.
“Beh, chiederò al padrone di casa se mi fa utilizzare il suo telefono”.
Quella era l’unica soluzione dopotutto.
Uscii  dalla vasca e mi coprii con un telo di lino. Costatai che il bagno aveva alleviato un po’ i dolori del corpo, anche se il labbro rotto al contatto con l’acqua calda mi bruciò molto.
Maledissi di nuovo quell’essere e uscii dal bagno dove, Nastya mi aspettava con la cena.
“Mia signora, mentre lei era in bagno io e Cassia abbiamo provveduto alla cena”.
Chinò il capo in segno di rispetto. Io le sorrisi e la ringraziai. Anche se ora può sembrare un vero controsenso, un pochettino mi piaceva essere servita e riverita.
Mi avvicinai al tavolo, quando Cassia mi fece notare che dovevo mettermi qualcosa di decente addosso.
Mi diede una veste bianca lunga fino a metà gamba. Beh, almeno non era identica a quella indossata da loro.
Le vesti lunghe fino a terra non mi piacevano molto. Anzi già tolleravo questa lunghezza a metà gamba. Per me era l’ideale, un pantalone maschile e canotta.
Un maschio mancato mi definiva il mio povero nonno.
M’infilai la veste e posi la fatidica domanda.
“Scusami Cassia, potrei fare una telefonata? Purtroppo il mio telefono e pc, sono rimasti nella mia stanza della pensione. Se non è di disturbo, mi chiedevo se potevo utilizzare il telefono del padrone di casa”.
Cassia mi guardò stranita e mi rispose.
“Mia signora qui non abbiamo un telefono”.
Io sgranai gli occhi.
“Ma…ma com’è possibile? Non avete un telefono?”.
Rimasi basita. In fin dei conti siamo nel ventunesimo secolo, e mi sembrava una vera assurdità che una casa così lussuosa non vi fosse un apparecchio telefonico.
Mi accasciai sulla sedia, mentre mi dicevo.
“Ma io devo parlare con mio fratello…con la mia famiglia…”.
Nastya, forse impietosita si avvicinò a me.
“Mia signora non tema, colei che governa questo sacro luogo ha già provveduto ad avvisare la vostra famiglia. Perciò non vi crucciate e mangiate tranquilla”.
La guardai stranita.
“Che cosa? Avete avvisato la mia famiglia e cosa gli avete detto?”.
Ero preoccupata, ma anche allarmata. No, non volevo che fosse detto loro dell’aggressione…specialmente a mia madre. Già immaginavo le sue ammonizioni e le sue crisi d’ansia.
Poggiai una mano sul viso pensando alle eventuali conseguenze, quando Cassia rispose alle domande.
“Non dovete temere. Loro non sanno di ciò che vi è accaduto, sanno che siete solo ospite della nostra signora”.
“Ospite?”.
Sussurrai, mentre le due ragazze annuivano. Beh, infondo ero un ospite di questa fantomatica signora che si faceva passare per una divinità ellenica.
Sospirai avvilita e cominciai a mangiare, ma presto avrei incontrato questa Athena.
Finii di cenare, salutai le mie due ancelle e mi lanciai a peso morto sul letto pensando ai miei.
“Andrea”.
Sussurrai, mentre una lacrima solcava la mia guancia offesa. Quella fu la prima volta che mi sentii davvero sola contro il mondo. Lentamente caddi tra le braccia di Morfeo consapevole che il mattino dopo l’avrei incontrata. Dovevo sapere il perché della mia permanenza in quel luogo e soprattutto il perché di quell’aggressione.


La notte passò tranquilla e il mattino portò con sé quello che odiavo. Il vestito lungo di lino bianco.
Storsi il naso, quando lo vidi. Odiavo quel genere, anche se era bello.
Era semplice con dei ghirigori dorati sulle spalline.
“Sembro una vestale”.
Sospirai, ma poi pensai al termine che dissi prima e ridacchiai. Perché di casto e puro c’era ben poco.
“Mia signora è ora di andare”.
Era Cassia a destarmi dai miei pensieri. Le sorrisi e la seguii fuori dalla stanza. Socchiusi gli occhi e mi dissi.
“È ora di conoscerti”.
Ci incamminammo per il lungo corridoio di marmo. Ricordo il rumore dei nostri sandali, mentre io mi guardavo intorno rapita.
Era bello e luminoso, ma ciò che attirava la mia attenzione erano le guardie che incontravamo. Ora vi chiederete che c’è di strano? Una persona benestante alcune volte possiede qualche guardia, ma questi erano diversi…erano vestiti come gli antichi guerrieri greci.
“Sembrano usciti da una di quelle anfore di terracotta che ho visto nel museo di Reggio Calabria”.
Mi dissi, quando sentii ridacchiare Nastya. Veloce mi voltai verso di lei e la guardai interrogativa. Che cosa aveva ridere? Infondo era così. Erano buffi con le loro armature, dove le uniche armi erano una lancia di legno con punta di ferro lucido, spada alla cintola e uno scudo. Ben diversi da quelli che vedi. Uomini o donne vestiti di scuro, con pistola e occhiali neri.
Questi sembravano usciti dal mondo dei cosplay che tanto amano i ragazzi d’oggi. Forse la padrona di casa era uno di questi?
Sospirai di nuovo e pensai un.
“Andiamo bene, mi mancava la fanatica del cosplay”.
Scossi il capo e seguii le mie due ancelle nel lungo corridoio che finiva di fronte ad una grande porta di quercia dove, ai lati vi erano di nuovo quelle guardie, a mio avviso buffe.
Cassia si avvicinò a uno di loro e gli sussurrò qualcosa, forse che ero arrivata.
La guardia annuì e fece un cenno al suo pari. Le porte si aprirono. Era tempo di entrare.
“Venite mia signora, loro vi attendono”.
Mi disse Cassia.
“Loro?”.
Domandai curiosa. Delle persone mi aspettavano. Mi voltai a guardare Nastya e lei annuì. Allora non vi era solo questa donna, ma vi erano altre persone ad attendermi.
Mi morsi un po’ labbro. Ero nervosa, ma Nastya mi tranquillizzò dicendomi di non aver timore. Un po’ mi calmò. D’un tratto ripensai alla convention delle città del vino dove, avevo sostituito mio nonno nell’ultimo anno di vita.
“Clara sta calma! Ricorda cosa ti disse tuo nonno: non mostrarti timorosa e spaventata. Ma forte e determinata e la vittoria sarà tua”.
Sì, mai nessuno mi avrebbe spaventato. Strinsi i pugni e con determinazione seguii le mie due ancelle dentro la sala dove, li avrei conosciuti.


Entrai dentro un’ immensa sala dove, un leggero profumo d’incenso mi avvolse come un antico ricordo.
Socchiusi gli occhi  e lo aspirai a pieni polmoni come aria pura. Mi tranquillizzava e alleviava un po’ il dolore della ferita sul viso.
“Mia signora, non vi sentite bene?”.
Aprii gli occhi di scatto e vidi il viso preoccupato di Nastya. La tranquillizzai subito. Stavo bene. Benissimo.
La vidi sospirare tranquilla e sorridermi. Era una ragazza davvero dolce e si preoccupava per me.
Ricambiai il suo sorriso, ma poi la mia attenzione fu rapita dalla maestosità della sala.
Marmo candido che si alternava a quello rosa. Le colonne che erano disposte ai lati erano lavorate con maestria. Non potevo non ammirare i capitelli così ben lavorati. Erano corinzi, anche se la mia cultura in fatto architettura era piuttosto basilare. Infine non potei non notare il grande affresco che capeggiava la volta della sala. Athena contro Poseidone per la supremazia su Atene. Athena contro Ares e infine contro Hades. Anche se quest’ultima m’inquietò.
Le altre immagini i colori erano vivi, questa invece era scura. Rappresentava la morte. La fine.
Distolsi lo sguardo. Mi feriva vedere quell’immagine. Perché l’autore aveva creato quell’affresco? Per quale motivo?
Scossi il capo, quando una voce mi fece sobbalzare destandomi da quello strano stato d’ansia.
“Vedo che il quadro dove, è dipinta l’antica e sacra guerra ha urtato la vostra sensibilità. Chiedo venia”.
Sgranai gli occhi e guardai dritta verso il fondo della sala e vidi chi mi aveva parlato.
Un uomo con una lunga veste bianca, con in capo un elmo dorato era in piedi su una piccola scalinata con dodici gradini. Dietro di lui vi era un trono dove, era seduta una donna con lunghi capelli viola, vestita anch’essa di bianco.
La donna teneva stretta nella mano destra uno scettro con la sommità circolare, anche se la sua forma ricordava una sorta di un volatile. Quel simbolo mi ricordò l’incarnazione della vittoria. L’emblema degli antichi romani e ripreso poi dai nazisti.
Ma poi la mia attenzione fu rivolta a degli uomini vestiti con delle armature dorate.
Erano dodici disposti in due file da sei ai due lati della scalinata. Mi trovai a pensare.
“La padrona è fissata con il dodici. Dodici i piccoli templi. Dodici i gradini e infine questi uomini…molto fanatica non c’è che dire”.
Ma ancora il bello doveva arrivare e presto tutto ciò in cui credevo, sarebbe caduto. Crollato…






Continua…



_______________
Oh beh, il ritardo è nelle mie corde abitudinali. È un po’ lunghetto, spero non annoiarvi ho cercato di descrivere un po’ la situazione. Come ben vedete le mie conoscenze architettoniche sono scarse…chiedo venia.
Ringrazio di cuore a chi legge, ma specialmente alla cara e dolce Carla Marrone, non sai che gioia mi dai quando recensisci. Un mega bacio.
E ora… a kiss mes chers lecteurs.

   
 
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