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Autore: TheSlavicShadow    04/07/2016    6 recensioni
Aveva fatto un errore. Un errore che aveva portato a diverse conseguenze, tra cui il suo allontanamento da Manhattan e dalla vita che aveva condotto fino a quel momento. Un errore che lo aveva portato in una fattoria dimenticata da Dio e dagli uomini nel bel mezzo del North Carolina.
{Superfamily!AU no powers! - Steve/Tony+Peter}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Safe in my hands'
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Tony Stark iniziava a credere che quella casa stesse diventando troppo affollata mentre osservava una faccia nuova che si era aggiunta al tavolo della colazione. Non riusciva neppure a bere il proprio caffè perché non riusciva a smettere di guardare quello che si era presentato come Wade Wilson. E c’era così tanta tensione nell’aria che la si poteva tagliare con un coltello.

Peter giocava con la propria colazione e Steve era nervoso. Tony si sentiva terribilmente fuori luogo e Wade sembrava totalmente incurante della situazione.

“Steve, è solo Wade.” Peter aveva guardato il biondo, ma aveva subito riabbassato lo sguardo.

“Non importa se è solo Wade. Nessuno doveva sapere che Stark è qui.”

“Capitano, è colpa mia perché non gli credevo e l’ho convinto a portarmi qui. Anche perché di solito dormo sempre qui quando vengo a trovare Peter. Non ho neppure pensato a prenotare un albergo. Quindi lo avrei incontrato in ogni caso.” Wade Wilson aveva puntato una forchetta contro Steve Rogers, e Tony aveva il terrore che sarebbe scoppiata una rissa.

“Ogni tanto sarebbe bene che tu telefonassi prima di presentarti qui.”

“Ma allora non sarebbe più una sorpresa.” Wade aveva sorriso a Steve, che per tutta risposta si era alzato da tavola ed era uscito dalla cucina.

“Wade…” Peter aveva messo il broncio all’altro uomo. “Non farlo incazzare. Poi ci devo vivere io con lui.”

“Torna a New York con me.”

“Sai che non posso.” Il ragazzo aveva sospirato, bevendo subito dopo del succo d’arancia. E Tony si sentiva così terribilmente fuori luogo. C’era qualcosa che gli mancava. Una tessera del puzzle che stonava e che non riusciva ad incastrare. Osservava i due giovani che sedevano a tavola con lui e non capiva. “Vado a prepararmi.”

Peter si era alzato e Wade lo aveva imitato immediatamente, seguendolo fuori dalla cucina. Sentiva i loro passi veloci sulle scale. Le parole basse, che dovevano rimanere solo tra di loro.

Si era passato una mano tra i capelli osservando il disastro lasciato in tavola. Avrebbe dovuto mettere a posto lui. E si sentiva quasi preso per i fondelli. Gli sembrava di essere una casalinga in quel momento, mentre si alzava e spostava i piatti vuoti nel lavandino. Col marito che andava al lavoro incazzato, il figlio che nascondeva qualcosa e l’incognita di questo amico giunto da lontano.

Forse era semplicemente annoiato. Forse doveva convincere questo Wade a portarlo a fare un giro da qualche parte. Magari a farsi raccontare qualcosa in più in modo da poter mettere insieme tutti i pezzi ed avere un quadro più generale della situazione.

Steve era stato il primo a rientrare in cucina. Il cipiglio sul volto era tornato ed era troppo carino vederlo ora che per una volta non era rivolto a lui.

Il biondo lo aveva guardato ma non aveva detto nulla. Non gli aveva praticamente rivolto la parola dalla sera precedente, da quando Peter e Wade avevano interrotto un momento che era ora troppo imbarazzante da affrontare.

Quello era stato il passo sbagliato. Quello che aveva mandato tutto a rotoli.

Aveva notato Steve aprire la bocca, ma l’aveva subito chiusa senza dire nulla. Si era passato una mano tra i capelli e aveva sospirato, per poi scuotere la testa.

“Noi andiamo. Credo che anche Wilson uscirà ad un certo punto. Lo fa sempre.”

Tony lo aveva guardato e gli faceva quasi male essere trattato con tanta diffidenza all’improvviso. Proprio quando le cose sembravano andare bene e loro due avevano fatto dei passi da gigante.

“Wade passa qui ogni tanto, sempre senza preavviso. Ed è colpa mia. Avrei dovuto prevederlo e dirgli di non farsi vedere per qualche tempo.” Si era morso un labbro e solo allora Tony si era avvicinato un po’.

“Capitano, non è un problema. Non potete modificare completamente la vostra vita solo perché io sono qui. E finché non chiama i giornalisti va tutto bene.”

“Non lo farà.”

“Allora non ci sono problemi.”

Steve lo aveva guardato e lui si era perso in quei occhi azzurri. Era come guardare il cielo e perdersi era fin troppo facile. Anche se non gli piaceva molto il modo in cui lo stava guardando. Sembrava turbato. Sembrava fin troppo teso nel restare da solo con lui.

“Steve, se è per ieri non pensarci più. Ci mettiamo una pietra sopra e andiamo oltre. Non doveva succedere e non succederà più.”

Gli aveva sorriso cercando di essere convincente. Doveva convincere entrambi di quelle parole. Anche perché davvero alla fine non era successo nulla. L’attimo si era spezzato e Steve di era allontanato da lui alla velocità della luce, cercando di evitarlo per tutta la sera. E non era stato piacevole.

Il biondo aveva annuito, spostando subito lo sguardo dal suo e Tony voleva costringerlo in qualche modo a guardarlo di nuovo. Non gli piaceva essere ignorato. Era qualcosa che gli faceva venire un formicolio nelle mani e sentiva il bisogno fisico di fare qualcosa per farsi notare.

“Oggi rientriamo alla solita ora.” Steve era uscito dalla cucina e si era fermato di fronte alle scale urlando a Peter di sbrigarsi. Ne erano seguiti i passi veloci di Peter. La sua voce che urlava a Steve che stava arrivando e che poi aggiungeva a Wade di non frugare fra le sue cose.

Tony li osservava, tutti e tre all’ingresso, e si sentiva terribilmente fuori luogo. Quella non era la sua vita. Quello non era un posto in cui lui poteva appartenere e si stava solo illudendo che potesse essere così.

Avrebbe telefonato a Natasha non appena fosse rimasto da solo. L’avrebbe pregata di riportarlo a New York e avrebbe sopportato tutte le conseguenze. Solo non voleva più restare lì. Non poteva più restare lì. Aveva fatto un tremendo passo falso e non poteva in alcun modo rimediare all’errore.

E non avrebbe sopportato di restare sotto lo stesso tetto con Steve che ora non riusciva più neppure a guardarlo.

“Tony, se Wade ti rompe le scatole, ignoralo.” Peter era di fronte a lui, tutto sorridente. Sembrava più felice del solito, come se la presenza dell’altro uomo avesse riportato la serenità nel suo animo. “E te le romperà sicuramente. Mandalo via se ti dà troppo fastidio.”

“Petey, così mi ferisci! Non gli darò fastidio! Potrei solo fargli delle domande!”

Peter aveva alzato gli occhi al cielo e poi aveva abbracciato Tony. “Ci vediamo più tardi!”

Il ragazzo era uscito di corsa, non senza aver guardato un’ultima volta Wade. Questi gli sorrideva e lo salutava con la mano. Steve aveva già messo in moto il pick up e probabilmente era nervoso per la lentezza di Peter.

Wade era rimasto sulla porta, osservando il pick up nero che si allontanava e poi aveva sospirato chiudendo la porta.

“Signor Stark, mi dispiace di aver interrotto la tua luna di miele col Capitano.” Il giovane uomo si era voltato verso di lui ed era rientrato in cucina, appoggiandosi al muro. “Credevo fossi da qualche parte a spassartela con qualche sventola. Non sperduto qui in mezzo al nulla a fare la vita da pensionato come Rogers.”

Tony aveva ridacchiato alle parole del giovane e poi si era spostato per poter recuperare la propria tazza di caffè.

“Se questa è la tua idea di luna di miele, allora c’è qualcosa che non va.”

“La mia idea di luna di miele consiste in tantissimo sesso. Un po’ di riposo e poi di nuovo tantissimo sesso.” Wade si era seduto al tavolo della cucina e lo aveva guardato. Tony non poteva fare altro che ricambiare il suo sguardo, inarcando un sopracciglio mentre cercava di nascondere il viso dietro alla tazza di caffè. “Signor Stark, cos’hai detto a Peter sull’università?”

“Che ho abbastanza conoscenze al MIT per farlo ammettere senza alcun problema, con o senza borsa di studio.” Aveva guardato Wade e aveva sospirato passandosi una mano tra i capelli. “Finanziare i suoi studi non sarebbe un problema.”

“Quando hai i soldi è tutto più facile, no? Puoi giocare a fare Dio con le vite degli altri. Peter senza borsa di studio non potrà andare al MIT e ora come ora le possibilità di averla sono minime. Vuoi che si senta in debito per tutta la sua vita?”

“Non dire idiozie, Wilson. Ho i soldi e posso aiutarlo. Ha una mente troppo brillante per essere lasciata a marcire in un’università di terza categoria perché non ha i soldi per mantenersi agli studi.”

“Ce ne sono tanti nella sua stessa situazione, lo sai? Menti brillanti che non vanno neppure all’università, figuriamoci in una di basso livello.”

“Non gli sto facendo la carità.” Tony aveva guardato male il giovane uomo che gli sedeva di fronte. Odiava quando le buone azioni che faceva venivano interpretate come egoismo. “Non lo sto facendo neppure per me stesso. Posso aiutarlo? Ho i soldi? Benissimo! Li utilizzerò per qualcuno che se lo merita. Non mi importa come tu o chiunque altro vedete questa azione. Non me ne frega nulla. Ho i soldi e li uso come voglio. Se Peter mi dice che non vuole il mio aiuto allora la storia è diversa. Ma solo se me lo dice lui.”

Wade lo guardava e Tony aveva la voglia di tirargli un pugno. Se all’inizio gli poteva stare simpatico anche solo perché faceva saltare i nervi a Steve, ora lo trovava oltremodo fastidioso.

“Sono solo preoccupato per Peter, signor Stark.”

“Smettila di chiamarmi “signor Stark”. E’ fastidioso.” Aveva finito il proprio caffè, voltandosi per mettere la tazza nel lavandino. Voleva uscire. Voleva scappare. Se le cose sembravano poter andare bene, ora stavano di nuovo precipitando. E lui non poteva fermarle.

“Peter è un bravo ragazzo e io non voglio più vederlo soffrire. Quindi non voglio che si affezioni ancora di più a te, perché diciamocelo, una volta che sarai tornato a New York non ti ricorderai più della tua bella vacanza nella Contea e dei suoi abitanti. Tornerai a vivere nel tuo bel palazzo, circondato dalle tue cortigiane e altre stronzate simili.”

“Non voglio fare del male a Peter.” Aveva stretto le mani contro il bordo del lavandino. Aveva fissato i piatti sporchi e per un piccolo brevissimo attimo nella sua testa si era davvero formato il pensiero che quella vita poteva essere la sua. Solo che Wade aveva ragione. Sarebbe tornato a New York un giorno.

La sedia su cui era Wade aveva fatto rumore quando questi si era alzato. Sentiva i suoi passi, che volutamente non erano silenziosi.

“Peter ti ammira molto. Da quando lo conosco non fa altro che parlare di te e delle cose che costruisci. Per lui, vederti in questa casa è forse un sogno che si realizza, ma ricorda che ha solo 16 anni.”

“Wilson, non so cosa tu ti sia messo in testa.” Si era voltato per fronteggiare il giovane uomo che gli si era avvicinato di qualche passo. “Non ho alcuna intenzione di fare qualcosa che possa far soffrire Peter.”

“Ora dici così, ma tra qualche tempo lo potrai dire ancora? Quando tornerai a New York, cosa farai?”

Voleva dargli un pugno. Voleva subito dopo salire al piano di sopra, prendere le proprie cose e fuggire da qualche parte. In Europa, poteva fuggire in Europa. Poteva prendere un aereo per l’Italia e restare lì per godersi l’estate. Sarebbe tornato a New York a settembre o ottobre, abbronzato e rilassato.

“Signor Stark, io ora esco e vado a trovare Thor e la sua graziosa fanciulla. Vivono un paio di fattorie da qui. E non so quando torno. Probabilmente passerò a prendere Peter a scuola.”

Tony aveva semplicemente annuito. Wade lo guardava negli occhi e poi si era spostato nuovamente. Nel giro di nulla era pronto per uscire e senza un’ulteriore parola era salito in macchina per andarsene.

Avrebbe così tanto voluto farlo anche lui.

“I piatti. I piatti, Tony.” Si era passato una mano sul viso. Doveva fare qualcosa. Doveva muovere le mani. E lavare i piatti senza cercare di romperli sarebbe stato un ottimo esercizio.

 

♡♡❤♡♡

 

Quando Steve era rientrato dopo il lavoro, Tony era seduto al tavolo della cucina con il proprio portatile di fronte a sé. Aveva alzato lo sguardo incontrando così gli occhi del biondo e questi era entrato in cucina con un sospiro.

“Peter è di nuovo fuori con Wade.”

Tony aveva annuito, abbassando di nuovo gli occhi sullo schermo.

“Lo so. Mi ha avvertito che sarebbe andato a prenderlo a scuola.”

“Stai lavorando?” Steve si era avvicinato di qualche passo, tenendosi in ogni caso tenuto a debita distanza.

“No.” Aveva alzato lo sguardo verso Steve di nuovo. “Sto guardando dei voli per l’Europa e qualche casa da comprare.”

Ecco lo sguardo corrucciato del Capitano che Tony aveva visto così spesso nei primi giorni. Sguardo che poi era sparito. E che era ora di nuovo rivolto a lui.

“In Europa passerò inosservato e voi potrete riavere la vostra vita.”

“Cosa? Cos’è successo? Ti ha detto qualcosa Wade?”

“Nulla che già non sapessi. Lui me le ha solo dette in faccia. E non dire che non hai pensato anche tu alle stesse cose.”

“Non ho idea di cosa ti abbia detto, ma se non avessi voluto aiutarti avrei rifiutato subito, Tony. E quando mi prendo un impegno lo porto a termine. Mi hanno chiesto di ospitarti fino a quando le acque non si calmavano? Bene, fino a quel momento resterai qui con me e con Peter.” Steve aveva mosso un passo verso di lui. Si teneva comunque a distanza. E anche questo lo aveva ferito.

“Vogliamo mettere tutte le carte in tavola? Mi stai evitando come un appestato da ieri sera, Steve.”

“Non è vero.”

Tony aveva inclinato la testa di lato e inarcato un sopracciglio. Istintivamente aveva incrociato le braccia al petto e appoggiato più comodamente la schiena alla sedia.

“Ma davvero? Eppure mi ricordo che ieri sera ho chiesto se mi potevi passare il sale e mi hai guardato senza neppure darmi una risposta. Sai, non vorrei fartelo notare, ma addirittura Wade ha notato qualcosa di strano nel tuo comportamento, anche se è qui da neppure 24 ore di cui la maggior parte del tempo passato insieme lo abbiamo trascorso dormendo tutti quanti in camere separate. Oppure stamattina a colazione quando hai fatto finta che io non ci fossi. Buona educazione dice che si salutano le persone prima di uscire. A me pare che tu non l’abbia fatto, anche se fino a ieri eri la persona più educata che io avessi mai visto.” Aveva scosso la testa e si era alzato dalla sedia. Non c’era più nulla da perdere. Tanto se ne sarebbe andato da quella casa e poteva farlo arrabbiare quanto voleva. Con qualche lento passo si era avvicinato a lui, invadendo quello che poteva già essere considerato spazio personale. “E’ perché stavo per baciarti? A me pare che tu non ti stessi spostando. Se Peter e Wilson non fossero tornati in quel preciso istante, quale sarebbe stata la tua prossima mossa? Ti saresti lasciato trascinare dall’attimo o mi avresti buttato giù dalla veranda? Perché non si sa mai, visto il buco omofobo in cui hai scelto di vivere.”

“Tony…”

“No, niente Tony, Steve. Può non sembrare così, ma ho dei sentimenti anch’io. Sono un essere umano, per l’amor del Cielo. E ci rimango male quando le persone a cui ho dato confidenza mi trattano così.” Aveva scosso la testa guardando negli occhi l’uomo che aveva di fronte.

“Io non credevo che tu…” Steve aveva spostato lo sguardo, e le sue guance si erano lievemente tinte di rosso.

“Che io cosa? Potessi davvero provare attrazione per un uomo? Mi dispiace, Capitano. Nella mia vita dissoluta e peccaminosa ho provato di tutto. E forse sono sempre stato attratto più dagli uomini che dalle donne.”

“Ma i giornali sono pieni delle tue conquiste femminili.”

“Sono un uomo dalle molte sfumature, e certe cose sono sempre riuscito a tenerle per me. Credo di creare già abbastanza scandali senza rivelare la mia, come la chiamano i giovani, pansessualità. Anche se ci stanno speculando sopra da secoli.” Aveva sospirato, passandosi una mano tra i capelli e spostando un po’ lo sguardo da Steve. “Mi dispiace per ieri, ok? Ho forse frainteso qualche tua mossa o parola. Del resto emani eterosessualità al posto dell’anidride carbonica ed è stata un’azione stupida e dettata da non so neppure io cosa. Avevi anche appena finito di parlarmi della tua ex moglie! Cioè, sei anche stato sposato. E’ ovvio che tu sia etero e che certe attenzioni non siano gradite da parte di un altro uomo, ma cavolo…” Aveva passato una mano sugli occhi e poi aveva guardato Steve, che ora lo guardava a sua volta. “Quando hai appoggiato la mano sul mio petto non ho più capito nulla ed ho solo seguito il mio istinto e mi dispiace, ok? Domani faccio i bagagli e sparisco.”

Aveva appena concluso la frase quando delle labbra morbide si erano posate sulle sue. E il suo cervello era andato in corto circuito.

“Ora la smetti di parlare per favore?”

Steve lo guardava negli occhi e lui era riuscito solo ad annuire. Non era riuscito ad aggiungere altro mentre il viso arrossito di Steve Rogers era a qualche centimetro dal suo.

“Ottimo. Anche perché credo di avere bisogno di un goccio di whisky adesso.”

Senza aggiungere altro, il biondo gli aveva dato le spalle uscendo dalla cucina. Si passava la una mano sui capelli corti sulla nuca e borbottava qualcosa.

E Tony si era di colpo dimenticato di tutte le ricerche che aveva fatto nelle ultime ore, riuscendo soltanto a toccarsi le labbra con le dita e osservare la schiena di Steve.

 

♡♡❤♡♡

 

Era tutto surreale.

Continuava a ripetersi nella mente, come se fosse un film, la scena che era successa nel pomeriggio e non riusciva a crederci. Era presente - ovvio che lo era - ma non gli sembrava possibile. Aveva più volte tirato le proprie guance cercando un modo per risvegliarsi da quello che doveva essere con certezza un sogno.

Nella realtà non succedevano cose simili. Nella realtà la gente non si baciava a sorpresa. Nella realtà avrebbero continuato ad ignorarsi.

Nella realtà non potevano neppure esistere persone come Steve Rogers.

Chi mai avrebbe potuto ospitare un perfetto estraneo sotto il proprio tetto, per un tempo indeterminato e senza chiedere nulla in cambio? Uno sconosciuto che tra le altre cose era fin troppo famoso e conosciuto alla stampa. Uno sconosciuto che aveva una pessima fama e un altrettanto pessimo carattere. E Steve gli faceva quasi venire voglia di essere una persona migliore quando lo guardava con quei suoi occhi azzurri. Non era una cosa facile. Di solito credeva di poter andare bene già com’era. Ma poi Steve lo guardava e lui si perdeva. Si sentiva come una ragazzina alla prima cotta, quando le farfalle sbattono contro le pareti addominali con una forza inaudita e il battito cardiaco aumenta a livelli inumani. Forse era anche arrossito mentre le labbra di Steve sfioravano le sue. Il Capitano era arrossito, ma non poteva metterci le mani sul fuoco che non fosse successo lo stesso anche a lui.

Si era passato una mano sul viso, decidendo di alzarsi dal letto su cui aveva passato almeno un paio di ore. La cena era trascorsa benissimo. Sembrava essere tutto tornato alla normalità e neppure Wade era stato ostile, al contrario di quella mattina.

Aveva mentito sul fatto di avere del lavoro da fare e si era rifugiato al piano di sopra, lasciando la sua nuova famiglia a trascorrere del tempo senza di lui.

Anche quello era un pensiero che di solito gli era estraneo. Famiglia era sempre stato un concetto estraneo. La sua famiglia era stata legata soltanto da un legame di sangue e lo stesso pesante cognome. Tra collegi e università, non aveva mai trascorso molto tempo con i suoi genitori. Suo padre era impegnato con la sua azienda e sua madre con il suo ruolo di moglie perfetta. Anche dopo la laurea aveva continuato a passare poco tempo con i genitori. Prima aveva conseguito un paio di master. Poi era partito per un grand tour europeo. Ed infine si era ritrovato a gestire un’azienda multimilionaria e a sperperare i soldi che suo padre aveva accumulato.

Aveva considerato Jarvis come membro della sua famiglia. Il maggiordomo di famiglia e sua moglie erano sempre attenti ai suoi bisogni. E non solo perché era stato il loro lavoro. Jarvis gli faceva i complimenti ogni volta che costruiva qualcosa di nuovo, e Anna gli accarezza i capelli con delicatezza. Gli sorrideva gentilmente e aveva sempre qualche parola di conforto. Ma aveva perso anche loro.

C’era stato anche Obadiah Stane, ma a lui preferiva non pensare.

Era divertente come in ogni caso tutte le persone importanti a cui finiva per pensare non avessero con lui alcun legame di sangue. Nessun parente che potesse considerare famiglia. Nessun cugino, zio. Nessuno.

Aveva pianto più per la morte del suo maggiordomo che per quella di suo padre.

Rhodes andava oltre il concetto di famiglia. Il ragazzo con cui aveva condiviso la stanza durante gli anni universitari era l’unica persona che davvero non lo aveva mai abbandonato. Anche quando litigavano perché Tony si rifiutava di produrre altre armi e chi di dovere gli faceva pressioni affinché cercasse di convincere il suo amico di lunga data. Rhodes obbediva agli ordini. Si incazzava con lui e non gli parlava per qualche giorno. Poi le cose si sistemavano da sole e andava tutto a gonfie vele.

Scendendo le scale che portavano al piano inferiore aveva sentito la televisione accesa e tantissima calma in soggiorno. Aveva sbirciato dalla porta e c’era solo Steve che guardava quello sembrava un film del periodo bellico, o subito posteriore.

“Non sei troppo giovane per guardare queste cose?”

“Ho quasi 35 anni, non sono giovanissimo.”

Steve gli aveva sorriso. Era quel sorriso a cui si era abituato troppo velocemente e senza il quale si era sentito perduto. E la velocità con cui tutto ciò stava succedendo era preoccupante. Peggio dei romanzi rosa pieni di cliché.

“Quando supererai i 40 ne riparliamo, Capitano.” Aveva scosso la testa avvicinandosi di più al biondo e senza attendere oltre gli si era seduto accanto. “I mocciosi?”

“Wade non è un moccioso. Ha 25 anni.”

“Semantica, Rogers. Pensalo in senso figurato. Potrebbero entrambi essere figli miei, quindi sono mocciosi.”

Steve aveva semplicemente scosso la testa. Tony lo aveva osservato con la coda dell’occhio. Sembrava nuovamente nervoso, ma lo era in modo diverso rispetto alla sera precedente o a quella mattina. Ora sembrava solo leggermente agitato. Era il classico nervosismo di qualcuno che doveva dire qualcosa ma non sapeva come farlo.

“Ehi, Cap, se devi dire qualcosa, fallo.”

Lo aveva visto roteare gli occhi e poi far finta di guardarlo male.

Era bellissimo.

Con una mano si era messo a posto i capelli che non ne aveano in realtà alcun bisogno, mentre con l’altra recuperava il telecomando e abbassava un po’ il volume del televisore.

“Stavo pensando che se ti va, una sera potremmo uscire. Solo noi due.”

“Tipo un appuntamento?” Tony aveva inarcato un sopracciglio e aveva osservato l’ex soldato.

“Non tipo. Un appuntamento vero.”

Steve era arrossito e non lo guardava.

“Non sei abituato a chiedere a qualcuno di uscire, giusto?”

“Al liceo non ero propriamente materiale da frequentazione. Bucky ha cercato di farmi conoscere qualche ragazza, ma nessuna voleva uscire con un ragazzo più basso e magro di lei. Non facevo sport, e mi facevo riempire di botte da quelli della squadra di football. Sì, lo so. E’ ironico che ora ne alleni una.” Aveva sospirato e subito dopo aveva sorriso. “A dirla tutta anche la mia salute faceva abbastanza pietà. Solo una volta concluse le superiori mi sono davvero sviluppato, ma anche allora non avevo tempo per le ragazze perché studiavo grazie ad una borsa di studio e dovevo lavorare per mantenermi.”

“Quindi Peggy è stata la tua prima ragazza…?” Tony aveva osato chiedere e Steve gli aveva sorriso.

“Saresti la seconda persona con cui esco in vita mia.”

“Pessima scelta, Steven. Lasciatelo dire. Molto molto pessima. Il qui presente Anthony Edward Stark non è assolutamente adatto per degli appuntamenti.” Non aveva avuto relazioni serie neppure lui. Tranne Pepper, il resto erano soltanto delle toccate e fuga da una notte. E con Pepper era sempre tutto stato strano. Gli appuntamenti gli venivano comunicati tramite la sua assistente personale. Avevano dei ritmi che di solito le persone normali non hanno. E cercare di mantenere una relazione quando uno era a New York e l’altra a Los Angeles non era stato facile.

Si era visto il risultato.

“Tony, ti ho chiesto di uscire. Non ti ho chiesto di sposarmi.”

Sarebbe morto pur di vederlo sempre sorridere a quel modo. Non erano solo le sue labbra. Sorridevano anche i suoi occhi. Ed era una visione celestiale.

“Oh, no. Quello potrebbe essere il passo successivo e io non sono decisamente pronto per sistemarmi. Sono ancora troppo giovane per farlo.”

Ne era ormai certo. Steve Rogers doveva essere un angelo sceso sulla Terra, perché non era possibile avere una risata così bella.

“Tanto non è che tu abbia molti impegni questa settimana.”

“Sono impegnatissimo, Mr. Sassypants. Anche ora sto sacrificando dei preziosi minuti che potrei usare per non fare assolutamente nulla tranne osservare il soffitto della mia stanza mentre fantastico sul bacio che ci siamo scambiati.”

Far arrossire Steve poteva diventare il suo passatempo preferito.

“Scusami per prima. Mi rendo conto che non avrei dovuto agire a quel modo.”

“Oh, non ti scuso affatto. Dovresti zittirmi più spesso a quel modo. Potrebbe essere l’unico modo per farmi stare in silenzio senza farmi incazzare. Adoro sentire il suono fastidioso della mia voce perché posso vedere quanto fastidio dia ai miei interlocutori e non permettergli di prendere parola, soprattutto quando sono delle enormi teste di cazzo.”

“Linguaggio.”

“Sì, sì, linguaggio e tutto resto, ma se uno è stronzo è stronzo e a me piace farglielo notare.”

“Sì, come quando Stern ha dato a te dello stronzo in diretta nazionale qualche anno fa.”

Tony non era riuscito a trattenere un sorriso di soddisfazione.

“Ho fatto valere le mie posizioni. La Stark Industries non produce più armi perché ho dimostrato come le usa anche il nostro esercito. Io non sono un soldato, Steve. Quello che ho vissuto laggiù mi ha completamente cambiato. Un conto è costruire armi e non vederle in azione, un altro è venir quasi uccisi da una bomba con il tuo nome stampato sopra. L’anno scorso, due ragazzini poco più vecchi di Peter, hanno cercato di farmi fuori per vendetta. Una delle mie bombe ha distrutto la palazzina in cui vivevano, e non so neppure perché ti sto raccontando tutto questo.”

“Hanno cercato di ucciderti? Ma nessuno ne ha parlato.”

“Ti ho detto che spesso mi piace tenere le cose nascoste alla stampa. Le cose importanti non vale la pena darle in pasto ai giornali. Avrebbero soltanto accusato due ragazzini inutilmente ed ingiustamente. Non posso cambiare il passato, ma almeno sto cercando di fare qualcosa per il loro futuro.” Aveva roteato gli occhi quando Steve gli aveva fatto cenno di continuare a parlare. “Hai presente Barton? Ecco, li ho sistemati lì mentre attendevamo i loro nuovi documenti, e gli ho dato un piccolo aiutino per potersi iscrivere all’università visto che ne avevano espresso il desiderio. Abbiamo dei rapporti quasi civili ora.”

“Sei incredibile. Sei completamente diverso da come ti descrivono. E sei una sorpresa continua.”

“Se dici così potrei imbarazzarmi.”

Il modo in cui Steve lo guardava gli faceva sentire le gambe molli ed era una fortuna che fosse seduto. Voleva solo accorciare la distanza tra le loro labbra. E non si era accorto di averlo fatto.

Un momento lo guardava negli occhi. Quello dopo lo baciava e Steve rispondeva al suo bacio. Era un bacio lento, delicato. Era un tipo di bacio che raramente aveva sperimentato. Di solito erano passionali, a volte brutali. Questo era dolce. Le loro labbra si sfioravano e nessuno dei due aveva il coraggio di approfondire quel bacio. Ma non importava perché era perfetto così.

La porta d’ingresso si era aperta di scatto, sbattendo contro il muro, e loro si erano subito voltati verso l’origine del rumore. Peter stava ridendo mentre Wade gli diceva qualcosa sottovoce. E Tony tra sé e sé stava giurando sull’intero universo che li avrebbe uccisi in qualche modo cruento.

Non si erano evidentemente accorti della loro presenza quando Peter si era fermato vicino alle scale e Wade gli si era subito avvicinato. Lo aveva abbracciato. Le braccia attorno alla sua vita e lo aveva attirato a sé prima di baciarlo. E Peter aveva ridacchiato sulle sue labbra prima di ricambiare.

Tony li aveva osservati e ora tutti i pezzi, o quasi, erano al proprio posto. C’erano ancora delle incognite, ma almeno ora poteva capire la gioia di Peter nel vedere Wade e passare del tempo con lui.

Steve aveva finto un colpo di tosse e Peter si era voltato verso di loro rosso tanto quanto un pomodoro maturo.
   
 
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