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Autore: nikita82roma    04/07/2016    3 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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- Io non capisco perché abbiamo tantissimi divani, poltrone e lettini e tu vuoi stare sempre seduta a terra! - Esordì Castle divertito vedendo sua moglie sul prato ad accarezzare l’erba fresca innaffiata da poco
- Mi piace, mi fa sentire più a contatto con la natura, con la vita. 
Rick si sedette a terra un po’ riluttante. Era convinto che un divano fosse molto più comodo. Dovette constatare, però, che sentire l’erba sotto le sue mani era una sensazione piacevole. Si sdraiò con le mani dietro la testa ad osservare il cielo.
- A cosa pensi Castle? - Gli chiese Kate appoggiandosi sul suo petto
- Potremmo vivere qui per sempre - rispose lui mentre aveva spostato un braccio per accarezzarle i capelli
- E Alexis e Martha?
- Potrebbero venire qui quando vogliono, poi New York è a poco più di due ore non sarà un problema andarle a trovare. Stavo pensando a dei lavori da fare qui… una nuova piscina per bambini, mettere in sicurezza le scale e l’accesso alla piscina più grande, un’area giochi dall’altra parte, sistemare una delle camere…
- Non stai correndo un po’ troppo?
- Ci vorrà un po’ di tempo. Dovrei chiamare il mio architetto per capire le tempistiche, la camera sarà la prima cosa da fare.
- Castle, se io riprenderò il mio lavoro, non potremmo stare qui.
- Non lo riprenderai subito in ogni caso, potremmo stare qui fino a quando non tornerai al distretto.
- Non credo che scappare da New York sia la cosa migliore. Nemmeno per te Rick.
- Perché credi che io stia scappando da qualcosa?
- Mi hai proposto di andare a vivere in ogni angolo del mondo. Poi siamo venuti qua. Io sto benissimo, mi piace molto, sono felice di essere qui con te. Ma la mia vita è a New York ed anche la tua. Mi piacerebbe riprendere il mio lavoro e se non fosse possibile fare qualcos’altro, non di certo passare tutta la mia vita a non fare nulla dalla mattina alla sera
- Ci saremmo io e miniBeckett o miniCastle, ti terremmo molto occupata.
- Lo so, ma tu non vorresti questa Kate. Non ti sei innamorato di una Kate che fa la donna di casa, giusto?
- No…
- Ecco, vedi Castle? 
Rick si sentì colto in fallo. Certo che rivoleva la sua Beckett, ma ora la avrebbe voluta a casa al sicuro, per sempre. In una casa dove potesse esserlo. Non le aveva detto che tra tutte le cose che aveva pensato di cambiare c’era anche l’idea di fare un nuovo impianto di sorveglianza su tutta la proprietà affidandosi ad un’agenzia di sicurezza privata, era stato proprio l’incontro con il suo amico Vik a dargli l’idea, ma gliene avrebbe parlato solo a tempo debito.
- Beckett, tu stai veramente pensando a dove dovremmo vivere in futuro? Cioè vivere io e te?
- Credo che sia una cosa da prendere in considerazione
- Questo non è proprio in linea con il vivere alla giornata che mi avevi detto.
- È un problema Castle?
- No, il contrario, ne sono felice. Anche se…
- Se?
- Non so come interpretare questa cosa.
- Come una speranza che tutto si risolva nel migliore dei modi? Che ne dici Rick?
Castle rimase un po’ in silenzio a pensarci. Anche Kate stava diventando un po’ più ottimista su di loro? Era un’ottima cosa, molto meglio di quanto si fosse immaginato. Un sorriso gli nacque spontaneo sul viso, fece per alzarsi e Kate dal suo petto si spostò sdraiandosi a sua volta sull’erba. Rick si appoggiò sul fianco sinistro guardandola così bella e rilassata, non potè fare a meno di accarezzarle il volto, mentre lei chiudeva gli occhi godendosi il tocco delicato di lui.
- Mi sembra un’ottimo proposito Kate.
Rick roteò per baciarla, trovandosi sopra di lei. Kate aprì gli occhi e vide il volto di Castle che sorrideva a pochi centimetri dal suo, mentre continuava ad accarezzarle il volto, sorridendogli a sua volta. Si immerse nell’azzurro dei suoi occhi, azzurri come il cielo sopra di loro. Una folata di vento più forte delle altre solleticò il corpo e le mani di Kate con l’erba ondeggiante. Il suo corpo si contrasse. Spalancò gli occhi ed il sorriso morì tra le sue labbra. Il volto di Rick divenne sfocato. Le mancò il respiro, si sentì come paralizzata. 
Castle si bloccò di riflesso. La chiamava, ma lei sembrava in totale shock, era cambiata da un momento all’altro, come se qualcosa l’avesse investita. 
- Kate! Kate! - La chiamava dolcemente, accarezzandole il viso ma lei sembrava non vederlo nè sentirlo. - Kate… ti prego rispondimi. - Lei aprì la bocca ma non riuscì proferir parola.
Rick si guardò intorno e si alzò immediatamente mettendosi seduto sull’erba, prese Kate sollevandola di peso, le fece appoggiare la testa sulle sue gambe e le accarezzava i capelli aspettando che si calmasse. - Va tutto bene amore mio… Stai tranquilla.
Beckett si portò una mano sul petto e poi la guardò, non ci fu sollievo nei suoi occhi, ma ancora solo paura. Rick prese quella mano e la strinse nella sua, la avvicinò alle sue labbra e la baciò.
- Ti ho visto Rick… Eri sopra di me… avevo freddo… dolore… Era come nei miei incubi…
- Lo so Kate...
- Ho paura Rick.
Castle sentì una morsa allo stomaco a quelle parole di Kate che si tirò su, buttando le braccia al collo di Rick. Sapeva che erano fatti di molti anni prima, lui le aveva raccontato tutto, le aveva detto anche che ormai erano tutti morti, era morto il suo cecchino, chi lo aveva assoldato ed il mandante. Quella sua paura era irrazionale, come se avesse appena vissuto tutto: sentì il dolore, l’angoscia, il sentirsi scivolare via sotto gli occhi disperati di Castle che la guardavano già pieni di amore e di sgomento. Sentiva la sua voce, che prima era solo un rumore indefinito, adesso invece ne capiva bene ogni parola. Poi il nulla, solo dolore, freddo e paura.
Rick la sentiva tremare tra le sue braccia. Per la prima volta non sapeva cosa dirle, non gli venivano in mente parole per consolarla, perché anche lui stava rivivendo la paura di quel momento. Dopo anni ancora la sentiva viva dentro di lui, esattamente come gli aveva detto pochi giorni prima sfiorando la sua cicatrice. Respirava il suo profumo, sentiva il battito del suo cuore accelerato e forte: quanto avrebbe voluto sentirlo quel giorno quando in ambulanza quel bip prolungato credeva gli stesse portando via anche l'anima insieme alla donna che amava. Quanta paura aveva avuto di perderla prima ancora di averla mai avuta. Quante volte si era rimproverato di non essersi accorto di quel bagliore anche solo una frazione di secondo prima che sarebbe bastata per metterla al sicuro. 
Seduti a terra abbracciati erano in realtà chiusi nelle loro paure, in quel momento incapaci di consolarsi a parole ma per motivi diversi ceravano entrambi le braccia ed il calore dell’altro. Rick come sempre voleva accertarsi di sentirla viva, si era accorto che questa era diventata una sua fobia. Sentirla respirare, vedere il suo corpo alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, sentire il suo cuore battere. Spesso quando dormiva doveva resistere alla tentazione di andare a controllare e qualche volta non c’era nemmeno riuscito. Lei lo avrebbe trovato inquietante, lui pensava che se avessero dormito insieme sarebbe stato tutto molto più semplice per lui, gli sarebbe bastato aprire gli occhi e vederla, si sarebbe subito rassicurato.
Kate invece sentiva dentro una forza inconscia che nei momenti di panico la spingeva da lui e non solo perchè era l’unica persona che c’era sempre, ma perché era quella di cui sentiva di aver bisogno, quella che riusciva a calmare il suo cuore con la sola presenza. Era questo il legame di cui forse parlava sempre lui, quello che lei non sapeva ancora riconoscere, descrivere e nemmeno accettare, ma che lo spingeva a fidarsi di lui oltre ogni limite che credeva possibile.
Kate si tranquillizzò. Rick lo capì dalla stretta di lei che diventava sempre più abbraccio, portando le mani sulla nuca dello scrittore ed accarezzandogli i capelli in un silenzioso ringraziamento mascherato in un gesto d’affetto.
- Ti vado a prendere dell’acqua Kate? - Lei annuì e Rick andò ancora scosso dentro casa per prenderle da bere. Doveva riprendersi anche lui.

Appena fu sola le sue paure tornarono impetuose e la travolsero ancora come il mare in tempesta e lei si trovava sola su una zattera di legno che andò in mille pezzi alla prima onda più forte che la schiaffeggiò. 
Beckett cercò di stringersi su stessa il più possibile, voleva che ogni fibra del suo corpo fosse vicina, per sentirsi più forte. Era una di quelle crisi di panico di cui le aveva parlato anche Burke. Non ricordava di aver mai sofferto di questo, nemmeno dopo che era morta sua madre. C’era dolore, rabbia, disperazione, ma mai crisi come quelle che aveva cominciato a vivere da quando si era risvegliata che la coglievano all’improvviso, ogni volta che qualche ricordo tornava alla mente, anzi che quel ricordo tornava alla sua mente, in forme diverse. Ma le paure si rese conto non erano dovute solo ai ricordi. Era qualcosa di più, qualcosa che viveva da qualche parte dentro di se che non conosceva e la terrorizzava senza conoscerne il motivo.
Ora non aveva nemmeno più una zattera a cui aggrapparsi, era sola nel mare delle sue paure. Nuota o affoga: Kate non aveva alternative. Era persa nel mare, nel profondo blu dell'oceano, blu come gli occhi di Castle. E sentiva le onde che la spostavano la trascinavano a largo dei suoi sentimenti, lontano dai porti sicuri, la inghiottivano e sputavano fuori, sconquassata dalle emozioni che faticava a riconoscere, si sentiva senza fiato quando raggiungeva la spiaggia, senza possibilità di riposarsi perché veniva subito ritrascinata a largo dalle proprie emozioni in tumulto che non lasciavano spazio al riposo dell'anima. La prendevano di nuovo, sommergendola, facendole desiderare aria ed ossigeno, un approdo sicuro e vincere quella sensazione di annegare in se stessa e nella propria anima dove il blu dell'oceano diventava il nero dell'oblio, del suo oblio interiore. 
Le sembrava veramente di essere senza fiato e inspirava aria violentemente per forzare i polmoni a riceverla nella paura di rimanere di nuovo senza, nel buio della paura della sua anima inquieta.
Si sentiva pesante, come una pietra scagliata in un pozzo andare giù inesorabilmente e a nulla valeva allungare le braccia e urlare perchè nessuno l'avrebbe salvata da se stessa, e nei polmoni entrava acqua e dalla bocca non usciva rumore e si sentiva affogare e si sentiva male.
Respirava come se fosse impossibilitata a farlo ed aveva paura di soffocare veramente. Sentiva che poteva morire lì, soffocata dal nulla, all'aperto, mentre il vento le faceva volteggiare i capelli. Si portò le mani al petto piegandosi su se stessa, tossendo come se dovesse buttare fuori l'acqua ingerita nel panico della sua mente.

Castle la vide, non si curò appoggiare i bicchieri che aveva in mano, li buttò via e corse da lei. Si mise in ginocchio al suo fianco, provò a prenderle le mani ed allontanarle dal suo petto senza risultato, la forzò a guardarlo ma la sua testa rimaneva bassa. Si sedette dietro di lei, accogliendola tra le sue gambe, la spinse ad appoggiare la schiena contro il suo petto mentre con le braccia la teneva stretta. La cullava come se fosse una bimba impaurita, ripetendole di respirare seguendo il suo ritmo. 
Eccole le braccia che l'avrebbero tirata fuori e salvata, quelle a cui tendere le proprie e farsi sollevare. Chiuse gli occhi reclinò la testa all'indietro trovando la spalla di Castle. Sudava per la lotta contro se stessa e le sue paure. Rick le ricordava di respirare insieme a lui e lei lo faceva. Si affidava a tal punto da fargli decidere anche il ritmo del suo respiro. Aveva bisogno di lui. Assoluto bisogno ed aveva paura dirselo, di rendersi conto che aveva così tanto bisogno di lui, un bisogno innato, forse ancestrale.
Era questo l’amore o lo stava confondendo con altro? Si malediva per non riuscire a capirlo perché si sentiva sopraffatta da sentimenti così diversi e così nuovi che non riusciva a distinguerli, avrebbe voluto lasciarsi andare, farsi travolgere da quell’amore strabordante di Castle che la invadeva. Voleva sentire sulla sua pelle quel sentimento voleva che tutto il suo corpo provasse la beatitudine di amare ma non sapeva come fare. Ripensava a loro due, a quello sguardo di Rick che la fissava disperato mentre lei si stava spegnendo tra le sue braccia, alle sue parole. 
- Le tue parole Castle… mi sono aggrappata a quelle.
- Quali parole Kate?
- Quelle che mi hai detto quel giorno. Quando tutto diventava buio pensavo a quello che mi avevi detto.
La strinse un po’ di più. Non glielo aveva mai detto, non ne avevano mai parlato, era una cosa che aveva sempre fatto troppo male a tutti, causato troppo dolore a lui ed imbarazzo a Kate. Lei non si ricordava evidentemente ancora cosa era accaduto dopo, per questo ne aveva parlato, era riaffiorato quel ricordo nella sua mente ed aveva voluto condividerlo, incurante di quello che aveva fatto.
- Rick… io stavo con Josh vero?
- Sì.
- Perchè lo hai fatto? Avresti potuto essere colpito tu al posto mio.
- Era il mio posto Kate, al tuo fianco. Sempre. Il perché è in quello che ti ho detto dopo.
- Potevi morire Rick.
- Potevo perderti Kate. Sarebbe stato peggio.

Rick si alzò e fece alzare Kate. Doveva interrompere quella conversazione. La condusse in cucina e le versò un bicchiere d’acqua, ne prese uno anche per se. Bevvero senza interrompere il contatto visivo tra loro. C’era una forte tensione emotiva tra loro, Rick la stava percependo e non sapeva come comportarsi. Se avesse seguito il suo istinto l’avrebbe presa e portata in camera: non ne sarebbero usciti per ore e sentiva che lei non si sarebbe opposta. Non era il momento, non era la situazione adatta, non sarebbe dovuto andare così e soprattutto non voleva essere lui a fare il primo passo, anche se l’avrebbe voluta con ogni fibra del suo corpo, la voleva far sentire amata in ogni modo possibile per spiegarle con i gesti, laddove non riusciva con le parole, tutti quei perché a cui lei cercava una risposta.
Appoggiò il bicchiere sul tavolo, facendo più rumore di quanto credesse e questo lo risvegliò dai suoi pensieri.
- Usciamo! - Le disse
- Cosa? 
- Usciamo, facciamo un giro poi andiamo a cena fuori. Ne abbiamo bisogno credo.
- Castle non so se…
- Dai Kate, andiamo. Dobbiamo svagarci un po’.

   
 
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