La saga
italiota degli EXO prosegue. Anche stavolta l’ispirazione
canaglia mi ha colta
a tradimento! La colpa è di Hunee, admin della pagina
EXOtics Are On Crack che,
commentando il video linkato (https://www.facebook.com/EXOcrack/videos/vb.509701105752351/1034751333247323/?type=2&theater¬if_t=video_reply¬if_id=1467658719690113),
ha lanciato quest’idea bellissima.
Sehunno non
aveva
previsto di spassarsela granché durante l’estate,
ma tra il mantenere le
aspettative basse e meditare il suicidio ce ne correva. Mai, mai più avrebbe accettato di
andare in
vacanza con la famiglia (sempre che fosse arrivato vivo a settembre).
“A
tempo,
bambini! Seguite me!” esortò con allegria
intollerabile una voce maschile,
sulle note del tormentone da spiaggia Waka
Waka. Un coro di cinguettii appartenenti a bimbetti di ogni
età rispose all’invito
altrettanto entusiasta.
Sehunno,
ostentando il proprio pallore fosforescente riparato
dall’ombrellone, si chiese
il perché di molte cose. In primis, perché avesse
deciso di trascorrere le sue
uniche due settimane di ferie in un villaggio vacanze più
simile ad una bolgia
infernale che all’oasi di relax e divertimento reclamizzata
sulle brochure. In
secondo luogo perché i due bagnini dello stabilimento, tali
Yeollo e Yifenzio,
flirtassero tra di loro invece di sorvegliare la marea, salvare
chiunque
rischiasse di annegare (nessuno, purtroppo) e sembrare, insomma, la
versione da riviera romagnola di Baywatch. Infine
si
chiese perché il fratellino di nove anni,
Giongdè, stesse martoriandogli i
coglioni la pazienza affinché lo accompagnasse al
gruppo di baby dance che
in quel momento si dimenava al ritmo della musica sulla battigia.
“Eddaiii,
Hunno” supplicava il ragazzino. “A casa non vuoi
mai giocare con me alla Play,
almeno adesso che siamo in vacanza accontentami... Ci
divertiremo!”
“Che
gusti
plebei” arricciò il naso lui, sprezzante.
“Alla tua età mi bastavano secchiello
e paletta per essere felice e non rompere le scatole ai nostri
genitori”.
“Forse
non
ti ricordi come eri da piccolo, figliolo” lo contraddisse
pacatamente Chionsù,
intento a spalmare la crema solare sulle spalle di Suo.
“Giongdè è un
angioletto sceso dal cielo per augurare pace in terra agli uomini di
buona
volontà, al confronto”.
“Tesoro!”
il
marito gli assestò uno scappellotto con il giornale che
teneva arrotolato tra
le mani. “Ti sembra questo il modo di parlare ai
bambini?”
“Non
sono
più un bambino, babbo!” protestarono, vivacemente
e all’unisono, Sehunno e
Giongdè.
Chionsù
sogghignò. Prima però che Suo potesse
rimproverarlo ulteriormente, Waka Waka giunse
al termine. Fu
sostituita, a volume ancora più alto, da Gioca
jouer; Sehunno avrebbe riconosciuto quel tattataratatatta
campionato ovunque.
“Dormire.
Salutare. Autostop. Starnuto” iniziò a cantare il
maestro di ballo, imitando i
gesti uno per uno. I bambini gli andavano dietro come potevano, tra
spintoni,
inciampi e risate argentine.
Sehunno
osservò la scena con raccapriccio. Al tizio mancavano
soltanto un body,
calzamaglia e scaldamuscoli per sembrare uscito dritto dritto dagli
anni ’80.
Non che ci avrebbe fatto una così pessima figura,
però, considerò dopo un
minuzioso check-up. Il tipo era piuttosto figo, abbronzato e con un bel
corpo.
O un bel retro, se non altro.
Giongdè
interpretò il silenzio del fratellone come un segno di
cedimento. “Te lo chiedo
solo per questa volta, Hunno, poi ti lascio stare. Promesso”
batté le ciglia
con fare incantevole.
“Ma
perché
hai bisogno che ti accompagni, scusa? Mi rifiuto di credere che tu sia
diventato timido dall’oggi al domani”
indagò Sehunno.
“C’è
questo
bambino, Zio Tao” mugugnò, lo sguardo basso ed un
sospetto rossore sulle guance
che non era certamente dovuto al sole. “Mi piacerebbe che
diventassimo amici,
ma non so se lui lo vuole. Sta sempre per conto suo. Però
non si perde una baby
dance e quindi ho pensato, sai-” non concluse la frase: un
evento rarissimo,
unico.
Sehunno
intuì che gatta ci covava. “Ah, capisco”
annuì sornione. “Hai ragione, magari è
un po’ introverso e ha bisogno che qualcuno faccia il primo
passo. E se ti vede
arrivare con me si sentirà più tranquillo,
giusto?” sorrise nel vedere Giongdè
annuire freneticamente. “E va bene” concesse.
“Ma solo un ballo, siamo intesi?”
Giongdè
gli
si gettò al collo, come una scimmietta. “Grazie
fratellone! Hai una faccia
strana e assomigli un po’ ad un broccolo, ma sei il
migliore” esultò.
“Vacci
piano
con i complimenti, microbo” borbottò contrariato,
senza però opporsi quando l’altro
gli prese la mano e lo trascinò verso i piccoli bagnanti.
L’animatore
salutò i nuovi arrivati con un sorriso in grado di far
nascere unicorni e
fatine sbrilluccicose. Sehunno poté ammirarne anche il lato
A -dai capelli
bagnati agli occhi sprizzanti gioia, passando per gli addominali
definiti e il
costume attillato, intriso d’acqua- e dovette ricordarsi come
si respirava,
abbagliato da tanta beltà. Maremma
maiala,
imprecò tra sé e sé.
“Giongdè…?”
si guardò attorno, spaesato. Impiegò una manciata
di secondi per rendersi conto
che il ragazzino lo aveva piantato in asso, preferendo la compagnia di
Zio Tao.
Vide i due che ridevano insieme come se si conoscessero da sempre, e un dubbio
lo assalì: quale oscuro motivo aveva spinto
Giongdè a farlo partecipare a
quella pagliacciata, data l’evidente complicità
con l’amichetto?
Poi si accorse
che il bel figo gli stava rivolgendo un altro sorriso, esitante e
dolcissimo; e
improvvisamente capì. Il suo fratellino dimostrava di avere
doti non solo da precoce mangiauomini, ma anche da Cupido. Che drittone. Sta’
a vedere che alla fine dovrò pure ringraziarlo,
pensò con un
certo divertimento.
“E
adesso,
per il gran finale ho in serbo una sorpresa”
annunciò il giovane maestro di
ballo. “Su le mani, bambini e non: arriva Il
ballo del qua qua!”
“Sìììììììììììììì”
esclamarono i piccoli. Sehunno, invece, si sentì morire
dentro.
Tutta colpa
di Giongdè.
(“Ehi,
ciao.
Sei il fratello di GioGio, vero? Non fa che parlare di te”.
“Ehm,
sì.
Sehunno, piacere di conoscerti”.
“Piacere
mio. Per i bambini sono Cai, ma tu puoi chiamarmi Gionghin”.)
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Adieu.