Capitolo tre: 9
Settembre 1943
La fine
di ogni cosa.
Tutti i soldati
italiani del campo
erano riuniti alla tenda della divisione Nara, attorno alla vecchia
radio che
li univa alla patria; ascoltavano, col fiato sospeso, le ultime notizie
della
guerra.
« Ieri, il giorno
ottavo del
nono mese del 1943, è stato dichiarato festa nazionale dal
nostro re Vittor… scrrrr….manuele
terzo. Finalmente
l’Ita… scrrr…rrrrrrrrrrrrr…
icani… scccrrrrrrr scccc…»
- Sottotenente
Inuzuka, vuoi
deciderti a regolare questa dannata radio? –
ringhiò Shikamaru. Aveva tutta la
truppa appoggiata sulle sue spalle – compreso il corposo
sergente Akimichi – in
ansia di sapere nuove notizie. Se la radio non funzionava al peso
veniva
aggiunta l’irritazione… e non era cosa buona per
le spalle del capitano.
- Ecco, ho fatto! – sbottò Kiba
dando un deciso colpo sul dorso della vecchia radio.
- Come?!
– esclamò incredulo Naruto,
guadagnandosi uno scappellotto d’ammonimento da Shino.
«…Ha confermato
la sua firma impressa… scrrrr…armistizio
con i britannici, statunitensi e russi. L’Italia è
libera
dalla guerra, libera dalla Germania!... »
- Zitto! – ringhiò Shikamaru. Se
avevano firmato quel dannato armistizio allora…
«… I
nostri alleati non sono più nemici. I tedeschi… sccrrrr…
uttatori del Glorioso popolo
italiano, sono ora i bruti da combattere con tutto l’orgoglio
patriottico delle
nostre truppe… l’Italia non si piegherà
mai più davanti a scrrr… tedesco… »
Ma un
silenzio tombale s’era catapultato dentro la tenda.
- Ora
siamo… nemici dei Tedeschi. – ripeté
Shikamaru. Una frase che all’Italia
portava gioia, ma alle truppe stanziate a Cefalonia portava solo guai.
Cefalonia,
la piccola isola nel bel mezzo del mar Egeo, era piena di Tedeschi che
convivevano civilmente con gli alleati Italiani. Fino a quel momento.
- … nemici
dei Tedeschi. – sbottò il capitano senza fiato.
Quella frase sapeva di condanna a morte.
- Come sarebbe
a dire che i Tedeschi
impongono la consegna delle armi? – sbottò
Shikamaru, battendo la mano
violentemente contro il tavolo di legno. Ma il generale Sarutobi non
mosse un
muscolo, guardando apparentemente apatico la giusta reazione del suo
sottoposto.
- Esattamente quello che lascia
intendere. –
Fuori dalla tenda dove il Generale Sarutobi
aveva riunito tutti i capitani – Shikamaru, Ebisu, Kakashi,
Anko e Shizune – c’erano
in attesa tutti i soldati presenti nella divisione Aqui, locata in
tutta
Cefalonia. Inutile dire che la tensione per gli ultimi avvenimenti era palpabile.
- Se consegneremo le armi saremo
indifesi. – osservò pacato Kakashi.
- E lo dici con questa calma? – gridò
Anko.
- Senza armi saremo alla mercé dei
tedeschi! – ribatté Shizune.
- Volete sacrificare tutto un intero
plotone? – borbottò seccato Ebisu.
- Asuma. – sbottò Shikamaru – credi
davvero che saremmo disposti a consegnare le armi così, con
semplicità? Tanto
per farci sparare addosso? –
- Reagiremo – gridarono
contemporaneamente gli altri capitani.
- Perché? – mormorò semplicemente
Asuma, spiazzando i suoi sottoposti. – Perché? Ci
è stato assicurato un
passaggio sicuro verso l’Italia. –
- E ci credi? – sbottò incredulo
Shikamaru – Ci credi? Un passaggio sicuro è certo,
ma verso Auschwitz!
Calò un pesante silenzio.
- Cosa consigli, Shikamaru? Di
morire in questa isola sperduta, lontano dalla nostra patria?-
- Moriremo comunque! – gridò
battendo violentemente la mano contro il tavolo, facendo cadere la
sedia con un
movimento brusco delle gambe. – Moriremo per quella patria
che ci ha spedito
nella tana del lupo! Moriremo per le famiglie che abbiamo lasciato in
Italia e
per quelle che abbiamo trovato qui! –
Aveva gridato, con forza e rabbia,
un’esplosione di emozioni che nessuno si sarebbe mai
aspettato da un tipo come
lui. Ma, in quegli occhi, si leggeva la determinazione più
grande che l’uomo
potesse mai raccogliere.
– Ricordatevi solo che in questo
modo coinvolgerete anche gli abitanti di Cefalonia. –
Ringhiò Asuma.
- Sono già coinvolti, Asuma. –
osservò Ebisu.
- Così come gli Italiani –
sottolineò Shizune.
- E almeno tutto il mondo – aggiunse
Anko.
- Ringraziamo i politici che ci
ritroviamo – sorrise Kakashi.
- Gli impediremo di distruggere
tutto ciò per cui abbiamo lottato. – concluse
Shikamaru.
Ogni capitano era tornato dalla sua
truppa. Alla fine Asuma aveva ceduto, con un sorriso di rassegnazione
stampato
in volto piuttosto che la decisione a compiere un atto così
decisivo. Da quando
Kurenai e la bambina erano morte ad Auschwitz, Asuma aveva perso tutta
la sua
voglia di continuare.
Ed aveva mollato tutto, vivendo
senza alcun significa. Lottando semplicemente sperando di morire.
Questo
è ciò che porta la guerra,
pensò malinconicamente Shikamaru.
- Allora, capitano? –
Quanta ansia c’era nella voce di
Naruto. E negli occhi di tutti i suoi compagni, seduti nervosamente su
quelle
scomode sedie in legno. Shino camminava avanti e indietro, nervoso,
come mai
aveva fatto in vita sua. Choji NON mangiava, il ché era
incredibile. Naruto e
Kiba lo guardavano con occhi spalancati e spaventati. Erano i
più giovani della
truppa, e si vedeva. Neji era silenzioso, in un angolo della tenda,
battendo
continuamente il piede destro con un povero e malcapitato sasso.
C’era davvero un’aria molto tesa, e
a ragione.
- Beh, siamo
in guerra coi Tedeschi. –
Cinque
bocche umane ed una canina si allungarono fino al terreno.
15 settembre
1943
<<
I
tedeschi vogliono le nostre armi! >>
<
<<
Ci
trascinerà con lui, quel porco bastardo! >>
<< Vogliono spedirci in un
Lager, a fare la fine dei topi. >>
<< Hanno sparato ad un Italiano! >>
<<
E’ guerra!
Cefalonia si ribella!>>
17 settembre 1943
L’imbarcazione
scivolò leggera
sull’acqua scura, lasciando che le piccole increspature
morissero verso
l’orizzonte; il mare, silenzioso e calmo come non mai,
rifletteva perfettamente
la notte stellata sopra le loro teste e la luna illuminava quanto
bastava la
strada da percorrere. Insomma, una nottata quasi perfetta per scivolare
indisturbati e nascosti agli occhi di qualsivoglia persona…
quasi. Il rovescio
della medaglia era sempre in agguato, e ogni soldato che viaggiava
quella notte
lo sapeva fin troppo bene. La luna poteva essere troppo luminosa, e da
guida
divenire spia. E così il mare, l’acqua, il rumore
delle onde che si
infrangevano sulla superficie lignea delle barche; dettagli
così insignificanti
che si nutrivano della paura delle persone diventando ostacoli
insormontabili.
La seconda barca era distante circa un
miglio marino e mezzo, e così via, fino ad arrivare alle
ultime tre che ancora
dovevano partire. In totale dodici imbarcazioni per novantasei soldati
e
altrettante munizioni di ogni tipo e genere solcavano il mare per
percorrere
quelle dieci miglia marine che separavano gli Italiani dai loro
inaspettati
alleati.
La divisione Nara capitanava la
spedizione sulla prima scialuppa; la grotta era vicina, si poteva
scorgere un
tremolo bagliore intermittente che indicava la presenza di fuoco e,
quindi, di
vita umana. Mancavano circa cinquecento metri e poi sarebbe finalmente
potuto
scendere da quel trabiccolo barcollante che tutti usavano chiamare
barca. Per
quanto amasse il mare, Shikamaru odiava navigare; e Kiba e Akamaru
erano
completamente d’accordo; quella sensazione
d’instabilità e di dipendenza non
era adatta a chi amava tenere i piedi ben piantati a terra.
Però, quella notte
e per le notti a venire, non sarebbe stato possibile viaggiare in alcun
modo;
per quanto i tedeschi si dichiarassero amici, per quanto Sasuke
cercasse di
convincere tutta Cefalonia che non c’era motivo di temere un
ammutinamento
tedesco, la paura e la tensione erano palpabili.
Da tagliare con un grissino e
spalmarlo su una buona fetta di pane di segale.
Gli Italiani erano i diretti
interessati, ma anche i partigiani greci avevano fiutato
l’aria cattiva; e,
come prima non era mai accaduto, si erano alleati.
Quant’è vero che un nemico comune
rende amici anche il cane e il gatto.
- Benvenuti, Italiani. –
Il lieve risentimento nella voce
profonda che li accolse venne percepito da pochi. Più che
vero risentimento era
la rabbia di non aver potuto agire da soli ad irritare molti sguardi da
ambo le
parti; ma sia greci che italiani sapevano fin troppo bene che quello
era l’unica
via.
- È lui? – sussurrò incredulo
Naruto. Shikamaru annuì, capendo il suo stupore. Ci saranno
state almeno una
ventina di greci in quell’anfratto, più gli
italiani che stavano arrivando, ma
l’unico che attirava l’attenzione era seduto
dall’altra parte della grotta. Aveva
uno sguardo strafottente, oltremodo sicuro di sé; ma
l’autorità che emanava era
indiscutibile. Lui era il capo e nessuno poteva obiettare.
- Kankuro… - borbottò Shika,
muovendo appena il capo in un accenno di saluto.
- Capitano Nara. Il suo stupore è
evidente… davvero non si aspettava chi fosse il Primo
Partigiano? –
- A quanto pare. – c’era qualcosa
che gli dava estremamente fastidio in quella situazione. Non sapeva
bene se era
perché aveva appena incontrato il capo di tutta la
resistenza greca o semplicemente
ricordare di chi era fratello Kankuro. Né tantomeno doveva
pensare che il greco
lo teneva d’occhio non solo per la guerra che stavano per
condividere.
Kankuro ridacchiò, gustandosi ancora
per un momento l’imbarazzo che aleggiava in quella caverna.
Temari accarezzò amorevolmente la
testolina rossa, così impaziente di rivedere il fratellone.
– E’ andato al lavoro –
sottolineò,
cercando di nascondere l’evidente invidia e la rabbia che le
ribolliva dentro.
Sakura ridacchiò. Tutti a Cefalonia sapevano quanto Temari
desiderasse essere
al posto del fratello.
- Tu sei una donna – sussurrò,
sapendo che la risposta mordace non si sarebbe fatta attendere.
- Sono una donna ma sono incapace di
cucinare, lavare e cucire. Essere donna o non esserlo? –
- Ti manca un piccolo e variabile
contributo nel mezzo delle gambe – ridacchiò la
rosa.
Temari sbuffò, tornando a rammendare
l’abito del fratellino.
Essere completamente all’oscuro di
ciò che stava per accadere non lo piaceva per niente. Sapere
che Kankuro si
stava alleando con gli Italiani, ancora meno. Pensare che lui e
Shikamaru
quella sera si sarebbero incontrati, proprio per nulla.
Quell’ultima frase fu accompagnata
da un silenzio quasi innaturale. Tutti lo sapevamo ma nessuno voleva
crederci,
tantomeno sentirselo ripetere. Quello che stavano facendo non era altro
che un
attacco suicida; c’erano pochissime possibilità di
sopravvivere. Già solo l’enorme
stanziamento tedesco che occupava Cefalonia era un obiettivo colossale
da
sopraffare, se si aggiungevano i temuti rinforzi non ci sarebbe stata
nessuna
via di scampo. Un passaggio diretto verso Auschwitz.
- Che en sarà di Cefalonia? –
domandò improvvisamente Kankuro dopo un attimo di silenzio.
- Che intendi? – sbottò Kiba.
- Non so se usate il cervello, ma –
ringhiò, furioso – un piano suicida come questo
non mette a rischio solo la
nostra vita, ma anche quella di tutti i miei concittadini. Possiamo
anche
uccidere tutti i tedeschi su quest’isola, ma ne arriveranno
altri. Se stanno in
mezzo a noi, i civili rischiano di morire per le nostre pallottole.
Oppure di
essere incriminati come simpatizzanti anti-tedeschi, ed essere spediti
a loro
volta in un Lager chissà dove. La mia domanda è:
come cazzo volete salvare
tutte queste persone innocenti? –
Shikamaru si zittì. Lo sapeva,
sapeva che non sarebbe sfuggito a quella domanda; del resto, sapeva che
sarebbe
stata la prima che lui stesso avrebbe posto.
- Conosci questa terra meglio di me,
Kankuro. Puoi risponderti da solo; dio non ha creato gli anfratti a
Nord dell’isola
per semplice decorazione: sono solidi, nascosti, sicuri. Praticamente a
prova
di bombardamento e/o setacciamento isola da parte tedesca. I tuoi amici
saranno
al sicuro. –
Kankuro sorrise. Come se quella
domanda fosse stata una specie di prova finale per completare il
contratto di
collaborazione. Urlò qualcosa in greco che nemmeno Shikamaru
fu in grado di
comprendere e sette dei suoi uomini sparirono in una delle tante pieghe
della
roccia, scendendo ancora più in profondità; il
rumore dei passi che si
decuplicavano nell’eco della caverna li accompagnò
a lungo, e sparì.
Per poi annunciare il loro ritorno,
con quattro pesanti e grosse casse in legno.
- Queste sono metà delle armi che i
tedeschi vi hanno sottratto. Riequilibrerà un po’
le parti. Ora sparite dalla
nostra vista, rischiamo che il vostro odore ci si appiccichi addosso.
–
Il miglior congedo che si potessero
aspettare.
beh, sono tornata, e ben in ritardo. E non so nemmeno quando posterò di nuovo. Ma sapete com'è.. quella famosa lettera è arrivata a metà marzo. Metà marzo!!! E alla fine... vado un anno in... Cina! Beh, all'inizio ci sono rimasta un po' male, non è il giappone. Era la mia seconda scelta, ma ne sono orgoliosa. E' la lingua più parlata al mondo, è un popolo estremamente fantasioso ed accogliente. E non vedo l'ora. Ma colpa scuola e colpa corso di Cinese Mandarino, non ho nemmeno un minuto di tempo. Ho finito ora il capitolo, supito dopo aver studiato fisica ed aver finito (finalmente) architettura.
Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi. Non sapete quanto valga. Non posso dirvi che vi voglio bene perchè non vi conosco, però apprezzo chiunque continua a leggere le mie storie!