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Autore: reggina    06/07/2016    1 recensioni
Ci sono famiglie che a volte si separano, come succede nei film. Altre che, invece, restano unite nella fatica, nella stanchezza, nello sconforto; che non si arrendono alla paura che la parola cancro porta sempre con sé.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nora, Vale
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si mettono in viaggio nell’ora grigia e livida che precede l’alba e offre uno spettacolo desolante.

Il cemento della città è inondato da rosei bagliori e le pozzanghere sulla strada, residuo di un temporale notturno, fanno sbandare appena l’auto di Nora.

Lei non va in confusione: si mordicchia l’unghia del pollice e guida veloce, tenendo gli occhi fissi sulla via diritta.


Di fianco a lei, sul sedile del passeggero, Vale siede rigido come una statua di marmo: si sente un po’ strano ed è parecchio spaventato da questo viaggio verso l’ignoto, verso un ospedale sconosciuto e verso nuovi dolori che lo cambieranno.

La natura mediterranea, con le sue macchie di fichi d’india, gli ulivi secolari e gli arbusti dai colori cangianti, si dischiude ai suoi sensi come una poesia senza nome ma stona, inequivocabilmente, con il nero lavico del suo cuore.

Tutta questa bellezza gratuita è un vero pugno nell’occhio.


“Fermati mamma!”

Nora inchioda all’istante temendo che lui si senta poco bene ma le basta guardare negli occhi il suo bambino speciale per capire la profondità dei suoi sentimenti e dubitare che riuscirà a dar voce al suo malessere interiore.

È l’inizio della loro giornata cupa, fredda ma piena di sole, con il mare che brilla come un firmamento capovolto e l’azzurro lì davanti attira Vale come una calamita.

Ci mette poco a sfilare le scarpe chiuse e i calzini in filo di Scozia e mettersi a correre scalzo, lasciandosi solleticare dalla sabbia umida, beandosi dei granelli finissimi che si imprimono sotto i suoi talloni come un morbido borotalco.

A sua madre si stringe il cuore nell’osservarlo, scultura in movimento e sorriso estatico tuffato in un’ultima chimica di felicità pura.

La sua stessa gamba gli fa uno sgambetto a tradimento, mentre l’acqua rimodella la sabbia, e rovina a terra insieme ai suoi sogni infranti.


Stringe i denti e cerca di rimettersi in piedi da solo, rifiutando l’aiuto di Nora ed ignorando la stampella che lei le porge.

Le parole che tiene dentro da settimane implodono come un tubo catodico, senza implorare altro se non un minimo di comprensione.

“Così diventerò un disabile? Ci sarà gente che avrà paura di me e altra che valuteranno la mia vita comunque degna di essere vissuta. Diventerò un tema scottante!”

Quelle parole, ombre pallide di una normalità ormai distrutta per sempre, colpiscono Nora come una sferzata, si stagliano nitide nel grigiore del cielo e sulla bocca giovane di Vale si disegna una piega amara.

“Mi sono perso e credo di essermi ritrovato. Ho accettato la mia disabilità quando ho capito che non ne ero io il colpevole, che era già accaduto!”

È metà dell’opera e Nora, immensamente fiera della maturità e del coraggio del suo ragazzo, gli prende la mano imprigionata nella tasca della felpa e la stringe tra le sue, calde, energiche e sicure.

“Mi ero stampato in mente quest’immagine grottesca: tu a spingere la mia carrozzina e papà a tenermi la mano. Per quanto assurda riusciva a calmarmi…Adesso sappiamo che la realtà dei fatti sarà ben diversa!”


Dietro un sospiro sonoro trincera la sua delusione stanca per quel padre assente, quel papà che ha paura, fugge, sbaglia e non chiede scusa.

Era facile illuderlo da bambino, consolarlo fingendo di credere alle sue bugie. Adesso che la vita non ha più un senso niente le fa male come la tenerezza con cui ha sempre protetto Vale.

“Ti ricordi quando eri piccolo e lui partiva per dei posti che tu avevi visto soltanto in TV? Gli facevamo insieme un disegno o gli scrivevamo un messaggio: lo infilavamo in una bottiglia di vetro e lo affidavamo al mare. Io ti assicuravo che appena papà lo avesse letto sarebbe subito ritornato da te!”

“Era facile farmi credere che era così semplice aprire delle porte chiuse, come nelle favole medievali!”

Vale ha la faccia di un bambino che ha appena preso uno schiaffo.


Non gli manca soltanto suo padre, l’amore totale e solido della sua famiglia sgualcita: ha bisogno di urlare al mondo intero, di far sapere, che ha paura del futuro.

Nora lo capisce. Si allontana qualche minuto e Vale non capisce perché contratti con un venditore ambulante di palloncini dalle forme infantili.

Torna con quella soffice nuvola arcobaleno arricciata su un dito e penna e taccuino recuperati nel cruscotto dell’auto.

“Cosa dovrei farci?”

“Scrivi. A tuo padre. Scrivi le tue paure, le tue speranze, u proposito. Scrivi la tua lettera al mondo!”

Si è sempre fidato di sua madre, come quando ascolta una canzone e immagina un mondo bello, senza la paura di cadere. Le parole danzano e riempiono il foglio che poi Vale ripiega in cinque minuscole parti.

Lascia a Nora l’onore di legarlo al filo del ballon monté e farlo scivolare via, dalle sue dita affusolate, a lasciarsi sballottare dal vento e dal destino.

Adesso si sente un moderno Telemaco: guarda il mare aspettando che da lì qualcosa ritorni.

   
 
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