Solo una donna e il suo rum
Il
mare non era mai stato tanto
calmo. Quella notte le sue acque brillavano e splendevano come gemme,
illuminate dalla possente luce lunare. Nessuno sembrava farvi caso,
però. Gli uomini correvano da una locanda all'altra,
impazienti di
annegare le fatiche di un'intera giornata nell'alcool; le donne,
quelle per bene, restavano chiuse in casa a badare ai loro mocciosi e
ad aspettare i mariti, pazienti e speranzose che, per una volta,
fossero abbastanza lucidi da dedicare loro un po' di attenzioni,
prima di svenire sul proprio letto; le puttane, invece, preferivano
aspettare fuori dalle locande, la merce in bella mostra, se andava
bene ci avrebbero guadagnato anche da bere. Sul molo per la maggior parte vi
erano gli ubriaconi, quelli messi peggio. Nessuno sapeva spiegarsi
cosa li spingesse fin lì, si parlava addirittura di una
creatura
marina che emergesse fuori dalle acque per chiamarli a sé.
Una massa
di stronzate.
Quella notte, però, sul molo si
ergeva una figura solitaria, la schiena inarcata in avanti, la gamba
destra dietro la sinistra, le braccia poggiate sulle assi di legno
del parapetto, una bottiglia in mano, i lunghi capelli rossi
abbandonati lungo la schiena, mossi appena dalla brezza marina e lo
sguardo perso nell'orizzonte. Molti uomini, incuriositi da
quell'insolita presenza, facevano per avvicinarsi a lei, ma finivano
per ritrarsi tutti alla svelta, visibilmente delusi, ripetendo fra
loro: «Oh, è solamente una donna con una bottiglia
di rum», al che
lei girava appena la faccia, li guardava con la coda dell'occhio e
commentava con un «Fanculo».
Aveva vagabondato per Port Royal
per giorni, Anne Bonny, oramai poteva affermare, senza peccare di
presunzione, di conoscere quella città come le sue tasche.
Non le
piaceva, lo aveva decretato appena poggiato piede sul porto, dopo
aver ormeggiato la nave. Anche il rum pareva avere un sapore diverso,
forse era la cosa che la infastidiva più delle altre. Si
sentiva
incredibilmente fuori posto, ma forse era dovuto a una serie di
circostanze.
Con lo sguardo rivolto verso il
mare, si domandava cosa sarebbe accaduto una volta tornata a Nassau,
cosa ne sarebbe stato della sua vita? Che posto le sarebbe spettato?
Non voleva ridursi ad andare di città in città
con il solo scopo di
procurare delle spie, qualcuno che collaborasse alla loro causa. Non
poteva neanche abbassarsi a fare la puttana, Max non lo avrebbe mai
permesso e, dopo tutto, neanche lei voleva farlo. Eppure ci aveva
provato, aveva provato a sperimentare una nuova vita, una vita che
non l'avrebbe costretta per mare o ad abbracciare le armi, ma aveva
capito subito che tutto quello non faceva per lei. Sentiva di star
impersonando un'altra persona, una donna che non era lei. Aveva
addirittura indossato un vestito, un vero vestito, sentendosi subito
ridicola anziché graziosa. Se l'avesse vista conciata in
quel modo,
Jack avrebbe senz'altro riso di lei fino a star male.
Jack.
Jack Rackham.
In tutta la sua miserabile vita
non aveva mai sentito pronunciare il nome di quell'uomo così
tante
volte come in quei giorni, poteva giurarlo sulla sua testa.
«Anne
Bonny?», si era sentita dire, dopo essersi presentata agli
uomini
più lucidi (ma sicuramente non così sobri) seduti
al tavolo di una
locanda, «Dove lo hai lasciato Jack Rackham?»,
oppure «Vieni per
conto di Rackham?», o ancora meglio «Cosa porta te
e Rackham da
queste parti?». Sembrava che la sola presenza della donna
implicasse
quella dell'altro pirata.
La prima volta quella
esclamazione l'aveva infastidita tanto che era arrivata sul punto di
tirare fuori la sua spada, procurando risate generali da parte di
quei panzoni balordi, qualche sputacchio le era quasi arrivato
addosso per quanto non riuscissero a controllare quelle loro stupide
risa. Aveva lasciato correre, poi, dicendosi che non ne valeva la
pena e che, soprattutto, non c'era gusto a dar loro una lezione
– o
peggio ad ucciderli – se erano completamente andati per colpa
dell'alcool. Aveva smesso, alla fine, di prendersela per quelle
parole, ma non di farci caso, né di rimuginare attentamente
sul
significato che queste celavano.
Erano quei pensieri ad averla
portata al molo, mentre trangugiava la sua bottiglia di rum che
teneva ben salda dal manico lungo e, forse, un po' troppo rovinato,
nella mano destra. Non aveva mai smesso di pensare a quello che si
era lasciata alle spalle, non un solo giorno era passato senza che
l'immagine di Jack non le si insinuasse nella mente senza preavviso.
Sarebbe successo comunque, anche senza sentire costantemente il suo
nome come fosse una cantilena. Fu allora che realizzò di non
essere
mai stata così lontana da lui, non da quando si erano
conosciuti, un
giorno che sembrava così lontano e che vedeva come
protagonisti due
persone che, a pensarci, le sembravano, ora, dei completi
sconosciuti. Erano solo dei mocciosetti del cazzo, lei per prima che
non riusciva a ribellarsi a quella bestia d'uomo che si era trovata,
e lui che voleva passare per il più grande pirata dei sette
mari.
Cosa più che improbabile da vedere realizzata, gli
borbottava contro
Anne, ogni tanto, per provocargli qualche reazione.
La verità era che non aveva mai
conosciuto qualcuno più astuto di Jack Rackham, anche se
sarebbe
scesa di sua spontanea volontà nelle viscere dell'Inferno
piuttosto
che ammetterlo a voce alta. Lui aveva il cervello, lei la spada. In qualche modo
si completavano a vicenda. Nessuno lo aveva voluto, nessuno lo aveva
programmato, ma era successo. Erano cresciuti in simbiosi, non si
erano mai separati, l'una era l'ombra dell'altro e viceversa. Si
erano sempre protetti a vicenda.
Strinse la mano sinistra in un
pugno a quei pensieri, le unghie – seppur corte –
le segnarono il
palmo, per colpa della pressione esercitata. Levò la
bottiglia in
alto, in direzione del mare, in un brindisi silenzioso e solitario a
quella miserabile situazione in cui si era ritrovata. Ingoiò
quel
sapore amaro al quale ormai era abituata e che aveva preso ad amare
più di ogni altra cosa, dipendente com'era.
Lasciò che il liquido
le incendiasse la gola, prima di controllare quanto ne rimaneva.
Poco, decisamente. Una smorfia si disegnò sui suoi
lineamenti già
abbastanza ombrosi di natura, schioccò la lingua
contrariata, prima
di rivolgere ancora uno sguardo verso l'orizzonte.
Non era riuscita ad odiare Jack
Rackham, era questo a infastidirla in tale modo. L'aveva tradita e
delusa, ma fin da subito aveva saputo che non lo avrebbe mai odiato.
Odiava se stessa, invece, e per la stessa ragione. Lasciò
che la
brezza marina e notturna le accarezzasse il volto e le sollevasse
appena i capelli, senza scompigliarli troppo, nel frattempo che
traeva le sue conclusioni.
Il loro rapporto non era basato
sulla semplice attrazione fisica o sessuale, benché meno
sulla
gratitudine che, comunque sia, nutriva nei suoi confronti. Non era
neanche amore, non credeva neppure di essere in grado di provare un
sentimento tanto puro. Era qualcosa che andava oltre, forse
addirittura più profondo. Lo aveva capito, si era resa conto
che
sarebbe sempre tornata da lui, a dispetto di quello che la vita
metteva loro contro. Sapeva che avrebbe scelto quel pirata da
strapazzo su tutti, sempre. E questo perché le loro
esistenze erano
destinate a restare unite.
E ad Anne Bonny andava bene, più
che bene, lo aveva accettato. Col tempo, erano diventati due parti
della stessa cosa e neanche loro erano tanto potenti da cambiare quel
dato di fatto. I loro nomi erano sulla bocca di tutti, l'uno dietro
l'altro. Rackham e Bonny. Il cervello e la spada. La mente e la
forza. E così, anche loro erano stati legati dallo stesso
filo
invisibile, che li portava a sacrificare ogni cosa per l'altro.
Ed era giusto così.
Uniti erano inarrestabili, delle
leggende.
Separati non erano nulla, se non
un ricordo.
Anne Bonny s'incamminò lenta
verso il porto, a testa alta. L'indomani sarebbe ripartita per
Nassau, la sua missione poteva dirsi conclusa una volta per tutte.
Passò avanti ai mendicanti ispirando appena l'aria squallida
che
regnava a Port Royal, incredibilmente felice di lasciarsi quel lurido
posto (o almeno lo era per lei) alle spalle.
Stava
tornando a quella che era la sua vera vita, il suo destino, al fianco
di Jack, fino a quando i loro corpi non sarebbero caduti
definitivamente e dati in pasto ai vermi. Certo, sempre se lui fosse
stato d'accordo. In ogni caso gli avrebbe fatto vedere le cose dai
suoi occhi, gli avrebbe fatto capire che soli non erano niente,
nessuno. Perché, dentro di lei, Anne Bonny sapeva che, senza
Jack
Rackham, sarebbe restata per sempre solo
una donna con il suo rum.
Angolo
dell'autrice:
Non
so quanto tempo ho perso dietro questa one shot. Forse un anno,
più
o meno. Ho cominciato a scriverla, poi l'ho abbandonata per mancanza
di ispirazione, poi di nuovo ripresa e poi ancora abbandonata per
paura di non rendere giustizia al personaggio di Anne Bonny. Alla
fine mi sono fatta coraggio e oggi mi sono messa in testa di finirla.
E visto che non mi piace tenere le cose che scrivo solo per me,
eccovela qui. A mio parere Anne è il personaggio
più complesso
dell'intera serie (o uno dei più complessi) e non credo sia
facile
renderla IC al 100%, quindi spero di esserci riuscita.
Il
discorso che fa a Jack nel finale di seconda stagione mi ha fatto
venire i brividi e pensare, spero di aver reso giustizia anche a
quelle parole, così come spero di non averle stravolte,
insieme al
loro rapporto. Vi dirò, conoscevo già i loro
personaggi, la loro
storia mi ha sempre appassionata e ritrovarli nella serie mi ha
riempito di gioia e forse per questo sono diventati i miei personaggi
preferiti, insieme a Silver.
So
che questa sezione non è molto popolata (?), ma ringrazio da
subito
chi perderà qualche minuto del suo tempo a leggere questa
mia
storia. Spero (quante volte ho detto “spero”?!?!)
che vi sia
piaciuta e che non faccia poi così tanto schifo. Recensite
se vi va,
a me fa sempre tanto piacere leggere i pareri dei lettori, anche se
son critiche, almeno so di fare bene o se c'è qualcosa da
migliorare
:)
A
presto,
Sà