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Autore: FairyCleo    07/07/2016    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Quella piccola crepa

 
La notte era trascorsa in fretta, e l’alba di un nuovo giorno aveva bussato alle finestre della città con i suoi raggi tiepidi ma per nulla timorosi di mostrarsi al mondo.
Vegeta e Goku si erano alzati molto presto, lasciando le rispettive mogli tra le braccia di Morfeo. Erano soliti allenarsi di buon mattino, e non vi avrebbero rinunciato per nulla al mondo, neppure dopo le fatiche dovute a una serata di festa seguita da una nottata molto movimentata.
Goku si sentiva piacevolmente confuso. Chichi non era una donna molto passionale, ma la scorsa notte era stata… diversa. Molto, molto diversa. Non che si lamentasse, ci mancherebbe altro! Solo, non ci era abituato. Amava sua moglie, anche se non era solito dimostrarglielo, e lei amava lui. E non era il solo saiyan ad amare follemente una terrestre. Certo, tra lui e Vegeta c’era una differenza abissale, caratterialmente e non solo. Per quanto il principe fosse burbero e testardo, era completamente incapace di celare i sentimenti che provava per la sua famiglia. Anzi, paradossalmente, più mostrava indifferenza, più si palesava l’amore incondizionato che Bulma e Trunks erano stati in grado di suscitare in lui. Ancora ripensava con stupore al momento in cui aveva appreso che il saiyan fosse diventato padre. Che avesse avuto un figlio con la sua migliore amica, poi, gli era parso ancora più strano. Bulma, la ragazza con cui aveva vissuto mille avventure e che era certo si sarebbe sposata con Yamcha, aveva avuto un figlio da uno degli assassini più spietati mai incontrati sul loro cammino, e non solo gli aveva fatto il dono di farlo diventare padre, ma gli aveva donato la capacità e la voglia di mettersi in gioco in un modo diverso dal solito, un modo che lo aveva fatto crescere in maniera smisurata fino a portarlo al punto di sacrificare la propria vita per chi amava. Se non fosse stato per Vegeta, non avrebbe mai sconfitto Majin-Bu. L’intuito del suo antico rivale era stato una vera e propria manna dal cielo, e lo aveva riscattato dalle cattiverie commesse in passato e non (tra cui quella di aver liberato lo stesso Majin-Bu, in effetti). Adesso, il principe dei saiyan era un uomo nuovo, un uomo più rilassato che avrebbe sempre nutrito il desiderio di diventare il guerriero più forte mai esistito, ma che, allo stesso tempo, desiderava con maggiore forza proteggere i suoi cari.
Quella mattina, come al solito, aveva trovato Vegeta che lo attendeva in giardino, intento a fare qualche esercizio di riscaldamento immerso nel più totale silenzio. Come facesse a essere così mattiniero sarebbe rimasto per sempre un mistero per il nostro Goku, pronto a sorbirsi l’ennesima ramanzina di chi aveva dovuto attendere l’arrivo dell’ idiota di terza classe, per citare integralmente Vegeta. Eppure, stranamente, il principe dei saiyan sembrava non aveva neanche lontanamente notato la sua presenza: stava continuando imperterrito a tirare pugni davanti a sé, con lo sguardo perso nel vuoto e i pensieri effettivamente altrove. Era stato inutile provare a chiamarlo. Certo, Goku non aveva propriamente parlato a voce alta, ma lo avrebbe sentito comunque se fosse stato lì con la mente e non solo con il corpo.
“Emm… Vegeta…” – aveva provato di nuovo, terrorizzato all’idea dell’eventuale reazione dell’amico – “Ehi… Vegeta!”.
Ma niente, era stato del tutto inutile. Era assente. Completamente, totalmente assente.
Che cosa doveva fare? Doveva piombargli davanti, mettersi a urlare o aspettare che il saiyan si accorgesse di lui? Non voleva farlo arrabbiare, ma era impaziente di allenarsi, e soprattutto, voleva capire il perché di quell’assurdo comportamento. Cosa aveva potuto distrarre tanto il suo amico da non avergli fatto rendere conto che lui fosse lì e lo stesse chiamando da almeno cinque minuti? Stava cominciando a scalpitare. Lui voleva allenarsi, doveva allenarsi! Era questione di vita o di morte. La sua, di morte! Perché, se Chichi si fosse svegliata e si fosse accorta che era ancora in casa, l’avrebbe costretto a tornare al centro commerciale, ed era certo che sarebbe deceduto sul serio, o per la noia, o per essersi rifiutato di seguirla.
“Adesso basta! Mi sono stancato! Noi dobbiamo allenarci!” – aveva quasi urlato, sparendo un istante dopo per poi comparire come se niente fosse davanti a un Vegeta ancora distratto e intento a tirare pugni, con l’esito di prendersi un gancio destro dritto dritto sul naso.
“Kaharot!” – aveva esclamato lui, esterrefatto – “Ma che diamine combini?”.
“Ahio! Urka che botta…” – non era stato in grado di parare il colpo, cadendo con il deretano sull’erba mentre si massaggiava il naso dolorante – “Ma insomma, Vegeta! Si può sapere che ti prende stamattina? Sei impazzito?”.
“Tsk! Guarda che sei tu quello che mi è sbucato davanti all’improvviso! Quando capirai il concetto di ‘spazio personale’? Ma sentilo…”.
“Ma se sono almeno cinque minuti che provo ad attirare la tua attenzione! Sei tu che non mi hai sentito e hai continuato a tirare pugni al vento! Si può sapere che cos’hai?”.
Il principe dei saiyan aveva assunto una strana espressione, diventando estremamente silenzioso.
“Allora?”.
“Tsk! Non ho niente Kaharot… Andiamo… Mettiti in piedi. È tardi, avremmo già dovuto iniziare ad allenarci diverso tempo fa”.
Non gli credeva. Non credeva a una sola parola di quello che Vegeta gli aveva detto. Era strano, lo conosceva sin troppo bene per non capirlo, ma non avrebbe insistito. Sapeva bene come prendere il suo amico… Era certo che dopo un allenamento spossante e un centinaio di ferite sarebbe stato dell’umore giusto per fare quattro chiacchiere. O, almeno, era quello che sperava. Perché, con Vegeta, qualsiasi cosa diventava più difficile di un terno a lotto.

 
*

“Allora, amica mia… Stanotte avete festeggiato, non è vero?”.
Chichi era arrossita come non mai nell’udire quelle parole, rischiando di strozzarsi con il sorso di caffè che aveva tentato di mandare giù.
“Ma… Bulma… Cosa dici?”.
“Oh, ma dai, Chichi! Non sarai davvero imbarazzata per questo… Sono cose naturali tra marito e moglie!”.
“Bè, sì, lo so… Però…”.
“Però?”.
Però era estremamente indecisa sul da farsi. Era sempre stata certa che parlare di certe cose fosse estremamente sconveniente per una signora, ma Bulma era capace di rendere tutto così spontaneo e naturale. Non vi era malizia nella sua voce. Non in quell’occasione, almeno. Forse, le avrebbe fatto bene parlare con un’altra donna, condividere segreti e fantasie. Bulma non avrebbe mai osato prenderla in giro o tradirla. Era un’amica, e sapeva di potersi fidare di lei ciecamente.
“Bé, sì… Abbiamo festeggiato. E Goku sa il fatto suo quando si tratta di festeggiare” – ormai era in ballo. Valeva la pena scatenarsi, no?
Si erano guardate per un attimo negli occhi prima di iniziare a ridere come due adolescenti. Chichi non si era mai sentita così bene come in quei giorni, circondata dall’affetto delle persone che amava e supportata da un’amica leale e sincera.
“Pare che sia una caratteristica dei saiyan, quella di essere bravissimi a festeggiare” – aveva commentato Bulma – “Ma non dirlo mai davanti a Vegeta! Potrebbe morire per l’imbarazzo!”.
“Ah ah ah! Posso immaginare… È talmente riservato… Penso che sverrebbe dalla vergogna!”.
“Hai intesto bene… Vegeta è particolare… È fatto a modo suo… Ma è un modo che non si può non imparare ad amare”.
“Sai, mi sono sempre chiesta come tu abbia fatto” – aveva improvvisamente detto Chichi, pentendosene un istante dopo.
“A fare cosa, amica mia?”.
“Ecco…” – perché non era stata zitta?
“A stare con Vegeta, dici?”.
Sì, intendeva proprio quello.
“Lo so che mi avete presa tutti per matta, ma Vegeta non è così come sembra. Certo, quando l’ho conosciuto, aveva di lui la stessa opinione di tutti. Lo odiavo, a dire il vero. Aveva ucciso Yamcha e i nostri amici, per colpa sua avevamo perso le sfere del drago e siamo stati costretti a scontrarci con quel pazzo di Freezer, ma c’era qualcosa in lui che mi attirava senza possibilità di oppormi. Vegeta non era solo un folle sanguinario, seguiva una sua etica personale, l’etica dei saiyan, che gli imponeva di non arrendersi mai davanti a niente e nessuno, di non accettare mai la schiavitù e di ribellarsi di fronte a quello che riteneva ingiusto. Sempre nell’ottica saiyan sia ben chiaro! Un’ottica non del tutto condivisibile, è vero, ma che, se limata a dovere, poteva condurre a qualcosa di buono. Mi sono affezionata a lui gradualmente. Alla sua forza, alla sua testardaggine e alla sua lealtà verso i desideri che albergavano in lui. Pensavo fosse impossibile, ma mi sono avvicinata a lui quasi senza accorgermene. E lui, ha fatto lo stesso. Non me l’ha mai detto, ma credo che veda qualcosa di se stesso, in me, qualcosa che ci accomuna e ci rende perfetti l’uno per l’altra. Quando ho scoperto di aspettare Trunks ero al settimo cielo. E lo era anche lui, nonostante non l’abbia neanche voluto prendere in braccio fino alla fine dello scontro con Cell. Poi, dopo Majin-Bu, le cose sono cambiate ulteriormente, e in meglio. Forse, l’averci perso lo ha portato a capire quanto in verità tenesse a noi. E non ti nego che la cosa mi ha resa felice e appagata. Amo mio marito, e lui ama me, anche se ci ha messo sette anni ad ammetterlo”.
Era stata una risposta più che mai esaustiva, e invidiava la capacità dell’amica di amare a prescindere da tutto. Era certa che lei non sarebbe mai stata in grado di provare qualcosa per un uomo dal passato affine a quello del principe dei saiyan. Questo, la rendeva forse una persona peggiore di quella che credeva di essere? Si augurava di no.
“E dimmi, che ha detto del regalo che gli hai fatto?”.
“Mi è sembrato entusiasta, ma con Vegeta è sempre un terno a lotto anche per me che lo conosco come le mie tasche!”.
“Ti ha dato modo di pensare che non gli piacesse?”.
“No, affatto! Ma non lo ha ancora indossato. Cielo, potrebbe anche essere che non lo porterà mai… Ma chi può dirlo? Ora, vogliamo andare a svegliare Trunks e Goten?”.
“Buona idea… In realtà, dovrei anche andare a casa di Videl e recuperare mio figlio… Non approvo che passi la notte a casa della sua ragazza”.
“Chichi! Non lo avrai detto sul serio?”.
“Mai stata così seria!” – aveva detto lei, sfoderando il suo sguardo severo – “Certe cose si fanno da sposati, soprattutto non alla loro età. Gohan è un ragazzo responsabile, ma le donne sono tentatrici, e lui è ancora così ingenuo! Proprio come suo padre. Sarà meglio sbrigarci… Ti aspetto di sopra!”.
Era inutile. Chichi non sarebbe mai cambiata. Ma, del resto, era anche quello che rendeva la sua amica quella che era, no? Prendere o lasciare. Quella regola valeva davvero per tutti.

 
*
 
“Giuro, la mamma non mi incastrerà mai più. Preferisco battermi contro Majin-Bu altre mille volte piuttosto che seguirla!”.
“Hai ragione, Goten. Io ci sono abituato, ma così è davvero troppo!”.
“Non voglio mai più vedere un centro commerciale in vita mia. Mai più”.
Lo avevano fatto. Bulma e Chichi avevano ingannato i bambini, portandoli di nuovo in giro per negozi invece che al parco giochi, come promesso.
“Se vedo un’altra camicia, o un altro pantalone, o una cinta o un paio di scarpe mi metto a urlare”.
“A chi lo dici… Io volevo così tanto andare al parco giochi… Anche se… In effetti…”.
“In effetti cosa?”.
“Potrei provare a chiedere a papà di portarci lì… Siamo stati buoni e pazienti! Ce lo meritiamo! E poi, sono loro a essere troppo stanche per accompagnarci! Noi siamo pieni di energia! Giusto, Goten?”.
“Sì! Ma… Lo farebbe davvero?”.
“A dire il vero, di solito è lui a portami al parco giochi dopo l’allenamento…”.
“Veramente?” – Vegeta portava Trunks al parco giochi. Che cosa strana. Suo padre non lo aveva mai portato al parco giochi.
“Sì… Potremmo chiederglielo! Andiamo Goten! Vieni con me!”.
Senza pensarci, i due bambini erano corsi in camera di Bulma e Vegeta, rimanendo molto delusi nello scoprire che il saiyan non fosse ancora rientrato dagli allenamenti.
“Uffa! Ancora non sono tornati!” – aveva detto Goten, triste più che mai.
“Che disdetta… Si stanno trattenendo più del solito. Chissà perché…”.
“Che barba… Sono certo che oggi rimarremo qui…”.
“Già, anche io… Ma potremmo…”.
“Cosa?”.
“Aspetta un istante… Voglio mostrarti una cosa…”.
Trunks si era diretto verso l’armadio, nella speranza di trovare quello che cercava. Sapeva di non dover curiosare tra le cose dei suoi, ma era certo che non si sarebbero arrabbiati. Del resto, volevano solo giocare.
“Trovata!” – eccola lì, la scatola che sua madre custodiva così gelosamente. Non sapevano che lui sapesse della sua esistenza, e non lo avrebbero mai saputo.
“Che cosa c’è qui dentro, Trunks?”.
“Guarda! Guarda Goten… Questa è la battle suite che mio padre indossava quando si è scontrato con Freezer. Guarda che ferite aveva riportato… Eppure, non si è arreso fino all’ultimo. Fino a che non lo ha colpito come il codardo che era”
Gli avevano raccontato la storia un centinaio di volte, e non poteva credere che quel farabutto lo avesse ucciso nonostante fosse inerme. Suo padre si era battuto con onore, come il grande saiyan che era.
“Wow… Che meraviglia! Non ne avevo mai vista una originale. Una non costruita da tua madre, intendo”.
“Già… Questa, poi, ha un’altra storia da raccontare… Pare che con questa, mio padre abbia cercato il tuo in tutta la galassia per sfidarlo e batterlo. Non accettava che lui fosse diventato super saiyan al suo posto”.
“Ma poi, anche Vegeta lo è diventato”.
“Sì… È diventato un super saiyan straordinario”.
“Mi piace tuo padre, sai?” – gli aveva detto Goten, accarezzando la tuta di Vegeta con estremo rispetto – “È così fiero. All’inizio pensavo fosse cattivo… Ma non lo è. È uno tosto! E ti vuole bene…”.
“Lo so… Il mio papà è speciale. Non ce ne sono come lui…”.
“Hai ragione…”.
“Penso sia il caso di rimetterlo a posto… Non trovi?”.
“Sì! E dopo potremmo giocare a scontrarci come hanno fatto Freezer e i nostri padri all’epoca! Potremmo convincere Gohan a giocare con noi! Lui farebbe Freezer e noi i nostri papà!”.
“Che splendida idea! Mi piace! Andiamo!”.
Ma, mentre lo stava riponendo nella scatola, qualcosa aveva attirato l’attenzione del piccolo saiyan dei capelli corvini.
“Ehi… Cos’è questo?” – aveva preso un sacchettino viola, porgendolo subito dopo al suo amico.
“Non lo so!” – Trunks lo aveva girato tra le mani, incuriosito – “Vediamo!”.
“È un medaglione” – aveva detto, osservando da vicino il contenuto del sacchetto misterioso.
“Hai ragione… Lo avevi già visto prima?”.
“No, mai… È strano!”.
“Sembra… Rotto…” – gli aveva detto Goten, toccandolo a sua volta.
“Già… È…”.
“Che cosa state facendo?” – la voce tuonante di Vegeta aveva interrotto i due ragazzi, facendo sì che entrambi lasciassero cadere il medaglione al suolo.
“Papà, noi…”.
“Quante volte devo dirti di non curiosare tra le cose mie e di tua madre, Trunks?”.
I bambini si erano sentiti morire. Colti con le mani nella marmellata, non avrebbero potuto negare la loro colpevolezza neanche volendo.
“Mi dispiace papà… Non è colpa di Goten. Sono stato io a portarlo qui. Volevo solo fargli vedere la tua battle suite… Scusa”.
Il saiyan non aveva risposto, guardandoli in silenzio con occhi severi fino a quando un timido sorriso non aveva fatto capolino sul suo viso. Con una scrollata di spalle li aveva congedati, intimandogli di non fare mai più cose del genere.
“Filate… Subito!”.
“Subito! Ah, papà… Tieni…” – Trunks aveva raccolto il medaglione, porgendoglielo – “È molto bello. Dovresti indossarlo, qualche volta” – ed era andato via, seguito da un Goten a dir poco mortificato.
Ancora una volta, il principe dei saiyan era caduto in un silenzio tombale, stringendo tra le mani quell’oggetto, prima di riporlo nella sua custodia senza degnarlo di uno sguardo. Eppure, se lo avesse fatto, se avesse speso anche un solo istante per dargli una fugace occhiata, si sarebbe accorto che non era come quando glielo avevano donato. Se lo avesse guardato, si sarebbe accorto che lì, dove c’era l’oro a tenerlo unito, la crepa aveva cominciato a diventare più evidente. Se lo avesse guardato, si sarebbe accorto che presto le parti sarebbero tornate a essere due.
Continua…
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Famiglia, buon pomeriggio!
Eccomi qui, puntuale come un orologio, a postare il secondo capitolo della mia Long. Inutile dire che si tratta ancora di capitoli introduttivi (ma io lo dico lo stesso da brava puntigliosa quale sono. XD), e che servono per farvi capire in quale clima si svolgeranno i fatti e su chi sarà concentrata maggiormente l’attenzione (mia e vostra, mi auguro). Sarà una storia… STRANA, per certi versi… Ma starà a voi giudicare. =)
Ciò detto, mi ritiro, sperando di non morire liquefatta. Qui in Calabria il caldo si fa sentire, amici miei… E parecchio!
A giovedì prossimo!
Un bacione
Cleo
   
 
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