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Autore: Alice95_    07/07/2016    2 recensioni
Una giovane Kate Beckett alla ricerca di una notte da dimenticare, si trova davanti a una persona che invece si ricorderà per il resto della vita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Sapeva di essere stato appiccicoso negli ultimi due giorni e sapeva pure che Alexis stava cominciando ad infastidirsi dalla sua costante presenza e dal suo voler per forza trascorrere del tempo insieme a lei. Ma sua figlia era l’unica persona che in questo momento era in grado di impedirgli di fare qualcosa di stupido. Aveva l’ordine tassativo da sua madre di tenere il freno a mano per un paio di giorni, dando la possibilità alle acque di calmarsi, prima di fare un altro tentativo per parlare con Kate. Questa volta l’aveva ascoltata e gliel’aveva promesso. Sua madre gli avrebbe poi dato il permesso di proseguire, sembrava un po' ridicola come cosa ma nemmeno lui si fidava di sé stesso e così aveva accettato.

Fino ad allora doveva tenersi occupato e non c’era nessuno migliore di Alexis per questo.

“Alexis?”, la chiamò in fondo alle scale impaziente, “Scendi?”.

“Un minuto papà”, rispose e lui capì che si stava infastidendo di nuovo, probabilmente alzando gli occhi al cielo nella sua stanza. Wow, le ci erano voluti solo cinque minuti, era un nuovo record. Doveva davvero darsi una calmata. Altrimenti, l’aveva già minacciato di andarsene a vivere con sua nonna. E non c’erano dubbi che avrebbe portato il suo obiettivo fino in fondo. Ma lui aveva già un piano in mente. L’avrebbe conquistato comprandole un’enorme stampa di un grande elefante che aveva trovato in una galleria un paio di settimane fa. Doveva comprarsi altri due giorni di attaccamento, forse anche tre. Poi sperava che sua madre gli avrebbe permesso di chiamare Kate. Si sentiva abbastanza ridicolo, ma avevano lavorato per un piano e si fidava di sua madre.

“Sono pronta”, dichiarò Alexis scendendo di corsa le scale e portandolo via dai suoi pensieri.

Afferrò il portafoglio e le chiavi e tenendo la porta aperta per lei mormorò, “Finalmente”.

“Papà”. Lo rimproverò.

“Scusa, scusa”, alzò le mani in segno di scuse, “Sto zitto”.

“Basta piagnucolare”, sospirò Alexis, tirando i suoi jeans e spingendolo verso il corridoio. “Andiamo”.

La seguì ridendo. Sua figlia era sicuramente quella più matura nel loro rapporto. Lo teneva in riga facendo in modo di non fargli fare lo stupido. A volte non poteva credere che avesse solo sette anni, quasi otto, come avrebbe detto lei. Sicuramente era una bambina intelligente ma aveva anche una serietà che desiderava non avesse. Avrebbe dovuto maturarla con il tempo. Sapeva che il motivo era la madre che li aveva lasciati, che l’aveva lasciata. E pur sapendo che Meredith amava Alexis, non esistevano giustificazioni per la sua assenza. A volte lui non era abbastanza. Sapeva che sua figlia aveva bisogno di sua madre. Come sapeva che qualcun’altra avrebbe avuto bisogno di suo padre, prima o poi.

“Dove andiamo papà?”, chiese Alexis quando giunsero in strada, salendo in taxi.

“E’ una sorpresa”, sorrise, dando all’autista un pezzo di carta con scritto la loro destinazione.

“Papààààà”, piagnucolò, sbattendo le palpebre e imbronciandosi. Sapeva come comprarlo.

Lui sbuffò, cercando di trattenersi anche se sapeva che sarebbe stata una causa persa. Alla fine decise di dirle una mezza verità.

“So che sono stato..”, stava cercando di trovare le parole giuste.

“Un rompipalle?”, Alexis abbassò la testa quando suo padre la guardò scioccato.

“Alexis!”.

“Cosa? E’ così che ti ha chiamato la nonna ieri”, gli diede il suo miglior sorriso sapendo che l’avrebbe fatta franca.

“Beh io avrei detto difficile, signorina, ma va bene”, cercò di sembrare disturbato dalla scelta delle sue parole, ma sul serio, chi voleva prendere in giro? Alexis aveva ragione. “Ad ogni modo, so che non sono stato facile questi ultimi due giorni mentre tu invece sei stata meravigliosa a sopportarmi. Quindi penso che ti meriti qualcosa. Ma non ti dirò altro”, fece il gesto di chiudere la bocca per poi gettare via le chiavi.

Alexis decise di lasciare le cose così come erano, sapendo chela sorpresa l’avrebbe scoperta presto, “Va bene”, gli disse sorridendo, “Ma meglio per te che sia bella”.

“Ti piacerà. Te lo prometto”, le sorrise avvolgendola tra le braccia e dandole un bacio in testa, “Grazie zucca”.

“Per cosa?”, chiese guardandolo.

“Per essere la figlia migliore che un padre possa mai desiderare”. Sospirò, inghiottendo un groppo in gola, sperando che Alexis non cogliesse lo stato emotivo in cui si trovava in questo momento. Aveva chiesto più di una volta del perché si comportasse in quel modo e lui diceva che era per il blocco dello scrittore. Sapeva che non ci avrebbe creduto a lungo.

“Ti voglio bene anche io papà”. Sorrise guardandolo negli occhi, la sua piccola mano raggiunse il suo viso per tirarlo in giù e dargli un bacio sulla guancia. “E va bene così. Non mi importa se sei impegnativo. Ormai sono abituata”.

Rise a sentire quella risposta, la prima vera risata dopo due giorni, e si sentiva bene nel constatare che dopo tutto quello che era successo poteva ancora ridere con la figlia, “Beh grazie, credo”.

 

—————————————

 

Aveva dormito pochissimo nelle ultime due notti, la sua mente era saldamente incollata ad un argomento. Cosa avrebbe dovuto fare? Non ne aveva la minima idea. Non voleva coinvolgerlo nelle loro vite, non ne avevano bisogno. Ma se non fosse stata disposta ad offrirgli qualcosa avrebbe potuto perdere tutto. Kate non aveva idea di quante possibilità avesse per portarle via Jamie ma non voleva nemmeno scoprirlo, temendo che potessero essere addirittura migliori di quello che poteva pensare. 

“Beckett?”, gridò Royce, più forte la seconda volta visto che non aveva avuto reazione. “Beckett!”.

Si girò, sorpresa dal suo tono, “Huh?”.

“Concentrati”, la rimproverò. “Hai la testa tra le nuvole”.

“Non ho la testa tra le nuvole”, rispose lei senza pensare, fissandolo.

“Beh sicuramente non ce l’hai mentre sei a lavoro”. Si avvicinò a lei, la sua voce diventò seria. “Ho bisogno di fare affidamento su di te, Beckett. Siamo una squadra. Devo essere sicuro che tu abbia tutto sotto controllo e non che tu abbia la testa su qualcosa che ti è andato storto e che ti ha fatto essere distratta durante questi ultimi giorni”.

“Io…”, non sapeva cosa dire. Aveva ragione anche se non l’avrebbe mai ammesso.

“Non ho bisogno delle tue scuse, ho bisogno che tu svolga il tuo lavoro. Questa disattenzione ti può far uccidere, devi stare attenta”. Le diede un lungo e impegnativo sguardo assicurandosi che il messaggio fosse stato ricevuto prima di voltarsi e allontanarsi, “Ora andiamo, abbiamo del lavoro da fare”.

Lo seguì in silenzio nel vicolo in cui erano stati assegnati ad indagare per un omicidio. Royce aveva ragione.

 

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“Papà dove siamo?”, chiese Alexis con gli occhi spalancati appena usciti dal taxi.

“Aspetta, fra un secondo lo scoprirai”, disse Rick portando Alexis nella galleria.

“Cosa stiamo facendo qui?”, chiese subito appena entrati nella galleria, guardando tutte le foto intorno a lei.

“Ricordi della nostra chiacchierata sugli elefanti l’altro giorno allo zoo?”, Rick si abbassò verso di lei.

Alexis annuì, ancora non riuscendo a capire cosa gli elefanti avevano a che fare con loro e questa galleria.

“Così ho pensato che ti sarebbe piaciuto avere quel quadro laggiù”, sorrise lui, indicando la grande stampa di un elefante.

Gli occhi di Alexis si spalancarono, correndo verso la stampa appesa al muro e portando suo papà insieme a lei, “Papà è bellissimo!”, esclamò Alexis, studiando la fotografia più attentamente.

“Ho pensato che potevamo metterlo in camera tua, se ti va”, suggerì lui, felice del sorriso di sua figlia da un orecchio all’altro.

“Si, si”, sorrise. “Grazie papà”.

Mise le sue piccole braccia intorno alla sua vita in attesa che lui la prendesse e la sollevasse per stringersi al suo petto, “Prego zucca”.

Quando Alexis riaprì gli occhi, la sua visione cadde su un altro punto al lato opposto della galleria, “Papà”, picchiò la sua spalla per farsi mettere a terra, “Possiamo prenderlo quello per te?”.

Si girò, guardando un’altra stampa esattamente uguale a quella dell’elefante, con la differenza che il soggetto principale era diventato un leone. Come aveva fatto a non vederla l’ultima volta?

“Un elefante per me e un leone per te?”, domando Alexis con quell’espressione sul viso a cui era difficile dire di no.

Rick sorrise, prendendola per mano, “Penso che è perfetto”.

 

——————————————————

 

Kate era esausta quando finalmente oltrepassò la porta d’ingresso del suo appartamento a tarda notte. Lei e Royce avevano setacciato numerosi cassonetti in cerca di prove e l’unico successo della sua giornata era stato quello di trovare il portafoglio della vittima dando così alla squadra omicidi un nome su cui poter lavorare. Il resto della notte lo spese a fare da guardia alla scena del crimine fino a quando finalmente furono mandati a casa.

Entrò in soggiorno, dove la babysitter stava già raccogliendo le sue cose.

“Hey Janice, mi dispiace di aver fatto così tardi”, Kate si scusò, frugando nella borsa per darle qualche soldo.

“Nessun problema Kate. Jamie era già a letto quando ho preso il posto di Cynthia, quindi è stata una notte facile”, Janice sorrise.

“Perfetto, grazie. Hai bisogno di un taxi?”, chiese Kate, dando i soldi a Janice.

“No, viene a prendermi il mio ragazzo. Dovrebbe essere già qui. L’ho chiamato quando stavi per tornare a casa”.

“Va bene, allora buonanotte Janice”, la accompagnò alla porta, aspettando finchè la ragazza, che non era molto più giovane di lei, scomparve lungo il corridoio.

Chiudendo la porta dietro di lei, si assicurò fosse chiusa bene prima di andare verso la stanza di Jamie. Aprì la porta lentamente, attenta a non svegliarla e si avvicinò al suo letto. Un singhiozzo sfuggì dalla sua bocca e coprì subito la bocca con la mano. Le lacrime cominciarono a cadere in silenzio ma qualcosa aveva disturbato il sonno di Jamie visto che aveva appena aperto gli occhi.

“Mamma, triste?”, chiese nel buio. Kate fu sorpresa dalla domanda di sua figlia.

“No tesoro”, scosse la testa, asciugandosi rapidamente le lacrime, “Mamma è solo stanca”.

“Jamie dormire nel letto di mamma”, disse la bambina, già lottando per alzarsi.

Sarebbe potuta risultare egoista ma avere sua figlia vicino era tutto quello di cui Kate aveva bisogno. Così la prese in braccio, abbracciò la sua piccola bambina stringendola al petto e la portò nella sua camera da letto. Si cambiò rapidamente con una maglietta e un paio di pantaloni, non si preoccupò di fare nient’altro quella notte. Strisciò sotto le coperte e tirando Jamie al petto sentì subito una sensazione di sollievo. Così tanto che appena chiuse gli occhi si addormentò all’istante.

 

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Avevano sistemato le stampe insieme la scorsa notte, l’elefante nella camera di Alexis e il leone nella sua festeggiando poi con un gelato e un film.

Ma oggi si trovava da solo nella sua miseria. Alexis era a casa di un’amica per un pigiama party e lui aveva passato le ultime ore a fissare una pagina bianca. Stava cercando un’idea per il nuovo libro di Derrick Storm ma non ne aveva una. La sua testa era vuota. Alla fine rinunciò intorno all’ora di cena, decidendo di prepararsi qualcosa da mangiare e perdersi in una maratona di Star Wars.

Aveva appena messo i piatti nella lavastoviglie quando la porta si aprì e sua madre fece il suo ingresso.

“Ciao tesoro”, lo salutò, entrando in cucina e dandogli un bacio sulla guancia.

“Madre, che cosa ci fai qui?”, la guardò sorpreso.

“Tua figlia potrebbe avermi informato che saresti stato solo stanotte. E ho pensato che era meglio se ti avessi tenuto d’occhio, sappiamo che le idee più stupide ti arrivano quando sei senza supervisione”.

Rick ruotò gli occhi, non disposto ad ammettere quanto invece era felice di avere qualcuno capace di distrarlo.

“Allora, qual è il piano stasera?”, chiese la madre, recuperando un bicchiere di vino e sistemandosi sul divano.

“Popcorn e una maratona di Star Wars?”, alzò gli occhi pieni di speranza verso di lei.

“Si ai popcorn e no a Star Wars”, rispose, senza guardarlo.

“Okay”, sospirò. “Cosa vuoi vedere?”.

“Un classico”, sorrise, togliendosi le scarpe e mettendo le gambe sul divano.

 

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Kate si sedette sul davanzale della finestra con un bicchiere di vino in mano intenta a guardare la calda notte d’estate e cominciando a navigare con i pensieri.

Era stata fuori servizio oggi, trascorrendo il giorno insieme a Jamie al parco giochi di Central Park.

Non succedeva spesso che potessero trascorrere una giornata insieme e normalmente Kate ne sarebbe stata entusiasta, ma oggi era stata distratta, la sua mente era occupata da Richard Castle e le sue richieste, o meglio le sue minacce. Ancora non aveva trovato soluzione al suo dilemma e sapeva che prima o poi doveva farlo, ma Jamie era riuscita a farla distrarre sulla questione per le ultime due ore. Solo adesso, con la figlia addormentata, Kate aveva finalmente il tempo di pensarci.

Aveva osservato tutto il giorno le altre famiglie al parco giochi, cosa che di solito non faceva mai. Kate aveva guardato soprattutto i padri chiedendosi se a Jamie sarebbe mai mancata una figura paterna nella sua vita e chiedendosi pure se aveva il diritto di tenere Jamie lontano da suo padre. Certo, era sua madre, ma un giorno Jamie avrebbe realizzato che gli altri bambini avevano un papà mentre lei no, non lo aveva. Le avrebbe domandato il perché e cosa le avrebbe risposto? “Tuo padre ha fatto uno sforzo per conoscerti ma io non ho voluto?”. Voleva davvero essere quella persona? E non sapeva meglio di chiunque altro che a volte tutto quello di cui una figlia aveva bisogno era di stare con suo papà? E quanto faceva male sapere che non invece non c’era a sostenerti? Kate lo sapeva molto bene.

Ma d’altro canto, chi le dava la garanzia che Rick sarebbe stato onesto con lei e con Jamie? Era serio quando le ha detto he voleva conoscerla. Si sarebbe davvero impegnato ad essere padre se gli avesse dato una possibilità o si sarebbe annoiato velocemente? Lasciando e spezzando il cuore della sua bambina. Voleva davvero rischiare che sua figlia si facesse del male?

Ma qual'era l’alternativa? Una causa? Jamie soffrirebbe sicuramente in questo caso.

Stava lentamente calcolando tutte le possibilità, sapendo che in realtà non aveva nessuna scelta. In entrambi i casi si sarebbe presa un rischio, ma c’era solo un modo di offrire alla figlia la possibilità di qualcosa che Kate non poteva darle. Indipendentemente da come si sentiva lei nel far entrare Richard Castle nella vita di Jamie non aveva il diritto di negarle questa opportunità. E di certo non voleva scoprire quanto serio fosse Richard Castle sul volerla portare in tribunale.

Era stato un idiota e non aveva fiducia in lui, ma per il bene di Jamie avrebbe potuto essere…civile.

In questo momento aveva le spalle al muro e realizzò che doveva scegliere il passo successivo da fare. Avrebbe tenuto la situazione sotto controllo al meglio che poteva. Prendere il toro per le corna era meglio di aspettare che lui agisse, lasciandole solo la possibilità di reagire alla sua risposta. Così, avvicinandosi al divano, prese il suo biglietto da visita dalla borsa e compose il numero con mani tremanti.

   
 
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