Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: RodenJaymes    08/07/2016    5 recensioni
Bankotsu e Jakotsu non sono morti sul monte Hakurei e adesso viaggiano con Inuyasha e compagni.
Quanto scompiglio porterà la loro presenza? Quanto cambierà la vita dopo l'unione al gruppo dei due mercenari?
Dal testo:
"« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.
Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.
« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.
« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri. "
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bankotsu, Inuyasha, Jakotsu, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 

La guerriera e la salvatrice

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again
[…]
Bring me home in a blinding dream,

Through the secrets that I have seen
Wash the sorrow from off my skin
And show me how to be whole again
Cause I’m only a crack in this castle of glass
Hardly anything left for you to see
For you to see

Linkin Park, Castle of Glass

Portami fino all’ansa del fiume
Portami fino alla fine della lotta
Lava via il veleno dalla mia pelle
Mostrami come essere di nuovo completo

[…]
Portami a casa in un sogno abbagliante
Attraverso i segreti che ho visto
Lava via il dolore dalla mia pelle

E mostrami come essere di nuovo completo
Perché sono soltanto una crepa in questo castello di vetro
Non è rimasto quasi niente da vedere per te

Da vedere per te.


«Dobbiamo solo avere fiducia. Il Grande Monaco ci salverà.», disse un uomo anziano che camminava con loro, fiducioso.

Kagome si morse un labbro, seria, l'espressione assorta e pensierosa.
Si trovavano a percorrere un sentiero di montagna con alcune persone, superstiti di un villaggio vicino attaccato da quegli uccellacci malefici.
Erano trascorsi due giorni da quell'assalto che avevano subito nel bosco ed avevano imparato e scoperto dei dettagli importanti.
Innanzi tutto, gli uccelli si nutrivano di sangue e non erano proprietà di Naraku. Appartenevano a una demone che veniva chiamata Principessa Abi. Con lei, era arrivato anche il fuoco e l'ulteriore scoperta: gli uccelli potevano infuocarsi.
Il gruppo si era ritrovato a combattere per andare in soccorso del villaggio nel quale stavano cercando notizie di Kikyo; quella donna, Abi, li aveva attaccati così, dal nulla. Si era arrabbiata moltissimo poiché, a suo dire, la stavano ostacolando nella raccolta del sangue e – neanche a dirlo – aveva cominciato ad azzuffarsi con Inuyasha mentre quelle sue creature creavano panico ovunque.
Intorno a lei vi erano gli insetti di Naraku ma non si diceva interessata agli screzi fra lui ed il loro gruppo; a quel punto, la faccenda appariva confusa.
Kagome rifletté che doveva esserci per forza un tacito accordo perché Kagura e Hakudoshi avevano usufruito delle sue orribili creature alate.
Togliendo ciò, la scoperta che al momento premeva di più era quello che avevano appena appreso da quelle persone con le quali stavano viaggiando: l'esistenza di un certo Grande Monaco.
Voci dicevano che esisteva un villaggio, oltre il valico, dove risiedeva da un po' di tempo un monaco di straordinaria potenza che però non mostrava mai il suo viso e non parlava mai di fronte agli estranei.
Possedeva due servitrici ed erano loro ad intrattenere i rapporti per suo conto con la popolazione del villaggio.
Nessuna informazione su di lui, sul suo aspetto. Poteva essere giovane o anziano, uomo o donna.
Tutti i superstiti dei villaggi, attaccati da quella pazza furiosa e dalle sue bestie, si stavano dirigendo in massa verso il villaggio del Grande Monaco poiché solo lui poteva salvarli da quelle creature demoniache.
Kagome camminava in silenzio, mordendosi una nocca.
C'era un pensiero che la tormentava e non poteva fare a meno di chiedersi se fosse verosimile oppure no. Sapeva per certo che Kikyo non era morta, sapeva per certo ch'era vicina... e se fosse stata Kikyo quel Grande Monaco?
Teoricamente appariva come una cosa assurda dal momento che, con una ferita da miasma, la miko avrebbe dovuto riscontrare non poche difficoltà anche solo nel tentativo di reggersi in piedi. Tuttavia, il fatto che non parlasse e non mostrasse il volto era indicativo; il miasma doveva comunque averle causato gravi danni e si nascondeva in modo che Naraku non potesse ritrovarla, almeno per il momento. E comunque, niente di tutto ciò le impediva di aiutare il prossimo.

Complimenti per la caparbietà, pensò Kagome, presa da un sentimento a metà fra la vera ammirazione e l'ironia pungente.

Non aveva ancora espresso quella teoria ad alta voce, voleva prima esserne sicura. In fondo, non avevano tempo da perdere per rincorrere falsi allarmi. O si trattava di Kikyo o niente da fare. C'era in ballo una vita.
Si chiedeva in che modo potesse essere utile, come lei potesse salvare Kikyo. Era la sua reincarnazione, e va bene, ma non capiva come avrebbe dovuto fare e lei non glielo aveva comunicato. La cosa la stressava.
Intanto, comunque, si erano ritrovati invischiati in quella faccenda degli uccelli. Chissà che aveva in mente quel verme di Naraku. A cosa doveva servirgli quella Abi e la sua raccolta di sangue? Perché?
E ancora... nel profondo, Kagome sentiva un'altra cosa a preoccuparla.
Hakudoshi e Kagura avevano minacciato di volersi riprendere i frammenti dei mercenari, ovviamente per conto di Naraku. Storse la bocca mentre stringeva forte il laccio grazie al quale portava in spalla la faretra.
Non avrebbe permesso a quei due leccapiedi di Naraku di recuperare quei frammenti; Bankotsu e Jakotsu non dovevano morire. Non si erano salvati per nulla. Tuttavia... al ricongiungimento della Sfera...
Scosse la testa e strinse le labbra. Non doveva pensarci. Si sarebbe trovato un modo, così come si sarebbe trovato per Kohaku.

«Ti vedo pensierosa, ragazzina.», le bisbigliò Bankotsu a un tratto. Camminava lì, al suo fianco, il fratello poco dietro.

Inuyasha, che era poco più avanti con una vecchietta sulle spalle, drizzò le orecchie e si mise in ascolto; si sentiva alla stregua di Sango e Miroku ma... era più forte di lui. Quel tipo le doveva per forza rivolgere la parola?
Kagome sollevò lo sguardo verso di lui e gli riservò un sorriso ironico.
Dopo l'attacco alla radura, c'era stato poco tempo per riflettere su quello ch'era successo sulla sponda del fiume. Così, semplicemente, Kagome e Bankotsu avevano ripreso a comportarsi normalmente. E il tutto fra loro si svolgeva in maniera così naturale da sconvolgere tacitamente entrambi.

«Vedi?», gli rispose lei bisbigliando a sua volta. «Ogni tanto capita anche a me, di pensare.», scherzò con ironia e fece spallucce. Poi sospirò.

Bankotsu, a sua volta, si lasciò macchiare il viso da un sorrisetto arrogante e poi sospirò scuotendo la testa. Quella ragazzina non avrebbe mai smesso di sorprenderlo con quella sua lingua lunga.
Inuyasha si lasciò sfuggire un mugugno basso e incomprensibile; dannati, ma bisbigliavano di proposito? Fhé, che grandissimi tonti! Tanto lui poteva sentirli benissimo lo stesso e Kagome lo sapeva. Tsk.

«Senti... non sarà che ti preoccupa l'operazione di salvataggio per quella sacerdotessa?», chiese ancora a bassa voce Bankotsu guardando dritto davanti a sé. Kagome aveva quell'espressione assorta da quella mattina presto, quando si era svegliata. Non gli piaceva vederla in quel modo e non gli piaceva quello che doveva andare a fare.

Inuyasha resisté all'impulso di voltarsi e osservare il viso di Kagome, i suoi tratti, i suoi occhi, per scorgervi una qualsiasi traccia di paura, angoscia tormento. Anche soltanto per scorgere un'emozione qualsiasi.
Kagome sgranò gli occhi e strinse un braccio del mercenario, con concitazione, come ad intimargli di fare silenzio. Quello la fissò per un attimo e poi gli occhi corsero dritti alla mano di lei. Si guardarono negli occhi per un attimo, continuando a camminare. Poi Kagome, lentamente, lasciò cadere la mano.
Inuyasha poteva sentire, Kagome ne era consapevole, anche se stavano bisbigliando. Ma pazienza, ormai Bankotsu aveva introdotto l'argomento. Avrebbe solo dovuto fare attenzione a non parlare del Grande Monaco... e a non toccarlo più in quel modo.

«Non sono preoccupata, Ban. Solo... insofferente.», confessò sempre a bassa voce. Quantomeno, che non sentissero gli altri. Parlare con Bankotsu era una cosa talmente facile e quella facilità d'espressione, quando era con lui, la straniva sempre di più. «Spero che finisca il prima possibile. Voglio solo trovarla e salvarla e... basta. Non voglio arrivare quando sarà... troppo tardi.», disse ancora mordendosi un labbro. «Il fatto, poi, che non so cosa dovrò fare è un altro discorso.»

Inuyasha nell'udire quel “troppo tardi” sentì un rimescolio delle viscere e fu combattuto fra il desiderio di correre a cercare Kikyo e quello di avvicinarsi ancora di più per sentire ancora cosa Kagome e quel tizio si stessero dicendo. Per poco non si lasciò sfuggire un ringhio e la signora sulle sue spalle lo osservava con tanto d'occhi, un po' perplessa.
Alla risposta di Kagome, Bankotsu sollevò gli occhi al cielo e si sistemò meglio Banryu sulla spalla.

«Queste, dalle mie parti, si chiamano preoccupazioni, ragazzina. Sei preoccupata.», le fece notare il mercenario ma non c'era derisione nella sua voce. «Forse dovresti-», cominciò, il tono che mostrava un'insolita nota d'incertezza.

Non gli andava che Kagome fosse esposta ad un pericolo del quale non poteva calcolare l'intensità. Il miasma di Naraku era velenoso, un qualcosa di tossico, d'ingestibile, di logorante. Non gli andava che Kagome venisse a contatto con quella cosa, per di più per salvare quella lì, quella per la quale veniva rifiutata, quella per la quale soffriva. E non gli andava che facesse così un favore al mezzo demone. Proprio non gli andava.

«No. Lo farò. Punto.», disse Kagome, risoluta, e Bankotsu si trovò ad annuire soltanto dopo aver sbuffato.

Inuyasha abbassò le orecchie e strinse le labbra. Quanto gli sarebbe costata quella scelta? A cosa sarebbe andata in contro?
Voleva che Kikyo si salvasse, voleva che Kagome la salvasse se lei era l'unica a poterlo fare. Però, al contempo, temeva per la sua vita, temeva moltissimo. E si sentiva un verme, e si sentiva spezzato, perché la salvezza di un amore poteva compromettere l'altro e lui rimaneva solo lì, a guardare. Non poteva dirle di non andare e lei non sarebbe comunque rimasta con le mani in mano. Neanche se ad avere bisogno di lei era proprio Kikyo.
Sentiva la bocca dello stomaco stretta in una morsa, il cuore imprigionato in una trappola dolorosa. E si sentiva inutile. Ed era una sensazione orribile.
Ma non ci fu più tempo per struggersi con quei pensieri futili; un nuovo stormo di quegli uccelli demoniaci, con versi stridenti e minacciosi, si dirigeva in picchiata su un altro gruppo di persone che si muovevano su un altro sentiero, poco sopra di loro.
Maledizione!

«Hachiemon! Porta via queste persone!», ordinò Miroku al suo servitore che, immediatamente, si trasformò e recuperò i pochi individui che viaggiavano con loro per trasportarli via, al sicuro, insieme al piccolo Shippo.

Inuyasha, libero dalla donna che portava in spalla, sguainò gli artigli ed attaccò alcune bestie demoniache senza pensarci troppo, scattando con un solo balzo.
Kagome cominciò a scoccare le prime frecce e ad uccidere alcuni dei mostri che si gettavano su quei poveri innocenti.
Sango la recuperò per un braccio, facendola salire su Kirara, mentre Bankotsu, Jakotsu e Miroku percorrevano a gran velocità quella porzione di sentiero che li divideva da quelle persone in pericolo.
Inuyasha aveva già sterminato buona parte degli uccelli demoniaci, tuttavia, ben presto, ne accorsero altri ed altri ancora, in un meccanismo che sembrava senza fine.
Le armi che possedevano erano forti e i demoni soccombevano velocemente; Inuyasha stesso riusciva a neutralizzarli anche solo con gli artigli. Era la quantità il problema vero e proprio.
Un altro stormo tentò di attaccare quei poveri uomini che, in preda al panico, si sparpagliavano qui e lì.

«Dovete rimanere in un unico punto e stare tutti uniti!», li ammonì Sango mentre recuperava Hiraikotsu con il quale aveva sterminato un cospicuo quantitativo di volatili demoniaci.

Kagome lanciò qualche altra freccia ma si sentiva sempre più irrequieta. Per quale assurdo motivo continuavano ad utilizzare quelle bestie? Qual era il piano di Naraku? Che piega stava prendendo?
In un momento di disattenzione, per poco non venne colpita da una delle lame di vento di Kagura. Fece in tempo a saltare indietro, goffamente e colta di sorpresa.

«Kagura.», biascicò la sacerdotessa a denti stretti mentre sollevava lo sguardo al cielo. I suoi compagni la imitarono. Kagura era lì con Hakudoshi, che era in groppa al suo enorme cavallo, e un altro stormo di quegli orribili volatili.

«Hakudoshi, maledetto! Ancora voi!», urlò Inuyasha e sguainò nuovamente Tessaiga nel solito tentativo di poter ferire e colpire quell'odioso ragazzino, senza nessun risultato.

Hakudoshi si abbandonò ad un sorrisetto sprezzante e si mostrò ancor più impettito su quel suo cavallo. «Ci incontriamo di nuovo, Inuyasha.», disse, poi il suo sguardo corse velocemente ai due mercenari, fermi e poco distanti da Miroku.

Kagome seguì lo sguardo di Hakudoshi e non le piacque per niente. Jakotsu e Bankotsu erano in serio pericolo, il primo più del secondo.
Se i loro nemici fossero riusciti ad estrarre l'unico frammento che possedeva, si sarebbe dissolto immediatamente e non avrebbe avuto seconde possibilità.
Inuyasha era stanco e irritato da quel balletto che andava avanti da ben due giorni. Ne aveva abbastanza, quei maledetti gliel'avrebbero pagata!
Sferrò la sua solita cicatrice del vento che riuscì a far soccombere una buona porzione di uccelli ma non scalfì per nulla né Kagura e tanto meno Hakudoshi. Un nuovo quantitativo di uccelli tornò a pararsi davanti i due servitori di Naraku, quasi fosse una barriera, ripristinando nuovamente il loro numero. Inuyasha si lasciò sfuggire un ringhio ricco di frustrazione e rabbia e a quel suono Hakudoshi sorrise sadicamente.

«Kagura, prendiamoci quel che è nostro. Sto cominciando ad annoiarmi.», comunicò Hakudoshi con fare scocciato alla demone accanto a lui.

Kagura gli rivolse uno sguardo di puro fastidio, tuttavia eseguì il suo ordine. Con un lento ma deciso movimento del polso, mosse il suo ventaglio lanciando una pioggia di lame di vento sui due mercenari.
Quel gesto sembrò dar via alla battaglia. Gli uccelli demoniaci ricominciarono a gettarsi in picchiata sugli altri presenti ed Hakudoshi fu completamente catturato dal suo duello con Inuyasha.
Jakotsu e Bankotsu scattarono indietro, evitando l'attacco di Kagura. Quella scese dalla sua piuma e atterrò graziosamente sulle punte dei piedi.

«Vedrò di far in fretta, con voi.», disse ed un piccolo ghigno si dipinse sul suo viso.

Kagome, impegnata nello sterminio di quegli odiosi demoni, affiancava Sango. La ragazza aveva perso l'aiuto di Miroku; il monaco era occupato nel mantenere una barriera con la quale proteggeva gli umani che ancora si trovavano lì e che erano stati precedentemente attaccati.
Bankotsu si fece avanti e cercò di colpire Kagura con Banryu. Quella scartò ed evitò velocemente anche le lame della spada di Jakotsu che però le tagliarono il kimono sulla spalla.
Kagura storse la bocca, irritata, e scaricò sui due mercenari una nuova ondata di lame di vento.
Bankotsu e Jakotsu scartarono in due direzioni differenti, il primo a destra, il secondo a sinistra. Tuttavia, Jakotsu si mosse con qualche secondo di ritardo ed una lama lo ferì al polpaccio sinistro causandogli una ferita piuttosto profonda. Il mercenario proruppe in un urlo di dolore che attirò l'attenzione del gruppo e, soprattutto, del Primo Fratello.
Quando Kagura cercò nuovamente di accanirsi su Jakotsu, seduto per terra che si reggeva il polpaccio, Bankotsu l'assalì cercando di coprire il fratello in ogni modo. Doveva tenere duro, quella lì non sarebbe riuscita più a ferirlo!
Inuyasha sentì odore di sangue e l'urlo di Jakotsu; si volse di scatto e per poco non rischiò di essere colpito da Hakudoshi. Strinse i denti e si spostò di lato mentre il ragazzino gli veniva addosso e cercava di colpirlo con i suoi stessi attacchi. Scagliò la sua cicatrice del vento e nuovamente non ottenne nulla; la barriera di quell'odioso era completamente infrangibile.
All'urlo di Jakotsu, Kagome strinse i denti mentre lanciava una nuova freccia. Accidenti, Kagura stava facendo in modo di riprendersi i frammenti e sembrava piuttosto agguerrita. Se pur Jakotsu e Bankotsu fossero due guerrieri provetti e molto forti, potenziati dai frammenti, Kagura sembrava comunque in vantaggio. Jakotsu era stato addirittura ferito... Inuyasha era impegnato con Hakudoshi e non poteva aiutarli.
E lei doveva affiancare Sango, i volatili erano decisamente troppi e Miroku aveva bisogno di protezione!
Subito dopo il colpo ricevuto, Jakotsu prese a trascinarsi, lasciando una scia di sangue dietro di sé, mentre davanti a lui Bankotsu combatteva coprendolo in ogni modo. Maledetta donna, le avrebbe fatto vedere lui. L'avrebbe pagata cara! Riuscì a rimettersi in piedi issandosi grazie ad uno spuntone di roccia e strinse i denti quando la ferita prese a bruciare ulteriormente.

«Stupida donna, togliti dai piedi! Ti faccio vedere io!», urlò Jakotsu ormai in piedi dietro le spalle del Primo Fratello.

Con un movimento fulmineo, lanciò la sua spada dalle innumerevoli lame contro Kagura che riuscì ancora ad evitarla per un soffio. Venne lievemente ferita ad un braccio, ma non riportò nessun altro danno.
Kagura si lasciò andare ad un sorrisetto provocatorio. Hakudoshi l'aveva istruita, il ragazzo con la treccia aveva due frammenti, l'altro soltanto uno. Entrambi avevano i frammenti collocati nei pressi del collo. Doveva soltanto squarciargli la gola ed avrebbe ottenuto quel che voleva. Decise di partire da quello che aveva osato attaccarla, quello che l'aveva ferita e che aveva ferito. Il possessore di un unico frammento.
Era il più facile da uccidere.
Kagura si scagliò contro Bankotsu che riparò se stesso ed il fratello dietro la grossa alabarda, per difendersi dalle nuove lame di vento.
Kagura sbuffò ed intensificò l'attacco; cominciava a perdere la pazienza.
Kagome si volse repentinamente e lanciò un'unica freccia in direzione di Kagura, sperando di distrarla. Rischiò di essere colpita da un uccello demoniaco ma Sango riuscì ad aiutarla.

«Accidenti a quella ragazzina!», biascicò Kagura stringendo i denti mentre schivava la freccia per un soffio. Lanciò delle lame di vento nella sua direzione, ricambiando il suo attacco, e Kagome riuscì a spostarsi per miracolo venendo però ferita al braccio.

Bankotsu approfittò per avventarsi su Kagura ma il fendente della sua alabarda tagliò l'aria a pochi centimetri dal viso della demone.
Kagura si portò indietro, ansimante e leggermente scossa. Per poco quello lì non le aveva tagliuzzato la faccia!
Il fatto che Kagura cominciasse ad accusare mancanza di coordinazione non sfuggì ad Hakudoshi che intanto veniva pressato da Inuyasha con numerosi attacchi che non avevano alcun risultato. Nulla poteva scalfirlo, a nulla sarebbero serviti i tentativi di quell'illuso. Si stava proprio annoiando!

«Kagome!», si ritrovò ad urlare Inuyasha sentendo nell'aria l'odore del sangue della sacerdotessa.

Kagome lasciò che il sangue macchiasse la felpa e continuò a scagliare frecce come se nulla fosse. Era una ferita superficiale, poteva resistere.

«Va tutto bene!», urlò in risposta sia al mezzo demone che a Sango, la quale continuava a lanciarle occhiate apprensive, fra un lancio e l'altro di Hiraikotsu.

«Devo sempre venire in tuo soccorso, eh Kagura?», disse in quello stesso momento Hakudoshi e ordinò ad alcuni volatili demoniaci di attaccare i due mercenari. Inuyasha si volse di scatto e lanciò un'altra cicatrice del vento, quantomeno per riacquistare l'attenzione di Hakudoshi.

«Sono io il tuo avversario, bastardo! È con me che devi combattere!», sbraitò il mezzo demone ansimante e brandì nuovamente la spada contro il ragazzino.

Hakudoshi proruppe in una risata sprezzante e sospirò. «Ma io non ho nessuna intenzione di mollarti, Inuyasha.», lo informò in tono canzonatorio.

Bankotsu cominciava ad accusare la stanchezza, nonostante i frammenti della Sfera. Sapeva che Kagura fosse forte, ma non immaginava così tanto. L'aveva sottovalutata. Jakotsu, dietro di lui, cercava di aiutarlo come poteva ma lui cercava di impedirgli di muoversi. La ferita che aveva al polpaccio sembrava abbastanza seria. Quando vide Hakudoshi mandare in aiuto della demone quegli orribili uccelli, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Ma accidentaccio! E adesso?
La sterminatrice e Kagome erano a difendere il monaco che stava lì, con la sua barriera, a proteggere quelle persone. Il mezzo demone era impegnato in quella battaglia inutile con il tipo dai capelli colorati di lilla.
Bene. In anni di battaglie, non era stato quasi mai in difficoltà – tranne casi particolari – ma non era niente di preoccupante.
Avrebbe fatto affidamento su se stesso, poteva farlo. Non era veramente stanco, ce la faceva. Era stato solo lievemente ferito alla caviglia, ma nulla di serio. Un graffietto. Si scontrò nuovamente con Kagura che cercava in ogni modo di aggirarlo per raggiungere Jakotsu.
Jakotsu, in contemporanea, allontanava dal fratello i volatili demoniaci che minacciavano di volerlo attaccare. Il polpaccio gli doleva oltremodo, anche se cercava di non pensarci, e si sentiva malfermo, come se le sue stesse gambe stessero per abbandonarlo. Tuttavia, non smetteva di incatenare quei brutti demoni fra le spire della sua spada.
E poi, fu un attimo.
Jakotsu perse totalmente stabilità sulla gamba ferita, che lo abbandonò; perse l'equilibrio e cadde seduto, facendosi sfuggire un lamento. Un uccello demoniaco, che il ragazzo non era riuscito ad abbattere per tempo, lo puntò, minacciando di raggiungerlo in breve.
Bankotsu si volse al lamento del fratello ed una lama di vento lo ferì al braccio. Si gettò, cercando di interporsi fra Jakotsu e la creatura alata che minacciava di colpirlo. Tirò a sé la pesante alabarda ma il braccio ferito – appena guarito dallo scontro con Inuyasha e nuovamente compromesso – non lo aiutò; l'affilato becco dell'orribile creatura lo colpì alla gola, prima di essere vaporizzato all'istante da una freccia di Hama.
Tuttavia, uno dei frammenti della Sfera che il mercenario aveva nel collo saltò fuori e un insetto di Naraku fu veloce nel recuperarlo al volo, come se sapesse.
Dopo aver scagliato la freccia, senza riflettere, Kagome si lanciò di corsa verso il punto in cui i mercenari erano in terra, Kagura che li sovrastava e minacciava di colpirli ancora.
Maledizione! Rischiavano grosso, rischiavano tutto!
Si fermò, scagliò una freccia e un'altra ancora, tentando di colpire quell'insetto maledetto e recuperare il frammento; non ci riuscì. Lanciò una nuova freccia in direzione di Kagura, quella la schivò, stizzita, e rispose con una nuova schiera di lame di vento.

«Primo Fratello, perché l'hai fatto? Ce la facevo!», sbottò Jakotsu e sembrava sull'orlo di una crisi di nervi, in apprensione, mentre stringeva il fratello ch'era riverso sulle sue ginocchia, la gola insanguinata e tagliata.

«N-non dire a... assurd... assurdità...», rantolò Bankotsu mentre cercava di rimettersi seduto. Aveva già subito l'estrazione dei frammenti, sapeva come funzionava. Ci si sentiva immediatamente più deboli e spossati ma poi ci si riprendeva. Eppure, si sentiva così strano... come se stesse per perdere conoscenza...

Kagome si spostò sullo stretto sentiero, più in fondo, allontanandosi sapientemente dai mercenari. Più portava Kagura lontana da loro, meglio sarebbe stato. In caso degli uccellacci si fossero avvicinati, avrebbe comunque potuto aiutarli con le frecce, se Jakotsu non fosse riuscito a giostrare ancora la spada. Dovevano solo resistere.
Persino Inuyasha era in difficoltà; Hakudoshi non gli lasciava prendere fiato e gli stava dando parecchio filo da torcere.
Kagura capì il gioco di Kagome e decise di assecondarla. La pedanteria di Hakudoshi cominciava a darle ai nervi e se le cose non fossero andate secondo i piani di quell'antipatico, non le sarebbe di certo dispiaciuto.
Sarebbe stato soltanto... un puro caso. Intanto, poteva divertirsi un po' con quella giovane miko che sembrava molto più interessante di quei non morti che l'avevano già annoiata.

«Non tieni alla tua vita, ragazzina?», chiese Kagura con ironia, scagliando un nuovo attacco contro di lei.

Kagome schivò di lato, ancora, cercando di mettere in atto quei rudimenti di mosse da combattimento che Sango le aveva insegnato. Tuttavia, una lama la prese di striscio allo stinco. Anche i jeans cominciarono ad essere sporcati da una macchia scura in espansione. Kagome sentì un bruciore istantaneo e divoratore; quella ferita doveva essere leggermente più aggressiva della precedente ma poteva ancora andar bene, poteva muoversi. Non era grave. Si alzò in piedi e puntò una freccia pronta ad essere scoccata proprio contro il viso di Kagura.

«E tu non tieni alla tua?», chiese, scoccando la freccia. Quella si spostò e il tiro andò a vuoto.

«Più di quanto immagini.», rispose Kagura, sprezzante.

Una nuova raffica di lame di vento costrinse Kagome a spostarsi nuovamente. Una lama recise il laccio con il quale teneva la faretra sulla spalla. La faretra cadde mentre lei saltava di lato, le rimase in mano solo l'arco. In quel salto, inconsapevolmente, si spinse al ciglio del sentiero, rischiando di cadere nel vuoto. Rimase in bilico, in piedi, dando le spalle al baratro, Kagura di fronte a lei, molto più vicina di quanto volesse.
Kagome strinse l'arco, non aveva più le frecce con sé. Poteva prenderla a colpi d'arco sacro, in caso di bisogno? Ne dubitava. Kagura fece un passo avanti e lei ne mosse uno indietro, ma sentì d'essere arrivata veramente al limite; la terra si sbriciolò un po' sotto il suo passo.
Kagura rimase ferma di proposito. Vide una figura ergersi su uno spuntone di roccia poco distante da loro ma non disse nulla, semplicemente.
Prese tempo.

«Dannazione! Kagome!», urlò Inuyasha nello stesso momento in cui la ragazza perse la faretra e fu messa alle strette dalla demone.

Inuyasha fece per raggiungerla ma Hakudoshi glielo impedì. Il mezzo demone ringhiò, cercando di farsi strada, ma il cavallo demoniaco glielo impediva, lanciandogli contro globi infuocati che lui si trovava costretto a schivare.

«Non ero io il tuo avversario, Inuyasha?», chiese Hakudoshi con ironia. «Chissà che rumore fa una sacerdotessa che si schianta al suolo cadendo nel vuoto... Tu dovresti saperlo...», disse Hakudoshi con un ghigno malsano e maligno sul volto.

Inuyasha stava per rispondere, un ringhio gutturale scosse il suo petto mentre cercava di farsi strada, ancora una volta.
Poi, una freccia di Hama. Un tiro preciso, attento, perfetto.
La freccia colpì la barriera di Hakudoshi e, con grande sorpresa di tutti i presenti, quella si disintegrò. Inuyasha sgranò gli occhi; quella freccia...
Hakudoshi, in seguito all'urto, fu sbalzato via dal cavallo; aveva il volto crucciato, l'espressione perplessa. Cosa stava accadendo?

«Inuyasha, adesso!», urlò Kagome spingendo in avanti Kagura, che si era distratta, e riuscendo a scattare per riprendere la sua faretra.

«Cicatrice del vento!», urlò immediatamente il mezzo demone, riscuotendosi. L'attacco raggiunse Hakudoshi ed Entei. Il ragazzino fu sbrindellato in mille pezzi mentre il cavallo fu distrutto immediatamente.

Kagura osservò stupita e sconcertata: Hakudoshi era comunque ancora vivo, sembrava non ci fosse proprio nulla che potesse distruggerlo. Prontamente e con una certa stizza, Kagura liberò una delle sue piume raggiungendo Hakudoshi, del quale recuperò la testa.

«Kagura, ritiriamoci!», urlò il ragazzino e immediatamente sia Kagura che gli uccelli demoniaci rimanenti cominciarono ad allontanarsi a gran velocità dalla parte opposta.

Kagome si voltò dalla parte in cui supponeva la freccia fosse partita; non c'era più nessuno. Ma la freccia era lì, conficcata nella parete rocciosa ed era una freccia di Hama. Lei non l'aveva scoccata. Soltanto una persona poteva avere una mira così precisa e – immaginava – un potere tanto grande da riuscire a rompere quella barriera infrangibile.

«L'ho visto! Il Grande Monaco ci ha salvati!», urlò un uomo tutto esaltato e un leggero coro di brusii cominciò a sollevarsi dalla piccola folla di umani.

Kagome si volse di scatto verso quell'uomo, intontita; aveva appena dato voce ai suoi sospetti. Era sempre più sicura che quel Grande Monaco fosse lei. Ma... vi era anche altro a cui pensare. Kagome raggiunse i mercenari in due passi e s'inginocchiò accanto a loro.

«Ha perso conoscenza.», la informò Jakotsu preoccupato mentre aiutava Kagome a rigirare Bankotsu per metterlo meglio.

Kagome corrugò le sopracciglia alla vista di Bankotsu; il suo volto era sofferente e aveva davvero perso i sensi. Adesso vedeva un solo frammento brillargli addosso. Sospirò.

«Il tuo polpaccio?», chiese la ragazza rivolgendosi poi a Jakotsu, stremata.

«Sto bene, donna. Non sono mica così fragile! Pensa a Bankotsu, piuttosto! Non si sveglia...», disse Jakotsu corrugando le sopracciglia e stringendo il viso del fratello fra le mani.

«Kagome!», fu quello che urlarono in contemporanea sia Inuyasha che Sango mentre scattavano verso di lei insieme a Miroku, ormai libero dalla barriera che aveva eretto.

«Tutto bene?», le chiese Inuyasha chinandosi e Kagome sapeva che quella domanda era rivolta soltanto a lei.

Inuyasha scrutava Kagome con apprensione mentre l'oggetto che stringeva nella sua mano destra cominciava a sembrare come incandescente: aveva recuperato la freccia di Hama che aveva infranto la barriera di Hakudoshi.
Kagome notò la freccia fra le mani di Inuyasha e si sentì gelare. Tuttavia, gli rivolse un tiepido sorriso prima di riportare nuovamente il suo sguardo prima su Bankotsu e poi su Jakotsu.

«Io sto bene. Loro, però, hanno bisogno urgente di cure. Dobbiamo dirigerci al più presto al villaggio del Grande Monaco.», disse Kagome e sentiva già il cuore pesante come un macigno.

* * *
«Ahhh! Mi stai uccidendo, levati! Mi fai male!», piagnucolava Jakotsu scalciando.

«Devi stare fermo! Ti sto medicando, idiota!», sbottò Kagome mentre cercava di pulire la ferita con l'acqua ossigenata.

Inuyasha, accovacciato accanto a quei due, sbuffò, spazientito.
Si era prestato a quella follia, aveva acconsentito a tenere ferma e ben piantata al pavimento la gamba di quel pazzo mentre Kagome si dava da fare. Ma le urla di quel tipo gli stavano perforando le orecchie!

«Inuyasha, perché mi fai questo? Posso capire la perfidia di questa donna, ma perché anche tu mi fai del male? Perché mi condanni ad atroci soffAHI! Mi bruciaaaa!», continuò Jakotsu lamentandosi come mai aveva fatto prima d'allora. Si era ferito parecchie volte nella sua vita ma qualche impacco alle erbe e via, tutto guariva! Ma quell'acqua... quell'acqua era un supplizio!

«Vuoi stare zitto, dannato?! Smettila di urlare, accidenti a te!», sbraitò Inuyasha a sua volta, esasperato. Che seccatura, quel tipo! Non riusciva neanche a sentire i suoi stessi pensieri.

Kagome si lasciò andare ad un sospirò carico di frustrazione mentre si accingeva finalmente a fasciare il polpaccio di Jakotsu.
Il suo sguardo cadde su Bankotsu, addormentato e già medicato, e Inuyasha se ne accorse.
Erano riusciti ad arrivare al villaggio del Grande Monaco senza intoppi, Hachiemon e Shippo erano tornati a riprenderli. Gli abitanti erano stati gentili, erano ospiti nella capanna di una coppia di anziani graziosi e cordiali e ne avevano approfittato per ristorarsi e medicare le ferite.
Miroku si era subito occupato di Bankotsu mentre Kagome esaminava il polpaccio di Jakotsu. Kagome aveva preferito che fosse Miroku ad occuparsi del Primo dei Sette perché, per una volta, sentiva che non ce l'avrebbe fatta. Non sapeva perché, ma aveva paura ad occuparsene lei.
Quella ferita le sembrava più delicata delle altre... voleva che se ne occupasse l'amico, lui era più competente. Voleva che Bankotsu fosse in buone mani.
Lei e gli altri membri del gruppo non avevano ancora parlato fra loro, lei non aveva espresso ad alta voce la teoria sul Grande Monaco; erano stremati, scossi e confusi. Avevano pensato soltanto a riprendersi.
La presunta freccia di Kikyo giaceva abbandonata in un angolo della capanna, poco distante da loro, e Kagome sentiva come se quell'oggetto la stesse osservando. Cominciava a sentirsi paranoica ma era nervosa, tesa. Alla storia di Kikyo si era aggiunta anche la faccenda dei due mercenari; era preoccupata, lo era molto. Se fosse andata diversamente, quel giorno, se Bankotsu avesse avuto un solo frammento... si sarebbe dissolto davanti ai loro occhi senza troppe cerimonie.
Sussultò impercettibilmente al pensiero e Inuyasha si volse verso di lei scrutandola con attenzione.

Kagome, cosa ti turba? Hai paura?, si chiese il mezzo demone e corrugò le sopracciglia. Sentiva uno strano bisogno di parlarle...

«Kagome, dovresti farti medicare anche tu. Sei ferita.», le fece notare, apprensivo. Questa cosa che doveva esporsi, mettere sempre gli altri davanti a sé... lo lasciava orgoglioso di lei e al contempo furioso. Avrebbe voluto evitare di esporla a qualsivoglia pericolo. Pensò per un attimo a Kikyo e si rabbuiò sentendo lo stomaco contorcersi. Non poteva salvare Kagome da quello... sempre la solita storia, il solito pensiero... non avrebbe mai trovato pace.

Kagome annuì appena e sospirò, tornando alla medicazione di Jakotsu. Strinse forte il bendaggio un'ultima volta prima di chiuderlo e si beccò un altro “che cavolo fai, donna?!” al quale rispose con un'occhiata torva.
Inuyasha abbandonò la gamba di Jakotsu che si spostò per raggiungere Bankotsu.

«Divina Kagome, Inuyasha ha ragione. Posso medicarvi io.», propose Miroku abbandonando il suo pasto e facendosi avanti.

Sango sollevò lo sguardo dalla sua zuppa e Inuyasha lo guardò, diffidente.
Kagome curvò le labbra in un piccolo sorriso e annuì. Ah, riuscivano ad essere mal pensanti anche in quella situazione? La ragazza si tolse la felpa azzurra che portava, macchiata di rosso all'altezza del braccio destro, e rimase con una semplice canottiera aderente e Inuyasha distolse lo sguardo, improvvisamente imbarazzato. 
Kagome offrì il braccio a Miroku che, senza batter ciglio, cominciò a detergere la ferita con l'acqua ossigenata. La giovane strinse i denti e chiuse gli occhi, combattendo contro il bruciore.

«Stai attento a quello che fai, tu.», disse Inuyasha al monaco, con finta noncuranza. Miroku gli rivolse un'occhiata seccata e Sango rise.

«Siete dei malfidati.», snocciolò il monaco mentre bendava la ferita di Kagome. «Avevi ipotizzato bene, è una ferita superficiale.», le comunicò poi e lei annuì.

Quando Miroku stava stringendo le bende anche intorno alla lieve ferita intorno allo stinco, i due anziani signori che li avevano ospitati entrarono nella capanna.

«Come vi sentite?», chiese la donna, premurosa, mentre Sango l'aiutava a recuperare le ciotole vuote e sporche di Shippo, Hachiemon e Miroku.

«Molto meglio. Vi ringraziamo della vostra ospitalità.», disse Kagome con un sorriso sincero.

«Quegli uccelli malefici!», sbottò l'uomo sollevando un pugno al cielo. «Hanno attaccato il villaggio molto prima che arrivaste! Erano portati da un demone dalle fattezze di donna!», raccontò l'uomo ancora, infervorato.

«Abi.», sussurrò Inuyasha con astio. Cosa aveva a che fare quella dannata con Naraku? Vi erano troppi particolari irrisolti.

«Abbiamo rischiato molto ma, fortunatamente, il Grande Monaco era qui. Ci ha salvati. Non avremmo saputo come fare senza di lui.», continuò l'anziana donna con un sorriso bonario sul volto mentre versava del tè. «Ha eliminato tutti i demoni e messo in fuga la donna con due sole frecce!»

Kagome per poco non lasciò cadere la ciotola di zuppa che l'anziana le aveva offerto poco prima. Era ora di parlare, chiarire, chiedere informazioni in merito. Anche se... sembrava non ci fossero più dubbi, ormai ne era quasi del tutto sicura: il misterioso monaco era Kikyo.
E dalle facce di Miroku, Sango e Jakotsu, capì che anche loro dovevano pensare lo stesso. Si volse brevemente verso Inuyasha e vide che lui la stava già osservando. Si fissarono intensamente per qualche attimo poi lei distolse lo sguardo.

«Non è di Kikyo.», disse Inuyasha di punto in bianco. Sentiva un peso allo stomaco, doveva parlare. Quando tutti si volsero verso di lui, assunse un'espressione ancora più cupa. «La freccia, dico. Non è di Kikyo. Non ha il suo odore.», quando vide che tutti, tranne Kagome, lo guardavano con fare interrogativo, si strinse nelle spalle. «So che lo pensate, anche se non avete detto nulla.»

«In effetti, se devo essere sincero, neanche io ho percepito un'entità spirituale paragonabile a quella della Somma Kikyo.», fece Miroku portandosi una mano al mento, pensieroso, accorto.

Kagome scosse la testa e sollevò gli occhi al cielo. Sapevano che Kikyo era viva, il sogno lo aveva detto. Non importava che non vi fossero quei dettagli, ormai era deciso: erano sulla strada giusta.

«A volte non vale la pena fidarsi solo del naso.», disse Kagome guardando Inuyasha. «O delle aure.», disse poi osservando Miroku. Infine, si volse verso gli anziani, che li avevano lasciati conversare pazientemente, e sorrise loro con cordialità. «Ascoltate, sareste così gentili da dirci dove possiamo trovare il Grande Monaco, qui al villaggio? Abbiamo urgenza d'incontrarlo.»

«Mia cara, temo proprio che non sia possibile. Subito dopo la battaglia, il Grande Monaco è partito in cerca del nido degli uccelli demoniaci. Vuole sterminarli.», rispose la donna con rammarico portandosi una mano alle labbra.

Kagome non ebbe tempo di replicare ed esprimere l'idea che aveva preso a balenarle nel cervello, che la voce di Jakotsu riempì la modesta capanna.

«Primo Fratello! Sei sveglio! Come ti senti?», chiese immediatamente Jakotsu con concitazione, preoccupato. Si sentiva in colpa, Bankotsu aveva rischiato grosso e soltanto per proteggere lui! Aveva temuto così tanto!

Sango, Miroku e Kagome si avvicinarono al ragazzo disteso. Inuyasha rimase seduto contro il muro in legno della capanna, poco distante da Jakotsu.
Bankotsu spalancò gli occhi e prese a sbattere le palpebre, lentamente. Jakotsu occupò ben presto la sua intera visuale Si portò istintivamente una mano alla gola e la scoprì fasciata. Poco prima di chiudere gli occhi, per un secondo, era passata nella sua mente l'idea malsana che non li avrebbe più riaperti. Sapeva che non era possibile ma quel pensiero irrazionale l'aveva preso per un attimo. Tuttavia, si sentiva già meglio, quasi in forze; il frammento che gli era rimasto doveva aver fatto, in parte, il suo lavoro. Si mise seduto e vide Kagome, il monaco e la sterminatrice vicini a lui. Si stropicciò gli occhi, si passò una mano sul viso e poi stette per un attimo fermo, in silenzio.
Kagome guardava Bankotsu con una leggera e velata apprensione. Aspettava che parlasse, che dicesse qualcosa. Vide Jakotsu buttargli le braccia al collo e sorrise davanti a quel gesto ricco d'irruenza che venne accolto dal Primo Fratello con un sorriso divertito.

«Sono stato in pena, Primo Fratello!», mormorò Jakotsu contro la spalla del fratello.

Bankotsu si divincolò lentamente dalla stretta ferrea e soffocante del fratello e proruppe in una risatina ironica. «Sono ancora qui. Nessuna pena.», disse poi si voltò verso Kagome che gli rivolse un debole sorriso. «Cosa mi sono perso?», chiese gettando una breve occhiata anche a Sango e Miroku.

«Nulla di che, Kikyo è il Grande Monaco.», disse Jakotsu con tono annoiato, come se non fosse una grande novità.

Bankotsu si volse immediatamente verso Kagome che si morse un labbro ed annuì. Ah, fantastico. Proprio un bel risveglio!

«Oh, bene. E suppongo che andiamo a riprenderla, no?», chiese ironico e lanciò un'occhiatina ad Inuyasha. Il mezzo demone strinse i denti e gli rivolse un'occhiata incollerita.

«Sì.», disse Kagome e tutti si volsero verso di lei. Inuyasha sgranò gli occhi e Kagome annuì nella sua direzione.

«E perché mai?», chiese di punto in bianco il mezzo demone. Non poteva convincersi che quel Monaco fosse davvero Kikyo... quell'odore...

Kagome gli rivolse un'occhiata incredula. Aveva ancora il coraggio di dubitare? «Maledizione, Inuyasha! La Somma figura del sogno... tutto combacia. È lei e lo sai anche tu! Tutti lo sappiamo. Io devo salvarla.», disse alzandosi in piedi e cominciando a gettare il kit di pronto soccorso nello zainetto giallo. «Quando Bankotsu e Jakotsu si saranno ripresi...»

«Stiamo già meglio.», disse Bankotsu e Jakotsu gli rivolse un'occhiataccia. «Tu, piuttos-»

«E allora partiamo.», lo interruppe Kagome, risoluta, indossando nuovamente la grande felpa vecchia e macchiata di sangue.

Molti in quella stanza avrebbero voluto muovere obiezione, ma nessuno ebbe l'ardire di replicare.

* * *
Divisi come al solito fra Hachiemon e Kirara, il gruppo correva alla ricerca del Grande Monaco. Pur non sapendo da che parte andare, era stato Naraku a dissipare i loro dubbi. Avevano cominciato a seguire un suo gruppo di demoni che sembravano ricercare proprio il Grande Monaco.
Una freccia di Hama li aveva sterminati tutti in un sol colpo e il gruppo si era diretto dove ritenevano fosse partita la freccia.
A quel punto, un altro dubbio aveva cominciato a corrodere la mente di Kagome: che Naraku avesse intuito che dietro il Grande Monaco si celava in realtà Kikyo? Dovevano trovarla, doveva salvarla. Prima che quel verme la trovasse, prima che fosse troppo tardi. Arrivati a percorrere un sentiero, ai cui lati si snodava una fitta foresta, i demoni di Naraku avevano cominciato a divenire moltissimi, fino a riempire il cielo. Quella moltitudine, invece di ignorare il gruppo come aveva precedentemente fatto, prese a dirigersi verso di loro, in picchiata, pronta ad attaccarli.
Erano demoni molto deboli, non ci avrebbero messo molto. Ma che Naraku volesse fargli perdere tempo? Non potevano rischiare.

«Io non posso rimanere qui! Devo andare!», disse Kagome con angoscia crescente.

Inuyasha si volse verso di lei ed incrociò il suo sguardo. Angoscia, ansia. Questo lesse nei suoi occhi e non gli piacque per niente.

«Resto io qui, voi andate. Basterà un colpo di Tessaiga e li ucciderò in un lampo.», disse Inuyasha e tutti acconsentirono a quell'idea se pur con un po' di perplessità. «Trovate il Grande Monaco.», aggiunse mentre già si scagliava contro quei demoni.

Dopo un po', con una sola cicatrice del vento, Inuyasha riuscì a sterminare tutte le orribili creature che gli si pararono davanti. Quando si volse, vide che non c'era più traccia dei suoi compagni; si erano spostati molto velocemente.
Prese a correre, per raggiungerli, completamente conquistato dal senso di angoscia e al contempo dalla curiosità di sapere cosa sarebbe successo.
Se quel Monaco fosse stata Kikyo, come avrebbe dovuto comportarsi? Cosa le avrebbe detto? E Kagome... lei... lei come avrebbe reagito?
Ma, soprattutto, come l'avrebbe salvata? Non poteva smettere di pensarci. All'improvviso, un odore nuovo ma non sconosciuto.
Inuyasha si bloccò. Davanti ai suoi occhi vi era una piccola salita e proprio lì in cima si stagliava una figura imbacuccata in una veste bianca.
Era a cavallo, due servitrici bambine stavano lì accanto. Il volto era coperto da una spessa rete insondabile e alle mani portava dei guanti. Inuyasha rimase immobile, quasi paralizzato. Era Kikyo? Era lei? L'odore, quell'odore non era il suo, non era il suo...

«Il viso, fammi vedere il viso!», urlò alla figura davanti a sé, perentorio. La figura non rispose. Inuyasha continuò a fissare quella sagoma, impaziente, il cuore che batteva forte. «Tu sei Kikyo, non è vero?», disse ancora, impaziente.

«La nostra padrona sta combattendo duramente contro il veleno. Ha perso l'uso della voce ma sta lottando.», dissero le due servitrici bambine. «Tuttavia, presto sarà troppo tardi

Inuyasha sgranò gli occhi, colpito ancora da quella parola, “tardi”. Non voleva sentirla, non voleva pensare ancora che... fece due passi avanti e tese una mano, ancora incredulo, stranito. «Kikyo...», sussurrò.

«La giovane miko, lei sceglierà. Lei sceglierà se salvare o distruggere.», dissero ancora le due ragazzine. Kikyo stava lì, immobile, non si muoveva.

Inuyasha fremette. Come poteva Kagome salvarla se lei stava lì, così? Dovevano trovarla, dovevano andare insieme, raggiungere il resto del gruppo. «Kikyo, mostrati... mostrati per me! Dobbiamo raggiungere Kagome e gli altri!», le urlò ma quella non si mosse, neanche un cenno d'assenso. Inuyasha avanzò ancora, nuove parole che premevano contro le sue labbra. Ma questa volta non erano tutte per lei. «Kikyo, dobbiamo andare... Kagome... lei... lei cosa dovrà fare per salvarti?», chiese. Aveva capito che non poteva parlare ma almeno un segnale, qualcosa... che almeno le sue servitrici parlassero ancora, maledizione!

All'improvviso, un colpo improvviso, e la figura davanti a sé venne brutalmente recisa in due, senza pietà. Il cuore di Inuyasha perse un battito e, per un attimo, pensò quasi che si fosse fermato.

«Kikyo!», urlò. Intravide il suo viso, era proprio lei, prima che tutto svanisse in piccole bolle di luce che a malapena riuscì ad afferrare. Atterrito e completamente sconvolto, toccò gli indumenti stracciati che giacevano a terra. Strinse un lembo di quella veste e sentì la rabbia montare. L'avevano uccisa, ancora una volta, davanti ai suoi occhi? Poi, lo trovò. Un piccolo fantoccio di carta. Ma allora...

«Che donna furba, quella Kikyo. Ci ha ingannati entrambi.», dichiarò una voce femminile. Quell'odore nauseabondo...

Inuyasha sollevò gli occhi al cielo e trovò Kagura, dall'alto della sua piuma, che lo osservava quasi con pietà.

«Dannata! Dimmi dove si trova!», le urlò il mezzo demone, la rabbia che sembrava invaderlo ormai completamente.

Kagura sbuffò, seccata. Dalle parole delle servitrici e del mezzo demone, poteva avere conferma ai loro sospetti: la sacerdotessa era viva. Dunque, la più grande nemica di Naraku era realmente ancora in circolazione. Le sarebbe bastato cercare quella Kagome e farla fuori, in modo che Kikyo non ricevesse mai il suo aiuto. Sorrise. Avrebbe fatto finta di non aver sentito.

«Credi che se lo sapessi, sarei qui? Anche Naraku la sta cercando, a quanto pare. Sulla punta della freccia che ha distrutto la barriera di Hakudoshi doveva esserci la terra della grotta di Onigumo. Solo così avrebbe potuto riuscire nel suo intento.», disse Kagura, conscia di star dando delle informazioni importanti. «In quella terra vi è l'attaccamento di Onigumo nei confronti di Kikyo. Questo la protegge da Naraku. Solo lei può usare la terra di quella grotta.», disse ancora Kagura con tono duro mentre Inuyasha la guardava stupito, riconducendo quell'odore che sentiva alla terra di Onigumo. Detto questo, per come era arrivata, Kagura se ne andò, veloce come il suo vento.

* * *
«Se la starà cavando, ragazzina. Non crucciarti più di tanto.», le sussurrò Bankotsu, seduto su Kirara, dietro di lei.

Kagome sapeva che si riferiva ad Inuyasha e sospirò, stizzita. «Lo so bene.», disse soltanto poi strinse le labbra.

Era preoccupata per Inuyasha, sì. Lo era sempre quando non era lì davanti a lei, quando non poteva vedere con i suoi occhi la sua figura combattere e uscire illesa dallo scontro. Ma si ripeteva ch'erano demoni di poco conto, sarebbe riuscito ad abbatterli. Vi era soprattutto ben altro a preoccuparla, quei pensieri erano come tarli, le divoravano la mente e...

«Dei demoni ci hanno seguiti!», disse Miroku improvvisamente, saltando giù dal dorso del suo aiutante.

Hachiemon riprese presto la sua forma originaria, depositando delicatamente Jakotsu che, avendo riacquistato in parte il suo zelo, sguainò immediatamente la sua temibile spada.
Kirara, su ordine di Sango, depositò Kagome vicino un albero possente, in modo che potesse scagliare frecce indisturbata, senza essere vista e scovata immediatamente. Le sue frecce erano per il gruppo un grande vantaggio. Bankotsu si parò davanti a lei, affiancato da Shippo, la grande alabarda stretta nel braccio medicato.
Kagome non ebbe il tempo di scoccare una sola freccia, poiché vide qualcosa che attirò completamente la sua attenzione. Gli spiriti di Kikyo, gli shinidamachu, si muovevano sinuosi ed eterei fra gli alberi della foresta. Kagome strinse i denti e, senza pensarci due volte, con la freccia ancora incoccata, prese a correre per seguire quegli spiriti. L'avrebbero condotta da lei, il momento era arrivato. Sapeva che Kikyo era in vita, lo sapeva da quando l'aveva sognata; tuttavia, solo vedendo quegli spiriti davanti ai suoi occhi Kagome sembrò prenderne vera consapevolezza.

«Kagome, aspetta!», urlò Shippo seguendola di qualche passo prima di girarsi verso Bankotsu. Il mercenario si volse all'instante e crucciò immediatamente il viso.

«Dove stai andando, ragazzina?!», urlò ma quella non si fermò.

Kagome non si curò di nessun richiamo, di nessuna voce. Tutti i suoni le arrivavano alle orecchie in un miscuglio ovattato e sconnesso e non voleva curarsene. Sentiva solo il battito del suo stesso cuore che le rimbombava nelle orecchie mentre correva, seguendo quelle strane creature.
Bankotsu vide Kagome sparire, dissolversi. La foresta era vuota, come se lei non vi fosse mai entrata. Rimase a bocca spalancata.

«Una barriera!», esclamò Shippo guardando Bankotsu. «Ha seguito gli spiriti di Kikyo...», disse ancora il bambino e rivolse al mercenario uno sguardo che sembrava inverosimilmente adulto.

Bankotsu, alabarda in spalla e tanta convinzione, lasciò lì il bambino e scattò nella stessa direzione in cui Kagome era sparita. Doveva capire cosa doveva affrontare per salvare quella sacerdotessa; Kagome non si sarebbe rifiutata, anche se fosse stato qualcosa di disumano, ne era sicuro. Per questo ci voleva qualcuno che la portasse via in caso di necessità. Lo avrebbe fatto, l'avrebbe trascinata via a forza, se fosse stato qualcosa di troppo pericoloso. Non si sarebbe fatto nessuno scrupolo. In fondo, in vita, non ne aveva mai avuti.
Shippo urlò qualcosa alle sue spalle ma lui non lo ascoltò. All'improvviso, si sentì attraversare da qualcosa di ghiacciato, sentì le membra intorpidite, come se qualcuno gli avesse gettato addosso un secchio d'acqua gelata. Quella sensazione lo pervase per qualche secondo, mentre continuava a correre, prima di sparire definitivamente. 
Allora era così che ci si sentiva ad oltrepassare una barriera? Quella... cosa non lo aveva rifiutato. Bene, meglio così. Bankotsu assottigliò lo sguardo e la vide; Kagome era davanti a lui, abbastanza discosta, ma era lì. Era dannatamente veloce per essere una piccola e fragile ragazzina! In realtà, lo aveva capito: era meno fragile di quanto pensasse.

«Ehi! Kagome! Fermati!», urlò Bankotsu ma quella non si volse, non accennò neanche a fermarsi.

Kagome fu distratta, per poco non cadde inciampando in una radice. Tuttavia, si riprese in fretta e diede nuovamente ritmo alla corsa. Le era sembrato di sentire la voce di Bankotsu, ma non era possibile. Come poteva oltrepassare la barriera? Non le andava di volgersi indietro, lo sentiva, era quasi arrivata. Si trovò davanti un piccolo rialzo fatto di grossi massi e cominciò a scalarlo finché non lo superò, sbucciandosi le mani.
Finalmente, arrivò in un luogo spazioso. Vi era una grossa cascata che si riversava in un lago circolare. Kagome si avvicinò, passo dopo passo, mentre sentiva il cuore battere forte. Non aveva motivo di sentirsi nervosa... no, non era vero. Ne aveva più di uno ma non poteva pensarci in quel momento, non ne aveva il tempo. Giunta alla riva del lago, si portò una mano alla bocca, sorpresa. Appena sotto la superficie dell'acqua, vi era Kikyo. I capelli erano sciolti, era pallida ed il viso esprimeva sofferenza.
S'inginocchiò e prese a scrutarla meglio, scervellandosi. Come poteva salvarla? Cosa doveva fare?

«La sua vita sta per terminare, il veleno sta esaurendo tutto il suo spirito. La nostra padrona è riuscita a mettersi in contatto con te; quel gesto le è costato molta fatica.»

Kagome si volse di scatto e vide due bambine fissarla con uno sguardo severo e gelido. Erano state loro a parlare.

«Adesso scegli, giovane miko. Scegli. Salvi o distruggi?», chiese una delle due bambine.

Kagome riconobbe le parole del sogno, “scegli se salvare o distruggere” aveva chiesto Kikyo. La giovane sacerdotessa strinse gli occhi a due fessure e stava per rispondere.

«Kagome, eccoti! Maledizione, corri più veloce di una lepre! Cos-», disse Bankotsu sopraggiungendo e si bloccò di colpo quando vide Kagome inginocchiata sulla riva del lago e due strane bambine a parlare con lei.

Alla vista del mercenario, Kagome sgranò gli occhi. Allora non l'aveva immaginato, Bankotsu la stava davvero seguendo! Ma come aveva fatto ad oltrepassare la barriera di Kikyo?

«Come hai fatto a passare, Bankotsu?», chiese Kagome, incredula. Il mercenario si grattò la testa e la sua espressione esprimeva tutto il suo dubbio.

«Il frammento della Sfera. La barriera ha riconosciuto il frammento della Sfera purificato e ha permesso a questo giovane di passare. Il frammento voleva riunirsi alla sua custode.», disse una delle due bambine con aria solenne poi si volse verso Kagome. «Salvi o distruggi? Devi scegliere, giovane miko. Solo tu puoi farlo, la sua vita è nelle tue mani.»

«Si può sapere per chi mi avete presa? Certo che la salvo!», sbottò Kagome incollerita, balzando in piedi. «Ditemi cosa devo fare.», disse poi in tono risoluto.

«Lei sembra intatta.», si lasciò sfuggire Bankotsu, il volto crucciato, mentre osservava Kikyo. Si era avvicinato alla riva del lago ed era rimasto lì, incredulo. Il fiume corrosivo sembrava non averla neanche sfiorata.

«Sul monte Hakurei, la nostra padrona è stata colpita da un tentacolo di Naraku ed è caduta nel fiume velenoso. Le sue ossa sono spirituali e la terra della sua tomba non ha dato al corpo la possibilità di decomporsi. Il miasma sta corrodendo il suo corpo dall'interno, non può più resistere.», rispose una servitrice guardando Bankotsu.

«Toccala.», disse l'altra bambina rispondendo a Kagome. «Ti basterà toccarla, lì dove il suo petto è squarciato. Lo hai visto, no? Hai visto quella ferita nel tuo sogno.»

«Mi basterà far questo?», chiese Kagome togliendosi le scarpe.

«Certamente. Sei dotata di un potere spirituale molto grande, giovane miko, puoi fare più di quanto immagini. Ti basterà toccarla e la purificherai.»

Kagome annuì e tolse anche la felpa, il braccio ferito che le pizzicava leggermente. Doveva solo immergersi e toccarla. Solo lei poteva farlo e doveva farlo. Entrò in acqua e sentì come una scarica elettrica percorrerla. Sussultò. Quell'acqua bruciava, pizzicava la pelle in modo fastidioso ma sopportabile. Era il miasma; poteva vederlo, nero e denso che fuoriusciva dal petto di Kikyo.
Bankotsu guardava Kagome ad occhi sgranati. Come poteva esporsi ad un pericolo del genere, come poteva farlo? Per la donna che le sottraeva l'affetto dell'uomo che amava. Così pura, così corretta. Non sarebbe mai potuto essere come lei. Neanche passando mille vite. La vide sussultare e si sporse afferrandola per una spalla. Quella si volse e Bankotsu credette di scorgere angoscia nei suoi occhi e un pizzico di paura.

«Non dovresti.», le disse serio, i tratti del volto induriti, contratti.

«Devo. E voglio.», disse lei candidamente, decisa. «Fammi andare, c'è poco tempo.»

«Prima del tramonto, giovane miko. O la sua anima andrà via. Per sempre.», disse una delle due servitrici bambine, confermando le parole di Kagome.

Kagome si volse nuovamente e si immerse ancor di più, fino all'altezza delle anche.
Bankotsu strinse i pugni e guardò la ragazza immergersi ancora di più, una strana morsa mai provata prima che gli stringeva la gola. Era così... ingiusto.

«Se riterrò che tu sia in pericolo o che sia troppo per te... ti tirerò fuori. Hai capito? Non mi importa niente se lei morirà. Non me ne importa niente.», la informò Bankotsu con il solito tono tagliente e deciso.

Kagome rimase di spalle e non si girò. Chiuse gli occhi e li strinse forse. Non poteva immaginare che fosse qualcun altro a dire quelle parole; perché erano spregevoli, disinteressate o forse troppo interessate. Non le avrebbe avute da chi voleva averle perché quelle labbra non avrebbero mai potuto pronunciarle. E lei lo sapeva bene.
Riaprì gli occhi e tese una mano verso la figura di Kikyo, verso il suo petto. Riuscì a sfiorarlo e poi fu come inghiottita dall'acqua. Kagome fu travolta ed improvvisamente si trovò vicina alla sacerdotessa, sembravano essere molto in profondità. Vide il miasma nero e velenoso che lentamente cercava di circondare e lambire le loro figure; non perse tempo. Doveva fare in fretta, doveva salvarla. Voleva finire. Aprì la parte superiore della sua veste e trovò la ferita. Vi pose sopra entrambe le mani e chiuse gli occhi, prendendo concentrazione. Si sentiva un po' stupida, andava bene in quel modo? Non aveva mai sperimentato prima. Aprì un occhio e poi l'altro. Niente. Non stava succedendo assolutamente niente.

«Kagome, la terra della tomba di quella tipa! Prendila e tappale il buco sul petto!»

Kagome volse lo sguardo verso l'alto sentendo la voce di Bankotsu e lo vide inginocchiato sulla riva, dove lo aveva lasciato, insieme alle due servitrici che si erano fatte avanti. Kagome raccolse quella polvere che venne immediatamente purificata dalle sue mani. Poi, in un gesto fulmineo, porto nuovamente le mani sul petto di Kikyo. Il miasma prese a respingere le sue mani e Kagome applicò ancor più pressione e chiuse nuovamente gli occhi alla ricerca di una concentrazione che non sapeva che effetto avrebbe sortito. Soffocare. Si sentiva soffocare. Era tutto nero e buio intorno a lei, avrebbe voluto soltanto scappare ma non poteva. Non doveva. E improvvisamente... non era più lei. La vista le si offuscò e poi divenne chiara in un paesaggio a lei poco familiare.
Correva, correva per un sentiero alberato, sentiva affanno, preoccupazione. Era... era in ritardo? La Sfera. Aveva in mano la Sfera...

Entri nei miei ricordi, giovane miko, senza che io te ne abbia dato il permesso e senza che tu voglia.
Guarda come la vita mi ha voltato le spalle, come l'amore mi ha tradito. Osserva e vivi come, con odio, ho chiuso gli occhi per sempre
.
Senti il pizzicore della ferita che quello che ritieni il tuo amore ti ha provocato. Ti calpesta una mano, ti dà della stupida, porta via quella piccola Sfera ch'era promessa di un futuro insieme. Ch'era promessa di una vita diversa.
Lo senti questo bruciore, giovane miko? Lo senti questo dolore? Non è la ferita a farti male, non è lo squarcio che hai alla spalla a dolere.
Quel dolore che senti è il dolore del tradimento. Ti manca l'aria, è così? Cominci a strisciare sull'erba mentre vedi tutto ciò che hai, quel poco che possiedi, che si sgretola sotto i tuoi occhi atterriti.
Perché lui non voleva diventare un essere umano, lui non voleva condividere il suo futuro con te, una fragile miko che odora di sangue di demone.
Sei sgomenta, sei distrutta e continui a strisciare. E qualcosa comincia a macchiare il tuo animo puro, qualcosa s'insinua nel tuo cuore: vuoi vendetta. Provi amore e vuoi vendetta.

Kagome viveva quei ricordi non suoi in prima persona, sentiva su di sé l'odio, il rancore, l'angoscia, la distruzione. Il cuore spezzato.
Si sentiva fuori di sé, trasportata in un mondo lontano, indesiderata in una dimensione nella quale non aveva scelto lei d'entrare. Stava recitando lei stessa nella storia degli sventurati amanti e aveva il ruolo di primo piano. Quello della salvatrice che divenne guerriera per vendetta, per amore ferito. Per distruggere il male che aveva portato l'amore al tradimento: la Sfera.

Barcolli malferma sulle tue stesse gambe, ti reggi le ferite e sai già che stai per andare via, che non ce la farai.
“Maledetto, maledetto! Che tu sia maledetto, Inuyasha!”, è l'unica cosa che riesci a pensare e il rancore, la vergogna, il rifiuto stanno già riempiendo il tuo cuore rotto.
Ti porti avanti, nella mente l'ultimo desiderio, l'ultimo pensiero.
Lo vedi, è lì.
I suoi occhi...

I suoi occhi...

Ti guarda, brandisci l'arco. Stai piangendo, giovane miko? Le lacrime salgono e sbatti le palpebre. Vedi sfocato e non sai se è per la morte che ti reclama o per le lacrime che ti rigano le guance.
E lo guardi un'ultima volta...

Soltanto un'ultima volta...

...ti bei della bellezza dei suoi tratti, per l'ultima volta godi del suo viso immortale che ti ha condotta alla fine.
“Io ti credevo, io mi fidavo di te...”, lo pensi e piangi. Perché sai cosa stai per fare e le tue mani non accennano a tremare.
“MUORI, INUYASHA!”, è un urlo soltanto, riempi i polmoni per l'ultimo urlo. Lo avverti e lui ti guarda.

Inuyasha...

E scocchi la freccia. La freccia che non lo uccide, la freccia che non lo corroderà, come il tradimento sta facendo con la tua anima.
Non riesci ad ucciderlo, non ce la fai. Perché lo ami, con tutta te stessa.
Lo sigilli. Dormirà. Dormirà per sempre.
Lui ti chiede “perché”. Giovane miko, perché?
Mi ha chiesto “perché”, Kagome. Ho letto nei suoi occhi lo stupore ch'era mio. E il cuore mi ha fatto ancora più male, prima di fermarsi.
Ecco come la vita mi ha voltato le spalle, come l'amore mi ha tradito.
Ecco come me ne sono andata.

Kagome aprì gli occhi di scatto. Sentiva la pelle pizzicare a causa del miasma e le membra stanche, pesanti, intorpidite. Non sapeva cosa fosse successo, come avesse fatto ad avere accesso a quei ricordi così personali ma non v'era tempo. Notò che la ferita si stava richiudendo, che il miasma si diradava. Spinse ancor di più le mani contro il petto di Kikyo, fece ancor più pressione, sempre di più. Strinse i denti e avrebbe impresso ancor più forza, se fosse stato possibile.

Per Inuyasha, Kikyo. La tua ragione per svegliarti, la mia ragione per continuare. Inuyasha, pensò con fervore. Se lei poteva aver accesso ai pensieri, ai ricordi di Kikyo, che lei potesse avere accesso ai suoi?

La sacerdotessa aprì gli occhi e le due si guardarono per attimi che sembrarono interminabili. Kagome scrutò con stanchezza quel volto così simile al suo e le venne quasi da piangere. Tutte quelle emozioni la stavano travolgendo, le sentiva piombare sulla sua persona con un tonfo sordo. Ma doveva resistere. Non ancora.
Il miasma prese a diradarsi velocemente L'acqua era tornata pulita, il veleno era completamente sparito. C'era riuscita, ce l'aveva fatta. Sentì che poteva lasciarsi andare, sentì che poteva perdere il controllo.
Chiuse gli occhi e si abbandonò all'incoscienza, poggiandosi contro quel petto che era stato porto sicuro di un amore che le sembrava non le fosse mai appartenuto.

* * *

«Ci sta mettendo troppo. Dite addio alla vostra sacerdotessa.», disse Bankotsu facendo per immergersi nel lago.

Kagome era lì sotto da troppo tempo per i suoi gusti. Dopo che le aveva urlato quella faccenda della terra – su suggerimento di quelle marmocchie – l'aveva osservata stando lì e non gli era sembrata in pena. Poi, qualche secondo prima, l'acqua era diventata totalmente nera. L'aveva chiamata e non aveva risposto, aveva provato ad immergersi e aveva riportato un'ustione. Tuttavia, basta, non avrebbe tollerato oltre. A costo di bruciarsi.

«La giovane miko non è stata via molto, ragazzo. Il suo potere spirituale è grande, le loro anime sono entrate in comunione. Ha fatto presto. Saranno fuori a breve, la nostra padrona è stata guarita quasi del tutto. Non compromettere la fine del processo.», spiegò una delle due servitrici con tono freddo e composto.

«Non me ne frega proprio niente, mocciosette. Io entro e basta.»

Bankotsu sbuffò dal naso, irato e fece per immergersi. Con sua sorpresa, notò che l'acqua era tornata pulita e che non bruciava più. Le ragazzine non provarono più a fermarlo. Ad un tratto, vide Kikyo riemergere; aveva Kagome fra le braccia. La ragazza era completamente abbandonata contro il corpo della sacerdotessa, doveva aver perso i sensi. Bankotsu si fece avanti immediatamente e prese Kagome fra le braccia guardando bieco quella donna che cedette la giovane senza batter ciglio, senza dir nulla.
Uscirono tutti e tre dall'acqua. Bankotsu adagiò Kagome sulle rocce piatte che costeggiavano la riva del lago. Quella Kikyo venne affiancata dalle sue servitrici ma rimase lì, come in attesa. Non la sopportava, l'avrebbe lasciata lì a marcire volentieri. E non c'entrava nulla il fatto che fosse un mercenario privo di misericordia e che quella fosse la donna dell'uomo che Kagome amava; Bankotsu era convinto che l'avrebbe mal sopportata comunque.
Il sole era appena tramontato e le stelle cominciavano a comparire, cospargendo il cielo di piccoli punti luce.
Ben presto, Kagome aprì gli occhi. La prima cosa che vide, fu il viso di Bankotsu. Si mise a sedere di scatto, velocissima, tanto che la testa prese a girarle per un po'. Vide Kikyo, di spalle, di fronte a sé.

«Kagome.», disse Bankotsu ponendole una mano sulla spalla, rispettoso.

Kagome sentì quei ricordi non suoi vorticarle nel cervello e si portò una mano alla testa, turbata. Si alzò in piedi velocemente e Bankotsu fece lo stesso rimanendo in disparte, le labbra strette, l'espressione seriosa.

«Kikyo.», disse Kagome e non suonava né come un saluto, né come un richiamo. Non sapeva neanche lei cosa fosse. Quella non si volse. Rimase di spalle, gocciolante ed eterea, come se non fosse vera.

«Perché mi hai salvato? Io ti ho richiamata ma perché tu hai scelto di farlo? Potevi lasciarmi morire.», disse Kikyo con voce gelida, incolore, composta.

Kagome strinse i pugni e continuò ad osservare ostinatamente la schiena di Kikyo sperando che quella avesse il coraggio di voltarsi, di guardarla almeno in viso. «Non so quali siano le tue norme etiche e comportamentali, ma se c'è una persona che ha bisogno di me e deve essere salvata, io non esiterò a farlo. Anche se quel qualcuno sei proprio tu.», rispose Kagome e calcò su quel “tu” forse più del consentito.

Kikyo si volse appena e Kagome riuscì a sbirciare il suo bel viso oltre la sua spalla. La sua espressione era neutra, controllata. «Se è stato solo il senso del dovere a spingerti, allora non devo ringraziarti.», disse con flemma.

Kagome sentì la poca calma che aveva in corpo andare a farsi benedire; strinse i pugni ed era pronta a scattare per dirgliene una delle sue ma non aveva fatto i conti con chi era rimasto zitto e in disparte al suo fianco.

«Senti, donna. Come ti permetti? Ti ha praticamente salvato la pelle. Qualsiasi sentimento l'abbia spinta, a te non deve importare. Lei ti ha salvato e tu la ringrazi. Hai capito?», disse Bankotsu alterato, facendosi avanti.

Kagome si volse di scatto verso il ragazzo, senza proferire parola; la lingua sembrava intorpidita e dire che per lei era qualcosa di inusuale. E la quindicenne frivola che ancora albergava in lei pensò che si sentiva lusingata da quella difesa e che avrebbe desiderato fosse qualcun altro a pronunciarla. Si sentì stupida anche solo per averlo pensato.
Kikyo rivolse a Bankotsu uno sguardo contrariato. Poi si volse e, senza aggiungere nulla, prese ad incamminarsi.
Kagome rimase a bocca aperta, interdetta. Ma faceva sul serio? Stava andando via? Sentì la rabbia montare e non poté far a meno di incollerirsi ancor di più. Questa volta fu lei a bloccare Bankotsu che stava per parlare.

«Kikyo! Dove credi di fuggire? Inuyasha sarà sicuramente qui a breve! Non vuoi incontrarlo?», chiese immediatamente, le guance rosse per la rabbia. Come poteva mostrarsi così, come poteva trattarlo in questo modo? Dopo tutta la sofferenza, dopo tutta la malinconia, dopo che Kagome lo aveva visto così turbato, abbattuto. Come poteva andarsene così? Senza neanche un saluto? Glielo doveva.

Bankotsu e Kikyo trasalirono nello stesso momento. Entrambi non potevano concepire, capire, quella richiesta.
Bankotsu rimase zitto, serio, così stupito da aver perso ogni parola. Come poteva, come poteva pensare a quell'idiota anche in quel momento? Come poteva sempre anteporre il bene di lui al suo? Gli vennero in mente le parole di Jakotsu e non poté far a meno di stringere i pugni. L'amore. Era innamorata così tanto da offrire così il suo bene, se pur aveva promesso di non rifarlo. Bankotsu si ritrovò a porsi una domanda insolita. E lui? Lui avrebbe sacrificato il suo bene? L'avrebbe fatto... per lei?
Kikyo si sentì turbata, quasi sconvolta. Quella ragazzina aveva l'animo così puro. Provava nei suoi confronti del risentimento, poteva sentirlo, tuttavia cercava con tutte le sue forze di tenere quel sentimento negativo lontano da decisioni che considerava logiche, giuste. Per Inuyasha, Kagome era disposta a tanto. Doveva amarlo quasi quanto lei e questo le fece male in un modo che non pensava più di poter provare. Al contempo, era serena. Serena che Inuyasha, in sua assenza, avesse accanto una persona che avesse così a cuore il suo bene.

«Non ti senti un po' sciocca a farmi questa domanda?», chiese Kikyo in un sussurro, la voce che tradiva emozioni inespresse.

Kagome socchiuse gli occhi e rimase impassibile. «È ovviamente per lui che ti chiedo di farlo. A me non importa, davvero. Lui ha penato tanto, Kikyo. Salutalo, almeno. Per lui... per lui significherebbe tanto. Lo sappiamo entrambe.», disse Kagome e dovette faticare per far in modo che la sua voce non si rompesse.

A lei stava bene, aveva promesso che sarebbe rimasta fredda. Gli amici aiutano gli amici a incontrare i propri affetti, il proprio... amore. Eppure, quelle immagini le vorticavano ancora nella mente e la rabbia ricominciava a salire... ma non la rabbia di Kikyo... la sua rabbia. E capì di dover riempire il silenzio di Kikyo con tutte quelle parole che aveva sempre voluto dirle, dirle perché ce l'aveva tanto con lei. Aveva vuotato il sacco con Inuyasha, che lo facesse anche con lei. Non aveva nulla da perdere.

«Rimarresti. Se lo amassi davvero, tu rimarresti.»

Kikyo si sentì schiaffeggiata da quelle parole che portarono a galla l'angoscia sopita che l'aveva schiacciata, il dubbio di non averlo mai amato quanto lui realmente meritasse. Si volse di scatto e piantò i suoi occhi grigi in quelli di Kagome, i suoi stessi occhi. «Hai bevuto il mio dolore, hai vissuto i miei ricordi, hai vissuto il mio tormento. Come puoi dirmi questo? Non te lo permetto.», le disse con tono tagliente.

Kagome trasse un profondo respiro prima di parlare di nuovo. Sentì il risentimento per un tradimento mai vissuto bruciarle il cuore ma si fermò a respirare ancora. Quel tradimento non era il suo, doveva separarsene.

«Io... adesso ti capisco ancora meglio ma non posso giustificarti. Inuyasha non ti avrebbe mai, mai, mai, fatto del male. Come hai potuto pensare che potesse essere veramente lui? Come hai potuto non capirlo? Hai ragione, Kikyo, hai letto lo stupore nei suoi occhi prima di sigillarlo. Quegli occhi ti hanno assicurato, un attimo prima del trapasso, che non fosse stato lui. Tu non ti sei fidata comunque.», disse Kagome e man mano che le parole prendevano il volo, si sentiva quasi più leggera. «Io non ho il diritto di dirti queste cose, scusami, ma lo faccio comunque, perché non so se avrò altra occasione per farlo e non posso più tenerle per me. Tu hai fatto molto per lui, lo hai amato ed io lo so. E ti ringrazio di questo, perché sei stata probabilmente la prima persona che lo abbia fatto sentire amato. E lo ami ancora e lui ama te, di un amore profondo che io potrei sognare per cento vite e non avere mai. Ma nessuno può convincermi diversamente; per quanto tu lo abbia amato, Kikyo... lo hai amato in maniera... non completa. Perché l'amore non ti ha convinto che non fosse stato lui a ferirti, a tradirti. E io, di questo, non ti perdono.»

Kikyo accolse quelle parole come innumerevoli coltelli che le laceravano la carne. Quella ragazza stava mettendo in piazza i suoi più grandi dubbi e rammarichi, le sue più grandi angosce. Stava dando voce a tutto ciò su cui lei aveva rimuginato quando il sentimento d'odio aveva dato spazio ad altro, in quella sua nuova e vuota esistenza. Chiuse gli occhi e si portò una mano al cuore, cercando di mantenere il contegno. Quando riaprì gli occhi, vide ancora quel viso troppo simile al suo che la guardava. Rimase in silenzio, convincendosi che non meritasse neanche di ricevere una risposta.

«Ti prego. Rimani.», bisbigliò ancora Kagome vedendola muovere qualche passo, le sue servitrici sempre accanto a lei.

«Non posso.», rispose quella e la voce le tremò. Non poteva rimanere, anche se avrebbe voluto. Avrebbe rischiato di cedere, di cadere. Non poteva permetterselo. E, anche se non avrebbe capito, Inuyasha avrebbe sofferto meno non vedendola. Ne era convinta. «Sparirò per un po'. Ho necessità di recuperare le mie energie.»

Kagome non si sentì più in grado di replicare; vi era già abbastanza dolore. Per entrambe. La vide allontanarsi e sparire nella nebbia che cominciava a circondare il luogo, finché non rimase più traccia né di lei né delle sue servitrici. Rimase ferma, inchiodata, lo sguardo dritto di fronte a sé; poi crollò in ginocchio, senza rendersene conto.
Bankotsu le scivolò più vicino senza parlare, l'espressione preoccupata, quell'apprensione fastidiosa che non era mai stata parte di lui. Cosa avrebbe potuto dirle, cosa... si diceva in quei casi? Si sentiva impacciato, completamente fuori luogo.
Kagome sentiva la testa pesante; tutte quelle visioni nitide di un periodo passato le ritornarono alla mente e cominciarono a gravare sempre di più. Si portò le mani alla testa, spossata, arrabbiata, risentita. Artigliò i capelli, li strinse, le mani che tappavano le orecchie, come se non volesse sentire.

Non è mio, non è mio. Questo dolore non è mio, cercava di ripetersi ma, in realtà, probabilmente era più suo di quanto pensasse.

«Ehi. E-ehi?», chiamo Bankotsu. La aggirò per poterla avere di fronte. Sgranò gli occhi quando si accorse che aveva sul viso l'espressione più infelice che avesse mai visto. E... oh, diamine! Non stava mica per piangere, vero? «Ragazzina...», provò ancora. A quel termine, Kagome si riscosse e sembrò vederlo davvero.

«Mi gira la testa.», si lamentò Kagome con un mugugno esasperato. «Sono stanca, sono stanca. Casa. Voglio andare a casa, voglio andare a casa...», disse e Bankotsu rifletté che non sembrava più lei. Cosa doveva fare? Accidenti, come ci si comporta con le donne che piangono? Di solito, Jakotsu le uccideva tutte e risolveva il problema. Quella era una cosa seria, una cosa diversa. Si sentiva strano a vederla in quello stato, come se fosse lui stesso a sentirsi in quel modo.

Kagome si lasciò cadere in avanti, come un sacco vuoto, si afflosciò senza pensarci, senza riflettere troppo; non riusciva.
Bankotsu l'afferrò quando se la vide cadere addosso e la strinse delicatamente, in un gesto istintivo che non aveva mai avuto occasione di sperimentare sul serio. La sentiva aderire contro il suo corpo. La stava abbracciando. Stava abbracciando qualcuno che non fosse Jakotsu.
Stava abbracciando lei. Sentiva i suoi capelli solleticargli il mento, sentiva il suo profumo, sentiva uno strano calore mai provato prima. Sentiva la pace.
Kagome si fece stringere e, quando riuscì a sollevare le braccia, strinse a sua volta quel corpo così diverso, per profumo e per consistenza, da quello che aveva sempre abbracciato, dall'unico che aveva sempre voluto abbracciare. Tuttavia, anche la stretta di Bankotsu era salda e si sentì al sicuro comunque, ne aveva bisogno. Seppellì il viso nella sua spalla, senza parlare, consapevole di non dover dividere quelle braccia con nessun'altra, perché un'altra non c'era. Quella certezza le fece del bene in un modo che le era sconosciuto.
Bankotsu non proferì parola; sia perché non ci riusciva, sia perché qualsiasi parola da pronunciare gli sembrò superflua.
Qualcun altro pensò a rompere il silenzio che si era creato nel luogo, a sovrastare lo scorrere placido della cascata.

«Kagome...», sussurrò Inuyasha.

Kagome e Bankotsu erano stretti in un abbraccio e sentì il cuore perdere un battito.

 

Angolo autrice.
Finalmente ce l'ho fatta, scusate l'attesa!
La guerriera e la salvatrice... entrambi i termini possono riferirsi sia a Kikyo che a Kagome... così come la canzone citata.
Tengo particolarmente a questo capitolo... ho impiegato un sacco di tempo per scriverlo ed aggiustarlo qui e lì ma ecco fatto! Spero sia di vostro gradimento. Ci sono, ovviamente, aspri cambiamenti rispetto all'anime e al manga. La cosa che mi preme maggiormente è rendere per bene i meccanismi psicologici... chissà se anche questa volta l'ho spuntata... mi saprete dire!
Vi è una Kagome che tira fuori le unghie ma ne esce psicologicamente vessata; la comunione dell'anima è un qualcosa di molto intenso e forte e lei se ne sente completamente in balia, anche se tenta di arginarla. Vi sono anche una Kikyo della quale ho amato scrivere, un Bankotsu leggermente fluff e un Inuyasha che è tormentato abbastanza.
Vi è anche una Kagura non particolarmente fedele... ma questa non è una novità.
Grazie a chi ha aggiunto la storia a preferiti, ricordate e seguite! Se vi va di lasciarmi un commento, vi leggo sempre con gioia, le vostre recensioni mi aiutano a migliorarmi! :)
Alla prossima.
RJ.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: RodenJaymes