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Autore: Fanny Jumping Sparrow    20/04/2009    2 recensioni
In revisione
Ho provato ad immaginare cosa sia potuto succedere ai personaggi nell'intervallo tra il secondo e il terzo capitolo della saga.
 ...La Perla Nera, la nave conosciuta con terrore fino a qualche anno prima in tutti i Caraibi, si era lentamente inabissata. A nulla erano valsi i tentativi della sua ciurma, forse l’unica ad aver avuto il coraggio e la lucidità di sfidare il kraken delle maree...
– Ma se dovrete sfidare le infestate e arcane coste dei confini della terra, allora vi occorrerà un capitano, uno che conosca bene quelle acque...
- Seguendo le indicazioni delle carte nautiche – rispose semplicemente Barbossa dando nuova speranza ai marinai.
Non tutti però. Will, in particolare, aveva il sentore che si trattasse di un nuovo viaggio pericoloso che non escludeva la possibilità di un fallimento e non si sentiva del tutto pronto a rischiare la vita per un uomo che in fondo lo aveva soltanto ingannato ed era perfino riuscito a derubarlo dell’unico tesoro che aveva: l’amore di Elizabeth...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Joshamee Gibbs, Tia Dalma, Will Turner
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un saluto a tutti i lettori!Eh sì, questo doveva essere l'ultimo capitolo ma, complici gli studi di storia dell'Africa (pirati barbareschi) e una rinnovata ispirazione, si è ampliato talmente tanto che ho dovuto dividerlo in due parti. E mi scuso per averci messo tanto.
Immagino sarete contente stelley sisley e summerbest: non pensavo vi sarebbe piaciuto tanto!E a proposito di Will:avete ragione mr Turner è proprio strambo!Prima si dichiara durante un'impiccagione, poi pensa al matrimonio durante una battaglia. Tutto questo navigare gli avrà fatto male?!Mah! A noi piace così!
A presto!


Capitolo 8: Accordi e disaccordi

- Perché ci avete messo tanto? - si lamentò Barbossa quando i due pirati tornarono dal loro incarico quasi un'ora più tardi.
- Non è stato facile! - si giustificò Ragetti.
- L'importante è che ce l'hanno fatta – constatò Elizabeth.
Trasferita la fiamma nelle altre torce appese alle pareti, scoprirono che il mercantile trasportava tessuti di lana e cotone riposti in casse di legno. In una stanza accanto al carico c'era anche la stiva con le provviste.
- Queste ci saranno utili questa settimana – osservò Barbossa.
- Settimana?! - esclamò Will con evidente preoccupazione. Quel posto era talmente stretto che avrebbe dovuto stare quasi gomito a gomito con gli altri.
- Ci vorrà tanto? - lo seguì Elizabeth ugualmente allarmata. Una vicinanza eccessiva con Will era l'ultimo dei suoi desideri in quel momento: non voleva che lui o gli altri la vedessero lacrimare quando ripensava alle sue colpe.
- Pensate di non poter resistere? -domandò il filibustiere con tono di sfida.
Entrambi abbassarono il capo senza rispondere. Poco dopo Gibbs propose di organizzare meglio quello spazio in vista della permanenza, così si misero ad accatastare le casse con le stoffe in modo da formare quasi due stanze, una destinata alle donne, l'altra al resto della ciurma.
Tra il timore di essere scoperti quando qualcuno del mercantile scendeva a prelevare viveri dalla stiva, e la noia dovuta all'impossibilità di stare fuori e guardare il paesaggio, quei sette giorni sembrarono interminabili. Di tanto in tanto Barbossa si era arrischiato a salire sopra coperta per accompagnare Tia Dalma che si era lamentata di sentirsi mancare l'aria, nonostante fossero riusciti anche ad aprire una fessura nella parte alta dello scafo.
Infine, in un tardo pomeriggio tiepido e ventoso, a sette giorni esatti dall'imbarco, i passeggeri clandestini poterono lasciare la nave.
Città del Capo era un grande porto in cui si scambiava una molteplice quantità di merci in una molteplice varietà di lingue. Velieri di ogni dimensione e provenienza vi gettavano le ancore sostandovi per un breve periodo, quello necessario a sbarcare il proprio carico ed immetterne uno nuovo a bordo.
I nove pirati approfittarono della confusione creatasi in quel momento per abbandonare, non visti, la nave che li aveva portati sin lì. Confondendosi tra la folla si allontanarono dal molo raggiungendo la zona delle taverne e delle botteghe.
- Ci divideremo – decise Barbossa senza troppe spiegazioni.
- Io e la ragazza andiamo lì – dichiarò Tia Dalma volgendosi verso una locanda con l'insegna “Dolly Cool” - Abbiamo bisogno di ripulirci un po' e di prendere qualcosa per il viaggio – specificò quando l'uomo la guardò con diffidenza. - Tranquillo, non intendo fuggire – rispose la donna alzando gli occhi al cielo.
- Meglio così – sorrise lui accompagnando con lo sguardo entrambe finché non furono entrate.
- Voi – disse poi rivolgendosi al marinaio più vecchio del gruppo – Com'è che vi chiamate...
- È Cotton, signore – lo informò Gibbs.
- Ah, mastro Cotton: restate qui di guardia – gli ordinò il pirata ricevendo un “Vento alle vele!” da parte del suo pappagallo. Un po' stranito, si mosse – Andiamo noi – e gli altri lo seguirono. Ma dopo qualche passo: - Non vi avevo detto di dividerci?
- Ma che dobbiamo fare esattamente? - domandò Pintel.
- Dobbiamo derubare qualcuno o non ci faranno salire a bordo di nessuno di questi vascelli! - sbuffò spazientito il capitano, scrutando con attenzione gli uomini che gli passavano accanto e, soprattutto, le tasche delle loro giubbe.
- Non vedo il nesso – dichiarò Will mentre gli altri si erano messi in allerta.
- Soldi, ragazzo!Ci servono soldi! - spiegò Gibbs. Il giovane annuì con espressione rassegnata: ormai ovunque andavano commettevano qualche crimine!Mentre faceva queste riflessioni notò a pochi passi un uomo di bassa statura col volto solcato dalle rughe, ben vestito, con tanto di tricorno e guanti, che non gli era sconosciuto. Lo fissò per qualche istante e quando si allontanò decise di pedinarlo. Entrò in una locanda e, attraversatola, si fermò nel retro; attorno a Will si disposero sei soldati della Compagnia delle Indie Orientali che gli impedirono di tornare indietro. Temette che quella cui si era recato fosse un'esecuzione vera e propria e si maledisse per l'imprudenza con cui vi era caduto, ma trovò comunque il sangue freddo per parlare: - Voi lavorate per Lord Cutler Beckett, non è così?
- E voi, signore? - fu la risposta di Mercer con tono fastidioso, voltandosi verso di lui.
- Vorrei stare dalla vostra parte – affermò il ragazzo; era l'occasione giusta per liberarsi dall'alleanza con quei pirati che aveva mal sopportato.
- Saggia scelta, signor Turner – disse l'agente e, passandogli davanti, lo invitò a seguirlo; i soldati li scortarono. Mercer si sedette ad un tavolo e ordinò da bere, poi riprese la discussione interrotta qualche minuto prima: - Non siete solo, giusto?Dove siete diretti? - chiese poggiando il bicchiere.
- Voglio garanzie! - scattò Will, non sapendo più se stesse agendo correttamente nei confronti di sé stesso e degli altri.
- Noi possiamo darvi più garanzie di quei pirati – sostenne l'uomo – Ogni condanna a vostro nome sarà ritirata. E ciò vale anche per la vostra fidanzata, Miss Swann. Ora tocca a voi – concluse rimettendosi a sorseggiare il liquore.
In parte convintosi della reale possibilità di riscattarsi, in parte consapevole di non potersi più sottrarre a quell'accordo, si risolse ad informarlo: - Siamo diretti a Singapore. Dobbiamo incontrare una persona che ci aiuterà a riunire il Consiglio della Fratellanza.
- Arriverete a destinazione sani e salvi – lo rassicurò; poi, senza aggiungere altro, Mercer si alzò e si dileguò tra la folla, accompagnato dai soldati della Compagnia.
Ma Will era soddisfatto: credeva di aver trovato una via autonoma per raggiungere il suo obiettivo: salvare suo padre e la donna che amava. Tuttavia, anche se si era lasciato sviare da quella proposta di collaborazione con quella che, ad ogni modo, rappresentava in quel momento la legge, era consapevole di dover tornare a vestire i panni del pirata, che forse stava assumendo più di quanto non volesse. Così rapidamente uscì da quel posto e si mise alla ricerca degli altri che aveva lasciato intenti a prelevare borsellini e monete dalle tasche dei passanti. Scrutò con attenzione i volti degli uomini che incontrava quando:
- Dove diavolo vi eravate cacciato? - la voce alterata di Barbossa gli tuonò alle spalle d'improvviso. Casualmente notò un sacchettino di stoffa con delle monete proprio ai suoi piedi: si chinò a raccoglierlo e quindi, girandosi verso il capitano, glielo mostrò sorridendo. L'uomo rispose con quella che gli sembrò una smorfia di approvazione, ma poi aggiunse con tono di rimprovero: - È un po' poco … visto che vi eravate allontanato da un pezzo ...
Prima che potesse trovare una giustificazione, fu provvidenzialmente salvato dall'arrivo di Gibbs che, ancora con il fiatone per la corsa, annunciò: - Signore, ho trovato due navi che partono per Singapore, una fra un'ora e l'altra domani mattina.
- Prendiamo quella che salpa fra un'ora – decise il capitano – Non ci resta che recuperare le signore... - mentre si apprestava a richiamare gli altri per raggiungere la locanda in cui le due donne si erano fermate, notò la sacerdotessa, seguita a ruota dalla giovane aristocratica e più indietro da Cotton, precipitarsi verso di loro come se stessero scappando.
- Hai trovato la nave? - gli chiese immediatamente Tia Dalma quasi rimproverandolo.
- Che vogliono quelli? - domandò Pintel ad Elizabeth scorgendo un gruppo di tizi che, armi alla mano, correvano nella loro direzione e sembravano parecchio furibondi.
- Ci stavano importunando!Ho dovuto difendermi! - si giustificò la ragazza mentre continuavano ad avanzare quanto più velocemente possibile tra la folla per distanziarsi dagli inseguitori.
- Non ci posso credere!Avete scatenato una rissa?! - la sgridò Barbossa, quasi tentato di lasciarla lì. La ragazza aprì bocca senza produrre alcun suono, Will si ritrovò in breve ad afferrarla per un braccio per poi spingerla a correre più in fretta e, contemporaneamente, con una sciabolata e un calcio, atterrò due degli inseguitori. Gli altri filibustieri non si fecero scrupoli, invece, nel tirare fuori le loro pistole e sparare qualche colpo, giusto perché si creasse il vuoto dietro di loro.
- Mastro Gibbs: portateci a quella nave! - urlò bruscamente Will al marinaio.
- Di qua! - gridò quello, cambiando repentinamente strada. Nella fuga Ragetti si scontrò con un uomo prendendogli involontariamente il cappello che passò nelle mani di Pintel prima di finire sulla testa di Elizabeth; intanto la veggente si coprì il capo con uno scialle. Quando tutti svoltarono a sinistra, nascondendosi dietro delle casse di legno accatastate, gli inseguitori non se ne accorsero e proseguirono dritto.
- Li abbiamo seminati! - esclamò Gibbs ancora incredulo.
Will restò ad osservare Elizabeth chiedendosi cosa mai avesse fatto per tirarsi addosso l'ostilità di quegli uomini. Tia Dalma sembrò capire i suoi pensieri: - Ha fatto bene. Se lo meritavano – disse con tono aspro.
Il ragazzo non ebbe il tempo di ribattere che la sua fidanzata domandò: - Dov'è Barbossa? - essendosi accorta che il capitano non era insieme a loro. Si misero a cercarlo guardandosi attorno e notarono che stava già trattando con il comandante di un veliero ormeggiato lì vicino. Un uomo dai lineamenti mediorientali il cui aspetto era poco rassicurante: vestito di nero dalla testa ai piedi, esclusa una fascia attorno alla vita di color porpora dalla quale pendevano una scimitarra e due pistole a canna lunga della stessa grandezza, aveva un ghigno selvaggio stampato sul volto ebano, reso più inquietante da una lunga cicatrice ancora rossa che gli attraversava la guancia sinistra, spuntando da sotto la kefiah.
Barbossa consegnò all'uomo alcuni sacchettini di monete che aveva avuto modo di rubare ma quello restò impassibile finché il pirata non fu raggiunto dalla fedele scimmietta che portò altri borsellini ricolmi di luccicanti pezzi di metallo. Dopo averne verificato attentamente il contenuto, il comandante oscuro risalì a bordo attraversando lentamente la passerella. Barbossa fece cenno ai suoi di raggiungerlo e quelli, seppure un po' titubanti, gli obbedirono.
Intanto che si apprestavano ad imbarcarsi comparve un uomo basso e tozzo, senza capelli, che doveva essere il primo ufficiale, il quale li fermò: - Niente donne su questa nave! - li ammonì.
- Di quali donne parli? - gli rispose Barbossa facendo finta di non capire.
L'uomo smascherò entrambe scoprendo loro il capo: - Ordine del capitano: lui crede loro portano guai e lascerà a terra anche voi se le portate! - cercò di intimorirli. Ma il pirata non intendeva dargliela vinta: - E se tu non le avessi viste? - gli propose con tono subdolo.
- E come può essere possibile? - disse quello mostrandosi già corruttibile. E infatti quando Barbossa gli sganciò dei soldi che si fece dare dagli altri pirati dichiarò: - Credo di avere capito! - e, tutto contento, li nascose dentro la giacca spostandosi dalla passerella per farli passare. Prima che furono tutti a bordo li mise ancora in guardia: - Non fatevi scoprire!Ordine del capitano dice: ogni donna a bordo trovata verrà sgozzata e uomo che sta con lei gettato in mare con palle di cannone legate a suo...
- Abbiamo capito! - lo interruppe Gibbs mentre un'espressione inorridita si era stampata sul volto degli altri uomini e le due donne si nascosero nuovamente il volto.
- E se le lasciamo a terra e torniamo a riprenderle dopo? - propose Pintel.
- E se ci imbarcassimo su un'altra nave? - suggerì Will.
- Già, ma l'altra che va a Singapore è della Compagnia delle Indie Orientali – lo informò Gibbs. Nonostante ciò agli uomini non sembrò una cattiva idea.
- Insomma – prese la parola Barbossa, già annoiato – vi sapete difendere, mi pare. Perciò se vi aggrediscono rispondete – concluse semplicemente.
- Quali donne?! - continuava a ripetere il luogotenente mentre ridendo contava il denaro guadagnato.
Mollati gli ormeggi, gli uomini del vascello si occuparono delle altre manovre necessarie a salpare, spiegando le vele mogano al vento che si fece sempre più forte lasciando il porto.
- Che fai tu qui? - chiese il marinaio di prima a Barbossa che era rimasto sul ponte con Will, Ragetti e Pintel.
- Niente. Guardo il mare. Non è permesso? - lo canzonò il pirata trovando ridicolo quel suo tentativo di imporsi impaurendoli.
- Il capitano Hamed Nassim non vuole gente fra i piedi – asserì quello – Altrimenti lui si confonde e spara. Perciò voi andate sotto.
- E se io dicessi al tuo capitano che hai fatto salire a bordo due donne, a chi sparerebbe? - lo sfidò Barbossa tranquillamente.
- È meglio non farlo arrabbiare quell'uomo... - sostenne Ragetti scappando di sotto con Pintel.
- Allora lui sparerebbe prima me e poi voi! - gli rispose quello.
- Quindi morirei comunque – osservò il filibustiere con la solita flemma.
- Infatti! - continuò l'altro, ancora intenzionato ad intimorirli, ma rimase deluso quando il pirata dichiarò: - Allora resto qui – e non insistette più quando vide Jack, la scimmia, illuminata dalla luce della luna, restando impressionato dalle sue fattezze scheletriche, al punto da andarsi a nascondere urlando.
- Grazie, Jack! - disse il pirata all'animaletto e rimase ad assaporare la brezza marina.
Will, invece, chiese quale cabina gli avessero assegnato e preferì ritirarvisi. Ma la trovò occupata: - Che ci fai qui?
- Gibbs ha talmente insistito – si difese Elizabeth che, gambe incrociate, se ne stava su una specie di letto con ancora in testa un cappello verde scuro a tesa larga – Dice che sarò più al sicuro qui – aggiunse, poco convinta.
- Al sicuro da cosa? - replicò il ragazzo; ormai era perfettamente in grado di difendersi da sola, e faceva le sue scelte senza consultarlo. Piuttosto erano gli altri a sentirsi più al sicuro senza di lei, visto il codice che vigeva a bordo.
Anche lei pensava fosse una risposta stupida. In quel momento si sarebbe sentita più al sicuro perfino nella cabina del capitano che non lì con lui, perché temeva che sarebbe potuto esplodere di colpo, d'amore o di rabbia, e sentiva di non essere ancora pronta ad affrontarlo. Vigliaccamente gli rispose: - Non lo so. Ma non sono riuscita a contraddirlo – il ragazzo non disse una parola. Si sedette su una specie di sgabello e si mise ad affilare la lama della sua spada e di altre che gli avevano affidato i compagni, ignorandola.
Senza saperlo ripensarono entrambi alle parole che si erano scambiati il giorno prima delle nozze. Lei era presa dai preparativi e non lo aveva quasi notato tra la folla di gente che si trovava nel giardino della villa. Finché lui non le era andato incontro, un po' irritato: - Ero solo venuto a salutarvi, Miss Swann.
- Will, lo so che tutti questi preparativi possono sembrarti esagerati, lo penso anch'io. Ma sono la sua unica figlia!Vuole che tutto sia fastoso e memorabile – lo aveva subito raddolcito lei, prendendogli una mano e accarezzandolo – Però, pensa: domani notte, finalmente, saremo solo tu ed io – il ragazzo aveva sospirato e sorriso – Sei ansioso?
- Impaziente, credo sia la parola più adatta! - gli aveva sussurrato lui all'orecchio, facendola palpitare – A domani, Miss Swann – le aveva detto poi andandosene dopo averle dato un lieve bacio sulle labbra...
- Elizabeth: cosa stiamo facendo?Perché siamo qui? - proruppe d'un tratto Will con tono stizzito, riscuotendola dai suoi pensieri.
- Dobbiamo fermare Lord Beckett e Davy Jones – gli ricordò lei con risolutezza. Si parlavano come due estranei, sebbene lo conoscesse a tal punto da percepire ogni sua vibrazione interiore soltanto guardando i movimenti delle sue mani e l'espressione dei suoi occhi.
Lui si alzò in piedi: - Mio padre è un briccone di pirata della peggiore specie! - disse, ricordando le parole di Sparrow con disprezzo e compassione per il genitore – Il tuo è un uomo onesto.
- Siamo coinvolti, ormai! - sostenne la ragazza con gli occhi gonfi come se stesse per scoppiare in lacrime – Non possiamo tirarci indietro! - concluse.
Lui credette che quella fosse la conferma di quanto aveva supposto: ci teneva davvero a Sparrow. In realtà Elizabeth voleva fargli capire che gli era accanto, anche in quel frangente, anche se avrebbe potuto seguire i consigli di suo padre e lasciarlo. Però ricadde il silenzio: si tolse il cappello, la giacca che portava e gli stivali, quindi si mise sotto la coperta lacera dandogli le spalle. Ma, nonostante la stanchezza, il sonno tardò ad arrivare dato che Will era tornato a lavorare su quelle spade e lo faceva ostentando un certo nervosismo.
Il giovane si coricò in seguito su una branda agganciata al soffitto, vicino all'oblò.
Quella fu l'ultima volta in cui parlarono faccia a faccia di quell'argomento prima dell'arrivo a Singapore, dopo due settimane di navigazione che riservarono comunque altri ostacoli...

   
 
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