Un saluto a tutti i lettori!Eh
sì, questo doveva essere l'ultimo capitolo ma, complici gli
studi di storia dell'Africa (pirati barbareschi) e una rinnovata
ispirazione, si è ampliato talmente tanto che ho dovuto
dividerlo in due parti. E mi scuso per averci messo tanto.
Immagino
sarete contente stelley sisley e summerbest: non pensavo vi sarebbe
piaciuto tanto!E a proposito di Will:avete ragione mr Turner
è proprio strambo!Prima si dichiara durante un'impiccagione,
poi pensa al matrimonio durante una battaglia. Tutto questo navigare
gli avrà fatto male?!Mah! A noi piace così!
A presto!
Capitolo 8: Accordi e disaccordi
-
Perché ci avete messo tanto? - si lamentò
Barbossa quando i due
pirati tornarono dal loro incarico quasi un'ora più tardi.
-
Non è stato facile! - si giustificò Ragetti.
-
L'importante è che ce l'hanno fatta –
constatò Elizabeth.
Trasferita
la fiamma nelle altre torce appese alle pareti, scoprirono che il
mercantile trasportava tessuti di lana e cotone riposti in casse di
legno. In una stanza accanto al carico c'era anche la stiva con le
provviste.
-
Queste ci saranno utili questa settimana – osservò
Barbossa.
-
Settimana?! - esclamò Will con evidente preoccupazione. Quel
posto
era talmente stretto che avrebbe dovuto stare quasi gomito a gomito
con gli altri.
-
Ci vorrà tanto? - lo seguì Elizabeth ugualmente
allarmata. Una
vicinanza eccessiva con Will era l'ultimo dei suoi desideri in quel
momento: non voleva che lui o gli altri la vedessero lacrimare quando
ripensava alle sue colpe.
-
Pensate di non poter resistere? -domandò il filibustiere con
tono di
sfida.
Entrambi
abbassarono il capo senza rispondere. Poco dopo Gibbs propose di
organizzare meglio quello spazio in vista della permanenza,
così si
misero ad accatastare le casse con le stoffe in modo da formare quasi
due stanze, una destinata alle donne, l'altra al resto della ciurma.
Tra
il timore di essere scoperti quando qualcuno del mercantile scendeva
a prelevare viveri dalla stiva, e la noia dovuta
all'impossibilità
di stare fuori e guardare il paesaggio, quei sette giorni sembrarono
interminabili. Di tanto in tanto Barbossa si era arrischiato a salire
sopra coperta per accompagnare Tia Dalma che si era lamentata di
sentirsi mancare l'aria, nonostante fossero riusciti anche ad aprire
una fessura nella parte alta dello scafo.
Infine,
in un tardo pomeriggio tiepido e ventoso, a sette giorni esatti
dall'imbarco, i passeggeri clandestini poterono lasciare la nave.
Città
del Capo era un grande porto in cui si scambiava una molteplice
quantità di merci in una molteplice varietà di
lingue. Velieri di
ogni dimensione e provenienza vi gettavano le ancore sostandovi per
un breve periodo, quello necessario a sbarcare il proprio carico ed
immetterne uno nuovo a bordo.
I
nove pirati approfittarono della confusione creatasi in quel momento
per abbandonare, non visti, la nave che li aveva portati sin
lì.
Confondendosi tra la folla si allontanarono dal molo raggiungendo la
zona delle taverne e delle botteghe.
-
Ci divideremo – decise Barbossa senza troppe spiegazioni.
-
Io e la ragazza andiamo lì – dichiarò
Tia Dalma volgendosi verso
una locanda con l'insegna “Dolly Cool” - Abbiamo
bisogno di
ripulirci un po' e di prendere qualcosa per il viaggio –
specificò
quando l'uomo la guardò con diffidenza. - Tranquillo, non
intendo
fuggire – rispose la donna alzando gli occhi al cielo.
-
Meglio così – sorrise lui accompagnando con lo
sguardo entrambe
finché non furono entrate.
-
Voi – disse poi rivolgendosi al marinaio più
vecchio del gruppo –
Com'è che vi chiamate...
-
È Cotton, signore – lo informò Gibbs.
-
Ah, mastro Cotton: restate qui di guardia – gli
ordinò il pirata
ricevendo un “Vento alle vele!” da parte del suo
pappagallo. Un
po' stranito, si mosse – Andiamo noi – e gli altri
lo seguirono.
Ma dopo qualche passo: - Non vi avevo detto di dividerci?
-
Ma che dobbiamo fare esattamente? - domandò Pintel.
-
Dobbiamo derubare qualcuno o non ci faranno salire a bordo di nessuno
di questi vascelli! - sbuffò spazientito il capitano,
scrutando con
attenzione gli uomini che gli passavano accanto e, soprattutto, le
tasche delle loro giubbe.
-
Non vedo il nesso – dichiarò Will mentre gli altri
si erano messi
in allerta.
-
Soldi, ragazzo!Ci servono soldi! - spiegò Gibbs. Il giovane
annuì
con espressione rassegnata: ormai ovunque andavano commettevano
qualche crimine!Mentre faceva queste riflessioni notò a
pochi passi
un uomo di bassa statura col volto solcato dalle rughe, ben vestito,
con tanto di tricorno e guanti, che non gli era sconosciuto. Lo
fissò
per qualche istante e quando si allontanò decise di
pedinarlo. Entrò
in una locanda e, attraversatola, si fermò nel retro;
attorno a Will
si disposero sei soldati della Compagnia delle Indie Orientali che
gli impedirono di tornare indietro. Temette che quella cui si era
recato fosse un'esecuzione vera e propria e si maledisse per
l'imprudenza con cui vi era caduto, ma trovò comunque il
sangue
freddo per parlare: - Voi lavorate per Lord Cutler Beckett, non
è
così?
-
E voi, signore? - fu la risposta di Mercer con tono fastidioso,
voltandosi verso di lui.
-
Vorrei stare dalla vostra parte – affermò il
ragazzo; era
l'occasione giusta per liberarsi dall'alleanza con quei pirati che
aveva mal sopportato.
-
Saggia scelta, signor Turner – disse l'agente e, passandogli
davanti, lo invitò a seguirlo; i soldati li scortarono.
Mercer si
sedette ad un tavolo e ordinò da bere, poi riprese la
discussione
interrotta qualche minuto prima: - Non siete solo, giusto?Dove siete
diretti? - chiese poggiando il bicchiere.
-
Voglio garanzie! - scattò Will, non sapendo più
se stesse agendo
correttamente nei confronti di sé stesso e degli altri.
-
Noi possiamo darvi più garanzie di quei pirati –
sostenne l'uomo –
Ogni condanna a vostro nome sarà ritirata. E ciò
vale anche per la
vostra fidanzata, Miss Swann. Ora tocca a voi – concluse
rimettendosi a sorseggiare il liquore.
In
parte convintosi della reale possibilità di riscattarsi, in
parte
consapevole di non potersi più sottrarre a quell'accordo, si
risolse
ad informarlo: - Siamo diretti a Singapore. Dobbiamo incontrare una
persona che ci aiuterà a riunire il Consiglio della
Fratellanza.
-
Arriverete a destinazione sani e salvi – lo
rassicurò; poi, senza
aggiungere altro, Mercer si alzò e si dileguò tra
la folla,
accompagnato dai soldati della Compagnia.
Ma
Will era soddisfatto: credeva di aver trovato una via autonoma per
raggiungere il suo obiettivo: salvare suo padre e la donna che amava.
Tuttavia, anche se si era lasciato sviare da quella proposta di
collaborazione con quella che, ad ogni modo, rappresentava in quel
momento la legge, era consapevole di dover tornare a vestire i panni
del pirata, che forse stava assumendo più di quanto non
volesse.
Così rapidamente uscì da quel posto e si mise
alla ricerca degli
altri che aveva lasciato intenti a prelevare borsellini e monete
dalle tasche dei passanti. Scrutò con attenzione i volti
degli
uomini che incontrava quando:
-
Dove diavolo vi eravate cacciato? - la voce alterata di Barbossa gli
tuonò alle spalle d'improvviso. Casualmente notò
un sacchettino di
stoffa con delle monete proprio ai suoi piedi: si chinò a
raccoglierlo e quindi, girandosi verso il capitano, glielo
mostrò
sorridendo. L'uomo rispose con quella che gli sembrò una
smorfia di
approvazione, ma poi aggiunse con tono di rimprovero: - È un
po'
poco … visto che vi eravate allontanato da un pezzo ...
Prima
che potesse trovare una giustificazione, fu provvidenzialmente
salvato dall'arrivo di Gibbs che, ancora con il fiatone per la corsa,
annunciò: - Signore, ho trovato due navi che partono per
Singapore,
una fra un'ora e l'altra domani mattina.
-
Prendiamo quella che salpa fra un'ora – decise il capitano
– Non
ci resta che recuperare le signore... - mentre si apprestava a
richiamare gli altri per raggiungere la locanda in cui le due donne
si erano fermate, notò la sacerdotessa, seguita a ruota
dalla
giovane aristocratica e più indietro da Cotton, precipitarsi
verso
di loro come se stessero scappando.
-
Hai trovato la nave? - gli chiese immediatamente Tia Dalma quasi
rimproverandolo.
-
Che vogliono quelli? - domandò Pintel ad Elizabeth scorgendo
un
gruppo di tizi che, armi alla mano, correvano nella loro direzione e
sembravano parecchio furibondi.
-
Ci stavano importunando!Ho dovuto difendermi! - si
giustificò la
ragazza mentre continuavano ad avanzare quanto più
velocemente
possibile tra la folla per distanziarsi dagli inseguitori.
-
Non ci posso credere!Avete scatenato una rissa?! - la sgridò
Barbossa, quasi tentato di lasciarla lì. La ragazza
aprì bocca
senza produrre alcun suono, Will si ritrovò in breve ad
afferrarla
per un braccio per poi spingerla a correre più in fretta e,
contemporaneamente, con una sciabolata e un calcio, atterrò
due
degli inseguitori. Gli altri filibustieri non si fecero scrupoli,
invece, nel tirare fuori le loro pistole e sparare qualche colpo,
giusto perché si creasse il vuoto dietro di loro.
-
Mastro Gibbs: portateci a quella nave! - urlò bruscamente
Will al
marinaio.
-
Di qua! - gridò quello, cambiando repentinamente strada.
Nella fuga
Ragetti si scontrò con un uomo prendendogli
involontariamente il
cappello che passò nelle mani di Pintel prima di finire
sulla testa
di Elizabeth; intanto la veggente si coprì il capo con uno
scialle.
Quando tutti svoltarono a sinistra, nascondendosi dietro delle casse
di legno accatastate, gli inseguitori non se ne accorsero e
proseguirono dritto.
-
Li abbiamo seminati! - esclamò Gibbs ancora incredulo.
Will
restò ad osservare Elizabeth chiedendosi cosa mai avesse
fatto per
tirarsi addosso l'ostilità di quegli uomini. Tia Dalma
sembrò
capire i suoi pensieri: - Ha fatto bene. Se lo meritavano –
disse
con tono aspro.
Il
ragazzo non ebbe il tempo di ribattere che la sua fidanzata
domandò:
- Dov'è Barbossa? - essendosi accorta che il capitano non
era
insieme a loro. Si misero a cercarlo guardandosi attorno e notarono
che stava già trattando con il comandante di un veliero
ormeggiato
lì vicino. Un uomo dai lineamenti mediorientali il cui
aspetto era
poco rassicurante: vestito di nero dalla testa ai piedi, esclusa una
fascia attorno alla vita di color porpora dalla quale pendevano una
scimitarra e due pistole a canna lunga della stessa grandezza, aveva
un ghigno selvaggio stampato sul volto ebano, reso più
inquietante
da una lunga cicatrice ancora rossa che gli attraversava la guancia
sinistra, spuntando da sotto la kefiah.
Barbossa
consegnò all'uomo alcuni sacchettini di monete che aveva
avuto modo
di rubare ma quello restò impassibile finché il
pirata non fu
raggiunto dalla fedele scimmietta che portò altri borsellini
ricolmi
di luccicanti pezzi di metallo. Dopo averne verificato attentamente
il contenuto, il comandante oscuro risalì a bordo
attraversando
lentamente la passerella. Barbossa fece cenno ai suoi di raggiungerlo
e quelli, seppure un po' titubanti, gli obbedirono.
Intanto
che si apprestavano ad imbarcarsi comparve un uomo basso e tozzo,
senza capelli, che doveva essere il primo ufficiale, il quale li
fermò: - Niente donne su questa nave! - li ammonì.
-
Di quali donne parli? - gli rispose Barbossa facendo finta di non
capire.
L'uomo
smascherò entrambe scoprendo loro il capo: - Ordine del
capitano:
lui crede loro portano guai e lascerà a terra anche voi se
le
portate! - cercò di intimorirli. Ma il pirata non intendeva
dargliela vinta: - E se tu non le avessi viste? - gli propose con
tono subdolo.
-
E come può essere possibile? - disse quello mostrandosi
già
corruttibile. E infatti quando Barbossa gli sganciò dei
soldi che
si fece dare dagli altri pirati dichiarò: - Credo di avere
capito! -
e, tutto contento, li nascose dentro la giacca spostandosi dalla
passerella per farli passare. Prima che furono tutti a bordo li mise
ancora in guardia: - Non fatevi scoprire!Ordine del capitano dice:
ogni donna a bordo trovata verrà sgozzata e uomo che sta con
lei
gettato in mare con palle di cannone legate a suo...
-
Abbiamo capito! - lo interruppe Gibbs mentre un'espressione
inorridita si era stampata sul volto degli altri uomini e le due
donne si nascosero nuovamente il volto.
-
E se le lasciamo a terra e torniamo a riprenderle dopo? - propose
Pintel.
-
E se ci imbarcassimo su un'altra nave? - suggerì Will.
-
Già, ma l'altra che va a Singapore è della
Compagnia delle Indie
Orientali – lo informò Gibbs. Nonostante
ciò agli uomini non
sembrò una cattiva idea.
-
Insomma – prese la parola Barbossa, già annoiato
– vi sapete
difendere, mi pare. Perciò se vi aggrediscono rispondete
–
concluse semplicemente.
-
Quali donne?! - continuava a ripetere il luogotenente mentre ridendo
contava il denaro guadagnato.
Mollati
gli ormeggi, gli uomini del vascello si occuparono delle altre
manovre necessarie a salpare, spiegando le vele mogano al vento che
si fece sempre più forte lasciando il porto.
-
Che fai tu qui? - chiese il marinaio di prima a Barbossa che era
rimasto sul ponte con Will, Ragetti e Pintel.
-
Niente. Guardo il mare. Non è permesso? - lo
canzonò il pirata
trovando ridicolo quel suo tentativo di imporsi impaurendoli.
-
Il capitano Hamed Nassim non vuole gente fra i piedi –
asserì
quello – Altrimenti lui si confonde e spara.
Perciò voi andate
sotto.
-
E se io dicessi al tuo capitano che hai fatto salire a bordo due
donne, a chi sparerebbe? - lo sfidò Barbossa tranquillamente.
-
È meglio non farlo arrabbiare quell'uomo... - sostenne
Ragetti
scappando di sotto con Pintel.
-
Allora lui sparerebbe prima me e poi voi! - gli rispose quello.
-
Quindi morirei comunque – osservò il filibustiere
con la solita
flemma.
-
Infatti! - continuò l'altro, ancora intenzionato ad
intimorirli, ma
rimase deluso quando il pirata dichiarò: - Allora resto qui
– e
non insistette più quando vide Jack, la scimmia, illuminata
dalla
luce della luna, restando impressionato dalle sue fattezze
scheletriche, al punto da andarsi a nascondere urlando.
-
Grazie, Jack! - disse il pirata all'animaletto e rimase ad assaporare
la brezza marina.
Will,
invece, chiese quale cabina gli avessero assegnato e preferì
ritirarvisi. Ma la trovò occupata: - Che ci fai qui?
-
Gibbs ha talmente insistito – si difese Elizabeth che, gambe
incrociate, se ne stava su una specie di letto con ancora in testa un
cappello verde scuro a tesa larga – Dice che sarò
più al sicuro
qui – aggiunse, poco convinta.
-
Al sicuro da cosa? - replicò il ragazzo; ormai era
perfettamente in
grado di difendersi da sola, e faceva le sue scelte senza
consultarlo. Piuttosto erano gli altri a sentirsi più al
sicuro
senza di lei, visto il codice che vigeva a bordo.
Anche
lei pensava fosse una risposta stupida. In quel momento si sarebbe
sentita più al sicuro perfino nella cabina del capitano che
non lì
con lui, perché temeva che sarebbe potuto esplodere di
colpo,
d'amore o di rabbia, e sentiva di non essere ancora pronta ad
affrontarlo. Vigliaccamente gli rispose: - Non lo so. Ma non sono
riuscita a contraddirlo – il ragazzo non disse una parola. Si
sedette su una specie di sgabello e si mise ad affilare la lama della
sua spada e di altre che gli avevano affidato i compagni,
ignorandola.
Senza
saperlo ripensarono entrambi alle parole che si erano scambiati il
giorno prima delle nozze. Lei era presa dai preparativi e non lo
aveva quasi notato tra la folla di gente che si trovava nel giardino
della villa. Finché lui non le era andato incontro, un po'
irritato:
- Ero solo venuto a salutarvi, Miss Swann.
-
Will, lo so che tutti questi preparativi possono sembrarti
esagerati, lo penso anch'io. Ma sono la sua unica
figlia!Vuole
che tutto sia fastoso e memorabile – lo aveva
subito raddolcito
lei, prendendogli una mano e accarezzandolo – Però,
pensa:
domani notte, finalmente, saremo solo tu ed io
– il
ragazzo aveva sospirato e sorriso – Sei ansioso?
-
Impaziente, credo sia la parola più adatta!
- gli aveva
sussurrato lui all'orecchio, facendola palpitare – A
domani,
Miss Swann – le aveva detto poi andandosene dopo
averle dato un
lieve bacio sulle labbra...
-
Elizabeth: cosa stiamo facendo?Perché siamo qui? - proruppe
d'un
tratto Will con tono stizzito, riscuotendola dai suoi pensieri.
-
Dobbiamo fermare Lord Beckett e Davy Jones – gli
ricordò lei con
risolutezza. Si parlavano come due estranei, sebbene lo conoscesse a
tal punto da percepire ogni sua vibrazione interiore soltanto
guardando i movimenti delle sue mani e l'espressione dei suoi occhi.
Lui
si alzò in piedi: - Mio padre è un briccone di
pirata della
peggiore specie! - disse, ricordando le parole di Sparrow con
disprezzo e compassione per il genitore – Il tuo è
un uomo onesto.
-
Siamo coinvolti, ormai! - sostenne la ragazza con gli occhi gonfi
come se stesse per scoppiare in lacrime – Non possiamo
tirarci
indietro! - concluse.
Lui
credette che quella fosse la conferma di quanto aveva supposto: ci
teneva davvero a Sparrow. In realtà Elizabeth voleva fargli
capire
che gli era accanto, anche in quel frangente, anche se avrebbe potuto
seguire i consigli di suo padre e lasciarlo. Però ricadde il
silenzio: si tolse il cappello, la giacca che portava e gli stivali,
quindi si mise sotto la coperta lacera dandogli le spalle. Ma,
nonostante la stanchezza, il sonno tardò ad arrivare dato
che Will
era tornato a lavorare su quelle spade e lo faceva ostentando un
certo nervosismo.
Il
giovane si coricò in seguito su una branda agganciata al
soffitto,
vicino all'oblò.
Quella
fu l'ultima volta in cui parlarono faccia a faccia di quell'argomento
prima dell'arrivo a Singapore, dopo due settimane di navigazione che
riservarono comunque altri ostacoli...