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Autore: nikita82roma    12/07/2016    2 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Mangiarono, brindarono con due dita di champagne e ballarono qualche lento a bordo piscina. Per essere la loro prima uscita mondana era andata decisamene bene.

Tornarono alla villa decisamente sorridenti, dopo essersi concessi ancora una volta ai fotografi mentre aspettavano che il parcheggiatore andasse a riprendere la loro auto dal parcheggio dietro la villa. Per tutto il breve viaggio di ritorno Castle non potè non voltarsi a guardare le lunghe gambe di Kate scoperte sempre di più dal visto che era risalito, accarezzandole in modo molto poco casto. Ripensava agli sguardi di quegli uomini che osservavano sua moglie ai quali lei non aveva fatto caso ma che a lui non erano sfuggiti: lei nella sua semplice bellezza, che niente aveva da invidiare ad attrici e modelle, con quel carico di seducente sensualità fiera che non ostentava, ma era naturale in lei e quella camminata sicura che la faceva ancheggiare appena, senza essere mai volgare, sui tacchi vertiginosi, che slanciavano ancora di più quelle gambe per le quali avrebbero fatto follie anche le top model più quotate. Si sentiva un privilegiato a sapere che quelle gambe erano quelle che si intrecciavano con le sue ogni notte, che circondavano i suoi fianchi quando facevano l’amore, ma si sentì anche tremendamente geloso quando intravide qualche gesto non troppo elegante a commento di sguardi invadenti e sorrisi lascivi da parte di un paio di ragazzi mentre stavano ballando ed in quel momento rivalutò l’usanza del delitto d’onore ed anche quella del burqa. Non glielo avrebbe mai detto. 
Parcheggiò davanti all’entrata di casa e una volta dentro ebbero solo modo di chiudere la porta prima di cercarsi di nuovo con mani vogliose. Non fecero in tempo a salire le scale e ad arrivare in camera, a mala pena raggiunsero il salotto disseminando i loro vestiti che andavano a completare l’arredo di quella casa, sparpagliati per terra o casualmente su qualche mobile. Avevano uguale urgenza in quel momento di amarsi ma ancora di più di appartenersi e così si amarono: intensamente e freneticamente, stringendosi fino quasi a farsi male, nella necessità di aversi fino in fondo. 

Kate si alzò con ancora i segni della passione appena consumata addosso. Le sembrava di vedere la sua pelle ancora modellata dalle mani e dal corpo di Rick e di sentire le sue labbra umide che le percorrevano la pelle. Invece lui era lì, che la guardava mentre lei velocemente recuperò gli slip, indossò la camicia di Castle, in un gesto che ormai le veniva naturale ed uscì a passo veloce dalla villa, attraversando la veranda.
Rick rimase interdetto. Era stupito e non capiva. Pochi istanti prima era lì, tra le sue braccia e dopo si era allontanata senza nessun motivo. Ripensava agli ultimi momenti trascorsi insieme, se avesse fatto o detto qualcosa di sbagliato, ma no, era stato tutto come sempre, bello e intenso, anzi aveva anche sentito una Kate diversa, più emotivamente coinvolta e quello che gli aveva detto un attimo prima che l’acme del piacere arrivasse a portarla via rimbombava ancora nella mente di lui tanto da fargli male: “Sei solo mio Castle”. Non sapeva che era stato proprio questo a spingere Beckett ad allontanarsi prima di cedere, di ammettere quello che non voleva dire, quello che non voleva palesare a se stessa ad alta voce. Pensava di essere una stupida e mentre correva verso il mare gli occhi erano carichi di lacrime di rabbia verso se stessa. Cosa le sarebbe costato, in realtà lasciarsi andare a quei sentimenti che ogni volta erano più prepotenti e che era sempre più difficile trattenere? Ne aveva avuto una prova con quella frase uscita per sbaglio nel momento in cui tutte le sue difese erano abbassate, quando la frase di quella donna al party le era tornata alla mente e con quella l’immagine di lui che stringeva qualcuna che non era lei. E non l’aveva sopportata e glielo aveva detto: era solo suo, però non aveva il coraggio di dire a se stessa e di dire a lui che lo amava, ma non era già quella un’ammissione? Non sarebbe forse stato bellissimo anche per lei riuscire ad essere se stessa, felice, libera di amare quell’uomo che la amava così tanto e del quale non riusciva più a fare a meno? Aveva paura di quel sentimento che in così poco tempo si era impossessato di lei come mai le era successo, che non riusciva a controllare come aveva sempre fatto in ogni sua storia, forse perché, in realtà, non aveva mai amato veramente. Ora era diverso, sentiva un legame con Castle che andava al di là del puro aspetto fisico che era stata solo l’ultima molla che aveva fatto scattare la serratura del suo cuore, che forse però era già aperta, perché altrimenti non sarebbe arrivata tanto in là con lui. Non era sesso, come lui le aveva pregato di dirgli fin da subito ma lei non aveva trovato le parole per spiegare cosa fosse, perché l’unica che poteva spiegarlo non la voleva usare: amore.
Kate aveva paura, una paura irrazionale che non riusciva a controllare, la paura che tutto svanisse, la paura che la attanagliava in continuazione e non le permetteva di vivere liberamente. Quella paura che la faceva mentire, agli altri e a se stessa, che si illudeva la tenesse al sicuro anche al prezzo di ferire chi gli stava intorno e se stessa. Cosa le sarebbe costato si ripeteva e si rispondeva da sola: tutto. 
Non era solo il suo amore a farle paura, era anche quello di Castle, che era sempre stato così totale e sincero. Quell’amore che di solito descrivono nei libri e nelle canzoni, che si vedono nei film, che aveva sempre pensato non esistere e se mai fosse esistito non avrebbe di certo toccati a lei, che non sarebbe mai stata l’oggetto di qualcosa così, non lo avrebbe permesso a nessuno di innamorarsi di lei a tal punto, nè lo avrebbe fatto lei stessa. Illusa ed ingenua. Come si poteva sopravvivere se si perdeva qualcosa del genere? A cosa ci si aggrappava? Poteva essere stata tanto fragile da lasciarsi andare fino a questo punto, a chiedersi cosa ne sarebbe stato di lei se non avesse avuto più qualcuno a cui affidarsi, lei che per anni aveva solo pensato a costruire un muro dietro il quale ripararsi per non soffrire più?
Si stringeva nella camicia di Castle, respirando nel colletto largo il suo profumo dove era più intenso e si illudeva di essere nel suo abbraccio, ma le mancava il calore. Più si allontanava da lui, più la sua mente lo cercava, più gli era vicino più gli diceva di allontanarsi per non farsi del male. Non aveva messo in conto l’amore. O meglio, non aveva messo in conto che l’amore potesse essere una cosa così e che potesse essere altrettanto grande la paura di perdere tutto, che tutto svanisse, come i suoi ricordi, con i suoi ricordi, o per colpa dei suoi ricordi se fossero ritornati. Dovunque guardava non vedeva via d’uscita, era in un labirinto sigillato ed ogni strada era sbagliata. Voleva essere se stessa e non sapeva più chi era, non sapeva cosa fosse meglio fare, non sapeva andare avanti o tornare indietro ed anche stare ferma le sembrava sbagliato. 

Castle la raggiunse con il fiatone, qualche minuto dopo. Lei era in piedi in riva al mare con i piedi lambiti della acque fredde della notte: c’era solo la luna piena che si rifletteva nell’oceano ad illuminarla e le luci in lontananza della villa. Era arrabbiato e amareggiato. Kate si accorse di lui, dal suo respiro pesante alle sue spalle e dal suo profumo ora diventato più forte. Il vento le agitava i capelli come fossero una bandiera che sventolava fiera e quando alzò la testa al cielo, lasciò che quello stesso vento trascinasse una lacrima lungo il suo viso. 
Lei solo con addosso la sua camicia, lui solo con i pantaloni, erano complementari anche in questo.
- Penso di meritare almeno una spiegazione, che ne dici Kate? Cosa ti ho fatto? Perché sei corsa via? - Il tono aspro di Rick la colpì come una frustata. Lei continuava a guardare in alto, nella parte di cielo più buia dove non c’era nemmeno la luna. Meritava molto di più di una spiegazione e lei lo sapeva bene. 
- Kate! Rispondimi maledizione! Cosa è successo?
Castle aveva temuto per un attimo che avesse avuto qualche altro ricordo, una crisi di panico. Ci poteva essere qualche cosa che era successa in quegli anni che lui non sapeva e che aveva risvegliato in lei qualche brutto ricordo a lui sconosciuto? Qualche esperienza negativa di cui non le aveva mai parlato, magari con qualche altro uomo o peggio… No, no mandò mandò via quei pensieri dalla sua mente, era impossibile, lo avrebbe capito se fosse successo qualcosa del genere, non glielo avrebbe tenuto nascosto, non dopo, non per tutti quegli anni.
La postura del suo corpo non era però quella di quando aveva avuto attacchi di panico, si rannicchiava su se stessa, cercava conforto diventando piccola piccola e non scappava via, ma si paralizzava. Lì, invece, vedendola di spalle con le braccia chiaramente intrecciate davanti, la testa alta a sfidare il vento era regale nella sua sagoma stagliata nel nero della notte, con quei raggi di luna che la facevano risaltare appena tra il mare e la sabbia. Era stata una reazione diversa, una fuga vera e propria da lui, anzi da loro.
Non gli rispose. Il silenzio tra loro era interrotto solo dallo sciabordio delle onde. E nei momenti in cui le onde si ritraevano verso il mare, quando c’era più silenzio, Kate sentiva distintamente il respiro spezzato di Castle dietro di sé. Avrebbe preferito sentirlo arrabbiarsi, ma non reagire così. Si voltò a testa bassa: non resisteva più nella lotta contro se stessa che faceva male ad entrambi ma si vergognava tremendamente per quella stupida fuga. Provò ad avvicinarsi ma lui si ritrasse.
- No Kate. Voglio delle risposte. Le voglio adesso.
Alzò lo sguardo a cercare i suoi occhi, brillavano ma non era desiderio, non era passione. Erano le piccole lacrime che stava cercando di ricacciare indietro, per farle affogare nel mare blu dei suoi occhi, per non dargliela vinta, per non mostrarsi debole, perché lui doveva essere forte. Erano lacrime come le sue che invece le bagnavano il viso, incuranti loro di essere viste, incurante lei di apparire forte.
- Perché piangi Kate? - Le sembrò che il suo tono si fosse già addolcito. Si sentì ancora peggio pensando che bastava così poco per fargli cambiare atteggiamento.
- Ho paura. - La risposta fu sincera ma troppo sintetica per racchiudere tutto quello che aveva dentro.
- Di cosa hai paura? Di me?
- No, non di te. Ti tutto. Anche di noi.
- Non ti capisco Kate. Perchè hai paura di noi?
- Non lo so… - In realtà lo sapeva ma non riusciva a spiegarlo, perché avrebbe voluto dire scoprire tutte le sue carte e non si sentiva pronta. Provò ad avvicinarsi di nuovo e questa volta non la respinse. Appoggiò la testa sul suo petto e lo sentì gelido, sferzato dal vento notturno dell’oceano. Si era appoggiata lì, proprio sopra il suo cuore. Lo sentiva battere veloce, rabbioso, dentro al petto. Era lei la causa di quel tumulto e se ne dispiaceva. Avrebbe voluto parlare a quel cuore, senza che Castle sentisse, chiedergli scusa e ancora del tempo per essere pronta a prendersi cura di lui. Accostò la mano sinistra dall’altra parte del suo petto e non era abituata a sentirlo così freddo, ma Rick sembrava non curarsene. Kate lo sentì poi irrigidirsi.
- Hai freddo? - Gli chiese sentendosi in colpa ritraendosi da lui. Era lei che era uscita con la sua camicia.
- Sì, dentro. - Rispose lui più sferzante del vento. - Io vado a casa.
Non le disse altro, si girò e lo vide allontanarsi nella notte, fino a quando si confuse con il buio che lo avvolgeva.

Le aveva lasciata accesa la luce della veranda. Quando lei entrò, però, la casa era immersa nel buio e nel silenzio. Si aspettava di trovarlo lì, seduto su quel divano dove lo aveva lasciato, come se il tempo in quella notte si fosse fermato, se lei non fosse corsa via e lui avesse ancora il suo sapore sulle labbra da baciare.
Invece lui non c’era e l’unica sua traccia era la luce lampeggiante del notebook lasciato in carica. Non c’era più nemmeno il resto dei loro vestiti sparsi a terra lì dove la passione li aveva trasportati, né quelle scarpe col tacco altissimo che lo avevano fatto impazzire. Aveva cancellato tutte le prove di quello che avevano fatto lì poco prima, non c’era più traccia di quanto era stato,  almeno non nell’apparenza esteriore della casa, ma se lei chiudeva gli occhi gli sembrava di sentire ancora i gemiti e i sospiri ed il profumo di loro.
Salì silenziosamente le scale ed arrivò davanti alla porta di camera. Era socchiusa. Voleva entrare ma temeva che fosse vuota, di non trovarlo lì e non sapeva come avrebbe reagito. La scostò appena ed il profumo di lui le arrivò ancora prima di vederlo. Andò in bagno cercando di fare il meno rumore possibile, per togliersi dai piedi la sabbia e il sale. Si soffermò invece a guardarsi allo specchio. Ancora, alcune volte, si prendeva alla sprovvista da sola e faticava a riconoscersi nei lineamenti di quella donna che era. Si tolse la camicia e sul letto trovò la maglietta che aveva lasciato prima di uscire. Sapeva di buono, sapeva di Castle.
Si sdraiò e nonostante la sua presenza sentì il letto incredibilmente vuoto. Rick non invadeva tutto il suo spazio come faceva di solito, standole vicino, ma era disteso di fianco nel nel lato più lontano e Kate si domandava come facesse uno della sua stazza ad occupare così poco spazio. Pensò di avvicinarsi a lui di accucciarsi addosso alla sua schiena per respirare il suo profumo direttamente dalla fonte, ma non lo fece. Evidentemente voleva che tra loro ci fosse una certa distanza e lo rispettò. Si voltò dalla sua parte per vedere le sue spalle alzarsi in quel movimento impercettibile e costante assecondando il respiro. Si addormentò così e fu convinta di aver dormito molto quando aprì di nuovo gli occhi, ma in realtà non erano passare che un paio d’ore. Era ancora notte, nemmeno rischiarata dal primo bagliore dell’alba. Si voltò per cercare Castle ma lui non c’era. Si tirò su, impossibilitata in quel momento a dormire oltre. Sentiva la testa che le faceva male, pulsante, come dopo una sbronza. Non erano stata di certo colpa delle due dita di champagne a ridurla così. Corse in bagno e vomitò tutto quello che aveva mangiato la sera precedente. Non le sembrò di stare meglio. Aveva ancora quella fitta allo stomaco e quel senso di nausea persistente. Non era il cibo a procurarglielo, era se stessa. “Kate, pensa al bambino, non ti fa bene stare così”. Se lo ripeteva mentalmente, mentre continuava a scusarsi con lui per non essere quella buona madre che avrebbe dovuto essere, che si doveva preoccupare solo di star bene, rilassata ed il suo unico pensiero doveva essere quello di trovargli un nome. Non ci aveva nemmeno mai pensato.
Si sciacquò il viso e si lavò i denti. Si sciacquò il viso ancora, sperando di togliersi quella patina di dolore dal volto. Non servì, però almeno adesso con l’acqua fredda era perfettamente sveglia, nonostante avesse dormito quasi nulla.
Vide la porta della camera dove aveva dormito Rick quando erano arrivati lì. Era chiusa. Si domandò se lui fosse lì dentro, se se ne era andato quando si era accorto della sua presenza. Non voleva saperlo. 
Scese al piano inferiore, voleva farsi qualcosa di caldo, magari avrebbe calmato un po’ il suo stomaco.
Fu attirata, però, dalla luce soffusa della sala: Castle era lì, addormentato con il computer aperto sulle gambe. Si avvicinò e prese il notebook per appoggiarlo sul tavolo, ma spostandolo disattivò lo stand by e apparve un documento di testo scritto fitto fitto. Era il nuovo libro che stava scrivendo. Non resistette alla curiosità, si sedette e cominciò a leggere quelle ultime pagine. Quelle descritte, però, non erano scene d’azione. Non si parlava di intrighi e omicidi. Lesse freneticamente di come Nikki stava lasciando Rook, per il suo bene, perchè seguirla sarebbe stato troppo pericoloso, di come era decisa e ferma, di come non lasciava apparire il suo conflitto interiore nel separarsi da quell’uomo che amava a tal punto che per vederlo al sicuro, preferiva saperlo lontano da lei, che non lo avrebbe mai potuto amare come meritava e non avrebbe mai potuto tenerlo al sicuro dopo quello che era successo. Lesse di tutto il dolore dell’uomo lasciato solo di come non riusciva ad accettare quella decisione e di come non si voleva dare per vinto davanti alla scelta unilaterale di lei, ma allo stesso tempo di come fosse stanco di combattere per lei. Lesse il dolore di Rook per l’abbandono e ci vide il dolore di Castle.
- Cosa stai facendo? - La voce di lui la destò dalla lettura e chiuse immediatamente il computer.
- Io… scusami, non volevo… lo stavo spostando, si è acceso…
- E non hai resistito dal leggere quello che stavo scrivendo. - Completò amaramente la sua frase. Non era la stessa cosa adesso.
Annuì mentre appoggiava l’apparecchio sull’angolo più lontano del divano. Si vergognava tremendamente di essere stata beccata con le mani nella marmellata. Non provava queste sensazioni da quanto? Più o meno da quando suo padre non l’aveva beccata a rientrare a casa ben oltre l’orario concordato e con una gonna molto più corta di quella indossata quando era uscita, ed aveva forse sedici anni.
Rick si stropicciò gli occhi e poi si passò nervosamente le mani nei capelli. Andò in cucina, lasciandola lì a testa bassa incapace di dire nulla.
- Tieni, bevi… Ti farà bene qualcosa di caldo. - Aveva una tazza sotto il naso e la mano di Castle che gliela porgeva, lasciandogli il manico per poterla prendere senza scottarsi. Era del tè verde. Era sempre lui, quello che sapeva di cosa aveva bisogno senza che glielo chiedesse.
- Grazie. - Prese la tazza e se la portò alle labbra prendendone appena un sorso. Era molto dolce, proprio come lo avrebbe voluto, ma non aveva dubbi che fosse così. Si era seduto di nuovo anche lui, aveva appoggiato la sua tazza sul tavolo davanti a loro. 

- Sei stanco anche tu Rick? - Kate ruppe il silenzio che era sceso tra loro di nuovo.
- Ho solo un po' sonno, non ho dormito molto. E anche tu dovresti dormire di più.
- Non importa adesso e non parlavo di me, mi chiedevo se fossi stanco come Rook.
- Rook è stanco? - Non ricordava nemmeno cosa avesse scritto prima di addormentarsi.
- Sì, di combattere per loro.
- Ti preoccupa questo? Perché? 
- Eri distante, mi sono svegliata e non c'eri. Pensavo che...
- Non sono io quello che sono scappato fuori di casa dopo che abbiamo fatto cosa Kate? L'amore, sesso, una scopata, una botta e via? Non lo so nemmeno io. Potevi lasciarmi i soldi sul tavolo già che c'eri prima di uscire. 
Avrebbe preferito sentirlo urlare e sfogarsi e invece Castle diceva tutto quanto con un tono estremamente calmo e tranquillo. Fin troppo. 
Era così che si era sentito? Usato? Non aveva capito nulla di quel fiume di emozioni che scorrevano dentro di lei, di quanto fosse lontano dalla realtà. Kate pensò che, rapito dal piacere, non aveva nemmeno sentito quella frase uscita senza permesso. Appoggiò la tazza anche lei sul tavolo, si alzò di scatto e corse verso il bagno. Era ancora piegata sul water e non si accorse che lui era dietro di lei fino a quando non sentì le sue mani sorreggerla e spostarle i capelli. Era solo in preda agli spasmi, il suo stomaco era vuoto. Si alzò bruscamente, si sciacquò il viso ed uscì. Non meritava il suo sostegno nè la sua compassione. Cominciava appena ad albeggiare e Kate era davanti alla finestra della vetrata. Il mondo ricominciava a prendere colore, l’oscurità stava abbandonando i contorni degli alberi e si cominciava a distinguere lo il mare dal cielo. Lei, invece, si sentiva sempre avvolta dalle sue tenebre, quelle che generavano paure che rendevano il suo comportamento irragionevole e contraddittorio ne pienamente consapevole.
- Dovresti stenderti un po’. Hai preso freddo prima.
- Sto bene Rick. Non ti preoccupare.
- Come faccio a non preoccuparmi Kate?
Sospirarono entrambi. Era una situazione surreale.
Stavano male tutti e due e tutti e due si preoccupavano di come stesse l’altro, ma non si parlavano e non sfogavano quello che avevano dentro. Erano in una situazione di stallo dalla quale non sapevano come uscire. 
Rick pensava che i problemi li avrebbero investiti una volta tornati a New York, invece erano arrivati ben prima, senza che capisse perché, quali erano le paure di Kate che non riusciva a confessarle.
Tornò a sedersi lasciandola lì in piedi a guardare fuori la notte che lasciava il passo al giorno. Si strinse le tempie con le mani. Pensava al tempo trascorso da quando erano arrivati lì. Aveva sperato che la memoria di Kate fosse riaffiorata più rapidamente, invece a parte qualche raro flash non avevano fatto alcun passo avanti. Alcune volte si dimenticava quanto doveva essere difficile per lei vivere così, pensava a quanto invece era andato avanti il loro rapporto in così poco tempo, era convinto che questo fosse perché nel suo inconscio il ricordo di loro doveva essere ancora presente, altrimenti Katherine Beckett non si sarebbe mai esposta così tanto in così poco tempo. Non era come prima, non gli aveva mai detto che l’amava, però aveva fatto tanto altro, non lo poteva negare. Gli era piaciuto la sera prima vederla gelosa di lui e così possessiva mentre facevano l’amore, gli piaceva ancora pensare che fosse quello, anche se a lei aveva detto cose delle quali ora si stava pentendo.
Avrebbero dovuto forse fare un passo indietro e venirsi incontro di nuovo, glielo doveva dire. Ricominciare a camminare passo dopo passo insieme. Si era illuso che tutto fosse più semplice che il sesso avrebbe coperto quelle mancanze che sentiva, invece le aveva amplificate ed anche in lei aveva provocato qualche emozione che l’aveva turbata. 
- Kate… Credo che noi dovremmo fare un passo indietro. 
Lei si voltò a guardarlo. La stava lasciando? Tecnicamente loro erano sposati, ma adesso cosa poteva dire che erano, due che stavano insieme?
- Mi stai lasciando? - Glielo chiese con voce atona, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
- Io cosa? No! Kate! No! - Rick fu colto alla sprovvista da quella domanda, come poteva pensarlo? Non aveva capito nulla di lui allora!
- Allora cosa vuol dire fare un passo indietro?
- Vuol dire non correre, almeno per me. Non pensare che sia tutto apposto, perché non lo è. Vuol dire che ci sono ancora molti problemi e forse sarebbe meglio parlarne, perché c’è qualcosa che ti fa stare male e ti turba e se non la risolvi non andremo mai avanti ed io vorrei invece andare ancora molto avanti con te, perché se penso al mio futuro non c’è un’immagine dove tu non ci sei.
Kate tornò a guardare fuori. Non sapeva se quelle parole l’avevano rassicurata oppure no. Castle era tutto quello che aveva nella sua nuova vita, senza di lui non avrebbe avuto niente eppure avere tutto la spaventava in ugual modo.
- Pensi che ce la faremo Rick?
- Ce la dobbiamo fare Kate. Non solo per noi.

   
 
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