Stephen
Ranieri era un bambino che si era sempre sentito molto solo e avrebbe
tanto
voluto un compagno di giochi. Il concetto di
“amico” gli era quasi estraneo:
poteva ritenere Fred una persona molto cara, ma non gli era permesso
giocare
con lui, e poi, Fred era grande!
Le
uniche bambine con le quali aveva instaurato una sottospecie di
rapporto erano
Lucilla, che però tanto bambina non era più, ed
Erica, che era certamente
meglio di Lucilla ma, comunque, un po’ timida e insicura, e
non disposta a
cimentarsi nei giochi spericolati che Steve le proponeva in
continuazione.
Stando
così le cose, era ovvio che il piccolo accogliesse con
immensa gioia la notizia
dell’arrivo, entro qualche mese, di un fratellino o una
sorellina; gli
dispiaceva un po’ per la mamma, che era costretta a stare
sempre a letto perché
in tali condizioni era meglio non affaticarsi troppo, tuttavia gli
pareva un sacrificio
fattibile; tanto, dopo aver dato alla luce il bimbo, la contessa
sarebbe
tornata ad essere la stessa di sempre.
Lisa
Ranieri, che durante la prima gravidanza si era lasciata sprofondare in
un
abisso tetro e asfissiante, appariva ora stanca ma placida,
perché circondata
da chi amava: Steve, Lorenzo e Fred. L’idea della morte, che
sovente la
sfiorava, non riusciva a turbarla: se fosse morta dando alla luce la
creaturina
che portava in grembo, cosa che riteneva probabile, sarebbe rimasto
Fred a
vegliare sui suoi figli, e ciò la consolava. La voglia di
vivere che l’aveva
caratterizzata durante l’adolescenza, aveva lasciato spazio a
una rassegnazione
quasi mistica e, se qualcuno avesse potuto leggerle i pensieri, sarebbe
stato
stranito da tanta inquietante saggezza. Accarezzandosi il pancione, la
contessa
rifletteva infatti su quanto tutto fosse sensato, perché era
ovvio che per ogni
nuova vita doveva spezzarsene un’altra e, in fondo, a cosa
serviva lei, su
quella terra? Non si poteva neanche dire che avesse davvero vissuto.
Lei, la
vita, l’aveva solo accarezzata, ne era stata spettatrice
più che attrice. Ed
era ora che lo spettacolo finisse, si diceva.
Lorenzo,
invece, soffriva. A ogni frase di congratulazioni per la nuova
imminente
paternità, egli si sentiva trafiggere il cuore. Avrebbe
voluto gridare al mondo
che non c’era nulla di cui rallegrarsi, che non esisteva
marito peggiore di
lui, che la contessa non avrebbe dovuto affrontare una nuova
gravidanza;
sperava che qualcuno lo rimproverasse, perché quello
meritava; e invece tutti a
congratularsi, a felicitarsi. Neanche il vescovo pareva aver capito la
gravità
del suo peccato, e continuava a far visita al castello portandosi
dietro
Lucilla ed Erica.
Lucilla,
in realtà, stava diventando davvero carina; l’aria
altezzosa del suo viso era
illuminata da un paio d’occhi verdi che parevano smeraldi, e
il corpo iniziava
a maturare. Se Stephen fosse stato due o tre anni più
grande, si sarebbe
innamorato; ma il piccolo, essendo un bambino, neanche si sognava di
guardare
la “fidanzata” e non pensava affatto
all’amore. Le sue azioni, come le sue
parole, erano assolutamente innocenti e pure.
Quando
aveva osservato che il nome “Erica” fosse molto
bello, perché faceva pensare ai
prati, non aveva parlato con l’intenzione di adulare la
damina di Lucilla; e se
giocava tanto con lei era solo perché solo lei, appunto, era
disposta a giocare
con lui.
Lucilla,
gelosissima, ignorava che presto avrebbe dimenticato certe sciocchezze,
perché
presto Steve avrebbe ignorato Erica come ignorava lei.
Erica,
che di anni ne aveva sette, non poteva ovviamente immaginare quanto
quei
piccoli gesti avrebbero influito sui suoi sentimenti, portandola, in
futuro, a
fantasticare ad occhi aperti sul promesso sposo della sua signora.
Tornando
al 1880, comunque, bisogna specificare che tutti
fossero convinti del fatto che la contessa non sarebbe
sopravvissuta al
parto, e si erano a ciò rassegnati.
I
problemi nacquero quando anche la vita del bimbo che Lisa portava in
grembo
entrò in pericolo.
La
contessa era al sesto mese di gravidanza e le era venuta una forte
febbre, che
l’aveva portata a mangiar poco, vomitare molto e, di
conseguenza, indebolirsi.
Quel corpo – reputato unanimemente inadatto ad affrontare un
parto – era dunque
divenuto ancor meno forte e, come se non bastasse, Fred si
ritrovò a scoprire –
per puro caso – che la contessa aveva delle perdite.
La
sera stessa in cui realizzò ciò, Fred si diresse
da Lorenzo, deciso a
spiegargli la gravità della situazione e pronto ad ammettere
di non esser
capace, lui solo, a fronteggiare la cosa. Bisognava assolutamente
rivolgersi a
medici più esperti. Lui non operava seriamente nel settore
da troppo tempo, era
fuori allenamento, e non se la sentiva di “prendersi certe
responsabilità”.
Lorenzo
si allarmò, chiese spiegazioni, voleva capire cosa stesse
succedendo, perché se
si era rassegnato alla perdita di Lisa non poteva tuttavia accettare
un’eventuale
morte del bambino: avrebbe reso, questo, la dipartita della contessa
assolutamente inutile.
«Signor
conte, la realtà dei fatti è purtroppo molto
semplice: Lisa è sopravvissuta
alla prima gravidanza per miracolo, ed era ovvio che non avrebbe dovuto
affrontarne un’altra. Tutti l’avevano
detto.»
Lorenzo
si era sentito offeso, e consolato assieme: finalmente qualcuno lo
rimproverava, come da tempo aveva agognato, e tuttavia non gli sembrava
giusto
che fosse proprio quell’uomo a farlo.
«Frederick,
quando ti ho chiesto di trasferirti in Italia, sono stato molto chiaro:
il tuo
ruolo sarebbe stato quello di un capocameriere. Nulla di
più, nulla di meno. Ti
prego, pertanto, di non tediarmi con commenti che non ti
spettano.»
«So
bene quale sia la mia posizione; non fate che sottolinearlo, da dieci
anni.
Tuttavia, mi avete spesso incaricato di prendermi cura della contessa
come medico,
e proprio come medico – non come uomo, badate bene
– sono costretto a
rimproverarvi.»
«Io
e Lisa siamo marito e moglie, Frederick.»
«Con
tutto il rispetto, signore, avreste potuto evitare questa gravidanza,
come l’avete
evitata per tanti anni.»
Fu
l’unica sera, quella, in cui Lorenzo e Frederick parlarono da
pari a pari;
dopo, sarebbero tornati a comportarsi come un padrone col suo servo.
Allora,
invece, discussero con franchezza, si accusarono di gelosia ed egoismo,
sputandosi addosso il rancore accumulato nel tempo. Se qualcuno li
avessi
visti, sarebbe stato comunque sorpreso nel notare che, anche in un
litigio del
genere, quei due erano capaci di rimanere dei perfetti gentiluomini.
Fatto
sta che la lite servì esclusivamente a far sfogare il conte
e il medico, senza
poter cambiare ovviamente il destino di Lisa.
«In
conclusione» domandò Lorenzo, quando si furono
ricomposti, «posso sapere come
stanno le cose dal punto di vista medico?»
«Probabilmente,
Lisa partorirà prima del tempo; a breve, anzi, oserei dire.
E non credo sarà
facile far sopravvivere la creatura.»