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Autore: Alice95_    13/07/2016    2 recensioni
Una giovane Kate Beckett alla ricerca di una notte da dimenticare, si trova davanti a una persona che invece si ricorderà per il resto della vita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Kate era bagnata dalla testa ai piedi e anche se quella era notte una calda, stava gelando. La Buon Costume l’aveva assegnata in una zona estremamente ventosa, che combinata con i suoi vestiti umidi e a una stanchezza che l’attanagliava da un po’, la portò ad avere solo voglia di tornare a casa. Ma non ancora, non era ancora riuscita ad ottenere niente di positivo da Raul Gonzales, che presumibilmente si trovava nell’edificio dall’altra parte della strada. Presumibilmente, addirittura Kate stava cominciando a dubitarne.

Aveva a malapena visto Jamie in tutta la settimana, il suo incarico con la Buon Costume le aveva occupato la maggior parte del tempo e non desiderava altro che trascorrere una notte tranquilla in compagnia di sua figlia, solo loro due e un libro.

Certo, il suo coinvolgimento in una grande operazione come quella, serviva ad ingrandire il suo curriculum, ma in quel momento stava gelando, era stanca, sola e le mancava la sua bambina. Si chiese se il prezzo da pagare non fosse troppo alto.

Kate strinse un po' di più le braccia al petto e cominciò ad alternare un piede all’altro cercando di ridare sollievo alle sue gambe intorpidite. Con la coda dell’occhio vide una macchina che si stava avvicinando e preparò se stessa a sbarazzarsi di un altro Don Giovanni, che sicuramente le avrebbe fatto un’offerta che a detta loro, non avrebbe potuto rifiutare. Ma poi dalla macchina senza targa capì che era uno dei suoi. Fece un passo in avanti e aspettò che la macchina si fermasse accanto a lei, per poi avvicinarsi al finestrino.

“Royce?”, guardò il suo compagno con un’espressione perplessa, “Che ci fai qui?”.

“Per oggi hai finito, Raul Ramirez è stato avvistato in un altro posto”, la informò Royce, facendole segno di salire in auto. “Mi sono offerto per venirti a prendere e portarti a casa”.

Kate si mise a sedere sul sedile del passeggero e accettò con gratitudine l’asciugamano che Royce stava allungando verso di lei.

“Perché non è venuto qualcuno della Buon Costume?”, chiese, ancora non sicura del perché Royce si fosse preso il disturbo di andarla a prendere, il suo turno era finito da ore.

“Si sono spostati tutti per l’altro appostamento”, fece spallucce. “Non volevo farti prendere un taxi”.

Kate apprezzò il suo pensiero, “Grazie Royce, ma davvero non c’era bisogno di fare questo. Avrei preso un taxi”.

Le diede un altro sguardo, aveva i vestiti bagnati appiccicati al suo corpo, i capelli arruffati, “Non sono sicuro che qualche taxi ti avrebbe dato un passaggio”. Le sorrise, mettendo l’auto in marcia e svoltando per portarla al suo appartamento.

Rimasero in silenzio per un po’, Kate cercò di asciugarsi i capelli nel miglior modo possibile mentre Royce accese il riscaldamento, notando la pelle d’oca sulle sue braccia.

“Da quanto eri lì fuori?”, disse finalmente il suo partner, svoltando poi a sinistra.

Kate sospirò, “Cinque ore”.

“Cinque ore sotto questo tempo?”, Royce la guardò brevemente, non era esattamente una notte fredda, ma con la pioggia ed il vento non era certo delle migliori. “Non hanno avuto nemmeno la dignità di mandare qualcuno a prenderti?”.

“Royce, è tutto ok. Posso badare a me stessa e poi sai quanto è importante prendere Gonzalez”, cercò di calmarlo, sebbene dovesse ammettere che la pensava come lui. E se doveva essere onesta con se stessa, non era la prima volta che succedeva.

“Non va bene, Beckett. Non possono chiedere il tuo aiuto e poi lasciarti sola al tuo destino. Non è accettabile”, poteva dire che era furioso. “Parlerò con quel Gregson che ha chiesto appositamente di te”. Borbottò.

Kate si girò verso di lui, “Tu non farai niente di tutto ciò Royce. Hai sentito? Non ho bisogno di protezione. Posso risolvere la questione da sola”.

“Beckett-“, ma non lo lasciò finire.

“No, ho bisogno di questi incarichi e se tu parli con Gregson non mi chiameranno più”, gli disse seria.

“Perché è così importante per te?”, chiese, fermandosi a un semaforo rosso e girando la testa per guardarla.

“Sai perché”, dichiarò, giocherellando con la collana che aveva come ciondolo l’anello di sua madre, guardando fuori dal finestrino.

“Diventare detective vale più della tua dignità?”, le chiese, perché era così per lui, l’avevano trattata malissimo. Nel momento in cui non avevano più bisogno di lei, se ne fregavano, considerandola una merda. Lui c’era stato, sapeva come funzionava con i ragazzi della Buon Costume e non voleva che lei si mettesse in gioco così tanto per loro solo perché potevano aprirle strade per il futuro. Esistevano altri modi. “La Buon Costume non è l’unico modo per ottenere quello che vuoi, Beckett”.

“Lo so, ma è il più veloce, lo sai bene quanto me”. Lo guardò di nuovo. “Non parlerai con Gregson”.

“Come vuoi”, mormorò Royce. Sapeva quanto era testarda e se la sua mente aveva deciso una cosa, non c’era modo di convincerla a cambiare rotta.

“Quel tizio, Castle, ti da più fastidio?”, le chiese improvvisamente, e Kate venne presa alla sprovvista per il cambio radicale di argomento.

“Cosa?”, gli chiese perplessa.

“Quello scrittore di cui ti sei presa una cotta”, continuò lui, pensando che la sua esitazione volesse dire o che non aveva capito di chi stavano parlando o che semplicemente non voleva parlarne.

“Oh”, lei annuì. “No, tutto bene da quel fronte”.

“Bene, perché sai che se ti da qualsiasi tipo di fastidio, io-“, lo fermò mettendogli una mano sul braccio.

“Non sarà necessario”, Kate non fu disposta a dirgli altro, contenta quando lui lasciò le cose come erano.

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La settimana passò lentamente, così lentamente che Castle pensava che il weekend non sarebbe mai arrivato. Gina lo aveva tormentato per tutta la settimana per un nuovo appuntamento a pranzo e lui adesso era a corto di scuse. Si, era intelligente, bella e gentile, e sapeva perché Paula era interessata a trovargli una donna, ma aveva anche un senso di finzione e superficialità intorno a lei che non gli piaceva. Aveva incontrato molte donne come lei, donne di successo che erano abituate ad ottenere quello che volevano e doveva ammettere che l’avevano conquistato più volte di quante volesse ammettere. Gli ultimi due anni, dopo la rottura con Meredith, certamente non era stato un santo, anche se non era così playboy come dicevano i giornali di gossip. Ma non riusciva a fidarsi di nuovo di qualcuno, era stato vicino a Sophia, e tutto era andato a rotoli anche lì. Sapeva che non poteva fidarsi di una donna come Gina e non avrebbe fatto di nuovo lo stesso errore. Stava cercando qualcosa, qualcuno di diverso.

Così aveva detto a Gina che aveva bisogno di scrivere , che un lampo di ispirazione l’aveva colpito e sentiva che avrebbe scritto un capitolo in pochi giorni. Lei gli aveva creduto ed era certo che sarebbe riuscito a tenerla a bada per un po’.

La verità era che non era stato in grado di scrivere un singolo paragrafo.  Aveva fissato la pagina bianca per giorni e non era riuscito a fare niente. L’unica cosa che era riuscito a fare è stato scarabocchiare alcune idee e frammenti di scene, nient’altro.

Alla fine aveva finalmente deciso di lasciar perdere e ora era andato in cerca di sua figlia per vedere se volesse passare un po' di tempo con lui. Magari un round a laser-tag avrebbe risvegliato la sua immaginazione.

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Kate si svegliò di soprassalto, disorientata e con il fiatone, guardò la sveglia sul comodino. Erano le 03.44.

Gemette, sentendosi calda e in una cattivo stato, e per un momento non capì perché. Aveva preso il raffreddore? Aveva fatto un brutto sogno? E poi ricordò tutto molto chiaramente. Non un incubo, aveva sognato lui. Gemette di nuovo, questa volta imbarazzata. Dio, ti prego no. L’ultima cosa di cui aveva bisogno in questo momento era fare sogni su di lui, qualsiasi tipo di sogni, anche quelli meno sexy. Era tutta colpa di Cynthia, cercò di dire a se stessa, anche se sapeva che non era vero. Avrebbe dovuto sapere che era solo questione di tempo prima che entrasse nella sua vita e anche sotto la sua pelle. Dopotutto, l’aveva già fatto una volta, in un modo in cui nessun’altra uomo era riuscito a fare. C’erano delle ragioni per cui non era stata in grado di dimenticarlo nel corso degli ultimi anni, e le ragioni non riguardavano solo Jamie.

Aveva bisogno di tenere tutto questo sotto controllo, doveva mantenere il sangue freddo. Non poteva permettersi errori e non poteva nemmeno pensare che c’era anche solo una possibilità…no. Sapeva già come sarebbe finita.

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Annoiato, Castle era annoiato. Solo annoiato, così annoiato che stava seriamente pensando di gettare le matite contro il soffitto per vedere se si sarebbero attaccate. Dove aveva visto questa cosa? Ah si, X-Files, l’episodio dove Scully se ne andava in vacanza in Inghilterra, quello con la bambola inquietante e dove Muller restava a casa, annoiato.

Alexis era a casa di Daphne, sua madre era fuori città con un uomo, solo un amico, certo, sapeva esattamente che tipo di amico fosse. Mamma mia, ora aveva le loro immagini nella mente. Scosse freneticamente la testa, mentre si incamminò verso la cucina e aprì il frigo, non sapeva nemmeno perché. Non aveva fame, era solo immensamente annoiato.

Aveva pensato di chiamare Gina, chiederle di uscire per pranzo. Pensiero pericoloso, aveva bisogno di distrarsi, e anche velocemente.

Poteva chiamare Kate, ma sicuramente era ancora a lavoro. Solo una chiamata veloce, solo per sapere come stava Jamie, anche se sapeva che a lei non sarebbe piaciuto. Anzi probabilmente sarebbe stata furiosa. Ma avrebbe fatto solo una telefonata veloce, non avevano ancora parlato dei dettagli per sabato. Poteva usarla come scusa visto che lei gli aveva detto che lo avrebbe chiamato per discutere dei dettagli.

Era davvero annoiato e voleva davvero sapere come stava Jamie, ormai non aveva più autocontrollo, compose il numero prima di rendersene conto.

—————————————

“Beckett”, rispose senza guardare.

“Hey, sono io”, una voce maschile le rispose, facendole alzare lo sguardo dai fogli che stava leggendo. 

“Castle?”.

“Si”, sospirò, sollevato che l’avesse riconosciuto, “Ciao”.

“Ciao”, disse lei, ancora confusa come dimostrava il suo tono di voce. Cosa voleva?

“Volevo solo..”, balbettò, poi iniziò di nuovo. “Volevo solo sapere come stavi e..”, fece una pausa, “E anche Jamie, volevo solo sapere come stava Jamie?”.

“E’ una domanda?”, chiese lei.

“Uhm, no?”, cattiva idea, era stata una cattiva idea chiamarla, si rimproverò.

“Jamie sta bene”, disse lei finalmente. “Ma ora sono a lavoro e-“, lui la fermò subito.

“Si scusa. Lo so. Volevo solo fare un saluto veloce e sapere come stavano procedendo le cose”. Stava parlando a ruota libera. “Ti lascio tornare. A lavoro, ti lascio tornare al tuo lavoro. Ciao Kate”.

“Castle”, lo fermò prima che potesse attaccare.

“Si?”, lui rispose quasi senza fiato e lei dovette mordersi il labbro inferiore per non ridere.

“A proposito di sabato”, continuò, e il cuore di Castle di fermò. Stava per annullare.

“Uh, si”, il suo tono era esitante, quasi timoroso.

“Ti chiamo stasera”. Gli disse, e poté sentirlo respirare sollevato.

“Oh, okay. Si, grazie”. C’era speranza, dopotutto.

“Ciao Castle”. Doveva tornare a lavoro prima che Royce potesse vedere con chi stava parlando e lo vide camminare verso di lei proprio in quel preciso istante.

“Ciao Kate”. Finalmente attaccò e sospirò. Non era andata così male come si aspettava.

“Chi era?”, chiese Royce, indicando il telefono.

“Nessuno”, disse lei, guardando Royce. “Nessuno che conosci, un vecchio amico del college”.

“Aha..”, lui annuì solamente, sedendosi poi alla sua scrivania. Beckett non aveva mai parlato di un vecchio amico del college.

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Kate lo chiamò quella notte, era tardi e si era scusata, ma a Castle in realtà non importava. Lo poteva chiamare in qualsiasi momento, non si sarebbe lamentato.

“Com’è stata la tua giornata?”, chiese lui, e davvero non aveva idea del perché. Di certo ancora non erano vicini a quel rapporto dove si potevano chiedere come era andata la loro giornata.

Lei pensò lo stesso, a giudicare dal silenzio che si era creato tra di loro.

“Scusa, non sono affari miei”, si scusò velocemente.

“No, no, va bene. E’ andata bene. Grazie”. Lei non aveva idea di quando era stata l’ultima volta in cui qualcuno, oltre Cynthia, le avesse chiesto come era andata la sua giornata. E a lui interessava davvero, lo poteva sentire dal suo tono e non poteva negare che le faceva piacere.

“Ok, ottimo direi”, disse lui, la sua voce era calda e calma mentre lei poteva sentire i suoi respiri dal telefono. Ritornò il silenzio tra loro, ma stavolta non fu imbarazzante.

Ma Kate non poteva permettersi questa situazione, non poteva abbandonarsi al bisogno che ormai era abituata a cacciare via. Avere qualcuno che si preoccupasse di lei, era solo un’illusione. Lo sapeva fin troppo bene.

“Quindi, per sabato”, riportò la conversazione su basi più solide. “Ho pensato a quello che mi hai detto, riguardo i paparazzi”.

Lui sospirò, forse aveva avuto dei ripensamenti, “Kate io-“, non sapeva cosa dirle.

“C’è un parco giochi privato proprio dietro casa mia e ho pensato che-“, Castle la interruppe.

“Non stai annullando?”, chiese speranzoso.

Kate era perplessa, “No, perché dovrei?”.

“Pensavo per la cosa dei fotografi, per tutto quello che poteva implicare”.

“Castle, non sto dicendo che mi piace, ma se stiamo attenti..”, lo sentì  trattenere una risata. 

“Cosa?”.

“Uhu, sicurezza prima di tutto, ma permettimi di rassicurarti Kate, ti piacerà”, non poté non dirlo, lei aveva gettato l’amo e forse il suo cambiamento di tono l’aveva reso più impavido e coraggioso, e non ci pensò un attimo prima di dire quella frase.

“Seriamente? Quanti anni hai, nove?”. Lui sapeva che non era divertita.

“Mi dispiace, è stato fuori luogo”, si riprese subito. “Ti chiedo scusa”.

La sua unica risposta fu un borbottio a bassa voce, “Quindi sabato. Ci possiamo incontrare alle due”.

“Okay, perfetto”, annuì energicamente.

Gli diede l’indirizzo e lui rapidamente lo scarabocchiò su un foglio.

“Ci vediamo sabato allora”, concluse Kate.

“Certo. Notte Kate”.

   
 
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