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Autore: Touch the sound    14/07/2016    1 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23​ - Corresponding shapes like puzzle pieces from the clay.
«Se non spegni quel cazzo di cellulare pago qualcuno per farti ammazzare mentre dormi» sbuffò Jane accendendosi una sigaretta. Il fumo saltellò nell'aria e venne subito spazzato via da una folata di vento.
«Grazie, ti voglio bene anch'io» rispose Chris. La ragazza sorrise, poi gli strappò il cellulare dalle mani. Chris le sembrò contrariato, ma era stanca di vederlo fissare quello schermo.
«Senti, devi rilassarti un pò, non ci credo che ti fai fottere il cervello da un ragazzino»
«Non è così» obiettò Chris.
«E invece sì, non ti azzardare a negare l'evidenza»
Chris si riempì i polmoni d'aria fresca e poi sospirò. Jane aveva ragione, si stava facendo prendere così tanto da quella situazione da non riuscire più a pensare ad altro. Stava diventando un'ossessione e non faceva nulla per respingerla. Era ancora arrabbiato con Ricky, non capiva il motivo del comportamento che aveva avuto la sera prima. 
«Non so più se lo amo o lo odio» mormorò. Jane rimase in silenzio, non sapeva cosa dirgli.
«Ieri, quando l'ho visto a casa di Angelo, mi è sembrato così... diverso»
C'era una profonda angoscia nella sua voce, per la prima volta Jane percepì il suo dolore. Avrebbe voluto fare qualcosa per aiutarlo, magari parlare con Ricky, ma si sentiva la persona meno indicata a farlo.
«È successo qualcosa di cui non vuole parlarmi»
«Forse sta solo passando un brutto periodo» azzardò la ragazza.
«Credo che dovresti mettere da parte l'orgoglio e fare tu il primo passo, di nuovo»
Chris alzò gli occhi al cielo. Era stanco di dover essere sempre lui a fare le cose, gli altri non si scomodavano mai per lui. 
«Dai, vedrai che andrà tutto bene» disse infine la ragazza tirandolo per la manica della felpa e abbracciandolo subito dopo. Chris si abbandonò per qualche secondo fra le sue braccia. Non era mai stato bravo a dimostrare affetto, forse succedeva ogni tanto con Betsy, ma di solito si sentiva quasi a disagio in quelle situazioni. Quella volta, però, decise che un abbraccio non avrebbe peggiorato le cose.
«Janette» quella voce squillante interruppe quell'attimo di pace. Jane si separò da Chris, ma non ebbe il coraggio di voltarsi.
«Capelli palesemente tinti e labbra come gommoni?» domandò tanto a bassa voce che Chris riuscì appena a capire le parole. Il ragazzo lanciò un rapidissimo sguardo alla figura che si avvicinava sempre di più e annuì. Jane si passò una mano fra i capelli, disperata, poi si voltò.
«Mamma, ciao, cosa ci fai qui?» 
La donna non le rispose, continuò ad avvicinarsi. Una volta arrivata a destinazione, abbracciò appena sua figlia. Chris notò i sorrisi tesi di entrambe.
«Dov'eri? Sono stata a casa tua e tu non sei mai tornata»
La ragazza boccheggiò per qualche secondo, poi dalla bocca le uscirono parole che non riuscì a controllare.
«Sto dormendo qui, a casa di Chris... il mio ragazzo»
Chris quasi si strozzò con la sua stessa saliva e sua madre sbarrò gli occhi. Il gioco di Jane era quello di infastidirla tanto da farla andare via, magari poi le avrebbe fatto visita anche meno di frequente.
«Lui... lui è il tuo ragazzo?» chiese con un tono irritante.
«Sì» esclamò Jane prendendo Chris per la mano.
«Amore mio, non essere timido e presentati» disse poi voltandosi verso il ragazzo con uno sguardo omicida. Chris non sapeva in che casino stava per mettersi, ma per qualche motivo allungò la mano verso la donna e pronunciò il suo nome. Lei esitò.
«Sharon, tanto piacere» disse stringendogli la mano per appena un secondo. Poi rivolse l'attenzione di nuovo a sua figlia.
«Tesoro, perchè non vieni a casa? Fai una doccia, metti qualcosa di... decente addosso e andiamo a fare una passeggiata insieme»
Jane strinse forte la mano di Chris trasmettendogli il suo disapprovo verso quella proposta.
«Io... non so se posso, mamma, ho delle cose da fare»
«Sì, ma io non vengo qui molto spesso, quindi prendi quello che ti serve e... andiamocene da qui» sussurrò guardandosi intorno con un'aria quasi disgustata. La ragazza sospirò e poi annuì. Chris poteva ben comprendere perchè Jane non sopportasse la sua presenza. Come si permetteva di guardare in quel modo il suo quartiere? Certo, lui era il primo ad odiarlo, ma ne aveva tutto il diritto essendo nato e cresciuto lì, lei invece doveva solo andarsene se qualcosa non le andava bene. E poi, quell'aria altezzosa e il modo in cui lo scrutava, gli ricordava un pò la madre di Ricky e ciò non era un punto a suo favore.
«Io dovrei andare a lavoro» disse accorgendosi che, in effetti, doveva essersi fatto tardi. Jane quasi non voleva lasciarlo andare.
«A dopo, Janette» la prese in giro Chris.
«E divertitevi, mi raccomando»
Sarah si limitò ad un sorriso di circostanza, invece Jane gli lanciò uno sguardo inceneritore mentre gli porgeva il cellulare. Chris lo riprese e si allontanò.
Quel giorno, anche se molto confuso, si sentiva stranamente pieno di energie. Forse Jane aveva ragione, doveva smettere di pensarci troppo e prenderla più alla leggera. In fondo, in ogni coppia potevano accadere momenti di difficoltà, probabilmente quello era solo il primo di una lunga serie. 
Scese dall'autobus e fece i soliti venti metri a piedi per arrivare all'officina. Aveva fatto appena in tempo a prendere l'autobus quindi non era arrivato tardi. Vide subito Michael che usciva dallo studio. Si salutarono e l'uomo gli stilò subito una lista lunghissima di cose da fare. Il ragazzo di mise subito a lavoro, non voleva perdere tempo. Anche perchè, prima finiva il suo lavoro, prima poteva tornarsene a casa. Michael era molto accondiscendente nei suoi confronti, la prima volta che lo mandò via due ore prima della chiusura pensò che quello fosse un cattivo segno, che forse voleva licenziarlo, ma non fu così.
Durante la giornata non ebbero nemmeno il tempo di scambiarsi qualche parola, entrambi avevano troppo da fare. Erano le 19:30 quando Michael decise che di quella giornata infinita ne aveva abbastanza. Chris non poteva che esserne contento. Provava il forte desiderio di correre via, ma decise di restare e aiutare Michael a dare una ripulita.
«Chris, non preoccuparti, puoi andare»
«No, tranquillo»
Michael lo ringraziò. Chris notò che ogni tanto gli lanciava qualche sguardo, come se avesse qualcosa da dirgli o rimproverargli. Michael non potè fare a meno di parlare quando, proprio mentre lo stava guardando, Chris alzò lo sguardo. Si avvicinò di più a lui prima di parlare.
«Senti, volevo chiederti una cosa»
«Dimmi» disse Chris fra il curioso e lo spaventato. Ogni volta che "dovevano parlare" gli si fermava il cuore per qualche istante. Temeva sempre di essere licenziato e trovarsi di nuovo per strada.
«Ti andrebbe di cenare a casa mia? Non per forza stasera, quando vuoi»
Lo stupore era ben evidente sul suo viso e Michael poteva capirlo.
«Certo, per me va bene» rispose. Perchè rifiutare? Michael era una persona piacevole con cui passare il tempo, e poi era pur sempre il suo capo e non voleva fargli alcun torto. Non poteva neanche dimenticare che era solo grazie a lui se, la notte in cui si erano conosciuti, non era finito a dormire per strada o in chissà quale altro strano luogo. Si sentiva sempre un pò in dovere verso di lui, era stato gentile nei suoi confronti dal primo momento.
«Bene... sai com'è, lo faccio anche per Sheryl, spesso è sola e non vorrei che si annoiasse a stare con me tutto il tempo»
Agli occhi di Chris quella sembrò una richiesta d'aiuto. Conosceva la storia di quella famiglia abbastanza da poter essere certo che Michael cercava un modo per poter creare un contatto con sua figlia. Altrimenti non trovava altra spiegazione alla sua richiesta.
Gli sorrise.
«Che ne dici di sabato?»
L'uomo annuì, ringraziandolo, poi gli disse di tornare a casa e quella volta Chris ubbidì. Aveva intenzione di tornare a casa, darsi una rinfrescata e andare a casa di Ricky, così da portare a termine quella situazione spiacevole.

Dopo essersi fatto una doccia, Chris si sedette a tavola e cenò in compagnia di sua sorella. Quella sera la trovò silenziosa, non stava mangiando per niente e non aveva spiccicato nemmeno una parola.
«C'è qualcosa che non va?»
La ragazza alzò lo sguardo su di lui, poi lo riabbassò mentre scuoteva leggermente la testa.
«Dai, Betsy, non fare così»
«Non sto facendo nulla»
«Appunto» esclamò, poi andò in panico per qualche istante. Non si stava dimenticando del suo compleanno, vero? No, lei era nata a luglio e per l'estate dovevano aspettare ancora un pò.
«Lo sai che mi da fastidio quando non mi nascondi le cose» disse, ma stavolta con una voce più calma. La ragazza lasciò cadere la forchetta e si appoggiò alla sedia con fare annoiato.
«Se non c'è nulla da dire, come faccio a dirti qualcosa?»
Chris lasciò perdere il resto della sua cena.
«È successo qualcosa a scuola?»
Lei scosse la testa. Ancora non lo guardava in faccia, si mangiava le unghie. Perchè era così nervosa?
«Allora sei arrabbiata con me?»
La risposta arrivò subito dopo con l'ennesimo cenno muto. Quel suo sguardo affranto gli trasmetteva tutta la sua tristezza. Non aveva mai potuto fare a meno di sentirsi in quel modo. Vederla stare male, faceva star male anche lui e quando invece era contenta e sorrideva lui non poteva che esserne felice. Era sempre stato così e quella cosa non sempre gli piaceva. A volte si chiedeva se anche per lei era lo stesso, o se si rendeva conto di quello che era in grado di scatenargli dentro.
«Ti prego, Betsy, non farmi stare in pensiero»
Lei rimase zitta ancora per pochi secondi, poi lo guardò un attimo negli occhi.
«Non te lo ricordi, vero?»
Quella domanda zittì Chris che si mise a riflettere. Ma sua sorella non gli diede poi così tanto tempo per pensarci, e le sue parole esplosero in quella stanza proprio come una bomba.
«Sono passati quattro mesi da quando Jonathan è morto» 
Per Chris fu come una doccia fredda. Non si era reso conto di quanto il tempo corresse veloce. Si accorse anche di quanto poco avesse pensato a suo fratello in tutto quel tempo.
«Non fare quella faccia, immaginavo che l'avresti dimenticato»
Chris sospirò sentendosi in colpa. Come aveva fatto a dimenticare una cosa tanto importante? In effetti non ci aveva mai pensato, neanche nei mesi passati. Era stato così preso dal lavoro e dai suoi problemi sentimentali che si era scordato delle cose più importanti. 
«Mi dispiace» mormorò. La ragazza sfuggì a quella situazione alzandosi e cominciando a mettere in ordine e pulire anche cose che neanche necessitavano particolare attenzione. Chris restò a guardarla, teneva lo sguardo basso e si nascondeva il più possibile dietro i capelli sciolti. Sentì una lunga e dolorosa stretta allo stomaco, sapeva che stava trattenendo le lacrime. Si alzò piano, senza fare troppo rumore si avvicinò a lei e le tolse ciò che aveva in mano. Betsy lo guardò appena, poi abbassò lo sguardo, ma Chris notò lo stesso i suoi occhi rossi e lucidi.
«Almeno gli volevi bene?» gli chiese con la voce spezzata, eppure piena di risentimento.
«Certo che gli volevo bene, gliene voglio ancora»
«E allora perchè l'hai dimenticato?» domandò ancora la ragazza lasciando finalmente scorrere le lacrime.
«Non lo so, scusami» sussurrò dispiaciuto, poi l'abbraccio cercando di calmare il suo pianto. Betsy lo lasciò fare, poi lo guardò negli occhi mantenendo la poca distanza che li divideva.
«Non mi importa di cosa vuoi fare tu, domani andremo insieme al cimitero, gli porteremo dei fiori... ho tanto bisogno di parlare con lui»
Chris, come ogni volta, ad una richiesta tanto esplicita di sua sorella, non potè che acconsentire. La ragazza si asciugò le lacrime e ritornò alle sue faccende. I lunghi minuti che seguirono furono molto silenziosi. Si potevano sentire in sottofondo solo delle voci lontane provenienti dalla strada e la tv che dopo un pò era stata accesa proprio da Chris per riempire quel vuoto.
Jane rientrò in casa e si sedette pesantemente sul divano. Emise un sonoro sospiro e Chris, seduto accanto a lei, la osservò mentre buttava la testa all'indietro e si rilassava lentamente.
«Non sapevo ti chiamassi Janette, è stata una sorpresa»
La ragazza voltò la testa verso di lui con uno sguardo assassino.
«Vuol dire che so nasconderlo bene, quindi non rovinarmi la vita dicendolo a qualcuno e smettila di chiamarmi Janette, il mio nome è Jane»
Chris si scusò in una risata appena accennata.
«Passare del tempo con tua madre ti rende una vipera» la prese in giro.
«Vorrei vedere te a passare un pomeriggio intero con tua madre»
Chris inorridì al solo pensiero.
«Comunque hai fatto colpo su mia madre, tanto che ha deciso di andarsene domattina per assicurarsi di non vederti più, mi ha anche esortato più volte a lasciarti... quindi, volevo dire, me ne ritornerò nella mia casetta»
«Bene, un problema in meno»
La ragazza lo mandò a quel paese, poi si sorrisero. Chris si alzò intenzionato ad andare finalmente da Ricky, ma quando fu sulla porta, la ragazza lo bloccò.
«Chris, aspetta, devo dirti una cosa» sussurrò Jane correndo verso il ragazzo.
«Non potevi dirmela prima? Sto uscendo»
Jane non si curò minimamente del tono infastidito di Chris e si fece seria. A lui non sfuggì quel cambiamento d'espressione, solo per quel motivo restò ad ascoltarla.
«Si tratta di Trevor»
A quelle parole Chris si sentì totalmente coinvolto nel discorso. Non lo sentiva dalla loro telefonata notturna. In realtà gli mancava davvero tanto averlo tra i piedi, la sua vita senza Trevor non era la stessa.
«Mentre tornavo qui, l'ho visto» sussurrò la ragazza, come se quello fosse un segreto. Chris non seppe come sentirsi a riguardo. C'erano così tante cose che non quadravano. Era sicuramente contento che fosse uscito dall'ospedale, ma perchè non si era ancora fatto vivo e perchè Jane sembrava avere uno sguardo preoccupato?
«Mi stai spaventando»
Jane abbassò lo sguardo, come alla ricerca delle parole giuste.
«Diciamo che non mi è sembrato che stesse tanto bene»
«Non vedo cosa ci sia di strano, hai idea di quello che ha passato negli ultimi giorni?»
La ragazza sospirò, incapace di farsi comprendere.
«Era troppo... non so, sembrava stare male» disse le ultime parole con una tale disperazione da far preoccupare davvero Chris. Le accarezzò un braccio decidendo rapidamente cosa fare.
«Va bene, io ora devo andare da Ricky, poi mi occuperò di Trevor» 
La ragazza annuì lasciandolo uscire. Chris camminò nel buio di quelle strade con ormai solo Trevor nella testa. Perchè non gli aveva detto che era uscito dall'ospedale? Sarebbe andato a prenderlo, l'avrebbe accompagnato a casa. La sua, ovviamente, di certo non poteva tornare a casa con suo padre. E dove era andato? Da uno dei suoi amichetti spacciatori per mettersi a dormire sul pavimento o, se proprio gli andava bene, sul divano?
In pochi minuti si ritrovò davanti casa di Ricky e dovette eliminare ogni pensiero riguardante l'amico. Si ritrovò con un nodo alla gola e un nervosismo che nemmeno sapeva spiegarsi. Non era lui quello a dover dare delle spiegazioni, ma aveva paura di sentire ciò che Ricky gli avrebbe detto. 
Prese un grande respiro e si decise a suonare al citofono sperando che il ragazzo fosse in casa. Non gli aveva mandato alcun messaggio per dirgli che voleva parlargli, tanto meno aveva provato a chiamarlo. Voleva solo farla finita, liberarsi per sempre di quei dannati dubbi che non facevano altro che fargli esplodere la testa.
Un attimo prima che potesse premere quel pulsante sul quale aveva indugiato già troppo per i suoi gusti, sentì una risata a lui fin troppo conosciuta. Vide subito Ricky uscire di casa col cellulare attaccato all'orecchio e un sorriso smagliante stampato sul volto. Era bello da togliere il fiato. L'altro non fece subito caso a lui, ma questo diede il tempo a Chris di ragionare per qualche secondo. Sentiva il cuore sciogliersi alla vista di quel sorriso, ma allo stesso tempo un brivido di rabbia lo scosse da capo a piedi. Perchè non trovava un secondo per chiamarlo, ma poteva benissimo starsene al telefono con qualcun altro? Quella risata così dolce e limpida non riusciva ad ascoltarla sapendo che non era rivolta a lui. Si sentiva così stupido, non aveva mai formulato pensieri così melensi. E da quando era diventato tanto geloso?
Restò immobile ad osservarlo, finchè non fu proprio Ricky, a pochi metri da lui, ad intravederlo oltre i ferri spessi del cancello. Si guardarono a lungo, il sorriso sul volto del ragazzo sparì in un baleno. Sentì le ginocchia cedere, non poteva credere che Chris si fosse presentato lì, senza nemmeno avvertirlo. La voce di Josh al telefono continuava a parlare, ma aveva smesso di ascoltarla. Riuscì a sussurrargli che doveva andare e che l'avrebbe richiamato, poi mise via il cellulare, il tutto senza spostare lo sguardo da Chris. Sembrava arrabbiato.
Chris sospirò per niente intenzionato a ripetere la scena della sera prima.
«Vuoi restare lì?»
Ricky sussultò al suono della sua voce. Gli mancava così tanto, eppure, quando era in compagnia di Josh, se ne dimenticava completamente e viceversa. Come in quel momento che si stava chiedendo per quale ragione, qualche secondo prima, stava per correre fra le braccia di Josh quando invece poteva avere Chris?
Compì i primi passi incerti, poi superò il cancello e se lo ritrovò a pochi centimetri. Non sapeva se quella fosse solo una sua suggestione, ma gli sembrava di poter sentire il suo profumo. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e Chris non era da meno. Quei due occhioni azzurri come il cielo gli erano mancati da impazzire, avrebbe voluto baciarlo e lasciarsi tutto alle spalle. Fu lui a spostare lo sguardo per primo, proprio per reprimere quel desiderio crescente.
«Dove... dove stavi andando?» 
Ricky ci mese un pò a dargli una risposta. Doveva decidere cosa dirgli.
«A casa di Devin, devo... dovevo dormire lì» disse cercando di sembrare credibile. Ora aveva qualcos'altro per cui odiarsi, gli aveva mentito guardandolo negli occhi. Chris annuì impercettibilmente tentando in ogni modo di convincersi che quella era la verità. Ci credette quando poi il ragazzo prese il cellulare e gli mandò un messaggio per dirgli che non sarebbe più andato.
Subito dopo Ricky rimase a guardarlo per un pò, poi con la voce tremante gli domando quale fosse il reale motivo di quella sua visita. Poteva immaginarlo, ma voleva che fosse lui ad aprire il discorso.
«Voglio solo sapere se stiamo ancora insieme» disse Chris con evidente sforzo. Aveva paura della risposta e, non sentendo neanche un sospiro fuoriuscire dalle labbra dell'altro, si sentì ancora peggio.
«Il tuo silenzio non è rassicurante» commentò con il cuore a mille.
«No, è solo che...»
«Che cosa, Ricky? Che cosa? Dimmi quello che non mi hai detto in tutti questi giorni, ne ho bisogno» disse alzando un pò la voce. Non urlò, non voleva attirare l'attenzione di nessuno, ma non riuscì nemmeno a contenersi più di tanto.
In quel momento Ricky mise insieme i pezzi di quella storia. Doveva dirgli la verità, doveva farlo per riuscire ad andare avanti e per districare quel groviglio nella sua testa.
«La verità è che... Chris, io ho provato a starti lontano perchè ho cominciato a pensare che quelle cose che mia madre continua a dirmi siano vere» disse con voce spezzata, sapendo bene di aver detto l'ennesima bugia. Non stava per piangere per la gioia di essersi liberato da quel peso, ma perchè involontariamente se n'era aggiunto un altro. L'espressione sconcertata e triste di Chris non lo aiutava, ma sapeva che con quella frase appena pronunciata l'aveva ferito molto. Si sentiva troppo in colpa, doveva rimediare, ma aveva paura di sbagliare ancora.
«Il fatto è che quando lei dice quelle cose, mi sembrano sensate e poi... poi lei smette e io ricomincio ad avere voglia di stare con te» 
Chris rimase ancora in silenzio. Non credeva alle sue orecchie. Quelle parole non facevano che arrecargli ancora più rabbia.
«Mi dispiace, sono così confuso» terminò scoppiando in lacrime. Quelle erano lacrime vere. Piangeva dalla disperazione, piangeva perchè voleva che quella confusione scomparisse per sempre, piangeva perchè desiderava solo che Chris lo abbracciasse e gli promettesse che sarebbero rimasti insieme. Si vergognava a pensare quelle cose sapendo tutto ciò che gli stava nascondendo, ma desiderava davvero stare con lui.
Chris tenne le distanze. Lo guardò mentre provava ad asciugarsi le lacrime che gli scorrevano copiose sulle guance. Quella scena lo stava distruggendo, ma si sentiva come colpito in pieno da un treno per quello che aveva appena sentito. Non riusciva ad avere una reazione. Da dove doveva cominciare per rimettere tutto in ordine? 
«Ricky... Ricky, guardami»
Il ragazzo alzò lo sguardo. Aveva il naso arrossato, le labbra che gli tremavano. Lentamente gli prese il viso fra le mani, gli asciugò le lacrime, ma ciò non fece che commuovere di più l'altro. La sua pelle arrossata e calda era così morbida, quasi l'aveva dimenticata quella sensazione. Prima che Chris potesse parlare, però, Ricky rispose esattamente alla domanda che lui gli avrebbe voluto porre.
«Chris, per favore, resta con me» sussurrò avvicinandosi un pò di più al viso dell'altro.
«Io ti amo... ti amo, ti amo, ti amo da impazzire, ti am-»
L'avrebbe ripetuto all'infinito, se Chris non l'avesse finalmente zittito con un bacio che ad entrambi era mancato più di qualunque cosa. Le loro labbra si cercavano, le mani non chiedevano altro che stringersi sui loro corpi. I pensieri di Ricky si arrestarono e lo strinse a sè. Si scambiarono ogni singola emozione in quel bacio: la rabbia per quello che era accaduto, la paura per tutto ciò che sarebbe accaduto in futuro, il desiderio che entrambi avevano provato dall'istante in cui le loro labbra si erano incontrate. Fu Chris ad interrompere quell'incredibile bacio. Osservò bene il visino perfetto che a sua volta lo guardava. Aveva le labbra arrossate, le guance ancora bagnate, gli occhi tanto profondi che in quel momento ci si sarebbe perso volentieri. Nonostante i suoi mille dubbi, voleva convincersi che quello sguardo non poteva mentirgli, che ciò che aveva ascoltato era la pura verità. Insieme avrebbero chiuso per sempre quella parentesi, si sarebbero di nuovo appoggiati l'uno all'altro per andare avanti. Un sentimento forte come quello che aveva provato baciandolo doveva per forza essere ricambiato. Ricky non poteva avergli mentito. In fondo, l'aveva imparato col tempo che quelle dolci labbra non erano in grado di dire bugie. 
Ricky lo prese per mano e accennò un sorriso.
«Vieni con me» mormorò muovendo piccoli passi all'indietro. Chris lo seguì in silenzio. Camminarono per il grande giardino, sul vialetto di ghiaia che scricchiolava sotto i loro piedi. Ricky camminò davanti a lui senza lasciargli la mano. Fecero il giro della grande villa per ritrovarsi sul retro. Chris l'aveva intravista quella parte della casa, ma non ci era ancora stato. Le grandi siepi erano tenute in condizioni ottime, l'acqua nella piscina era appena increspata dal vento e limpida. Passarono accanto al grosso tavolo in ferro, posizionato sotto la massiccia copertura in legno che seguiva fedelmente tutta la lunghezza del retro della casa.
Chris, incantato da tutto quel lusso che lo circondava, non si era nemmeno accorto che si erano fermati. Erano di fronte ad una porta dalla struttura in legno, con al centro due ampi vetri satinati. Il ragazzo gli lasciò la mano e dal vaso accanto alla porta prese una chiave.
«Nascondiglio perfetto, molto originale» disse Chris con ironia, l'altro sorrise.
«È la stanza adibita al personale» spiegò Ricky.
«Qui vengono a prepararsi per il lavoro e a volte capita che restino per la notte, prima era solo un grande ripostiglio mentre ora...»
Aprì la porta e davanti agli occhi di Chris si palesò... una casa. Quella non era solo una stanza, c'era un piccolo angolo con qualche fornello, di fianco una porta che probabilmente portava in un bagno, addirittura una libreria abbellita da vasi, e infine tre letti singoli. Chris rimase senza parole, era davvero un appartamento incastonato in una casa.
Appena entrati, Ricky chiuse di nuovo la porta e accese la grossa lampada che illuminò la stanza di una luce calda. Si guardarono per qualche secondo, poi Chris si avvicinò di nuovo all'altro. Senza parlare, iniziarono a spogliarsi a vicenda. Lasciarono una scia di vestiti sul pavimento, poi il corpicino tremante e ansioso di Ricky venne a contatto con le lenzuola del letto. Forse fu il contrasto fra quella superficie fredda e il corpo quasi bollente di Chris, o forse furono le mille sensazioni che i baci di Chris gli donavano, ma la sua pelle non smetteva di ricoprirsi di brividi. Tutti i loro pensieri si dileguarono totalmente, non avevano bisogno di pensare se entrambi erano lì, insieme. Si guardarono così intensamente negli occhi da amplificare ulteriormente quel piacere che stavano provando, e il calore che emanavano i loro corpi li coinvolgeva sempre di più. Per la prima volta Ricky si sentì totalmente amato. Gli sembrava quasi che Chris, con le sue mani, stesse toccando molto più che il suo corpo, era come se gli stesse accarezzando il cuore, come se quei baci privi di malizia volessero sfiorare molto più che le sue labbra. Sentiva di non aver mai provato un'emozione simile e sperò che anche Chris stesse attraversando quel momento così magico provando le stesse sensazioni. Non potevano perdersi quando il loro amore era appena cominciato.

Chris avvolse le braccia intorno al corpo di Ricky che ne approfittò per rannicchiarsi sul suo petto. Quello era un momento che entrambi si sarebbero portati nel cuore per sempre. Incommensurabile era la pace che li avvolgeva, che colmava i loro cuori.
Chris accarezzò piano la schiena nuda dell'altro. Poteva avvertire il suo respiro solleticargli la pelle. Quella situazione era strana: fino a poco prima non si rivolgevano più la parola e poi, come se il passato non fosse mai esistito, avevano fatto l'amore e desiderava farlo ancora, fino a restare senza fiato. Com'era appena capitato, ormai erano stremati, totalmente privi di energie. Ma non poteva desiderare di meglio, quello che sentiva nel profondo cominciava a somigliare davvero alla felicità. 
La voce flebile di Ricky richiamò la sua attenzione e lui lo incitò a parlare.
«Ci mettiamo sotto le coperte? Ho freddo»
Chris sorrise. Avrebbe preferito non smuovere quella tranquillità che si era creata, ma come poteva dirgli di no?
Quando si ritrovarono sotto la pesante coperta, Ricky si accoccolò di nuovo al ragazzo di fianco a lui.
«Non abituarti, fra un pò devo andare via» disse Chris.
«No, voglio che resti qui»
Prima che Chris potesse rispondere, un tuono fece sussultare entrambi. Dopo pochi secondi iniziò a piovere e Ricky sorrise con soddisfazione.
«Il destino è dalla mia parte»
«Me ne andrò lo stesso, non posso restare qui»
Ricky si imbronciò e Chris non potè non baciarlo, era troppo dolce. Si sbaciucchiarono a lungo, finchè Ricky non si allontanò un pò. Aveva un'espressione improvvisamente seria, quasi impaurita.
«Va tutto bene?» gli domandò.
«Sì, ma volevo chiederti una cosa»
Chris si preoccupò.
«Dimmi» sussurrò spostandogli i capelli dal viso.
«Ehm... cosa hai fatto in questi giorni?» domandò già timoroso.
«Cosa intendi? Vuoi sapere qualcosa in particolare?»
Ricky prese un grande respiro, Chris potè notare un leggero rossore sul suo viso.
«Bhe... anche se in fondo tu ne avevi tutto il diritto perchè è tutta colpa mia se si è creata questa situaz-»
«Ricky, cosa vuoi sapere?»
Il ragazzo sospirò.
«Sei stato... con qualcuno? In... quel senso» gli disse con un filo di voce. Dentro di sè sapeva bene che non poteva neanche permettersi di chiederglielo, ma quello era l'unico pensiero che l'aveva davvero torturato. L'aveva tradito, certo, ma non voleva che Chris si fosse comportato allo stesso modo. E se lui gli avesse confessato un tradimento probabilmente sarebbe morto dentro ma, come gli aveva appena detto, era tutta colpa sua quindi non si sarebbe fatto vedere arrabbiato.
Fece attenzione alla sua prima reazione e Chris non sembrò per niente turbato, anzi, aveva un'espressione sorpresa.
«Perchè avrei dovuto?»
«Non lo so, forse perchè eri arrabbiato e la confusione può farci fare cose che non vorremmo fare» disse sentendo le lacrime pronte ad uscire.
«Io so che mi sono comportato molto male nei tuoi confronti, quindi dimmi la verità perchè posso... accettarlo»
Chris sospirò e Ricky non seppe come interpretarlo, allora rimase zitto aspettando che l'altro parlasse.
«La verità è che mi sei mancato tanto, ma non posso semplicemente rimpiazzarti alla prima occasione»
Ricky lasciò che Chris incrociasse le dita con le sue prima di baciargli il dorso della mano.
«Non mettere mai in dubbio ciò che provo per te, chiaro?» gli chiese Chris guardandolo dritto negli occhi. Il ragazzo annuì piano, poi le sue labbra si piegarono in un dolce sorriso. 
Rimasero abbracciati ad accarezzarsi con in sottofondo solo il rumore della lenta pioggia.

Chris si svegliò battendo le palpebre più volte. La luce fredda che penetrava dai vetri della porta gli dava fastidio agli occhi mentre, improvvisamente, sentì un freddo brivido lungo la schiena. Ci mise qualche istante a capire dove si trovava, poi sentì la mano di Ricky muoversi appena sul suo petto. Rivolse lo sguardo verso la sua destra e Ricky dormiva di fianco a lui, con i capelli scombinati e la coperta a coprirlo bene fino alle spalle. Restò lì ad osservarlo per un bel pò con un sorriso stampato in viso che non riusciva a mandar via. Era così bello mentre dormiva, con quell'espressione completamente distesa e serena. Ricordò ciò che era successo la sera prima: l'ansia che aveva provato quando se l'era trovato di fronte, le sue lacrime, quel bacio che gli aveva portato alla mente tutti i vecchi ricordi, i suoi occhi lucidi mentre facevano l'amore. Come poteva, un semplice ragazzo come Ricky, avergli stravolto la vita? Forse non avrebbe mai trovato una risposta, ma gli importava meno di quanto voleva far credere a se stesso.
Spostò lo sguardo controvoglia e vide che l'orologio appeso alla parete segnava le 06:30. La voglia di tornare alla realtà di tutti i giorni era minima, se non inesistente.
Si mosse piano sul materasso e svegliò Ricky con qualche bacio sulla guancia, accarezzandogli i capelli. Il ragazzo fece un pò di capricci, poi finalmente aprì gli occhi. Forse erano ancora più belli nella luce del mattino.
«Buongiorno» gli sussurrò, l'altro sorrise accucciandosi ancora di più.
«Mi hai fatto dormire senza coperte stanotte» rise Chris. In tutta risposta, Ricky lo spinse sotto di lui e coprì i loro corpi infreddoliti con la coperta. Si mise comodo, con la testa appoggiata sulla sua spalla e pensò che così avrebbe potuto dormire per ore ed ore.
Chris lo abbracciò e si lasciò trasmettere un pò di calore.
«Che ne dici di alzarci?»
«Mmh... è ancora presto» sussurrò Ricky con la voce impastata.
«In realtà è tardi, devo andare a lavoro... e tu a scuola» gli ricordò.
«Non voglio andarci, ho sonno... restiamo qui»
Chris sorrise sfiorandogli la schiena.
«Non posso, mi dispiace»
Ricky sospirò godendosi quegli ultimi istanti. Non sapeva quando gli sarebbe ricapitato di poter avere un'occasione del genere. Non aveva mai dormito con nessuno e, dalla sera precedente, aveva provato quella strana sensazione di profonda intimità con Chris che non voleva lasciar andare.
Si sollevò un pò e gli posò un bacio sulle labbra, poi gli fece spazio per permettergli di alzarsi.
Chris si mise a sedere e osservò quel groviglio di vestiti sparsi sul pavimento in cerca dei suoi boxer, si alzò solo quando li intravide fra i pantaloni e le scarpe. Si vestì e Ricky lo guardò tutto il tempo, come la prima volta. 
«Non dovresti vestirti anche tu?» chiese Chris mentre si allacciava le scarpe seduto sul bordo del letto.
«Sì, prendimi tutti i vestiti e mettimeli qui» rispose Ricky aggiustando la coperta in modo tale che fosse dritta e ci fosse spazio per appoggiarvi il tutto. Chris si accigliò, divertito dal tono dell'altro. Si alzò prendendo di proposito una sua scarpa.
«Solo perchè sei passivo, non significa che devi fare la femminuccia» disse lanciandogliela. Ricky rimase a bocca aperta. 
«Quindi prenditeli da solo» aggiunse infine, ridendo.
«Sei cattivo, in assoluto il fidanzato più cattivo della storia» borbottò Ricky.
«No, questa conservala per quando dimenticherò il nostro anniversario»
Ricky assottigliò le palpebre, indispettito.
«Ah, sì? Solo perchè sei attivo, non significa che devi fare il maschiaccio» disse lanciandogli di nuovo la scarpa.
«Quindi vedi di ricordarlo»
Chris lo fissò con un sorriso sforzato, poi alzò le mani in segno di resa.
«Va bene, hai vinto tu» disse raccogliendo tutti i vestiti dell'altro e mettendoglieli sul letto. Aspettò che si vestisse, poi misero in ordine il letto e uscirono dalla stanza. Fecero attenzione a non fare troppo rumore o farsi vedere da qualcuno, soprattutto dai genitori di Ricky.
«Credo che mio padre sia già uscito» sussurrò Ricky affacciandosi appena da dietro il muro. La sua macchina non c'era nel viale.
«E allora facciamo attenzione a Herr Hitler»
Ricky si voltò vero di lui con un sorriso sghembo.
«Come l'hai chiamata?»
«Herr Hitler, hai presente quel coglione che-»
«Ripetilo ancora» mormorò Ricky avvicinandosi di più all'altro che sorrise appena.
«Herr Hitler» disse piano trovandosi subito dopo le labbra di Ricky sulle sue.
«Hitler ti eccita, che cosa macabra» sussurrò Chris ancora attaccato alle sue labbra.
«Non è lui, è come lo dici... impara il tedesco» 
Chris rise.
«Questo non te lo prometto»
«Che peccato» disse Ricky sospirando. Si diedero un ultimo bacio, poi camminarono sull'erba bagnata per non fare rumore sulla ghiaia. Sua madre non sembrava essere nei dintorni o vicina alle finestre, allora Chris si affrettò a superare l'imponente cancello. Si scambiarono un sorriso, poi tirò su il cappuccio della felpa e ritornò a casa. 
  
Si tolse i vestiti e si sbrigò a darsi una pulita, poi liberò il bagno per Betsy che doveva prepararsi per la scuola. Non rispose al suo saluto nè gli disse altro. Gli faceva male vederla così arrabbiata, ma le aveva già chiesto scusa e quel pomeriggio sarebbe anche andato con lei sulla tomba di Jonathan. Cos'altro doveva fare?
Sospirò andando in camera sua per vestirsi. Jane era ancora a letto, ma si stava svegliando.
«Buongiorno»
La ragazza rispose al saluto, poi si mise a sedere, tutto con molta calma.
«Cos'è successo esattamente stanotte?» gli chiese stringendosi nelle spalle. Faceva molto più freddo degli altri giorni.
«Te lo spiego dopo, ora non ho tempo»
«Ma io dopo non ci sono, ritorno a casa» si lamentò Jane. Chris pensò per qualche secondo per riordinare i pensieri.
«Se arrivo a stasera sano e salvo, passo a casa tua»
La ragazza annuì e gli augurò una buona giornata. Chris corse fuori e, anche quella volta, per un pelo non perse l'autobus.
La mattinata sembrò volare. Aveva come l'impressione che aver fatto pace con Ricky gli avesse donato di nuovo la voglia di vivere, ricominciava a vedere le cose a colori e neanche lavorare sembrava così terribile.

Pranzarono in silenzio. Sua madre seduta lontano da lui, Betsy al suo fianco. Un pò si sentiva la mancanza di Jane, in quei giorni aveva portato allegria in casa sua. 
«Mamma vuole venire con noi» disse sua sorella d'un tratto. Chris si sorprese. Da quando sua madre ci teneva ad essere una parte integrante della famiglia? E, soprattutto, da quando usciva di casa? L'idea di portarsela dietro non gli piaceva, la sola presenza di quella donna lo infastidiva, ma decise che non ne valeva nemmeno la pena di mettersi ad obiettare.
Non appena ebbero finito di pranzare, uscirono di casa senza nemmeno rimettere le cose in ordine. Chris non aveva tempo, doveva fare quella cosa e tornare a lavoro. 
Betsy e sua madre scelsero accuratamente dei fiori, Chris si fece avanti solo quando arrivò il momento di pagare. Si era messo da parte senza una ragione, non gli andava di essere partecipe. Forse sapeva che, una volta davanti alla tomba di suo fratello, si sarebbe sentito male, quindi avrebbe preferito non andarci. L'idea di camminare sul cadavere di suo fratello non faceva altro che rigirare il coltello nella piaga. Poteva sembrare un ragionamento superficiale, ma preferiva pensare a lui sporadicamente invece che andare a contemplare una lapide.
Camminò per tutto il tempo dietro le due che, inspiegabilmente, stavano chiacchierando. Non troppo allegramente visto che la meta non era delle più felici, ma le sentiva parlottare e stare molto vicine. Avrebbe voluto strappare sua sorella da quella situazione, difenderla dalla recita sempre perfetta di sua madre. Tanto poi sarebbe tornato tutto come prima. Proprio come una bambina con le sue bambole, sua madre li aveva sempre presi e poi gettati via come se non avessero sentimenti, e sapeva che sarebbe successo di nuovo. Chris si domandava spesso se Betsy avesse capito il suo gioco o se, nella speranza che tutto ciò potesse davvero durare, le desse realmente nuove possibilità.
Alzò lo sguardo quando si accorse che, a pochi passi da lui, le due si erano fermate. Osservò mentre posavano i fiori accanto alla lapide. Lì il tempo sembrava fermarsi, non si sentiva altro che il rumore del vento gelido che tirava quel giorno. Era quasi rilassante.
Sua madre iniziò a piangere e a pregare. Si sarebbe emozionato se solo non la conoscesse bene. Infatti, dopo pochissimi minuti, disse di non farcela e che li avrebbe attesi fuori, poi si allontanò.
Dopo qualche secondo si rese conto che Betsy lo stava osservando. La sua espressione era indecifrabile, non riusciva ad intuire i suoi pensieri. La vide avvicinarsi e prendergli la mano, poi gli sorrise.
«Vieni, non avere paura» sussurrò la ragazza. In quel momento Chris sentì qualcosa muoversi dentro di lui, una strana sensazione che gli fece tremare il cuore. Ricordò quella volta quando Michael l'aveva picchiato lasciandolo in lacrime sul pavimento e Betsy gli era andata in contro e gli aveva preso la mano dicendogli proprio la stessa frase che aveva appena pronunciato, poi gli aveva asciugato il sangue che gli colava dal naso e gli aveva messo un cerotto su un livido dandogli un bacio sulla guancia. Gli aveva imbrattato la faccia di sangue e attaccato male un cerotto, ma a quei tempi  Betsy aveva solo cinque anni e quei piccoli gesti gli fecero sfuggire un sorriso, nonostante tutto. Era sempre stato lui ad indicarle la direzione giusta, ma gli capitava di perdersi e Betsy era sempre lì ad aiutarlo, a mostrargli con semplicità come superare un ostacolo.
Si avvicinò alla lapide e seguì sua sorella che si sedette per terra. Leggere il nome di suo fratello e la data della sua morte incisi in una pietra, lo ferì come niente prima di allora. Forse Betsy aveva ragione, la sua era solo paura, un'innata paura di affrontare quella brutta realtà. Per lui era stato molto semplice smettere di pensarci e concentrarsi su altro, ma Jonathan non c'era più, si era spento davanti ai suoi occhi e lui non aveva potuto fare nulla per aiutarlo. Quella volta, per la prima volta, si era sentito davvero impotente.
Improvvisamente Betsy iniziò a parlare. Gli teneva ancora la mano, ma con gli occhi fissava la piccola foto di Jonathan incastonata nella lapide. Salutò suo fratello, gli raccontò della sua vita, di ciò che era cambiato negli ultimi mesi e di quello che faceva a scuola. Chris lasciò che liberasse quel fiume di parole, nonostante per lui fossero tutte frasi buttate al vento. Vedeva un luccichio nei suoi occhi, sorrideva.
«E comunque hai visto chi ti ho portato oggi? C'è Chris, te lo ricordi, vero? Ricordi quando ti lamentavi perchè le croste dei sandwich non ti piacevano? Ecco, lui le mangiava al posto tuo anche se in fondo pure lui le odia»
A Chris venne da ridere, ma una risata che voleva solo nascondere una profonda commozione.
«E poi ricordi quando ti svegliavi di notte e non riuscivi a dormire? Lui restava sveglio accanto a te e parlava per ore ed ore finchè non ti riaddormentavi, anche se era stanco o se il giorno dopo doveva alzarsi presto» disse Betsy appoggiando poi la mano sulla foto, come se così potesse accarezzarlo davvero.
«Anche se a volte non ci facevamo caso, lui ci ha sempre protetti... non l'abbiamo mai ringraziato abbastanza»
Chris sentì le lacrime riempirgli gli occhi. Non voleva piangere, lo odiava.
«Sai, Chris è rimasto con te fino all'ultimo istante, quindi puoi stare tranquillo perchè lui... anche lui ti vuole molto bene, proprio quanto te ne voglio io»
I due fratelli si guardarono negli occhi, entrambi erano evidentemente emozionati. Chris l'abbracciò, la strinse forte e gli sembrò di essersi liberato dell'ennesimo peso che gli gravava sulle spalle da troppo tempo. 



Dopo due vite e mezzo sono finalmente tornata! 
Lasciatemi qualche recensione se vi va (tanto lo so già che non vi va T_T) 
Baci :3


  
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