Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Syra44    21/04/2009    1 recensioni
"L’amico dello sposo stava ritto, al centro della piazza, con l’ombrello in mano. Sembrava quasi inchiodato a terra, congelato dall’aria gelida presente. E, per quanto i pettegoli cercassero di giustificarlo, dicendo che doveva essere infreddolito, che forse già pensava all’amico accasato e già rimpiangeva i tempi delle bravate da scapoli ormai finiti, nessuno avrebbe potuto giustificare quello sguardo.
Uno sguardo pieno di astio, di rabbia. Di odio."

Ad un matrimonio, non sempre i pensieri che emergono sono positivi...
[Sorpresa/Sorpresa]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa fanfiction non è stata scr

Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro.

 

 

 

Ricominciare

Sorpresa/Sorpresa ~ 2165 parole

 

 

 

Lei aveva sempre guardato l’altro.

Lo avevo ammirato, seguito.

Amato.

E lui le era stato vicino, l’aveva supportata, aiutata, consolata.

L’aveva incoraggiata, elogiandola, quando diceva di essere la più debole del gruppo. L’aveva fatta ridere, quando erano bambini, assecondando i piani dell’altro, e arrabbiare a morte, una volta che erano cresciuti. L’aveva accolta tra le sue braccia, quando l’altro non si accorgeva di lei.

E così, aveva finito per innamorarsene.

Aveva pian piano cominciato ad essere geloso nei confronti dell’altro, a sperare che le occhiate e i gesti che lei gli riservava fossero invece rivolti a lui.

Ma lei lo vedeva come un semplice amico, solo come l’amico un po’ imbranato ma abile con i numeri che le stava affianco nei momenti più difficili.

Niente di più.

E lui aveva troppa paura di farsi avanti. Troppa paura di ricevere un rifiuto.

Troppa paura di distruggere il loro legame.

E così aveva taciuto per anni quello che provava, rimanendo per tutta la vita al fianco di lei, sempre come l’amico d’infanzia pronto ad aiutare in qualsiasi momento.

Le cose erano andate avanti così per anni.

Fino… a quel momento.

 

Era uno di quei giorni che rimangono per anni nella memoria delle persone, di quelli che vengono rievocati davanti al caminetto, con una tazza in mano e al caldo sotto una coperta, come uno dei giorni più freddi dell’anno. Uno di quelli in cui il cielo sembra voler cadere giù, sommergere il mondo sottostante, cancellare i colori delle cose che ci circondano e costringerci a chiuderci in casa con tutti i sintomi di un febbrone da cavallo.

Eppure, nonostante le orribili condizioni atmosferiche, nessuno dei due giovani era disposto a rinunciare alle nozze.

Avevano atteso quel giorno con speranza, con gioia, con quel tipico timore che ci accompagna prima di impresa tanto importante, quanto bella. Di quelle imprese che ti cambiano la vita per sempre, distruggendo quello che c’era prima per rimpiazzarlo con qualcosa di, forse, molto più bello, più adulto, più completo.

Avevano organizzato con cura l’intero evento, facendo attenzione ad ogni dettaglio, stando ben attenti che niente potesse andare storto, e cercando di prevedere ogni singolo inconveniente si sarebbe potuto presentare sul loro cammino. Soprattutto lo sposo si era impegnato in quella preparazione accurata, e ci si era gettato con l’esuberanza e la vivacità per cui era famoso.

E, dopo mesi, finalmente era tutto pronto, perfetto.

Tranne il tempo. Che, insofferente alla causa, aveva deciso, proprio quella mattina, di accanirsi sul villaggio con una forza inconsueta, scaricando al suolo tanta di quella pioggia che sarebbe stata eccessiva persino per Ame.

Ma non se ne erano preoccupati. Non volevano che quel giorno fosse rovinato da, come avevano testualmente dichiarato entrambi, qualche goccia di pioggia fuori programma.

Nonostante quel giorno il cielo rischiasse veramente di cadere sulle loro teste, nonostante il freddo minacciava di ricoprire i pochi specchi d’acqua presenti a Konoha con un sottile strato di ghiaccio, nonostante la pioggia che rischiava di trasformarsi in neve o chissà cos’altro, loro aveva deciso di non rinviare le nozze e di celebrare lo stesso la loro unione.

All’aperto.

Pazzi.

Ma i due erano perfettamente giustificati.

L’attesa era stata troppa. E chissà, magari il padre di lei, capo di una importante clan del villaggio, ci avrebbe ripensato nel dare la mano della figlia ad un giovane così scapestrato e irresponsabile. E poi, loro potevano, volevano e dovevano sposarsi, come aveva dichiarato testualmente la sposa.

E su questo punto, entrambi erano stati irremovibili.

Così, mentre il matrimonio entrava nel vivo, gli invitati osservavano curiosi la cerimonia da sotto i loro ombrelli e infagottati nei loro abiti pesanti, scrutando famelici gli abiti degli sposi, facendo commenti sul trucco di lei, sull’espressione di lui, sui loro sorrisi. C’era qualche malizioso che ipotizzava che lei avesse macchiato il suo onore, e che per questo si era tanto insistito per celebrare il matrimonio quel giorno stesso.

E forse, tra tutte quelle persone, c’era qualcuno pure che augurava ai due fortuna e benestare.

Forse.

Una cosa di cui si era certi, era che il migliore amico dello sposo avrebbe sicuramente dimostrato grande commozione, con enormi complimenti per le nozze e una felicità e una spensieratezza da condividere insieme.

Niente di tutto questo.

L’amico dello sposo stava ritto, al centro della piazza, con l’ombrello in mano. Sembrava quasi inchiodato a terra, congelato dall’aria gelida presente. E, per quanto i pettegoli cercassero di giustificarlo, dicendo che doveva essere infreddolito, che forse già pensava all’amico accasato e già rimpiangeva i tempi delle bravate da scapoli ormai finiti, nessuno avrebbe potuto giustificare quello sguardo.

Uno sguardo pieno di astio, di rabbia. Di odio.

Perché lui, in quel momento, non riusciva a provare altro.

Guardava quel ragazzo, quell’amico che per anni gli aveva precluso ogni possibilità di essere felice con la persona che amava. Lui, sempre guardato, osservato, cercato dagli occhi di lei.

E questo, era qualcosa di insopportabile.

L’altro aveva avuto tutto.

Anche la possibilità di essere amato da lei con tutta la sincerità e la devozione di questo mondo.

E l’aveva rifiutata.

Nonostante lei, qualche mese prima, avesse preso la ferma decisione di dichiararsi e togliersi quel peso dal cuore, nonostante lui pure si fosse già rassegnato ad amare una donna che non avrebbe mai potuto essere sua, che gli avrebbe sorriso da lontano, l’altro l’aveva respinta.

E, quando lei aveva chiesto il perché, la risposta era arrivata, tagliente, letale. Vera.

Si era preparata psicologicamente ad un possibile rifiuto. Aveva immaginato che l’altro adducesse come scusa il fatto di conoscerla da tanto tempo, il non voler rovinare la loro amicizia, il non voler escludere il loro migliore amico.

Ma niente l’aveva preparata ad ascoltare la frase “Perché mi sono innamorato di un’altra.

Ed allora, tutto era crollato.

Lui aveva chinato la testa, quasi vergognoso, mormorando cose come “Avrei dovuto dirvelo prima” o “Mi dispiace”.

Inutili parole. Nient’altro che inutili parole.

Lei era scappata come in trance, mentre le lacrime sgorgavano dagli occhi arrossati senza nemmeno che se ne rendesse conto, ed era andata dalla persona di cui più si fidava.

Il suo migliore amico, appunto. Lui.

E poi, piangendo disperata tra le sue braccia, gli aveva raccontato tutto: di come l’altro non avesse avuto nemmeno avuto il coraggio di fissarla negli occhi, la sua disperazione, i suoi dubbi, le sue paure, facendo sciamare tutta la delusione e la tristezza del momento in quello straripante fiume di parole sconnesse e pronunciate senza fiato, balbettando, tra respiri mozzati e nuovi scrosci di lacrime.

Quando poi si era calmata, lui aveva cercato di farle coraggio. Di consolarla, di fare in modo che non si preoccupasse.

Adesso anche loro avevano la possibilità di essere felici, aveva pensato mentre la stringeva forte contro il suo petto, ascoltando il suo respiro affievolirsi. Adesso che il suo amico/rivale aveva deciso di lasciargli, seppur inconsapevolmente, campo libero, ce l’avrebbe fatta.

Stava per iniziare anche il loro, di paradiso. Ne era sicuro.

Ma la vita è bastarda: quando sembra girare per il verso giusto, tutto si capovolge e ti ritrovi al punto di partenza. Anzi, ancora più indietro.

Lei non aveva preso bene la notizia. Certo, davanti all’altro sorrideva e rideva, ma il suo viso andava impallidendosi, il suo corpo smagrendosi, i suoi occhi spegnendosi. Tutto andava peggiorando. E, più le cose progredivano, più lei si chiudeva in sé stessa, diventava sempre meno solare ed allegra.

Lentamente, come un fuoco non più alimentato, si era inesorabilmente spenta.

L’altro, ovviamente, non se era reso conto. Troppo preso dal fidanzamento ufficiale prima, dai preparativi dell’imminente matrimonio poi, aveva ignorato la cosa.

Ma lui se ne era accorto.Ormai era come se lei fosse diventata un vegetale: non parlava, non mangiava, e aveva anche smesso di frequentarli. Così, si era segregata in casa per settimane, rifiutandosi di vedere entrambi e adducendo come scusa l’essersi buscata una brutta malattia.

L’altro si era dispiaciuto, rammaricandosi che la sua migliore amica non avrebbe partecipato al suo matrimonio.

Idiota.

Ma lui no.

Lui era semplicemente furibondo.

Avrebbe preferito vederla al fianco dell’altro, ma ridente, spensierata e felice come un tempo, piuttosto che ancora nubile, ma disperata, depressa, distrutta.

Eppure, l’altro non aveva colpa. Lei, in tutti quegli anni, non aveva fatto niente di esplicito per fargli capire che provava qualcosa in più oltre la semplice amicizia, e lui era sempre stato un po’ lento su queste cose, lo sapevano tutti. E così, quando aveva trovato l’amore, si era limitato ad abbracciarlo, per approfittare delle sue innumerevoli sfumature, e trovare la felicità. Senza rendersi minimamente conto di quello che avrebbe causato la sua scelta.

Lui, ormai, di fronte al matrimonio del suo migliore amico, non sapeva più come comportarsi. La rabbia che provava nel vederlo felice, nonostante avesse inconsapevolmente rovinato le vite di quelli che chiamava da sempre i suoi compagni, era qualcosa di incredibilmente assurdo.

Si chiese ancora una volta perché, perché, perché quel destino fosse toccato proprio a loro.

Loro, che ne avevano passate tante insieme, che avevano riso per stupide sciocchezze da bambini, che avevano collaborato e agito come una cosa sola in missione, che avevano sviluppato un legame saldo come pochi.

Adesso, per colpa di quello stupido sentimento chiamato amore, bello e terribile allo stesso tempo, tutto era sfumato via, volato lontano, rimanendo solo un antico ricordo d’infanzia, un’ombra che viveva tra le pagine del passato.

«Io vi dichiaro marito e moglie»

Ecco, è fatta, pensò lui, mentre li osservava.

Finalmente il suo migliore amico avrebbe potuto essere felice con la donna che amava.

Ma quella che lo aveva amato, che probabilmente ancora lo amava,  che fine avrebbe fatto?

Si chiese ancora una volta perché tutta quella situazione fosse precitata sulle loro spalle. Si chiese perché quella strana alchimia aveva rovinato tutto.

Mentre i parenti degli sposi si avvicinavano per fare i complimenti ai due, si allontanò, nascosto dalla pioggia, che rendeva l’aria ancora più scura e pesante. Il tempo sembrava rispecchiare il suo animo, scuro e burrascoso proprio come un giorno di pioggia.

Volse lo sguardo intorno, cercando invano di trovare una distrazione. Ma vide qualcosa che lo sconvolse all’ennesima potenza e che gli fece allo stesso tempo raggelare il sangue nelle vene.

Lei.

Stava appoggiata al muro di un edificio, ansimando sotto la pioggia, e fissava i novelli sposi con espressione persa. I suoi vestiti erano completamente bagnati, così come i capelli. E i suoi occhi… sembravano rispecchiare l’essenza stessa della malinconia. La vide abbassare le palpebre, e sospirare.

Le si avvicinò di corsa, col cuore in gola, lasciando che l’ombrello volasse via, e le si mise affianco, afferrandola per le spalle.

«Cosa… cosa ci fai tu qui?» chiese con foga, trattenendosi dall’urlare.

Evidentemente, doveva aver fatto trapelare ben fin troppa sorpresa dal tono con cui si era rivolto a lei. La ragazza lo fissò quasi con aria nostalgica, e poi mormorò: 

«Dovevo venire. Dovevo… dargli addio»

«E ora che sei qui… cosa ha intenzione di fare? Ora che hai visto…»

Lo fissò negli occhi, e poi mormorò di nuovo:

«Devo… no, voglio ricominciare»

Poi aggiunse, con tono speranzoso:

«Tu… tu… mi aiuterai…? Ci sarai come sempre, vero?»

Lui la fissò stranito, squadrandola. Poi, d’istinto, la afferrò e la strinse tra le braccia, imprigionandola in una presa forte e possessiva allo stesso tempo.

«Hai idea di quanto tempo io abbia aspettato? Hai idea… di quanto ti abbia atteso…?» le mormorò all’orecchio, molto più tagliente ed aggressivo di quanto avesse voluto.

La sentì cominciare a singhiozzare, come l’ultima volta che l’aveva stretta tra le braccia. E pensò con spietata ironia che la cosa accedeva ogni volta che lei era in lacrime.

«Lo so… io non ti merito…» bisbigliò contro la sua spalla, dove aveva affondato il viso.

«Fa’ silenzio. Quello bravo nei calcoli sono io. E ti dico che è tre il numero perfetto, non quattro. E per diventare due, un altro uno avrebbe dovuto aggiungersi al tre»

Lei rialzò la testa, stupita:

«Ma che cosa stai…?»

Ma non riuscì a terminare la frase, perché trovò le labbra di lui a un soffio dalle sue. Ma prima che lui potesse annullare le distanze tra di loro, lei appoggiò un dito bagnato di pioggia sulle labbra del ragazzo.

«E io sono quella brava a cogliere la palla al balzo… e adesso non è tempo. Non ancora»

Si allontanò di qualche passo, e alzò lo sguardo al cielo.

In quello stesso istante, smise di piovere.

«Ricominciamo… Udon?» chiese titubante, tendendogli la mano con sguardo speranzoso.

Il ragazzo chiuse gli occhi, poi sorrise.

E in quel momento, il sole ricominciò a splendere.

«Sì. Ricominciamo, Moegi» disse, afferrandole la mano.

E quella stretta di mano, delicata ma salda allo stesso tempo,  suggellò un contratto che sarebbe durato per tutta la vita.

 

***

 

Ultimamente, sto scrivendo solo fiction con personaggi sorpresa. E la cosa mi diverte molto xD

No, scherzi a parte. Ho notato che ci sono pochissime fic sui “magnifici tre”, e mi balzata in testa l’idea di scriverci su. Chi si aspettava che fossero loro?

E se vi state chiedendo chi sia la moglie dell’altro (ovviamente Konohamaru), ho inserito la frase “il padre di lei, capo di una importante clan del villaggio” appunto per dare un indizio. Si tratta di Hanabi, la sorellina di Hinata.

Certo, i personaggi vi sembreranno sicuramente OOC, ma nell’anime hanno appena undici anni, qui invece saranno sulla ventina.

Mi sta tornando la voglia di scrivere su Naruto, quindi state attenti xD  

Qui le risposte alle commentatrici di Kurisumasu omedetou, mendokuse.

E dopo lo sproloquio, ringrazio chi vorrà recensire e chi ha recensito precedentemente. Grazie.

Syra44

 


 

Finleyna 4 Ever: Grazie mille, sei l’unica che ha lasciato un piccolo commento, lo apprezzo tantissimo ^^ Mi fa piacere che ti sia piaciuta. A presto, ciao!

 

Si ringrazia anche noriko che ha aggiunto la fic tra i preferiti.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Syra44