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Autore: reggina    14/07/2016    1 recensioni
Ci sono famiglie che a volte si separano, come succede nei film. Altre che, invece, restano unite nella fatica, nella stanchezza, nello sconforto; che non si arrendono alla paura che la parola cancro porta sempre con sé.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nora, Vale
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il sole, e la voglia di sorridere, restano fuori nell'orizzonte immenso, esteso e luminoso che profuma di vita.

Dentro, nelle corsie e nei corridoi con le fredde luci al neon sempre accese, Vale nemmeno sente più l'odore del disinfettante e degli asciugamani che sanno di carta.

Rifiuta la sedia a rotelle e avanza con la sua stampella e lo zaino carico di distrazioni. Si affida completamene a Nora, ingombra di borse e plichi di referti medici, che lo sorregge come se fossero i suoi primi passi.

La tensione è tanta e lui ha una gran paura di non farcela.

Eppure basta poco perché nella confusione della sua testa quel luogo di sofferenza diventi speciale, nutrendosi di ottimismo, affetto e fraternità.

I medici, gli infermieri, gli operatori e i volontari sono scrupolosi; angeli al suo servizio.

Sente di essere al sicuro.


È difficile immaginare cosa prova un ragazzo, di non ancora vent'anni, quando si sente dire che dovranno amputargli una gamba per un osteosarcoma che gli ha aggredito il corpo. Ed è forte l'impatto e l'identificazione con quel ragazzo allegro, frenetico, esuberante e cordiale che mostra la sua pelata senza imbarazzi o vittimismi.

Leo. Uno spiritello con il sorriso sempre sulle labbra.

Leo: un ragazzo qualunque che, come lui, vive con il dolore e con il cancro.

Una storia non si intreccia mai per caso ad un'altra e, nel silenzio della sua sofferenza, Vale si accorge di non essere da solo. Ha trovato un amico che decide di stargli accanto in quel momento particolare, senza chiedere nulla in cambio.

Ci vuole sera però, quando Nora è costretta ad andar via e i fantasmi cominciano a tormentarlo, perché Vale trovi il coraggio di far quella domanda che gli urla dentro e gli rimbomba nella testa da troppo tempo.

"Come si fa a vivere con dignità la nostra malattia? Come hai imparato a conviverci, a ironizzare?"


Leo chiude la copia di Dylan Dog che fingeva di star leggendo, colpito da una domanda così semplice e inafferrabile e cerca le parole adatte per rispondere, non soltanto per tirare su l'umore del nuovo amico ma, soprattutto, per convincerlo a non arrendersi.

"Certo il cancro rende brutti ma bisogna saperlo indossare! E per indossarlo con dignità io faccio il possibile: ho imparato a fregarmene e a non offendermi se gli occhi della gente incuriosita fissano la mia testa calva o la mia gamba a metà!"

Sono parole che fanno bene ad entrambi, che aiutano Vale a sfogare una rabbia che lo ha spinto a cercare qualcuno o qualcosa con cui fare simbolicamente a pugni.

"Io non ho la forza, e nemmeno il desiderio, di parlare per ore di me e della mia malattia. Non ho voglia di sguardi pieni di compassione, incredulità e spavento. E non voglio perdere tempo con quelle persone che strabuzzano gli occhi con tanta facilità..."

"E fai bene! Io preferisco alzare i tacchi e cercare, al più presto, qualcuno che capisca che il cancro è anche parte della vita. Non solo della mia ma, un giorno, forse anche della sua. Solo accettandoti e accettandolo lo combatti e lo annienti!"

I due ragazzi, con quei discorsi così grandi per la loro età, si sorridono stanchi e si guardano complici prima di appoggiare le schiene sui materassi di gommapiuma e perdersi nei loro pensieri e nei loro sogni a metà.

"Di una cosa, però, sono convintissimo Leo: da qualche parte il male deve pur fermarsi."

   
 
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