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Autore: Ink Voice    14/07/2016    1 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XV
La strada percorsa con te

Non c’è tempo per gli abbracci, secondo la prepotente opinione di Camille; inizia a declamare i suoi piani prima ancora che Ilenia, Daniel e Luke siano effettivamente insieme a noi. I tre restano perplessi dal suo comportamento, ma appena capiscono cosa sta blaterando si fanno più attenti, perché si rendono conto di quanto sia importante l’oggetto delle sue parole.
Mentre andavo incontro a Ilenia, prima che lei e gli altri fossero a portata d’orecchio, lei mi ha raggiunta e non ha mancato di sbottare: «Mi fa enorme piacere che tu abbia ritrovato i tuoi amici, Eleonora, ma ci sono questioni più importanti di cui discutere prima che iniziate ad abbracciarvi con le lacrime agli occhi.» In risposta l’ho soltanto potuta guardare con tutto l’astio di cui sono capace, venendo tra l’altro bellamente ignorata. Mi ero pure presa la briga di fermarmi per sentire cosa volesse, curiosa di sapere perché mi fosse venuta dietro mentre correvo verso la Legata di Lugia… non smetterò mai di chiedermi perché si comporti così.
Ilenia si è trattenuta dal cominciare a parlare appena ha visto la faccia seria e ostile di Camille e la mia, piena di irritazione, e si è a sua volta mostrata contrariata. Daniel era sul punto di fare domande su domande sulla mia scomparsa e sull’identità dei ragazzi che mi sono portata appresso, ma Camille ha appunto preso la parola con la sua dannata aria di superiorità, lasciandolo interdetto.
«Non possiamo stare insieme ancora per molto, credo che questo sia chiaro, ora che siamo tutti riuniti. Muoverci in gruppo sarebbe una follia: è vero che saremmo più potenti, facendo squadra, ma non faremmo in tempo a svoltare un angolo che i Victory ci sarebbero addosso. Già da soli lasciamo tracce ben visibili a chi è in grado di vederle, ovvero i Comandanti e purtroppo, così sembra, anche i Generali. Adesso siamo in otto, e non è proprio il caso di rimanere insieme ulteriormente. Dovremo dividerci in almeno due gruppi, che potrebbero essere benissimo gli stessi che ci sono stati finora. Spostarsi in coppia però rimane la cosa migliore.»
Percepisco che, dopo un po’, Daniel ha capito che la bionda principessa elfica che ha davanti altri non è che la gelida ragazza che aveva - solo superficialmente - conosciuto prima all’Accademia e poi nella base segreta. Mi lancia un’occhiata eloquente e io scuoto la testa, per poi alzare gli occhi al cielo. Nel frattempo Camille prosegue imperterrita: «Direi che, appunto, possiamo dividerci in coppie e darci degli obbiettivi, se ne abbiamo, e di volta in volta darci appuntamento in un preciso luogo e in una data e ora anche più preci-»
«DEFICIENTE!»
Daniel salta addosso a George senza alcun preavviso, se non l’urlo assordante che ha lanciato in molto altrettanto inaspettato, facendo sobbalzare persino l’irremovibile ed irreprensibile Camille. Subito però si ridà un contegno e guarda torva i due, ma senza ottenere risultati. Il Legato di Yveltal, nella sua Forma di Mezzo parecchio più alto dell’altro in Forma Umana, se la ride come un pazzo e respinge facilmente il nanetto che lo ha aggredito tutto d’un tratto. Daniel cerca di spintonarlo ma viene puntualmente scostato, nonostante la sua vittima stia iniziando a tossire, tanto sta ridendo; entrambi sono tutti rossi in viso e il Legato di Dialga ha pure il fiatone. Sono ancora piuttosto perplessa e continuo a non capire i suoi modi di fare, e credo inoltre che abbia salutato i suoi pochi neuroni ancora funzionanti quando si è ritrovato ad avere a che fare con il Legame.
«Ti sembra questo il modo, pezzo di merda!! Sparire all’improvviso senza dire nulla, sei un bastardo!»
«Ehi, abbassiamo i toni…» Anche Ilenia se la ride di gusto per gli strepiti di Daniel, che non ha finito - temo ci vorrà un po’ - di sbraitare contro il suo migliore amico. Questi però sta rischiando veramente grosso, tra la tosse e il ragazzo che, saltellandogli intorno nel tentativo di colpirlo, sembra molto desideroso di pestarlo a sangue. Inizia a calmarsi e arriva quasi ad assumere un’espressione seria appena torna a prestargli attenzione.
«Sono dovuto andare a chiedere a Bellocchio di te! A Bellocchio! E finché non ho ottenuto anch’io la forma materiale del Legame non ho avuto alcuna spiegazione!» È al culmine dell’esasperazione, persino le sue corde vocali iniziano a faticare, mai abituate a toni e volumi così elevati. «E poi ricompari così a caso, idiota, e hai pure il coraggio di guardarmi in faccia e ridere di me! Sei un figlio di…»
«Basta così, basta» intervengo prima che cerchi di tirargli un destro sul setto nasale - sempre che ci arrivi. Metto una mano sulla bocca di Daniel, afferrandolo da dietro e lasciando George fuori dal suo raggio d’azione, approfittando del vantaggio datomi dall’altezza. «Ti devo proprio ricordare della tua scomparsa, cretino? Se ti ho visto prima dell’attacco al Monte Corona è stato per puro caso. Altrimenti te ne ripartivi bello bello per andare a zonzo per Sinnoh, e tanti cari saluti a quella scema di Eleonora.»
Qualche secondo di silenzio segue le mie parole. Poi George ghigna. «Lui sì che aveva capito come doversi comportare.»
Prima ancora che finisca la frase libero Daniel dalla mia presa e mi limito ad osservare lo spettacolo: il Legato di Yveltal che mi manda a quel paese prima di essere quasi buttato a terra da un veemente spintone dell’altro, il quale lo colpisce allo stesso modo un’altra volta mentre ancora barcolla cercando di rimettersi in piedi. Evita per miracolo un calcio nel sedere ma per farlo perde l’equilibrio e cade su un fianco, riuscendo però a frenarsi e a non farsi troppo male. Daniel sembra soddisfatto del risultato e leva il disturbo, allontanandosi dal gruppo e tornando poco dopo, appena Camille prende a parlare. George le strepita sopra e lei, per farsi sentire, gli serra le labbra con un banale schiocco di dita. È una fortuna che gli incantesimi del tipo Folletto abbiano un forte effetto sul Buio.
«Avete dato spettacolo a sufficienza, voi tre.»
«Io che c’entro?» Cerco di fare l’offesa, ma appena lei mi guarda male mi metto a sogghignare.
«Adesso vediamo di dividerci. È meglio che Yue e Zhao si separino e vengano affidati ad almeno un Legato esperto. Direi due, così che abbiano sufficiente protezione.»
«Possiamo occuparci noi due di uno di loro, mia cara.» Le labbra di George sono tornate al lavoro fin troppo presto, per i miei gusti.
«Va bene.» Camille è impassibile. Mi addita e chiede: «Tra voi quattro chi è il più esperto? Anzi, chi sono i due più bravi con i loro poteri?»
Nessuno alza la mano o si fa notare per la propria abilità. Camille sbuffa e George, ridacchiando, indica me e Daniel e dice: «A quei due è meglio non affidare nessuno, basta guardarli quando sono in Forma Umana.»
«Ma taci» replico, imperturbabile. «Mi duole ammettere che ad ogni modo hai ragione, almeno sul mio conto. Sono l’ultima ad aver ottenuto la forma materiale del Legame tra noi, a parte ovviamente Yue e Zhao.»
«Lui è quello che ha il Legame da più tempo.» Daniel non esita a puntare Luke, che per la prima volta nella sua vita alza gli occhi al cielo, mostrandosi una volta tanto esasperato dai modi provocatori ed ostili del Legato di Dialga, che poco lo sopporta - senza, così sembra, una ragione in particolare.
«Allora vai tu con lui, visto che anche senza tanto impegno sei il più potente tra voi quattro» dice Camille.
«Ma non è vero!» esclama Daniel. «Lei è molto meglio di me, voglio dire, almeno sa cosa sta facendo quando usa i suoi poteri!» E intanto addita Ilenia, stavolta. Le mie guance si tingono di un forte rosa, fortunatamente non visibile grazie alla notte, nonostante l’illuminazione delle giostre nel parco divertimenti.
Anche Ilenia alza gli occhi al cielo. «Vado io con Luke, almeno evitiamo omicidi tra consanguinei.»
Il pensiero di Daniel piomba improvvisamente nella mia testa; di sicuro non voleva esternarlo con tanta forza, perché è confuso e poco “leggibile”, ma lo riesco comunque a decifrare quasi subito: “Ci mancherebbe che siamo consanguinei, io e lui.” Mi sfugge una risatina che, nella serietà generale, lascia perplessi gli altri, a parte Camille e Ilenia: la prima scuote la testa, l’altra ridacchia leggermente. Anche a loro dev’essere arrivato il pensiero di Daniel, visto che hanno dei poteri psichici.
«Allora siamo a posto» borbotta Camille. «Yue, con chi vuoi andare?»
«Con loro» risponde senza esitazione la ragazza, accennando con la testa a Ilenia e Luke. Stavolta riesco a trattenermi e mostro solo un sorrisetto furbo quando le palpebre di Camille si assottigliano un po’, capendo che la Legata di Reshiram - che le sorride spudoratamente, serena come pochi sotto il freddo e pressante sguardo dell’altra - la sta in qualche modo prendendo in giro per la sua scarsa, anzi, inesistente simpatia.
Il rosa di prima sulle mie gote è diventato molto più intenso quando ho visto che Daniel ha fatto di tutto per potersi spostare in mia compagnia. Speravo fortemente di poter andare con lui da sola, ma non credevo che si sarebbe impegnato così tanto lui stesso. Getto un’occhiata alla ruota panoramica che spadroneggia sull’intero luna park di Sciroccopoli: forse non è così improbabile poter fare un giro su di essa. I miei occhi devono brillare più per l’emozione che per i riflessi di luce.
«Va bene. Per ora non abbiamo una meta» prosegue la Legata di Xerneas.
«Invece sì.» Ilenia la interrompe con un tono duro che non mi aspettavo. «Ci sposteremo in direzione della base segreta nella Fossa Gigante, dove Yue e Zhao potranno allenarsi con i loro Legami e dove avremo tutti abbastanza protezione.» Camille sbatte le palpebre senza alcuna reazione visibile. Ilenia sbuffa, esasperata: «Per quanto mi riguarda, cara Camille, puoi anche startene lontana da qualsiasi normale membro delle Forze del Bene, ma almeno il favore di accompagnare Zhao in un luogo protetto devi farcelo. Puoi anche sparire di nuovo, dopo, per quanto sia egoista da parte tua. Ma a lui faresti soltanto del male.»
Dall’altra parte continua ad esserci silenzio. Non è ostinato come tutti potevamo pensare, però, perché Camille, per quanto sintentica, acconsente con un secco “va bene”. Ilenia non si mostra soddisfatta ma entrambe dobbiamo essere d’accordo sul fatto che questo sia un gran progresso per la ragazza.
«Allora ci ritroviamo tra tre ore presso il varco tra Città Nera e il percorso 15» decide Camille.
George annuisce e repentinamente sparisce nell’ombra, senza che nessuno capisca bene come abbia fatto a smaterializzarsi così sotto gli occhi di tutti noi. Non sappiamo nemmeno se si sia preso la briga di controllare che nessuno nei dintorni stesse guardando: quando i ragazzi strillavano, parecchi si sono voltati per ficcare il naso nei nostri “affari”. Adesso, però, sono rimaste poche persone a girare per il parco, e sembrano tutte troppo impegnate ad ammirare le attrazioni di esso per interessarsi a noi. Nel frattempo Camille si allontana con Zhao e qualche momento dopo essere sparita dalla nostra vista non percepisco più la sua aura, né quella del ragazzo: si saranno teletrasportati via.
Siamo rimasti di nuovo noi quattro, con l’aggiunta però di Yue. Alcuni secondi di silenzio costruiscono un’atmosfera alquanto imbarazzata. Mi viene da pensare che Ilenia se la prenda con Daniel, ora, per aver fatto i capricci come un bambino, e invece quando apre bocca è tranquillissima. «Allora andiamo anche noi. Tre ore non sono così tante per arrivare a Città Nera senza farci scoprire… ci vediamo.»
«A dopo!» Yue saluta anche con la mano, mentre Luke arriccia un angolo delle labbra, senza sorridere, e fa un lieve cenno con il capo.
«A dopo» replichiamo sia io che Daniel, e ci allontaniamo in direzione opposta rispetto a quella dei tre, diretti verso la normale uscita del parco divertimenti.
Non rivolgo la parola al mio compare, continuando a tenere il naso per aria e a guardare con aria rapita la ruota panoramica. Aspetto che Daniel, se come sembra è diventato meno superficiale e poco sensibile a questo genere di cose, si accorga di cosa sto facendo e mi legga nel pensiero anche senza avere il potere della mente. Le mie aspettative si sono alzate, dopo tutte le storie che ha fatto per non dover andare con qualcuno che non fossi io e per non vedere me in coppia o in gruppo con altri.
Camminando non facciamo altro che addentrarci nel parco, man mano più vuoto: manca poco più di mezz’ora alla sua chiusura, ma ancora c’è qualcuno che si avventura nelle più disparate attrazioni. Smetto di tenere il naso per aria quando mi accorgo che Daniel ha notato e capito cosa sto osservando da tanto tempo. Mi guardo di più attorno, studiando le persone che ci passano accanto, ma soprattutto per constatare che non ci sia alcun Victory in giro: per fortuna è così.
Passiamo accanto all’entrata della ruota panoramica e, teatralmente, tiro dritto senza degnarla di uno sguardo; altrettanto fintamente mi giro stupita a guardare Daniel che studia il cartello all’ingresso della struttura con tutte le informazioni utili. Mi si rivolge con un tono piuttosto indifferente, ma il sangue mi si scalda comunque di piacere e il battito del mio cuore accelera.
«Un giro dura quindici minuti. Ti va di perdere un po’ di tempo?»
«Va bene.» Scrollo le spalle, evitando accuratamente il suo sguardo, che purtroppo è diventato molto acuto per colpa - o grazie, in altri casi - all’intervento del Legame.
Siamo senza biglietto, ma non è un problema per due ragazzi come noi, dato che una di loro è in grado di convincere chiunque con, apparentemente, il solo uso della parola, peraltro senza fallire un colpo. Un utilizzo minimo del mio potere della mente basta perché il controllore di turno ci inviti calorosamente ad accomodarci in uno scompartimento vuoto, approfittando del fatto che non ci sia quasi nessuno a salire, e augurandosi che il giro sia di nostro gradimento. Le porte della cella di vetro e acciaio si chiudono dietro di noi qualche secondo dopo essere saliti, e placidamente la ruota riprende a muoversi come di consueto.
Sciroccopoli sembra sorgere dal nulla, più o meno da sotto di noi, diventando metro dopo metro più grande e luminosa, sempre di più, finché le zone di periferia non arrivano a toccare l’orizzonte stesso. Gli edifici si sono fatti man mano più piccoli e confusi, fino a perdere la loro identità: è diventato impossibile distinguere i campi da tennis nella zona centrale dallo stadio di calcio poco distante, nonostante la differenza che c’è tra i due, che dovrebbe essere ben visibile grazie ad un’illuminazione strepitosa. Ma la nostra cabina sale, indifferente a tutto ciò, e le luci si sfocano, si mescolano tra di loro, così come i pochi colori che sopravvivono all’oscurità ormai totale, la quale invano cerca di soffocare almeno le luci meno potenti, quelle che provengono dalle zone periferiche della metropoli, la città dei divertimenti e della vita notturna per antonomasia.
«Non sono mai salita su una ruota panoramica.»
Daniel è sembrato poco disposto a chiacchierare fin da quando ci siamo divisi in gruppi, e anche sforzandomi sono riuscita a trovare un approccio estremamente goffo per fare conversazione. Però sembra che gli basti, perché gli dà sufficiente spunto per parlare di sé: «Io invece sì. A Porto Alghepoli c‘è un parco divertimenti, neanche lontanamente paragonabile a questo… ma per un bambino era più che sufficiente per passarci intere giornate. E c’era questa ruota panoramica che, almeno secondo la mia memoria, non aveva nulla da invidiare a questa. Se non il panorama. Anche se in effetti sono posti troppo diversi per essere confrontati. Dall’alto della ruota, a Porto Alghepoli, vedevi il mare, e non immagini la ressa che c’era per salire al tramonto, quando era più bello… qui, invece, vedi una delle città più grandi e frenetiche del mondo, con tutte le sue luci artificiali.» Sospira lievemente. «Sarò infantile, ma spesso provo nostalgia di casa. Ora non tanto quanto in passato, però…» Non finisce la frase.
«Ma è normale» replico, con voce ridotta quasi ad un sussurro.
«Per me rimane comunque abbastanza imbarazzante, anche se è una cosa tra me e me stesso… e ormai va be’, l’ho detto anche a te» sorride.
Vorrei dirgli che è diventato estremamente egocentrico con il Legame, che non me ne importa praticamente niente del luna park di Porto Alghepoli e di come lo si possa vedere dagli occhi di un bambino, ma stringo i denti per impedirmi di commentare acidamente questo lato del suo carattere e lo lascio sfogarsi, almeno stavolta. Forse ha parlato troppo poco ultimamente e deve compensare in qualche modo, e io sono la prima cavia che gli è capitata a tiro. Però noto di continuo come, nei momenti in cui sembra più assorto in chissà quali pensieri, non stia facendo altro che rimuginare sulla sua vita e sulle sue condizioni, anche se, con una faccia impensierita come quella, ci si aspetterebbero, semmai, profonde riflessioni sul periodo che stiamo tutti vivendo, su come siamo tutti vittime in qualche modo - perché non è solo lui a subire - e al contempo su come ci dobbiamo comportare aggressivamente nei confronti dei nostri nemici.
«Non c’è niente di male ad ammettere le proprie debolezze con sé stessi» mormoro.
Lui mi lancia un’occhiata vagamente sorpresa, che ricambio con una quasi sconsolata. Poi distoglie lo sguardo e tira fuori dalla tasca l’orologio in diamante, l’attestazione materiale del suo Legame. Contemporaneamente, in un battere di ciglia, passa nella Forma di Mezzo.
«Sembra che tu sappia bene di cosa stai parlando, vista la frase fatta con cui te ne sei uscita» ridacchia.
«Stupido» borbotto, per il resto senza rispondergli.
Il silenzio torna a dividerci. Ci stiamo avvicinando lentamente al punto più alto raggiungibile dalla ruota, e io non faccio altro che guardare Sciroccopoli e le sue luci con occhi ormai vitrei, annoiati della vista sempre uguale. Daniel invece sembra non stancarsi mai di guardare il suo orologio da taschino, nonostante lo tiri fuori spesso: è capace di starsene a studiarlo per interi minuti, dimenticandosi del resto del mondo, quando una persona normale, dopo aver visto per le prime volte un oggetto così bello e di inestimabile valore, ci farebbe man mano l’abitudine e quasi smetterebbe di attribuirgli un prezzo. Ma il diamante è l’ultima cosa a cui il ragazzo fa attenzione, perché lui fissa il quadrante bianco, semplice come quello di ogni altro orologio.
«Sei così attaccato al tuo elemento da poter guardare le lancette senza annoiarti?» gli chiedo, dopo un po’ di indecisione se farlo o no.
Lui sbuffa; fa un mezzo sorriso, senza scollare gli occhi dall’orologio, e scuote la testa. «Non guardo l’orologio.» Aggrotto le sopracciglia e lui risponde alla mia domanda rimasta inespressa: «Guardo cosa sta succedendo e cosa è successo.»
«Non è una spiegazione» dico lentamente.
«Il tempo, Eleonora. Io posso vedere il tempo» ribatte. «Ogni avvenimento passato e in corso, posso decidere di vederlo quando voglio. Riesco ad assorbire tutto quel che accade nel mondo in automatico, senza farci caso, e volendo posso cercare dentro me stesso, non nell’orologio, delle immagini, dei suoni e delle emozioni che non mi appartengono, ma che il tempo ha registrato. È incredibile come siano tutte cose leggere, che posso ignorare finché voglio e che posso chiamare a me quando mi servono, o quando non so cosa fare…»
Lui e solo lui, su quel quadrante così semplice, è in grado di vedere ogni evento passato e presente. Non ha parlato del futuro, ma si ricorda di esso proprio ora, come se mi avesse letto nel pensiero.
«A volte ho cercato di vedere cosa accadrà, anche se Dialga aveva tentato di dissuadermi dal farlo, dicendomi che era inutile provarci. Alla fine l’unica cosa che potevo fare era lanciarmi in previsioni sul futuro, prossimo o lontano… che sono sempre fallite miseramente, anche quelle che all’apparenza sembravano ovvie!» ride. «Dialga non mi spiegherà mai come funziona il futuro, se è già deciso e io non posso in alcun modo avvicinarmi a predirlo, o se è talmente casuale che è quasi impossibile azzeccarci, anche se ci ho provato parecchie volte. Il futuro non si vede. Guardo un evento in corso, smetto di studiarlo e faccio la mia previsione, poi lo riprendo a studiare e vedo quanto largamente mi sono sbagliato. Ormai ci ho fatto l’abitudine.»
È una cosa così intima, irraggiungibile per chiunque non abbia mai avuto il suo stesso Legame, che mi sono arresa praticamente appena ha iniziato a descrivere l’inimitabile potere del tempo. Questa faccenda del passato e del presente che possono essere visualizzati a suo piacere come un qualsiasi filmato è per me incomprensibile. Io non so nemmeno che potere speciale ho, se non quello derivato dal tipo Psico; qualcosa però dovrà pur esserci, perché ricordo come Sara abbia messo a tacere Bellocchio, cambiando esplicitamente discorso, quando l’uomo al vertice delle Forze del Bene stava per rivelarmi quale fosse il mio potere “primitivo” come Legata di Ho-Oh.
Non ho idea di come Daniel faccia a gestire l’immenso flusso di dati provenienti dal tempo, nonostante, a quanto ho capito, abbia accesso “soltanto” a quello che scorre sul nostro pianeta - che è comunque una quantità inimmaginabile. Ha detto che tutto ciò che il tempo registra lo assorbe senza accorgersene, che non gli pesa per niente, che non fa caso a quel che arriva alla sua mente finché non va in cerca di qualcosa.
Non mi stupisco che abbia spesso quella faccia pensierosa e che parli tanto di sé, quando può: non è vero che il Legame lo ha fatto diventare egocentrico, è lui che ha reagito così. Sembra che in questo modo voglia ricordare a sé stesso di esistere, perché altrimenti sarebbe assorto a tal punto nella visione del tempo, in movimento e mutamento costanti… che si dimenticherebbe di essere in vita anche lui. Se ci penso attentamente, la sua aura viene meno, si indebolisce quando il ragazzo si immerge nella visione del corso del tempo, come se si allontanasse fisicamente e mentalmente dal luogo in cui si trova.
In un attimo, in un guizzo che fa la mia mente quando mi chiedo come faccia ad essere così sicura di sapere cosa succeda a Daniel quando fa queste sue cose con il tempo, mi rendo conto che dev’essere un altro il potere che Ho-Oh, il Leggendario in grado di restituire la vita e che rappresenta sia il dolore che il benessere, mi ha donato con il Legame, dato che sto facendo qualcosa a cui nessuna persona sarebbe capace di arrivare. Sotto le mentite spoglie del potere della mente si cela infatti qualcosa di molto più grande di esso, che è la capacità di conoscere le vite degli altri. E così come Daniel può decidere di esaminare un qualsiasi momento del tempo, che sia del passato o del presente, io sono in grado di percepire il corso della vita delle altre persone e le interazioni tra le esistenze di ogni essere vivente sulla Terra, e anche di analizzarle.
Non ho mai provato a farlo perché non ho mai capito che il mio potere della mente è nei fatti finto, ma riesco comunque a spiegarmi tante cose, adesso. Se posso leggere i pensieri degli altri è perché entro in un contatto strettissimo con le loro vite; se posso capire qual è la natura, se Leggendaria o umana, della persona che ho davanti, non è perché ne analizzo l’aura, in teoria rappresentata dalle immagini e dai colori che vedo quando chiudo gli occhi e mi concentro, ma è come se leggessi una breve descrizione della loro natura, della loro esistenza; se posso teletrasportarmi è perché in qualche modo riesco a spostare la mia vita in un altro luogo per farla interagire con esso, e ancora non sono in grado di farmi carico del peso di un’altra; se riesco a incendiare le cose con il pensiero è perché l’elemento del fuoco entra in contatto con la realtà, materializzandosi in essa.
Tutte queste abilità sono cose talmente naturali per me, me ne accorgo solo ora, che non riesco a spiegarmi a parole come funzionino, ma contemporaneamente capisco cosa Daniel abbia cercato di descrivermi finora. Riesco a leggere, come fossero dei libri aperti, il passato e le condizioni attuali di ogni essere vivente, ma sicuramente non posso proseguire con la lettura oltre la situazione presente. Allo stesso modo il guardiano del Tempo non riesce ad andare oltre il presente. Per cercare una conferma provo ad esaminare il cammino futuro del ragazzo al mio fianco e, come immaginavo, vengo respinta da una forza che non conosco e che non riesco a vedere. Neanche a percepire, se per questo: so solo che c’è, e che esiste per impedirmi di guardare avanti.
Ma allora qual è la differenza tra il mio potere fondamentale, legato alla Vita, e quello di Daniel, che riguarda il Tempo?
«Stiamo cominciando a scendere.»
La voce di Daniel mi riporta con i piedi per terra; mi riscuoto visibilmente, ma lui non sembra accorgersene, o forse sta solo facendo finta di niente. La mia espressione stralunata dice con chiarezza che sono reduce da lunghi viaggi all’interno della mia mente e di ricerche sul conto mio e su quello di lui. Ho-Oh, in tutto ciò, non ha spiccicato parola, anche se, ora che ci faccio caso, lo sento un po’ inquieto per chissà quali sue ragioni; tanto, se gli chiedessi spiegazioni, il silenzio non verrebbe meno.
«Ti va di guardare il tempo che abbiamo trascorso insieme, Eleonora?»
I miei occhi si spalancano per le sue parole, inizialmente senza volerle capire, poi per l’incredulità. Daniel non ricambia il mio sguardo, se non velocemente con un sorriso incomprensibile, dopodiché torna al suo orologio di diamante. «Co-come? In che… in che senso?» balbetto.
«Dammi la mano» risponde soltanto, porgendomi la sua. Un po’ titubante gliela prendo, e mentre ancora sto cercando di stabilizzare il respiro emozionato, la mia mente viene invasa da fiotti di immagini confuse e che scorrono troppo velocemente le une sulle altre. Ma altrettanto rapidamente rallentano e acquisiscono una forma quasi tridimensionale; appena sopraggiungono i suoni, gli odori e ogni altra sensazione, fisica e immateriale che sia, gli eventi sembrano davvero prendere il posto della realtà, mentre scorrono nella mia mente come un fiume. Se è così che si sente Daniel ogni volta che si incanta a studiare il tempo, non mi stupisco di come abbia difficoltà a tornare nella sua realtà, anziché rimanere in quella di ciò che visiona.
«Questi sono miei amici… Cynthia, Lorenzo e Daniel.»
La voce squillante della Ilenia di più di due anni fa irrompe nelle mie orecchie prendendo il sopravvento su ogni altro rumore, mentre i miei occhi si riempiono delle immagini dei tre ragazzi seduti ad uno stesso tavolo di quella che ha l’aria di essere una mensa scolastica. Chi più calorosamente, chi meno, salutano tutti. È veramente un colpo al cuore rivedere Daniel a quindici anni, più paffutello e meno espansivo, dato che all’epoca ancora non ci conoscevamo. Scoppierei a ridere in faccia a quello che ho accanto a me e che mi dà la mano, il diciassettenne che ho imparato a conoscere come un fratello, ma sono talmente immersa nel Tempo e presa da quanto che mi mostra che non riesco a muovere un muscolo.
Le immagini del Daniel più piccolo si alternano alle mie degli stessi tempi, ritraendoci mentre ci scambiamo delle occhiate veloci e poco significative. Le mie guance arrossiscono sempre più spesso finché non prendiamo confidenza e finalmente mi abituo a frequentare quel ragazzo tutti i giorni. Sento risate, sento battute che la mia memoria ha rimosso e che non capisco più, sento anche toni e discorsi più seri, ma anche più rari, che riguardano la guerra e il nemico oscuro delle Forze del Bene.
«E poi Daniel è così sbadato che sarà l’ultimo a farci caso, se mai succederà!» esclama Ilenia ridendo, più velocemente di quanto avesse fatto quando mi disse quelle parole.
Il tempo scorre rapido al comando del suo guardiano e ignora i mesi restanti alla finta Accademia, pur di arrivare al primo periodo nella base segreta del Monte Corona. Tuttavia non manco di cogliere l’arrivo di Camille e i commenti fatti tra di noi sulla strana, gelida ragazza appena entrata nelle Forze del Bene. E prima che la stagione estiva venga totalmente saltata, uno straccio di dialogo si appende alle mie orecchie.
«Grazie mille per il tuo aiuto, Dani.»
«Non faccio niente che un migliore amico non dovrebbe fare.»
Il viso pallido di pura angoscia del ragazzo mi occupa la mente per un’eterna frazione di secondo: era il suo viso il giorno in cui cominciammo ad addestrarci come guerrieri, sotto la guida severa di Sandra. Mi vedo lottare a mani nude contro ragazzi di cui non ricordo più il nome, compagni di corso, e impartire ordini ai miei Pokémon durante una lotta; poi torna Daniel, che prende posizione prima di un combattimento, sempre durante le sessioni di allenamento.
Sento sulla pelle la pioggia di vetro del camminamento tra un edificio e l’altro della centrale nucleare, polverizzato dall’urlo terrificante di Giratina; sento la presa protettiva delle braccia di Daniel che si illude così di potermi tenere al sicuro da un eventuale attacco del Leggendario Ribelle; sento l’odore dei miei capelli attraverso il ricordo, rimasto impresso nel tempo, del naso di Daniel. Lo stesso tremore che mi stava distruggendo in quegli istanti infiniti mi prende adesso, e per pochissimo mi concede di riacquistare il contatto con la realtà materiale prima di rituffarmi tra i flutti del Tempo.
«Cosa significa quello che ti ha detto Cyrus?»
«Ti ho detto che non so cosa volesse quell’uomo folle!»
«Non ti crederei neanche se me lo conferma Cyrus in persona! Da come ha parlato non mi è sembrato una persona fuori di testa, anzi… ci dev’essere un motivo se ti ha detto quelle cose!»
«Non lo so, ha spiazzato me per prima. Ti prego, non insistere! Ti giuro che non so niente, è pazzo… non continuare a chiedermi cose che non so, sono stanca, sono distrutta!»
Lo scenario cambia, e dall’infermeria della base segreta passiamo alle pendici innevate del Monte Corona, neanche un anno più tardi: è il giorno del compleanno di Daniel. La neve guidata dal vento non arriva nell’angolo in cui il ragazzo si è infilato e dove io, seguendo il mio istinto, sono in qualche modo riuscita a raggiungerlo per passare del tempo insieme a lui, rovinando i suoi progetti di potersene stare un po’ da solo a riflettere.
«Non mi aspettavo di incontrarti qui.» Una parte successiva della conversazione viene praticamente omessa, finché non arriviamo ad una domanda del ragazzo che ormai sembra fatidica: «Secondo te cos’è il tempo?»
I miei occhi si spalancano per la sorpresa. Lo vedo da quelli di Daniel, prima di uscire dal suo punto di vista. «Il… il tempo?»
«Il tempo… sarà davvero nelle mani di un Pokémon? Come ti senti, sinceramente, a sapere che il suo funzionamento è regolato da una creatura potenzialmente pericolosa, incontrollabile?»
Il resto della conversazione viene risucchiato via e la velocità torna normale appena in tempo per farmi vedere mentre avvampo pietosamente appena Daniel mi stringe a sé, e inizia a farmi domande invadenti e imbarazzanti sulla mia situazione sentimentale. Sono veramente pessima a negare, non solo a recitare: più dico di non essere occupata su questo fronte e più ci si convince di quanto stia messa male. Il mio cuore manca un battito appena il ragazzo mi confessa di essersi messo con Melisse: i miei occhi grigi spalancati sono più che eloquenti, anche se il Daniel sul Monte Corona è convinto che la notizia non mi turbi granché, che anzi sia contenta per lui.
«Hai da pensare al fidanzatino, eh?» mi provoca quando è in piedi.
«Ma vattene.»
Da tanto tempo non vedo il viso di Melisse: la ragazza, più bella e in forma del solito, si materializza insieme alla base segreta. «Ciao, Ele! Per caso hai visto il tuo amico Daniel?»
«Il tuo ragazzo, intendi?» Sul mio volto aleggia una strana espressione, in cui confusamente si mescolano amarezza e gelosia, ma anche senso di colpa per provare le stesse. «Non so dirti dove sia ora, ad essere sincera.»
La scena non cambia molto: Daniel prende il posto di Melisse su uno sfondo praticamente uguale, siamo comunque nella base del Monte Corona. I miei occhi grigi prendono colore mentre si spalancano, attoniti: si tingono di un rosso sanguigno, così innaturale da fare impressione su una faccia normale e un po’ ingenua come la mia. Un filo di voce esce dalle mie labbra, che riescono a muoversi appena. «Tu hai un Legame.»
L’esplosione e gli allarmi esplodono nelle mie orecchie, finora abituate al silenzio: trasalendo riesco a tornare per la seconda volta, sempre per un attimo insignificante, con i piedi per terra. Il paesaggio di Sciroccopoli viene di nuovo spazzato via dalla corrente del Tempo, che stavolta porta con sé le immagini di me e Daniel entrambi nella Forma di Mezzo, irriconoscibili, non riconducibili ai due ragazzi visti finora. Eppure la riunione presidiata da Hei Feng è già finita e io sono tra le sue braccia, con il cuore traboccante di gioia; lui mi stringe felice quasi quanto me.
Dei minuti più tesi e angoscianti che seguono, in cui Daniel confessa di non essere a posto con il suo Legame, vedo solo immagini confuse, come in una vecchia pellicola cinematografica. Allo stesso modo la mia faccia, crucciata e impensierita durante un dialogo mentale con Ho-Oh che verte sul disturbo bipolare che sembro essere convinta di avere, si vede solo per degli attimi brevissimi. Sia io che Daniel veniamo accecati dalla luce del Sentiero Din Don appena usciamo dalla costruzione che nasconde il passaggio per la sala riunioni segreta, e ci inoltriamo nella vegetazione colorata di fuoco e di oro.
Il resto è storia troppo recente, ancora vivida nelle nostre menti, per costringerci a rimanere lontani dal mondo ancora per molto. Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando abbiamo cominciato a ripercorrere, seppur molto rapidamente, i quasi due anni e mezzo trascorsi insieme. La ruota panoramica non ha percorso molti metri, eppure il mio viso è inondato di lacrime, che continuano a sgorgare senza pietà, come se piangessi da ore intere.
Daniel lascia la mia mano inerte e il braccio mi ricade lungo il fianco. Proprio adesso che sono in condizioni critiche lui ha il coraggio di guardarmi, mentre quando è lui ad essere in difficoltà trova subito un riparo nel suo dannato orologio, nel suo dannato Legame… Non so spiegarmi perché stia piangendo, ma sono veramente sollevata di farlo nel più totale silenzio.
Forse perché l’amore che provo nei confronti di Daniel mi ha sopraffatta, mentre ripercorrevo le tappe non solo della nostra amicizia, ma, tra le altre cose, anche dei miei sentimenti. Rivederci di due anni più piccoli, ancora ingenui e tutto sommato indifesi, completamente ignari di quale compito gravasse sulle nostre spalle fin dalla nostra nascita, preoccupati solo di vivere spensierati, finché potevamo permettercelo, insieme ai nostri Pokémon, sfuggendo ad una guerra di cui non sapevamo nulla… la consapevolezza di questo ha sortito su di me un effetto sconvolgente. Sono sempre stata molto sensibile ai drammi, alle storie d’amore, a qualsiasi opera che fosse in grado di smuovere l’animo dello spettatore: anche per poco riesco ad emozionarmi, a sentire gli occhi inumidirsi. Adesso non c’è proprio da stupirsi se piango fiotti di lacrime, travolta da ricordi che in quest’ultima parte della mia vita avevo messo da parte ed adottando anche il punto di vista di Daniel. Pure gli ultimi avvenimenti, come la chiacchierata sul Monte Corona dello scorso novembre, sembrano risalire a secoli fa. Mi pare di non vedere il mio volto umano da mesi, eppure ho passato mezza giornata con il mio aspetto normale, per quanto il più possibile confuso da trucco pesante, da una parrucca e quant’altro per potermi camuffare nelle vie di Austropoli.
«Ma che cuore tenero» arriva a commentare Daniel, vedendo che non smetto di piangere.
«Ti odio» ribatto all’istante, con voce ferma.
Le sue labbra si curvano. Sa cosa provo per lui da anni, perché è registrato nel tempo con tutti i dettagli che solo io credevo di poter conoscere. Avrà avuto chissà quante occasioni per accertarsene, e io solo adesso lo vengo a sapere. In che modo, poi! Mentre verso lacrime fino a disidratarmi… eppure non mi stanca piangere, non mi viene il solito mal di testa, la mia espressione non è afflitta o disperata, ma apatica. La mia testa è ancora troppo piena dei ricordi provenienti dal Tempo perché possa stare attenta a qualsiasi altra cosa. La mente cerca disperatamente di trattenere con sé almeno le immagini che le sono passate attraverso, ma per riveder bene il flusso ininterrotto di esse dovrei ributtarmi a capofitto nel fiume del Tempo stesso. Anche senza le originali riesco benissimo a non provare nulla, a rimanere in parte distante dalla realtà: non riesco a realizzare nemmeno il fatto che Daniel sappia che lo amo, che in condizioni normali mi farebbe probabilmente crollare a terra semisvenuta.
«È stato emozionante» continua lui, palesemente sfidandomi a reggere un confronto.
«Non c’è dubbio. Lo vedi come mi sono emozionata.» La mia voce è orribilmente atona.
Stavolta si lascia sfuggire una leggerissima risatina. «Anche a me faceva questo effetto le prime volte, ma solo quando si trattava della mia vita. Se guardo immagini di quella di qualcun altro, per quanto tristi o disperate siano le loro situazioni, non riesco a sentirle vicine e non mi fanno alcun effetto. Scommetto che a te ti manderebbero al tappeto» ridacchia di nuovo. Io non gli rispondo, non lo degno nemmeno di un’occhiata.
La nostra cella della ruota panoramica si inoltra nell’ultimo quarto del tragitto.
«Tempo e Vita… qual è la differenza tra i due?»
È esattamente la stessa domanda che mi sono posta io prima. Sentirla pronunciata dalla bocca del ragazzo è un colpo che mi distrae completamente dalle immagini portate dal Tempo, che sembravano dovermi occupare la mente per il resto dei miei giorni. Mi volto verso di lui, che già non mi sta più guardando. Non so dire chi sia tra i due ad avere più difficoltà a reggere un contatto visivo: entrambi ci sfidiamo a non mollare la presa, ma cediamo troppo presto, a volte lui e a volte io. Il potere della Vita mi comunica con chiarezza inaudita la timidezza di fondo di Daniel, che ha tentato in tutti i modi di affrontarmi senza vacillare pur sapendo dei miei sentimenti, ma molte volte non riesce a sostenere lo sguardo della ragazza che non riesce ad amare allo stesso modo.
Realizzarlo non fa così male come credevo. Ma purtroppo sono sicura che, appena questa situazione troverà la sua fine, sarò messa in crisi dalla convinzione che Daniel, così come in due anni non ha mai provato nulla per me, con ogni probabilità continuerà a vedermi allo stesso modo. Non posso fare altro che accettarlo, e sperare che, se lui non sarà in grado di venirmi incontro, io prima o poi riuscirò a mettere da parte questi sentimenti, nonostante non ci sia mai riuscita per tutto questo tempo.
«Il Tempo può esistere anche senza la Vita. La Vita invece dipende dal Tempo, senza di esso è come sospesa nel nulla» sentenzia lui.
«Ma senza la presenza della Vita che lo decodifica, il Tempo non avrebbe una vera forma.»
Non sembra stupirsi della mia risposta pronta. «Vedremo, vedremo chi ha ragione, Eleonora. Ora è meglio teletrasportarci dove dobbiamo, prima che il controllore mi veda con quest’altro aspetto.»
E mentre lui si sposta nel tempo per andare nel percorso 15, io faccio entrare la mia essenza, la mia esistenza stessa, in contatto con la realtà di quella strada, simulando un teletrasporto grazie al potere della Vita.
  
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