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Autore: koralblu    15/07/2016    1 recensioni
Dal testo [...]
Troppo sangue era stato versato a causa mia.
E ora, la vista di Kurapika me l'avrebbe ricordato ogni dannato momento della mia vita.
Ero riuscita a controllarlo, dopo anni e anni di pianti disperati e dolore inflitto a me stessa. Ero riuscita a controllare questo senso di colpa, illudendomi ingenuamente di essere stata ingannata e persuasa a fare ciò.
Ma vedendo Kurapika, vedendo il dolore che IO gli avevo procurato, tutte le mie scuse erano crollate.
Lui era il passato che non avrei mai scordato; il passato che mi avrebbe sempre perseguitata, ricordandomi chi ero stata, e chi sono tutt'ora: un mostro. Un essere abominevole, che non merita altro che il dolore eterno.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                       Capitolo 4  (parte terza)

Il silenzio tombale che era sceso nella sala fu rotto solamente dal suono del gong, che assegnò un' altro punto alla squadra avversaria. 
Ma non me ne importava nulla.
Il mio sguardo era incatenato a quello di Kurapika; non riuscivo a distoglierlo dal suo. 
Occhi scarlatti dentro occhi scarlatti. 
L'assassino davanti alla vittima. 
Non avrei mai voluto che lo scoprisse così.
Non avrei dovuto per nessun motivo perdere il controllo. Ma quando avevo visto quell'impostore spacciarsi per uno della brigata, non ci avevo visto più. Seppur da una parte fossero ladri e assassini spietati, dall'altra erano anche eccezionali combattenti, devoti al loro capo. Non tolleravo che uno sbruffone buono a nulla si pavoneggiasse in questo modo. 
Ma ero stata avventata.
E ora cosa avrei raccontato a Kurapika?
Di certo non avrei potuto raccontagli la verità; ma come gli avrei spiegato gli occhi rossi appartenenti alla sua tribù? Come?
Inaspettatamente il ragazzo dai capelli biondi, continuando a tenere lo sguardo nel mio, si avvicinò pian piano a me, facendo qualcosa che mai mi sarei aspettata.
Mi abbracciò. 
Sentire le sue calde braccia avvolgermi fu come se tutti i miei tormenti fossero scomparsi in un istante. 
Un brivido mi percorse la schiena, mentre gli occhi iniziarono a bruciare.
E poi, Kurapika iniziò a piangere.
Mi strinse ancora più forte, quasi avesse paura di perdermi, mentre sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo. 
E allora nemmeno io potei bloccare l'argine che si era frantumato. Non potei bloccare le lacrime che uscirono copiose dai miei occhi. Piansi come una disperata, aggrappandomi a Kurapika con tutte le mie forze, come se lui fosse un salvagente in un mare in tempesta. 
Una parte di me urlava di gioia, felice come non lo era mai stata prima. Ma l'altra, invece, continuava a ripetermi di essere un mostro. Continuava a ripetermi che non meritavo nessuno di loro, men che meno Kurapika; continuava a ripetermi che l'unica cosa che meritavo erano soltanto il dolore e la morte.
Non sapevo quanto tempo fosse passato e nemmeno mi importava. Cercai di sopprimere il soffocante senso di colpa che stava urlando dentro di me, continuando a tenere Kurapika stretto tra le mie braccia.
Non volevo lasciarlo andare. Non mi ero mai sentita così bene come in quel momento. Avevo un disperato bisogno che lui non mi lasciasse, che continuasse a tenermi stretta a lui, anche se sapevo di non meritarlo affatto. 
Ma lui non mi lasciò. 
Continuò a tenermi stretta, mentre i nostri singhiozzi diventavano sempre più forti e profondi. 
Ci inginocchiammo entrambi, non lasciandoci nemmeno per un'istante. 
Kurapika iniziò ad accarezzarmi i capelli, il pianto che si faceva via via sempre meno copioso. Delicatamente, il ragazzo alzò la testa dalla mia spalla, dov'era stata fin'ora,  e prese a guardarmi intensamente, quasi volesse imprimere nella mia anima il suo sguardo. 
E ci riuscì.
Non mi sarei mai dimenticata di come mi guardò quella volta. 
Non mi scorderò mai il suo sguardo acceso, illuminato da una luce nuova, che mai prima d'ora gli avevo visto. Una luce che faceva risplendere il suo sguardo di una speranza e di una felicità totali. 
Lo sguardo di qualcuno che ritrova una via d'uscita, dopo anni e anni di nebbia fitta e soffocante. 
Lo sguardo di chi, per la prima volta dopo tanto dolore e solitudine, ritrova la sua casa.
-Grazie-
Bastò una semplice parola per far crollare definitivamente ogni difesa. Bastarono sei lettere per far crollare ogni muro che avevo costruito intorno a me. 
Tutti i miei piani, i miei progetti, i miei scopi andarono in frantumo dopo quella singola parola. 
Tutto il dolore, l'odio e la vendetta erano stati spazzati via in un lampo, lasciando spazio ad un senso di totalità che mai avevo provato prima.
Mi sentivo bene. 
Mi sentivo come se per la prima volta valessi qualcosa. 
Mi sentivo importante per qualcuno. 
E questo era il regalo più bello che qualcuno avesse mai potuto farmi. 
Quel grazie diceva ogni cosa. 
Grazie, perchè non sono più solo. 
Grazie per avermi dato di nuovo la speranza. 
Grazie per avermi ridato finalmente una casa.
Un grazie che valeva più di ogni altra cosa. 
Un grazie che mi fece sentire importante, ma allo stesso tempo inadeguata, meschina. 
Un grazie che non meritavo..che sapevo di non meritare. 
Ma nonostante sapessi tutto ciò, nonostante odiassi me stessa per quello che avevo fatto e che stavo facendo, sorrisi a Kurapika. 
Fu il primo vero sorriso che gli rivolsi. 
Anche se lui non poteva vederlo, in quel sorriso c'era tutto il dispiacere per ciò che avevo fatto a lui e alla sue gente. C'era tutto il rammarico per un delitto del quale non mi sarei mai liberata. 
Ma c'era anche tutta la gratitudine per avermi fatta sentire in pace, per una volta. C'era un grazie ancora più significativo del suo. 
Un grazie che avevo rivolto solo ad una persona: mia madre. 
Il ragazzo biondo mi sorrise a sua volta, alzandosi e trascinandomi su con lui, senza lasciarmi mai. Insieme iniziammo a camminare lungo la passerella, arrivando alla piattaforma in cui tutti ci fissavano allibiti, senza però dire una parola. 
Kurapika, però, non fece caso a loro, facendo altri due passi e appoggiandosi contro la parete su cui si fece scivolare. 
-Siediti con me..- mi chiese dolcemente, guardandomi come se fossi l'oggetto più prezioso del mondo. 
Ed io, come incantata, feci ciò che mi chiese senza battere ciglio, posizionandomi a fianco a lui.
Kurapika mi prese per la vita, facendomi sussultare, per poi tirarmi ancora più vicino a lui, quasi avesse un disperato bisogno di sentire fisicamente la mia presenza.
Non opposi nessuna resistenza, lasciandomi cullare dal suo profumo dolce e dal calore del suo corpo contro il mio fianco. 
Sentivo lo sguardo penetrante di tutti addosso, ma non me ne curai minimamente. Stavo così bene fra le braccia di Kurapika che, l'unica cosa che volevo, era restare li per sempre, senza dover pensare più a niente. 

-Allora, vogliamo continuare con le sfide?- 
Una voce dall'altra parte della stanza interruppe la serenità di quel momento. Kurapika non fece nemmeno caso a quella frase, continuando a tenere gli occhi chiusi e un sorriso luminoso sul volto. 
-Dateci solo un minuto!- urlò in risposta Leorio, continuando a tenere lo sguardo fisso su di noi.
-Asuka, quando questa sfida sarà finita avremo bisogno di risposte. Lo capisci, vero?- 
Annuì, riuscendo a compiere solo quel gesto, essendo le parole bloccate in gola.
Leorio annuì in risposta, richiamando l'attenzione di Gon e Killua, ancora intenti a fissarci sotto shock.
-Forza, lasciamogli un po' di privacy- sussurrò loro Leorio, dandogli una pacca sulla spalle e facendoli così girare. -Il terzo sfidante sarò io.- 
Leorio si avviò lungo la passerella, che non si era ancora ritirata, le mani in tasca e l'aria sicura. 
Dall'altra parte della sala una figura minuta iniziò ad avanzare, arrivando sul ring davanti a Leorio in poco tempo. 
Con una mossa fulminea l'avversario di Leorio si levò di dosso il mantello, scoprendo che quella figura minuta era in realtà una donna. 
Sgranai gli occhi, notando come anche Kurapika aveva  posto l'attenzione a quel colpo di scena inaspettato. 
La donna fece un risolino, sventolando la mano davanti alla faccia.
-U..una donna?- chiese sconvolto Leorio, incredulo davanti a quella figura da capelli rossi raccolti in due codini e gli occhi azzurri, vispi e maliziosi.
-Su su, non fare quella faccia; in fondo non credo che io sia la prima donna che tu abbia mai visto, o mi sbaglio?- 
Leorio spalancò la bocca, non riuscendo a formulare nessuna parola.
-Beh, che ne diresti se ti proponessi un bel gioco di scommesse?- 
Nessuno sapeva cosa rispondere, men che meno Leorio.
Che cosa intendeva?
-Che cosa intendi? Che cosa vorresti scommettere?- chiese seccato Killua, alzando la voce per farsi sentire. 
La risposta non arrivò dalla donna, bensì da un grosso tabellone che si alzò dal terreno e su cui vi erano cinque  tacche illuminate di giallo. 
ll sorriso della donna si allargò, mentre continuava a tenere lo sguardo fisso in quello di Leorio, acceso da una luce che non era affatto rassicurante.
-E' molto semplice, miei cari..- inziò la donna, passando in rassegna con lo sguardo tutti noi. - ciò che ad entrambe le squadre sta più a cuore: il tempo.-
Il tempo?
-Mi scusi signorina, ma io credo proprio di non aver capito-  disse Gon, sventolando il braccio per attirare la sua attenzione. 
La donna rise ancora, sorridendo falsamente gentile al bambino che la guardava con attenzione. 
-E' molto semplice. In questo gioco di scommesse punteremo le ore che ci restano. La puntata minima è di dieci ore, ma ovviamente se sei sicuro di vincere potrai puntare di più. Si continuerà a scommettere fino a che uno dei due gruppi non avrà finito le ore a disposizione. Il tema è libero e verrà proposto a turno.-
-Ma come facciamo se dovessimo perdere tutte le cinquanta ore?- chiese curioso Gon.
-Siete arrivati a cinquantanove ore, per cui ve ne rimarrebbero solo nove per raggiungere il punto d'incontro.- 
- E se sarete voi a finire il tempo?- 
La voce di Killua era sempre più seccata, tanto che sentii nelle sue parole un ringhio soffocato.
La donna spostò lo sguardo su Killua, guardandolo attentamente. 
-Se saremo noi a finire il tempo a disposizione, la nostra reclusione aumenterà di altri cinquant'anni. Allora, accettate?- 
Leorio si girò verso di noi, gli occhi intrisi di indecisione. 
Ma così come avevamo lasciato totale fiducia a Gon, allo stesso tempo dovevamo lasciarne a Leorio.
Bastò uno sguardo affinchè lui capisse, e rigirandosi accettasse la sfida. 
-Magnifico!- esultò la donna, avvicinandosi a Leorio con sguardo malizioso. -La prima a cominciare sarò io.- 
Tutti rimanemmo con il fiato sospeso. Perfino Kurapika ora era totalmente concentrato sulla sfida, sebbene non avesse mollato la presa sul mio fianco nemmeno per un istante. 
-Dunque, scommetteremo su questo..- iniziò la donna, guardando Leorio come un leone guarda la sua preda. - secondo te, sono un uomo o una donna?- 
Tutti rimanemmo con il fiato sospeso. guardando la donna come se fosse impazzita..
-Scusate, ma che senso ha questa scommessa?- chiese perplesso Gon.  - a guardarla è evidente che sia una donna- 
-Non è detto; in certi casi l'apparenza può ingannare- gli rispose pensieroso Killua, gli occhi chiari fissi attentamente sulla donna. 
-Tu che ne pensi?- mi chiese sottovoce Kurapika, facendomi sussultare un'altra volta. 
Mi girai a guardarlo, trovandolo intento a esaminare la situazione sul ring. 
-Non ne ho assolutamente idea..- 
Questa volta ero davvero in confusione. C'erano così tanti elementi a sostegno dell'idea che lei fosse una donna; ma la domanda a bruciapelo che aveva posto aveva insinuato il dubbio, facendo così vacillare la nostra sicurezza. 
-E tu, Kurapika?- 
Solamente dire il suo nome ad alta voce mi faceva venire la pelle d'oca. 
Il ragazzo biondo si girò verso di me, rispondendomi -Nemmeno io ho un'idea chiara della situazione. Non lo so..- 
Il dubbio lo divorava e non riuscivo a sopportare di vederlo così. Gli misi una mano sul braccio, accarezzandoglielo dolcemente.
Ma cosa stavo facendo?
-Dobbiamo fidarci di Leorio..-
Kurapika annuì, ponendo la sua mano sopra la mia. Fu come se una scarica elettrica mi attraversasse lungo tutta la spina dorsale. Ancora non riuscivo a spiegarmi come Kurapika riuscisse a farmi provare tutto ciò. 

-Ma come farò a verificare che tu dica la verità una volta fatta la scommessa?- 
La donna sorrise maliziosa, accarezzandosi i capelli. -Semplice: se vorrai, potrai controllarlo di persona.- sussurrò lasciva la donna, suscitando il mio ribrezzo.
Mi salì un conato di vomito, mentre le guance mi andarono a fuoco. Come poteva essere così poco rispettosa del suo corpo? 
Io mai prima d'ora mi ero fatta toccare o guardare intimamente da qualcuno. Il massimo del contatto fisico che avevo avuto erano stati gli abbracci con Gon e Kurapika. 
Solo l'idea che qualcuno di sconosciuto mi mettesse le mani addosso mi faceva accapponare la pelle; come poteva avere così poco pudore e rispetto per se stessa? 
-Accetto!- esordì senza nessuna esitazione Leorio, lasciandomi a dir poco sconcertata.
-Il solito sporcaccione!- sbuffò Killua, coprendo successivamente gli occhi a Gon.
Non riuscii a sostenere lo sguardo su quella scena, così posi il viso nell'incavo del collo di Kurapika. 
-Cosa ti turba?- mi chiese dolce il ragazzo, notando, però, nel suono della sua voce una punta di ironia. 
-Non riesco a concepire come una donna abbia così poco rispetto del proprio corpo tanto da scommetterci sopra..- risposi risentita, lasciando Kurapika senza parole. 
Alternò lo sguardo dalla scena sul ring al mio viso imbronciato, sorridendo. 
-Cos'hai da sorridere?- gli chiesi infastidita, scostandomi bruscamente da lui. 
Kurapika scosse più volte la testa, riavvicinandomi a lui. -Non fraintendermi, non mi sto prendendo gioco di te per ciò che hai detto, sia chiaro.- mi spiegò seriamente, incatenando il suo sguardo al mio. - Questo mondo è molto più complicato di quanto sembri; il valore della pudicizia che tu hai giustamente difeso, purtroppo, è un valore che da molto è passato in secondo piano. Non fraintendermi, non tutte sono così come l'avversaria di Leorio. Ci sono persone come te che tengono ancora alla propria dignità e al rispetto per la loro femminilità. E ti ammiro, Asuka. Ti ammiro davvero tanto per questo tuo valore. Ma non tutti la pensano così. E questo, malgrado ti sia difficile da capire, devi accettarlo. Io ho sempre lasciato vivere gli altri come meglio credevano, andando avanti per la mia strada seguendo i miei ideali e i miei valori. Fai così anche tu, senza arrabbiarti se qualcun'altro non è in linea con ciò che pensi e con ciò in cui credi. Purtroppo il mondo è fatto così, e l'unica cosa che noi possiamo fare è accettarlo e vivere secondo le nostre scelte.- 
Le sue parole mi avevano toccato nel profondo; sembravano le parole di un padre premuroso che spiegava una lezione di vita alla propria bambina. 
Mio padre era stato quasi sempre assente nella mia vita. Mi voleva bene, questo era scontato.  Ma l'unica cosa che mi aveva insegnato era stato ciò a cui mia madre si era opposta con tutte le sue forze, fino alla sua morte. Dopo che lei morì, anche lui sembrò sprofondare nell'abisso della disperazione, dimenticandosi di avere una figlia. Non mi faceva domande sui tagli che mi vedeva sulle braccia, sugli occhi perennemente gonfi o sui lividi marcati sulla mia pelle. Non avevo ricevuto nessuna consolazione da lui, nessun gesto d'affetto. Nulla di tutto ciò. Solo un massacrante allenamento per padroneggiare i miei poteri. 
E in questi pochi minuti Kurapika era stato più padre di quanto non lo fosse stato quell'uomo in tutta la mia vita. 
Un sorriso di gratitudine spuntò sul mio volto; un sorriso che Kurapika non riuscì comprendere a fondo. Perchè lui non poteva ancora capire il vuoto che mi portavo dentro a causa di quell'uomo. 
Un sorriso che venne ricambiato immediatamente, mentre la stretta sul mio fianco divenne ancora più forte.
-Ha finito..puoi tornare a guardare.-
Non rialzai subito lo sguardo, volendomi ancora beare del profumo di Kurapika. A malincuore, però, dovetti spostarmi, tornando a posare lo sguardo sui due avversari in campo.
-S..si. Posso confermare che è una donna.- disse Leorio, completamente rosso e un filo di bava che gli usciva dalla bocca.
La donna davanti a se rideva soddisfatta, mentre sul tabellone scomparvero due tacche dalla nostra colonna, andandosi a depositare su quella della squadra avversaria.
Dovetti compiere uno sforzo enorme per cercare di ignorare il sorriso languido sul volto della donna. 
''Ignorala'', continuavo a ripetermi.
-Allora, dottor Leorio..adesso tocca a te proporre la prossima scommessa. Non è così dottore?- lo provocò lei, uno sguardo che metteva i brividi.
-Basta, la vuoi fare finita con questo ''dottore''?- 
-Avanti, quanto vuoi farmi aspettare?- 
Il suo tono era apparentemente calmo e gentile, ma il mio istinto mi diceva che non c'era assolutamente da fidarsi di lei; nascondeva un aura malvagia molto potente, ed ero sicura fosse dotata di una pericolosità davvero particolare.
-Coraggio, cosa stai aspettando dottore?- 
-Aspetta, non riesco a farmi venire in mente niente!- urlò in risposta Leorio, tormentandosi i capelli con le mani.
-Ma come, sei un dottore e non sei nemmeno in grado di proporre una scommessa?- 
Le sue provocazioni stavano andando a segno, poichè Leorio si stava innervosendo sempre di più. 
Quella donna mi dava ai nervi; avrei voluto veramente prenderla a sberle.
-La vuoi smettere!? Ma quanto chiacchieri.. ''dottore'', ''dottore''. Quante volte devo dirtelo che non lo sono?!- 
Stava perdendo sempre di più il controllo, quando ormai il gioco di quella donna era chiaro.
-Mantieni la calma, Leorio. Non vedi che quella donna vuole solo provocarti?- gli urlò Killua. -Cerca di ragionare con il cervello, invece che con qualcos'altro!- 
-KILLUA!- strillai indignata, correndo a tappare le orecchie a Gon.
-Eh? Non ho capito che cosa intendevi Killua..puoi ripetere?- chiese ingenuo lui, scatenando il rossore sul mio viso. 
-Nu..nulla Gon. Killua è solo stanco e dice cose senza senso.- 
La mia scusa lasciò Gon ancora più confuso, mentre Killua stava aprendo bocca per ribattere. 
-Tu stai zitto! Ne hai già combinate abbastanza per oggi.- 
E per la prima volta, il mio sguardo omicida sembrò andare a segno, poichè l'albino abbassò il capo, tornando a fissare i due avversari in campo. 
Anche Gon, dopo avermi lanciato un'occhiata molto confusa, tornò a concentrarsi su Leorio, ignaro della discussione appena avvenuta. Feci un sospiro di sollievo, sentendo improvvisamente una presenza dietro di me. Mi girai, vedendo che il ragazzo dai capelli biondi si era alzato e mi aveva raggiunto sulla piattaforma. 
-Che cos'hai da ridere?- gli chiesi seccata, notando come le sue labbra fossero incurvate in su sorriso divertito. 
Lui scosse la testa, cercando di tornare serio, ma senza successo. 
-La tua ingenuità a volte è davvero buffa.- disse lui, facendomi irritare ancora di più. 
Mi girai offesa, incrociando le braccia al petto com'ero solita fare quando ero arrabbiata.
-Non è un insulto Asuka, anzi. Lo trovo molto dolce.- 
Il mio cuore prese a battere all'impazzata, mentre le mie guance si tinsero di un rosso porpora simile al colore dei miei capelli. 
Ma non diedi nessuna soddisfazione a Kurapika, continuando a tenere lo sguardo duro fisso sul ring. 
Il ragazzo dietro di me sospirò, facendo un'altro passo e posizionandosi così alla mia sinistra. 
-Allora, vuoi farmi invecchiare qui?- chiese la donna a Leorio, innervosendolo ancora di più. -Forse, non riesci a dare una risposta perchè non conosci così bene te stesso come credevi, o mi sbaglio dottor Leorio?- 
-Come dici!?- 
Il tono di Leorio era intriso di sorpresa e nervosismo; avevo davvero paura che quella donna avesse trovato il punto debole del mio amico.
-Che ne dici, se invertissimo i ruoli? Io il dottore e tu il paziente..- 
I suoi occhi brillavano di una luce malvagia che prima aveva sempre tenuto nascosto. Strinsi forte i pugni, poichè la voglia di saltare sul ring e riempirla di pugni era sempre più forte. 
-Sai Leorio, io riesco a capirti molto meglio di quanto tu non creda. So che sei un uomo alla'apparenza duro e forte, ma sotto sotto sei un bonaccione; un uomo che nutre un profondo rispetto e una grande fiducia verso i proprio amici. Ma c'è dell'altro; tu ti porti nel cuore un grosso trauma, una ferita che ancora oggi fa molto male.- Leorio era pietrificato, completamente paralizzato al suo posto. I suoi occhi erano vitrei, lontani, ricordando forse quel trauma che l'aveva segnato. -Non sarà che una persona alla quale volevi bene è morta a causa tua?- 
Spalancai la bocca, annaspando in cerca di aria. Kurapika di fianco a me si era irrigidito, mentre Leorio sul ring era caduto in ginocchio, schiacciato dalle parole di quella donna. 
-Allora è così!- urlo lei, lo sguardo da pazza che metteva i brividi. -Sei stato tu il responsabile di quella morte; e magari era anche tuo amico, o sbaglio?- 
-No..n è and..ata così..- biascicò come in trans il mio amico, i pugni serrati e lo sguardo basso. 
-Si invece. Tu hai lasciato morire un tuo amico. La sua morte è solo colpa tua. E il ciclo si ripete.. per colpa tua e delle tue perversioni, hai perso venti ore del vostro tempo, danneggiando non solo te stesso ma anche i tuoi amici. Guarda i loro sguardi pieni di odio! Guarda come sono uguali a quello del tuo amico prima di morire! Guarda che cosa hai combinato, Leorio- Tutto questo è solo e unicamente colpa tua!- 
Era completamente pazza. Il suo sguardo non solo metteva i brividi, ma faceva veramente paura. 
Ormai avevo capito di quale pericolosità fosse dotata; quella donna usava il terrore psicologico per destabilizzare le proprie vittime e per farle poi crollare definitivamente. 
-Avanti Leorio rialzati. Tutti noi nutriamo grandissima fiducia in te! Non farti deviare dalle parole di quella pazza!- urlai con tutto il fiato che avevo in gola al mio amico.
-Si, Asuka ha ragione! Ti prego Leorio rialzati!- mi appoggiò Gon, urlando anche lui per farsi sentire. 
-E' inutile. Tutto ciò che direte non servirà a nulla.- 
Non potevo accettare le parole di Killua, e ripresi a chiamare ripetutamente il mio amico, sostenuta da Gon e Kurapika. 
All'improvviso, però, il bambino più piccolo tirò fuori la canna da pesca e la lanciò addosso a Leorio, facendolo ruzzolare a terra.
-Allora Leorio vuoi deciderti a scegliere l'argomento della sfida!?- 
Il nostro amico si rialzò a fatica, grattandosi la parte dolorante. -Ahi ahi, che male. Eh? Scommessa hai detto? Ah già! La scommessa!- 
- Gon, la prossima volta cerca di non mirare alla testa..- 
Il tono che usò Kurapika mi fece sorridere involontariamente; ma, ricordandomi di essere arrabbiata con lui, lo cancellai subito, mascherandolo con uno sbuffo infastidito. 
-Ecco! Ci sono! Siccome non riesco a pensare a nulla mi affiderò alla fortuna; sarà una sfida alla morra cinese-
-MORRA CINESE?- urlammo in coro io, Gon e Killua, la mascella che toccava quasi il pavimento. 
-Ah, il solito incosciente..- commentò sarcastico Killua
-Perchè? A me sembra che vada bene come sfida..- chiese Gon all'albino.
-Il gioco della morra cinese non è un semplice gioco di fortuna; esso si basa sul calcolo delle probabilità, sulle percentuali e sulla psicologia..-
-Sulla psicologia hai detto? E che cosa c'entra con il calcolo delle probabilità?-
Gon interruppe Kurapika nella sua spiegazione, gli occhi marroni sempre più confusi. 
-Tenendo conto solo del calcolo delle probabilità si perde una volta su tre..gli altri due risultati possibili sono la parità e la vittoria. Questo vuol dire che in una normale sfida la percentuale di vittoria è del settanta per centro.- 
-Ma questo vale anche per l'avversario..- conclusi io al posto di Kurapika. 
-Esatto. Inoltre sorge un altro problema: Leorio in questa sfida è decisamente in netto vantaggio.-
Il suo tono si era fatto più acuto, quasi stridulo. Una vena sul collo si era fatta più pronunciata, mentre le mani era serrate a pugni.
Mi avvicinai a lui, posandogli la mano sulla spalla e guardandolo dritto negli occhi. -Calmati Kurapika. Leorio ha bisogno di noi; non agitarti, peggiorerai solo le cose.-
Le mie parole sembrarono andare a segno, poichè le spalle che prima erano contratte si rilassarono e le mani serrate si sciolsero. 
Gli sorrisi, allontanando delicatamente la mano dalla sua spalle. Ma non me lo permise. Infatti, Kurapika ci posò sopra la sua, nello sguardo una richiesta muta che, però, nella mia mente era stata urlata.
Resta.
Feci come mi chiese, le nostre mani una sopra l'altra. Il calore che sentivo avrebbe potuto sciogliere un intero ghiacciaio. Avevo paura di essere arrossita nuovamente, così con la mano libera iniziai a farmi aria al viso, chiedendo retoricamente quanto caldo facesse in quel posto. 
Gon mi rispose di non preoccuparmi e che presto ce ne saremmo andati di li, offrendomi anche di farmi aria, mentre Killua mi guardava con un sorriso sarcastico stampato in volto, che, se avessi potuto, gli avrei cancellato a suon di pugni.
-Perchè non ti togli solo il sopra della tunica Asuka? Sembra davvero pesate..- mi disse gentilmente Kurapika, diventando poi della stessa colorazione dei miei capelli. -Cioè, io non intendevo quello! Mi sono spiegato male! Killua non guardarmi così!- 
Era davvero buffo vederlo agitarsi in quel modo, il viso che era ormai viola dall'imbarazzo. 
-Io non sto insinuando nulla. Hai fatto tutto tu.. - rispose malizioso l'albino, corrugando poi la fronte non appena fissò gli occhi sul tabellone.
-Cos'è successo?- chiese ora serio Kurapika, fissando anche lui gli occhi sul tabellone.
-L'avversaria di Leorio ha puntato tutte le sue ore.- 
Cosa?!
Senza perdere un secondo mi girai anch'io nella direzione del ring, constatando che Killua non mentiva. Tutte le tacche sul tabellone della squadra avversaria lampeggiavano, segno che quella pazza stava facendo sul serio.
-Iniziamo.- incitò la donna, mettendosi in posizione
-Bim..bum..- iniziò Leorio, sventolando il pugno in aria.
Il cuore mi batteva all'impazzata, mentre le mani dei due avversari di abbassarono contemporaneamente. 
-..bam.- concluse la donna al posto di Leorio, rivelando che entrambi avevano compiuto la stessa mossa: carta.
Tirai un sospiro di sollievo, così come il resto della nostra squadra. 
Vedemmo Leorio in difficoltà, il viso corrucciato e lo sguardo pensieroso. 
-Vuoi che te lo dica? Io butterò giù carta.- 
La donna rise, mostrando la mano aperta a Leorio. Il nostro amico era, però, sempre più in crisi, le mani tra i capelli, gesto tipico di quando era completamente in palla. 
-E' facile! Se butti forbici vincerai. Su che aspetti!- gridò Gon al nostro amico, facendomi scappare un sorriso dolce. Gon era il bambino più ingenuo e buono del mondo. Lui non sapevo cosa fossero l'inganno e la menzogna.
-Stai zitto!- gli urlò in risposta Leorio, trucidandolo con lo sguardo.
Ma Gon continuava a sbracciarsi per richiamare la sua attenzione, tanto che dovette intervenire Killua, che gli bloccò le braccia e gli tappò la bocca. 
I due sfidanti si misero di nuovo in posizione, i pugni alzati alla medesima altezza. 
-Bim..bum..- dissero in coro, agitando la mano in aria. 
..-bam.- 
Non potevo crederci. 
Leorio aveva ri-gettato sasso, mentre la donna aveva la mano aperta, come aveva annunciato prima. 
-Che stupido. Te l'avevo anche detto che avrei gettato carta.-
Leorio si era trasformato in una statua di pietra; non muoveva un solo muscolo, tanto che Gon aveva afferrato con le gambe la canna da pesca, pronto per tirarla nuovamente in testa al nostro amico. 
-Beh, voglio concederti un'altra possibilità; ci giocheremo tutte le ore a disposizione e se riuscirai a vincere, vi indicheremo la strada più breve per raggiungere il punto d'incontro. Ci stai?- 
Fu come se Leorio si risvegliasse da una sorta di trans. Si girò lentamente verso di noi, chiedendo aiuto con lo sguardo. 
Cosa dovevamo fare?
Guardai prima Kurapika, poi Killua e Gon. Tutti eravamo indecisi sul da farsi, poichè se Leorio avesse perso, avremmo avuto solo nove ore per raggiungere gli altri. D'altro canto, però, se Leorio avesse vinto, avremmo avuto la possibilità di arrivare in un batter d'occhio al punto d'incontro, risparmiandoci trappole e possibili altre sfide di questo genere. Era davvero un'offerta conveniente, ma il dubbio che quella donna rifacesse il gioco meschino di prima ci faceva titubare tutti. 
Poi Killua prese la parola, lasciando tutti sorpresi.
-Senti tu, razza di imbecille. Vedi questa volta di vincere, altrimenti non esiterò un'attimo a soffocarti nel sonno.- 
Le sue parole che potevano risultare dure e sprezzanti, in realtà, avevano dissolto in un attimo i dubbi di Leorio, il quale, dopo aver alzato il pollice in su, si girò nuovamente verso il suo avversario, mettendosi in posizione di gioco. 
Pregavo con tutte le mie forze che Leorio vincesse. Dovevamo vincere. Non potevamo permetterci di perdere queste poche ore che ci erano rimaste. 
-Bim..bum..- ricominciarono i due avversari in coro, gli occhi puntati uno dentro l'altro. 
-..BAM.- urlarono, le braccia protese in avanti. 
In un attimo fu come se la terra mi crollasse sotto i piedi. 
Forbici contro carta. 
Avevamo perso. 
Le due tacche rimaste sul tabellone sparirono in un istante, mentre il nostro amico cadde in ginocchio, la testa tra le gambe. Non appena comparve la nostra passerella, non esitai un attimo a corrervi sopra e a prestare aiuto a Leorio. 
Riuscii a fatica ad alzarlo, venendo poi aiutata da Kurapika. Lo portammo sulla nostra piattaforma, facendo bere un po' d'acqua dalla borraccia. 
Era come caduto in trance, gli occhi vitrei che facevano quasi paura. 
-E' colpa mia..è tutta colpa mia..- 
Le lacrime scorrevano dai suoi occhi, mentre le mani erano serrate intorno al busto. 
Non potevo sopportare quella scena, così feci la prima cosa che mi saltò in mente. 
Gli diedi una sberla. 
Nemmeno io mi capacitai di come mi saltò in mente un gesto del genere, ma sembrò, anche se di poco, riportare il nostro amico alla lucidità.
-Guardami Leorio.- gli ordinai perentoria, premendo con forza le mani sulle sue guance e costringendolo ad alzare lo sguardo. I suoi occhi vitrei si scontrarono nei miei, duri e accesi di determinazione e serietà. 
-Non è colpa tua, Leorio. Ne questa sconfitta, ne la morte del tuo amico. Noi ti vogliamo bene, siamo tuoi amici.. non siamo arrabbiati con te. Va tutto bene. Te lo giuro. Va tutto bene..-
Fu come se il suo corpo fosse scosso da una scarica elettrica. Le lacrime si bloccarono e i suoi occhi sembrarono tornare alla normalità, la solita luce che li contraddistingueva a splendere al loro interno.-
-Grazie, Asuka..- mi disse, abbracciandomi. 
Ricambiai immediatamente quella stretta, cercando di trasmettergli tutto il conforto di cui aveva bisogno. 
Anche Gon ricambiò l'abbraccio, trascinando contro il suo volere anche Killua, mentre Kurapika ci raggiunse poco dopo, inginocchiandosi di fianco a me a circondando con le braccia sia me che Leorio. 
Sentii una sensazione nuova, strana, mai provata prima. Era come se per la prima volta facessi parte di un qualcosa che andava ben oltre la semplice alleanza. Un qualcosa che mi dava sicurezza, conforto..affetto. 
Eravamo come..una famiglia. 
Quella parola mi scosse nel profondo, tanto che rimasi destabilizzata per qualche secondo. 
Poi, la consapevolezza di ciò che avevo detto fu come un pugno nello stomaco; le lacrime  iniziarono ad uscire, sebbene cercassi in tutti i modi bloccarle e di nasconderle. 
Ma nessuno sembrò notarle, poichè tutti tenevano gli occhi chiusi, forse beandosi di quel medesimo calore che sentivo io. 
Quando l'abbraccio si sciolse, fu come se una voragine mi si aprisse nello stomaco. Ne avevo ancora bisogno. Avevo bisogno di sentire ancora quel calore familiare che mai in vita mia avevo provato. Era stato come farmi assaggiare il cibo più prelibato del mondo e avermelo subito strappato via.
Mi abbracciai da sola, sentendo una sensazione di gelo pervadermi per tutto il corpo. L'unico che se ne accorse fu Kurapika, poichè gli altri tre erano intenti a parlottare, cercando di capire che tipo fosse l'avversario di Killua. 
Con la coda dell'occhio vidi il ragazzo biondo sfilarsi il mantello della sua tunica e depositarlo sulle mie spalle. 
Mi sentii male. 
Quel mantello apparteneva al clan del Kuruta, e indossarlo era un insulto alla loro memoria. Me lo tolsi immediatamente dalle spalle, restituendolo al proprietario. 
-Sto bene.- dissi dura, allontanandomi in fretta da Kurapika. 
Sapevo di averlo ferito. Mi era bastato un veloce sguardo ai suoi occhi per capire di avergli fatto male con il mio rifiuto. 
Sapevo di non essermi comportata affatto bene con lui, ma indossare quel mantello era come indossare un masso di oltre una tonnellata. Quando quel mantello era stato sulle mie spalle, avevo sentito di nuovo nella mia mente tutte le urla e il dolore di quella notte. 
Non avrei mai potuto indossarlo. Mi faceva sentire più sporca di quanto non fossi già.
I miei pensieri furono interrotti da un suono strano, come un pugno in una parete di roccia. Alzai di poco lo sguardo, notando che l'ultimo degli sfidanti della squadra avversaria stava avanzando lentamente lungo la passerella, il viso ancora coperto e tra le mani un pezzo di roccia che stava sgretolando pian piano. 
-Killua, non puoi combattere con quell'uomo. In fondo l'esame ci sarà anche l'anno prossimo. Dobbiamo accettare la cosa, poichè in questo preciso istante ci ritiriamo dalla..EHI! MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!- 
L' albino stava avanzando lentamente sulla passerella, le mani in tasca e lo sguardo annoiato. 
-Taci, vecchio. Non fermarmi ora che anch'io mi posso divertire..- 
Il tono della sua voce era seccato, ma io notai una punta di eccitazione. Questo scontro si sarebbe rivelato davvero interessante.
Quando entrambi furono arrivati sul ring, l'uomo alto sei volte Killua si tolse il mantello, facendo sussultare tutti noi. 
-Ma quel..lo.. è..- sussurrò con voce strozzata Leorio, indicando il colosso che si trovava sul ring.
-Si..quello è Jones lo smembratore.- conclusi io al posto di Leorio, gli occhi di tutti ora puntati su di me. - Si dice essere uno dei più crudeli e spietati assassini della storia.- 
-E allora?- rispose annoiato Killua, sbadigliando. -Quanta gente avrà fatto fuori?- 
-Non è certo questo il punto.-
La voce di Leorio era un fascio di nervi, mentre guardava Killua come se fosse un alieno. 
-Ufficialmente le sue vittime sono centoquarantasei, tutte fatte a pezzi con la forza smisurata delle sue mani. Si dice che le vittime furono smembrate in più di cinquanta pezzi. Nessuna esclusa. Il nome è adatto, non vi sembra? - 
Tutti si girarono, fissando quel colosso, in particolare le sue mani sporche di polvere. 
-Hai capito adesso!? Non puoi affrontare quel mostro, Killua. Non importa se dovremo ripetere l'esame. Ritirati e basta!- 
-Ti ho già detto di stare zitto, vecchio! Non mi faccio dare ordini da un buono a nulla che ha perso a morra cinese contro una donna!- 
-Questo non c'entra nulla! Non stiamo palando di questo ora, razza di asino senza cervello! Lo vuoi capire che ti farà a pezzi?-
-E tu lo vuoi capire che devi stare zitto!?- 
-Giuro su Dio che se non ti farà a pezzi lui, quando tornerai su questa dannata piattaforma ci penserò io a compiere questo enorme piacere.-
Le loro urla erano talmente fastidiose che anche Jones si tappò le orecchie, mentre gli altri due membri della squadra avversaria ridevano maligni, gustandosi i litigio fra i due. 
-Smettila, Leorio.- lo riprese duro Kurapika. - Killua sa quel che fa.-
Lo sguardo del nostro amico non era affatto convinto, ma le parole del ragazzo biondo riuscirono a farlo stare in silenzio. 
-In bocca al lupo, Killua!- urlò Gon nella direzione dell'albino, sorridendogli incoraggiante. 
-Finalmente dopo tanto tempo potrò affondare le mani nella tenera carne.- sussurrò con tono eccitato Jones, guardando Killua come se fosse una bistecca da divorare. 
Quelle parole fecero trasalire Leorio, mentre Kurapika si irrigidì all'istante.
Gli unici che sembravano tranquilli eravamo io e Gon. 
Conoscevo quell'uomo e sapevo che Killua c'è l'avrebbe fatta senza problemi.
-Quella che proporrò sarà un massacro a senso unico. Non mi  importa nulla del condono o della pena; l'unica cosa che voglio è affondare le mani nella tenera carne, gustandomi l'ebbrezza del sangue caldo scorrere sulla mia pelle. Voglio questo. Nulla di più. Ci stai?- 
Leorio era totalmente terrorizzato; anche Kurapika iniziava a preoccuparsi seriamente, tanto che urlò più volte all'albino di ritirarsi immediatamente. 
-Chi muore per primo perde, giusto?- chiese tranquillo Killua, gli occhi accessi di una luce che era tutt'altro che paura. 
-Esatto. Prima, però, devo fare un saluto ad una vecchia conoscenza.- 
Il terrore attraversò i miei occhi quando lo sguardo di Jones incontrò il mio. 
Lui mi conosceva bene. 
Avevo seriamente pensato che, non avendo proferito parola sulla mia vera identità fino a questo momento, non mi avesse riconosciuta, poichè l'ultima volta che ci eravamo visti era stata anni prima. 
- Sei cresciuta davvero molto dall'ultima volta che ci siamo visti, Asuka.-
Il respiro mi si era mozzato, mentre gli arti erano diventati completamente di pietra. Non riuscivo a muovere un muscolo, tanto meno a parlare. Gli occhi di tutti erano puntati su di me. Potevo immaginare cosa stessero pensando i miei compagni. Dovevo darmi una mossa o avrebbero finito per farsi un'idea totalmente sbagliata di questa faccenda. 
- E tu non sei cambiato minimamente da quando ti ho catturato, Jones..- 
Il mio tono sembrava tranquillo e rilassato, ma il mio corpo tremava e non potevo fare nulla per impedirlo. 
- Come sta tuo padre? E' molto che non lo vedo..- mi provocò lui, conscio di ciò che sarebbe successo se avesse rivelato ciò che sapeva e ignorando volutamente ciò che avevo detto prima
- Non posso saperlo, Jones..lo sai che sono anni che non ho più sue notizie.- 
Dovevo stare calma. Quell'uomo mi stava solo provocando, aspettando il momento adatto per far saltare la bomba. 
Killua mi guardò e basto solo un sguardo affinchè lui capisse che quell'uomo non doveva parlare oltre. 
Si posizionò dietro di lui e con uno scatto fulmineo si ritrovò dall'altra parte, nelle mani il suo cuore. Jones impiegò alcuni secondi per capire bene cosa fosse successo; si girò lentamente, guardando con orrore il suo organo nelle mani dell'albino. 
-Ri..ridammelo.- ordinò senza convinzione Jones, la voce flebile, quasi un sussurro.
La risposta di Killua fu un sorriso maligno, mentre la mano strizzò l'organo, facendolo esplodere. 
Jones, con sguardo ormai rassegnato si accasciò a terra in un lago di sangue,esalando il suo ultimo respiro.
Gon esultò felice, mentre Leorio e Kurapika guardavano Killua con gli occhi fuori dalle orbite. 
Ringraziai l'albino con lo sguardo, ricevendo come risposta un cenno del capo. La passerella scorse e tutti ci apprestammo a camminarvi sopra, raggiungendo Killua che si era già arrivato alla piattaforma avversaria. I due membri rimasti della squadra avversaria si fecero da parte, lasciandoci passare. 
Non appena varcammo la porta tirai un sospiro di sollievo. Ci ritrovammo in una stanza in cui vi erano tre divani, una libreria e un tavolino al centro. 
Gon e Killua si buttarono a capofitto sui divani, tirando fuori dai loro zaini due panini enormi e iniziando a divorarli come se non mangiassero da decenni. 
Leorio si sedette sul terzo divano, incrociando le braccia e iniziando a fissarmi. 
-Ti ascoltiamo.- 
Quattro paia di occhi si fissarono su di me e con un sospiro di rassegnazione mi sedetti, cercando di inventare una storia credibile. L'unica cosa da fare era raccontare una parte della verità, omettendo tutto ciò che potesse far insospettire Kurapika
- Mia madre apparteneva al clan dei Kuruta.- 
A quel nome, Kurapika trattenne il respiro, lo sguardo perso ma concentrato allo stesso tempo. 
- All'età di quindici anni si innamorò di un uomo affascinante e magnetico, con qualche anno in più di lei. Mia madre era solo una ragazzina, perciò vedere che uomo più grande e affascinante come lui si interessasse a lei le fece perdere totalmente la testa. La relazione, però, doveva restare nascosta, poichè secondo le regole della tribù, nessuno poteva sposare un uomo o una donna che non appartenessero ai Kuruta.- Kurapika annuì, confermando le mie parole -Così mia madre scappò con lui, e seppur con il cuore a pezzi per aver lasciato la sua famiglia e i suoi amici, era felice di poter rifarsi una vita con l'uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo.- Feci una pausa, le mani strette fra di loro in una morsa d'acciaio. - I primi anni furono magici; quell'uomo si rivelò essere ancora più dolce e premuroso di quanto mia madre immaginasse. L'amava, tanto che abbandonò il suo losco giro d'affari  per rifarsi una nuova vita lei. Anche lui era completamente pazzo di lei; avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice. Le cose stavano andando bene, fino a che mia madre non rimase incinta e nacqui io.- mi bloccai, chiudendo gli occhi e cercando di ignorare il magone che avevo in gola. - Avevo gli stessi occhi e gli stessi capelli di mia madre. Sembravo la sua copia sputata. Non avevo preso nulla da mio padre, se non una piccola voglia a forma di farfalla sulla spalla sinistra. Mio padre stravedeva per me; ci amava più di ogni altra cosa. Ma dopo un solo anno, i soldi iniziarono a scarseggiare. Il nome di mio padre era conosciuto e temuto, perciò non riuscì a trovare nessun lavoro che potesse mantenerci. Così, dopo una litigata furiosa con mia madre, riprese il suo vecchio lavoro. Il pane tornò sulla tavola e mia madre, seppur contraria al suo lavoro, lo amava e si fidava di lui, illudendosi che non sarebbe mai cambiato e sarebbe rimasto l'uomo che amava alla follia.
In poco tempo mio padre divenne uno dei più temuti e pericolosi assassini della zona, controllando innumerevoli gruppi che svolgevano dei lavori per lui. 
Tutto mi sembrava andare per il meglio. Non sospettavo minimamente della doppia vita di mio padre e mia madre era impegnata a crescermi, ignorando volutamente ciò che suo marito faceva per mantenerci. Presto ci trasferimmo in una villa in campagna, dove vissi fino a pochi anni fa. 
Mia madre si trovò subito bene in quel nuovo posto, lontano dalla città e dalle continue voci sul conto di mio padre e dei suoi scagnozzi. Eravamo felici li.- 
Le nocche sbiancarono, mentre la mia stretta si faceva sempre più serrata. Ora arrivava il peggio, l'inizio della mia fine.
Fino a nove anni vissi spensierata, non avendo la minima idea di quale lavoro svolgesse mio padre per vivere. 
Una sera, però, sentii i miei genitori urlare come non avevano mai fatto; piansi come una disperata, battendo i pugni sulla porta per farmi aprire. 
A notte fonda le urla cessarono e mio padre aprì la porta. Mia madre era a terra che piangeva come una disperata, gli occhi rossi e intrisi di paura. Non capii che cosa mio padre le avesse fatto e iniziai a picchiarlo, per quanto potessero essere forti i pugni di una bambina di nove anni. Ma lui  non ci fece nemmeno caso, e prendendomi per mano mi costrinse a salire in macchina, sul posto del passeggero. 
Piansi, strillai, ma lui non disse e fece nulla. Era come se non fosse più il padre premuroso che era stato per quei nove anni. 
Dopo circa un'ora accostò la macchina ad un grande palazzo in città. Scese e lentamente venne ad aprirmi la portiera, guardandomi, per la prima volta dopo tutto quel tempo, negli occhi. 
Non dimenticherò mai il suo sguardo. 
Per la prima volta vidi chi era veramente mio padre. 
Mi resi conto di aver vissuto nella menzogna per tutta la vita. Mi resi conto che mio padre, in realtà, era un'assassino. 
Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio, senza nessuna emozione. Uno sguardo che preannunciava solo una cosa: morte. 
Fu la prima volta in vita mia che provai veramente paura. Divenni pallida e iniziai a tremare, tanto da non sentire più le gambe. Mio padre mi fece scendere dall'auto e prendendomi per mano mi trascinò all'interno del palazzo, che si rivelò essere un hotel a cinque stelle. 
Ma io ero come in trance; non capivo nulla di quello che stava succedendo intorno. Non ricordo il tragitto che feci poi; ricordo solo che mi ritrovai, senza rendermene conto, davanti ad una stanza e che un signore ci venne ad aprire. Aveva l'aria superba, arrogante.. da qui capii che lui doveva essere un uomo importante, un ''pezzo grosso'' come li chiamava mia madre. Ci fece accomodare, come se ci stesse aspettando. Ma non feci in tempo a sedermi che mio padre gli aveva puntato un coltello alla gola, lo sguardo da assassino che mi fece accapponare la pelle. 
-Uccidilo.- 
Non realizzai subito ciò che disse, ancora intenta a capire cosa fosse successo. 
-Uccidilo.- mi ripetè, il tono atono e gli occhi da assassino che mi guardavano severi. -Se vuoi iniziare ad essere alla mia altezza devi farlo. Non vorrai di certo deludere tuo padre, vero Asuka?- 
Quelle parole furono come una pugnalata al petto. Mi sentivo morire.
Non avrei mai voluto uccidere una persona, io che fino al giorno prima portavo a casa gli uccellini con le ali spezzate per curarli. 
Io non ero fatta per uccidere. Ero solo una bambina. 
Ma mi bastarono quelle parole per seppellire definitivamente ciò che ero e obbedire agli ordini di mio padre. Gli volevo così tanto bene e avevo così tanta paura di deluderlo che non potei fare altro. Seppure si fosse rivelato un uomo spietato e senza cuore, lui era sempre mio padre e io pur sempre la sua piccola guerriera.
Chiusi gli occhi, affondando il coltello, che mio padre mi aveva dato, nel cuore di quell'uomo. 
-Apri gli occhi.- mi ordinò lui, il medesimo tono di poco prima. 
 E in quell'istante morì. Morì la ragazzina di nove anni che ero stata fino a quel momento. Morì la bambina buona, generosa e dolce che aiutava chiunque senza chiedere nulla in cambio. 
Morì. 
Semplicemente quella notte morì.
L'ultima frase che sentii prima di svenire fu -Sono fiero di te.- 
 E quelle parole furono come un macigno che mi portai dietro per anni e anni. 
Quando tornai a casa, non appena scesi dall'auto dopo essermi ripresa, vidi mia madre aspettarci sull'uscio della porta in lacrime 
Mi strappò via dalle mani di mio padre non appena uscimmo dalla macchina, urlandogli contro ogni sorta d'insulto.
Ricordo che mi portò in bagno e mi diede un bacio sulla fronte. Con mia madre l'argine crollò e iniziai a piangere come una disperata. Vedevo ancora il sangue di quell'uomo versato sul pavimento, i suoi occhi che imploravano pietà e il suo corpo privo di vita a terra. 
Piansi per lo schifo che provavo per me stessa e per ciò che doveva pensare mia madre di me. 
Ma lei mi disse solo -Rimarrai per sempre la mia bambina.- 
Quelle parole furono come un balsamo che lavò via ogni cosa. 
Andammo al lavandino, e prendendomi le mani iniziò a insaponarle, lavandole con cura. Sentivo, però, ancora il calore del sangue sulle mani e mia madre lo capì in un istante  poichè, spogliandomi delicatamente, mi fece entrare nella doccia, lavandomi con cura e facendomi sentire un po' più pulita.- feci una pausa, aprendo gli occhi ma tenendoli comunque bassi.- E questo è tutto ciò che c'è da sapere al riguardo.- conclusi. 
Quando finii di parlare, fu come risvegliarsi da un lungo sonno. 
Non avevo il coraggio di alzare gli occhi, poichè sapevo che nello sguardo dei miei compagni avrei visto ciò che temevo di più: disprezzo. 
Disprezzo per ciò che avevo fatto e per ciò che ero diventata. Disprezzo per il sangue di quel delitto che ancora mi sentivo addosso, come una coperta soffocante incollata alla pelle. 
Ma non ci fu. 
Perchè quando Gon mi disse di alzare lo sguardo, vidi che dai suoi occhi stavano scendendo un fiume di lacrime. Il mio cuore ebbe un sussulto e quando mi girai, notai che anche Leorio stava piangendo, mentre Killua aveva gli occhi tristi e bassi. 
In un lampo me li ritrovai addosso tutti e tre, mentre piangevano come bambini sulle mie spalle. 
-M..mi dispiace così tanto Asuka.- singhiozzava Leorio senza controllo, mentre Gon cercava di asciugarsi il pianto sulla maglia di Killua. E fu ancora più strano come l'albino non disse nulla, facendosi così sporcare da Gon.
Sorrisi, intenerita dalle reazioni di questi tre pazzi. 
Ero felice, poichè nessuno dei tre mi aveva giudicata per ciò che avevo commesso.
 Ma mancava qualcosa. 
Kurapika continuava a stare fermo al suo posto, girato di spalle così che nessuno potesse vederlo.
-Kurapika, tu non vieni?- gli chiese tra i singhiozzi Gon, aprendo le braccia per far posto anche a lui.
Ma il biondino non rispose. Continuò a stare fermo al suo posto, le spalle rigide e contratte da spasmi. 
Immediatamente i tre sciolsero l'abbraccio, guardandosi sorpresi. 
-Avanti Kurapika.. non fare il cretino e vieni anche tu qui.- gli ordinò infastidito Leorio, ricevendo la medesima risposta di Gon: il silenzio.
Leorio così si alzò, prendendo Kurapika per la spalla e facendolo girare con la forza.
E ciò che vidi frantumò il mio cuore in mille pezzi, pietrificandomi sul posto. 
Perchè gli occhi di Kurapika erano diventati scarlatti e guardavano Leorio come se volesse bruciarlo vivo. 
-Lasciami in pace!- urlò lui, scostando bruscamente la mano dalla sua spalla e andandosi a posizionare nell'angolo più lontano della stanza. 
Volevo scappare. 
Quelle pareti divennero tutto un tratto troppo piccole, tanto che iniziai a sentire un senso di soffocamento invadermi. 
-Asuka, cosa ti succede?- mi chiese preoccupato Gon, inginocchiandosi di fianco a me. 
Non riuscii a rispondere, iniziando a respirare affannosamente e sentendomi sbiancare. 
-Asuka ti prego, fai dei respiri profondi e calmati.- mi ordinò Leorio, anche lui inginocchiato di fianco a me mentre cercava di tenermi per le spalle.
Ma non ci riuscivo. Non riuscivo a calmarmi. 
Sentivo l'aria mancarmi, tanto che i respiri erano diventati singhiozzi strozzati, il sudore che mi bagnava il viso.
-Presto, portami la mia valigetta!- urlò Leorio a Killua, l'aria seria ma allo stesso tempo terrorizzata sul volto. 
Sentii un pizzico sul braccio e immediatamente un senso di intorpimento pervadermi, per farmi sprofondare sempre più velocemente in un sonno tranquillo. L'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi fu un ciuffo biondo e due occhi color del cielo.

Quando mi risvegliai tutto era immerso nel buio. Non mi mossi, cercando di capire bene cosa fosse successo. 
Ci misi un po' per mettere tutte le immagini in ordine e ricostruire i fatti. Dovevo aver avuto un attacco di panico e Leorio doveva avermi somministrato un calmante. Questo spiegava il mio atroce mal di testa. 
Poi l'immagine del ciuffo biondo e degli occhi azzurri mi fecero tornare in mente Kurapika. 
Una lacrima scappò involontaria al mio controllo; non mi presi nemmeno la briga di asciugarle, lasciando sfogare silenziosamente il dolore. 
-Sei sveglia?- 
Bastarono due parole a placare il mio pianto. 
Non mi mossi, facendo finta di dormire.
-So che sei sveglia..- 
-Che cosa vuoi?- risposi dopo un'attimo di incertezza, il tono che esprimeva tutto il mio dolore. 
-Mi dispiace per prima, non avrei dovuto reagire così.- 
Sentivo il dispiacere nelle parole di Kurapika, ma ciò, invece che rassicurarmi, non fece altro che trasformare il dolore in rabbia. 
-E per cosa?! Per avermi fatto capire ciò che pensi di me?- ringhiai sottovoce, la rabbia che non poteva più essere fermata. 
-Ma cosa stai dicendo?- 
-Dico quello che ho visto; i tuoi occhi rossi parlavano chiaro. Se ti faccio così schifo per ciò che ho fatto perchè sei ancora qui a perdere tempo con me?!- 
Non potevo guardarlo negli occhi a causa del buio, ma riuscivo a percepire dal suo respiro mozzato che era rimasto spiazzato.
-Schifo? Per quale motivo dovresti farmi schifo?- chiese sconcertato lui, muovendosi nel buio e sedendosi alla base del divano su cui ero sdraiata. 
-Perchè ho ucciso un uomo per soddisfare i desideri di mio padre. Perchè ho calpestato la mia umanità diventando un'assassina..perchè sono un mostro.- 
L'ultima frase uscì strozzata, seguita da un singhiozzo che non potei controllare. 
E senza rendermene conto mi ritrovai tra le braccia di Kurapika, stringendo la sua tunica con tutte le mie forze. La sua stretta intorno a me era forte, ma non abbastanza. Lo strinsi ancora di più, e lui capii. Capii e mi abbracciò ancora più stretta. E mentre piangevo silenziosa contro la sua spalla, lui mi accarezzava dolcemente i capelli, lasciandomi sfogare tutto il dolore.
-Tu rimarrai sempre la mia Asuka, qualunque cosa succeda.- 
Il mio pianto si fermo all'istante, mentre gli occhi si spalancarono dallo stupore. Dalla bocca non mi usciva nessun suono e sentivo la gola secca. Nel silenzio di quella stanza, oltre ai tre respiri regolari, sentivo battere come un forsennato il mio cuore e quello di Kurapika. Battevano allo stesso ritmo, alla stessa velocità, quasi fossero legati l'uno all'altro. 
Mi venne spontaneo sorridergli, anche se il buio gli impediva di vederlo. Cercai la sua mano nelle tenebre e la trovai a metà strada. 
Fu naturale per me intrecciare le mie dita alle sue, stringendo per non lasciarlo andare. 
-Resta vicino a me.- 
Non seppi nemmeno io come questa frase uscì dalla mia bocca. E ancora di più non riuscii a spiegarmi come tutto ciò mi sembrasse così naturale. 
Stavo così bene con Kurapika che non mi imbarazzai minimamente a fargli spazio sul divano e a buttarmi tra le sue braccia, senza che le nostre mani si staccassero un attimo. Fu così naturale il suo bacio sulla fronte e il suo ''buonanotte'' che, non appena chiusi gli occhi, crollai in un sonno profondo e completamente sereno, per la prima volta dopo otto anni.

Fu un fastidioso bip a interrompere quel sonno tranquillo, che mi era parso durare poco più di cinque minuti. Una luce accecante mi stava distruggendo gli occhi, che mi coprì con una mano. 
Sentivo dei risolini divertiti, ma essendo ancora mezza addormentata mi sembravano far parte di un sogno. 
Sbuffai scocciata, girandomi sull'altro fianco che sentivo ardere. 
-Sono proprio teneri.- disse una voce, troppo vicina affinchè appartenesse ad un sogno. Aprii piano le palpebre, abituandomi pian piano alla luce che mi feriva gli occhi. 
-Ben svegliata.- 
Sentii la voce di Leorio molto vicina e non appena riuscii a inquadrare il suo viso, vidi un sorriso malizioso solcare le sue labbra.
Notai come di fianco a lui anche Killua avesse il medesimo sorriso, mentre Gon mi guardava con occhi sognanti.
Ci misi poco a realizzare a cosa fossero dovute quelle facce. Non appena abbassai lo guardo, infatti, vidi Kurapika ancora addormentato di fianco a me, la nostre mani ancora intrecciate dalla sera prima. 
Saltai in piedi in un istante, facendo cadere Kurapika per terra.
-Ma cos..- disse lui, sfregandosi gli occhi ancora assonnato. 
-Buon giorno anche a te.- 
Il tono malizioso di Leorio lo fece saltare in piedi in un istante, il viso ancora più rosso dei miei capelli, mentre cercava, balbettando, di inventare una scusa.
-Si si, certo certo..- continuava a ripete Killua, mentre Leorio rideva come un pazzo e Gon aveva ancora quello sguardo sognante stampato in faccia. 
-Non p..pensate male per l'amor del Cielo! Non stavamo facendo nulla!- 
-Si si, certo certo..- ci sfotteva ora Leorio, scatenando le risate incontrollate di Killua. 
-Forza, dobbiamo andare.- dissi con voce strozzata, notando come il display su cui erano segnate le ore stava lampeggiando. 
Quasi corsi in direzione della porta aperta, prendendo al volo la mia borsa e la mia katana. 
Ero in testa al gruppo, procedendo spedita, senza girarmi. Non sapevo se temere di più gli sguardi maliziosi di Killua e Leorio o gli occhi sognanti di Gon.
Ma erano solo scuse, infondo. 
Poichè l'unico motivo per cui non volevo girarmi era l'imbarazzo che avrei provato guardando Kurapika e di cosa avrebbe pensato se avesse visto il sorriso a trentadue denti stampato sul mio viso. 

Fu difficile raggiungere l'ultima sala, poichè dovemmo attraversare innumerevoli ostacoli e trabocchetti. Sudati e stanchi, però, eravamo quasi arrivati alla fine. 
La voce metallica che ci aveva accolto e ci aveva fatto i suoi complimenti per essere arrivati quasi alla fine della sfida riprese a parlare. -Questa sarà la vostra ultima scelta a maggioranza. Davanti a voi si trovano due porte. Quella con il cerchio sopra è la più lunga e potrete passare tutti e cinque. Quella con la croce, invece, è la più corta e potrete accedere solo quando due di voi si saranno ammanettati alla parete; ciò significa che solo tre di voi potranno passare e che gli altri due concluderanno la loro prova qui.- 
Il silenzio scese dall'altra parte dell'interfono. L'istinto mi diceva che c'era di più e prima che i quattro potessero premere il cerchio, li bloccai. Dopo un minuto circa, infatti, i miei sospetti vennero confermati  e la voce metallica riprese a parlare. -Per la strada lunga impiegherete circa quarantacinque ore ad arrivare, mentre per quella corta solo tre minuti. In bocca al lupo.- 
Dannazione. Volevo davvero prendere a pugni il muro e spaccare tutto. 
-Cosa facciamo?- chiese Gon pensieroso, guardando il suo bracciale con tale intensità che temevo si sarebbe fuso.
-E' ovvio. Due di noi devono restare qui.- rispose sicuro Killua, incamminandosi verso la parete con le manette. 
-No, aspetta. Dev'esserci un'altro modo.- 
Ma nemmeno Leorio credeva alle sue parole. 
Nessuno di noi voleva rinunciare alla licenza. Tutti avevamo le nostre motivazione e i nostri piani. 
Questa prova ci sta distruggendo piano piano. 
Passavano i minuti e nessuno muoveva un muscolo. Eravamo tutti pietrificati ai nostri posti e l'unica cosa che spezzava quel silenzio pesante erano i nostri respiri veloci. Non sopportavo più quell'atmosfera, così mi diressi verso una parete e mi ci gettai contro, scivolando per sedermi a terra. L'urto, però, fece involontariamente cadere un'ascia, che evitai per poco. 
Tutti mi guardarono preoccupati, chiedendomi se andasse tutto bene. Tutti tranne Gon, che fissava l'ascia come incantato. 
-Massì!- gridò euforico lui, tanto velocemente da farci saltare in aria. 
-Ragazzi, scegliamo tutti il passaggio più lungo! Fidatevi!- 
-Ma così non raggiungeremo mai il punto d'incontro!- protestò Leorio, guardando il bambino come se fosse pazzo. 
-Fidatevi..- ripetè lui, fissandoci negli occhi uno ad uno. 
Lo feci. Premetti il cerchio e così dopo di me il resto del gruppo. Senza perdere tempo il bambino prese l'ascia e iniziò a rompere la parete in comune con l'altro passaggio. 
In un lampo il suo piano mi fu chiaro e afferrando un'altra ascia appesa al muro mi misi di fianco a lui a scavare.
Bastò poco affinchè anche gli altri capissero e ci raggiungessero, aiutandoci a scavare. Eravamo uno di fianco all'altro, come una vera squadra, scavando senza sosta per raggiungere l'altro passaggio.
In pochi minuti aprimmo un buco nell'altra parete e vi ci fiondammo dentro in un batter d'occhio. 
-Ci rimangono solo due minuti!- gridò in preda al panico Leorio, guardando lo schermo che era appeso alla parete. 
Gon saltò fuori dal passaggio in un secondo, tornando poco dopo con in mano uno scudo. 
-Tutti dentro.- ci ordinò serio, posizionandosi davanti e iniziando a spingere con un bastone.

Arrivammo al punto d'incontro tre secondi prima che il gong suonasse. 
Ci abbracciammo tutti quanti, ridendo e saltellando di gioia.
Eravamo passati. 
C'era mancato poco, ma c'è l'avevamo fatta. 
Una porta si aprì, facendo entrare la luce del sole che non vedevamo da tre giorni. Quasi mi fiondai fuori correndo, stiracchiandomi e godendomi il calore del sole sulla palle.
-E' stato letteralmente un ''o la va o la spacca''- disse ridendo Kurapika, mostrandoci le sue mani piene di calli e tagli. 
Ridemmo tutti della sua battuta, complimentandoci con Gon per la sua meravigliosa idea.
-E' stato grazie a te Asuka che ho avuto quell'idea. Alla fine gran parte del merito è tua.- 
mi disse Gon sorridendo e facendomi arrossire. 
-Non è vero Gon! Per una volta prenditi i meriti che ti spettano-
La nostra conversazione venne interrotta da un uomo che si avvicinò e di cui riconoscemmo la voce. 
- Vi faccio le mie più vive congratulazioni per aver passato anche questa sfida. Mi presento; sono Rippo, l'esaminatore di questa terza prova d'esame.- 
L'uomo schiocco le mani e subito sentimmo dietro di lui un rumore assordante. Un enorme dirigibile saltò fuori all'improvviso e Rippo ci fece segno di procedere. 
Salimmo a bordo, guardando la Torre Trabocchetto diventare sempre più piccola e il sole splendere su di essa. 
Era stata una sfida davvero dura, ma c'è l'avevamo fatta. 
Ed eravamo tutti qui, insieme e ancora più uniti di prima, pronti per affrontare la quarta prova d'esame. 

 

Buonasera a tutti!
Ve lo giuro, è stato un vero e proprio parto scrivere questo capitolo. Ci ho messo più di due giorni, ma alla fine eccolo qui!
Poco lunghino eh? 
Davvero chiedo scusa per la lunghezza, non credevo di scrivere così tanto e soprattutto aggiungere così tanti particolari. 
Allora, da dove partiamo?
Ci sono così tante cose da dire che alla fine credo mi perderò.
Dunque, partiamo dal principio; cosa dire della prima scena strappalacrime? Strappalacrime. Letteralmente. Ho pianto come una fontana dalla prima parola all'ultima; la dolcezza di Kurapika e il dissidio interiore di Asuka mi hanno spossata nel profondo. Ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto questi personaggi, in realtà, siano tanto profondi da avere sempre qualche lato nascosto pronto a far riflettere. A questo proposito aggiungo che, le parole messe in bocca a Kurapika erano una piccola riflessione personale che ho deciso di inserire per cercare di far riflettere ( ovviamente non era fatta per offendere e chiedo scusa se qualcuno può essersi sentito offeso). E che dire della scena nella stanza delle cinquanta ore (la chiamo così per dare un idea generale). E' stata così intensa da farmi venire i brividi sulla pelle. 
Insomma, questi due sono così dolci e pronfondi da spossarmi nel profondo. Il loro rapporto sta diventando sempre più intimo; stanno iniziando a costruire quel legame che sarà il filo conduttore di tutta la storia. E non posso che essere fiera dei miei personaggi; perchè si, potrebbe sembrare da pazzi, ma sono fiera di loro. Fiera della loro forza, del loro coraggio, di ciò che hanno dovuto affrontare e perfino delle loro paure. 
E poi, cosa dire di Leorio, Gon e Killua? 
Io li amo. Semplicemente li amo. 
Perchè è grazie a loro che la storia è viva, colorata, divertente per certi aspetti; è grazie a loro che Kurapika e Asuka hanno riniziato a sorridere, a sentirsi accettati e parte di una famiglia. (Poi diciamoci la verità, chi non ama i batibecchi fra Leorio e Killua?) 
E arriviamo così al nucleo, ciò per cui mi sono dannata l'anime per intere notti. 
La storia di Asuka. 
Questa è solo una piccolissima parte, diciamo una prima visione generale di ciò che è successo. Ciò da cui tutto è partito, ecco.
D'ora in avanti avremo sempre più indizi, poichè *DRIZZATE BENE LE ORECCHIE* stiamo entrando nel vivo della storia. 
Io spero con tutto il cuore che questi -purtroppo pochi- capitoli vi stiano piacendo. Vi chiedo davvero di farmi sapere cosa ne pensate, poichè è da ciò che io posso migliorarmi e fare sempre meglio. 
Voglio ringraziare, infine, tutti coloro che hanno recensito, seguito o semplicemente letto questa storia. 
UN GRAZIE IMMENSO COME L'UNIVERSO. Davvero. 
A presto! 
La vostra Koralblu.
p.s Perdonatemi; non credo che riuscirò mai a mettere dritta la scritta del capitolo in alto. Portate pazienza e prendetela come una caratteristica di questa storia
   
 
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