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Autore: micavangogh    16/07/2016    0 recensioni
La guerra era scoppiata.
Non una di quelle di cui si legge nel libri di scuola.
Una guerra contro una civiltà sconosciuta, un popolo di cui il poco che si credeva di conoscere era scritto in libri di fantascienza.
E come combattere ciò che si credeva fantasia se non con la magia stessa?
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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Tutto partì con i primi riscontri.
Problemi al satellite, avvistamenti, interferenze alle linee telefoniche.
Poi il tutto si amplificò.
La natura ci si rivoltava contro.
Terremoti, eruzioni vulcaniche, maree, tornadi.
Da lì si capì che non era più solo fantascienza.
Qualcuno stava attaccando la terra.
Una specie avanzata, era avanti miglia rispetto a noi.
Ci conoscevano alla perfezione, ogni nostra debolezza, ci coglievano di sorpresa, tanto da sospingerci a chiederci da quanto tempo ci stessero osservando.
E se conoscevano l'umanità alla perfezione, con che altro coglierli alla sprovvista?
Così si iniziarono a selezionare ragazzi e ragazze tra i 13 e i 20 anni, venivano suddivisi in squadriglie e mano a mano addestrati in vista degli attacchi frontali con queste nuove creauture che non avrebbero tardato ad arrivare.
Niente di nuovo essendo un addestramento, penserete, non se non si tiene in conto gli esperimenti genetici che si effettuavano sui 'selezionati' per mutarne il DNA e permettergli quindi di sviluppare nuovi poteri.
I primi esperimenti furono un fallimento, un centinaio di ragazzi ci rimisero la loro vita, ma il governo si rifiutò di fermarsi.
Così si andò avanti e, nonostante l'alto numero di abomini e riscontri negativi, si iniziò ad ottenere risultati.
I procedimenti di trasformazione erano assolutamente segreti e nascosti, ma le voci che giravano a riguardo erano tutt'altro che rassicuranti.
Alla fine del ciclo, si doveva fare addestramenti speciali per prendere padronanza del proprio potere, o meglio, del 'nuovo arto' come lo chiamavano i nazionalisti.
C'era chi sviluppava capacità riguardanti un elemento, chi capacità di controllo della psiche e chi capacità motorie elevate.
Più varietà ci sono, più difficile sarà per loro anticipare ogni nostra mossa
Raccontava il presidente sulla sua comoda poltrona rossa, nella sua bella villa iper protetta, mentre migliaia di ragazzi venivano torturati per i loro stupidi esperimenti.
La mia avventura ebbe inizio il 20 settembre.
Un vagone troppo piccolo per la quantità di ragazzi presenti ci portò in un grosso stabilimento. Simile ad un enorme fabbrica.
Uno alla volta ci dirigemmo all'ingresso.
Dopo qualche ora passata tra il patire il freddo e l'ansia, arrivò il mio turno.
Un soldato mi prese le braccia e fece passare il metal detector.
"Courtney Martin.
Settimo smistamento.
Tredicesimo gruppo.
Sedicenne. 54 kg. 1.68m."
Un altro uomo, un generale, intuii dalla divisa, annuì
"Prova con iniezione Z3, potrebbe funzionare con lei"
"Ma Signore, le precedenti reclute che hanno ricevuto questa somministrazione nei migliori dei casi hanno perso un arto. Non possiamo perdere altri soldati."
"Soldato Berdin, qua comando io. Portala al laboratorio secondo i miei ordini o la prossima cavia sarai te stesso."
Bastarono queste parole, uscite dalla bocca fredda e apatica del generale, per convincere il soldato ad abbandonare ogni obiezione e a scortarmi in una stanza bianca. Nessuna finestra.
Nessun tavolo.
Solo un lettino al centro e una specie di cabina a vetri opachi sul lato della stanza. 
Al suo interno c'erano cavi neri e piccole punte spuntavano sui lati di essa.
Tutto in quella stanza mi trasmetteva terrore.
"Togliti tutti i vestiti e stenditi sul lettino."
Guardai incerta l'uomo che aveva parlato, un cinquantenne con il camice bianco, Dott. Durmen lessi dal cartellino. Dal suo viso non trapelava alcuna emozione. Aveva già visto migliaia di ragazzi scortati lì dentro, aveva già visto la stessa scena troppe volte per provare anche solo un minimo di incertezza per quello che faceva.
Siamo al servizio del mondo. Combattenti per l'umanità
Era quello il loro motto, che si ergeva tridimensionalmente al di sopra dell'ingresso all'edificio.
Mi svestii, avevo paura.
Non provai nemmeno un poco di vergogna quando mi trovai di fronte al medico, nuda. 
Abbandonai i vestiti sul suolo e mi lasciai cadere le braccia lungo al corpo.
Non mi ero mai svestita interamente davanti a nessuno, ma la paura di quello che mi stava per succedere scacciò dalla mente ogni altro pensiero.
Ogni respiro era un fremito e un insieme di convulsioni infinite.
L'uomo mi indicò con un cenno spazientito il lettino e io mi sforzai di mandare giù un groppo enorme che mi soffocava in gola e mi distesi.
Gli occhi fissi sulla luce accecante del soffitto.
Mi provò la pressione, controlló il mio andamento dei battiti cardiaci sotto sforzo, facendomi correre su e giù per una scala per dieci minuti , e dopo di che mi fece sdraiare, il cuore che mi scalpitava nel petto per la fatica.
Ottima forma Court, davvero
Pensai sarcasticamente.
Dopo qualche minuto mi passò un bicchiere.
"Bevi."
Lo presi e guardai la sostanza al suo interno.
È solo acqua, pensai, cercai di confortarmi pensando che fosse un semplice gesto di gentilezza per alleviare la sete causata dalla corsa appena effettuata per la prova sotto sforzo.
Ma, vuoi per i modi burberi che aveva di fare, o vuoi per il suo sguardo impenetrabile sul viso, quella possibilità mi sembrava poco a poco sempre più lontana.
Bevvi tutto d'un sorso, sforzandomi di deglutire la sostanza insapore nonostante i miei dubbi.
Ad un tratto si fece tutto offuscato.
Vedevo sfocato, mi girava la testa.
Nessuna parte del corpo rispondeva ai miei stimoli e dopo poco sentii ogni forza mancarmi.
Il dottore mi prese di peso e mi infilò della cabina, il suo tocco sembrava marmo freddo, mi trasmetteva un insieme di emozioni, tutt'altro che piacevoli o confortanti.
Chiuse la porta con un tonfo.
Le piccole dimensioni della 'gabbia' fecero sì che non cadessi a terra come un sacco di patate, nonostante non mi sentissi le gambe.
I piccoli aghi che vedevo prima da fuori si trasformarono, dopo una serie di comandi digitati dal dottore al di fuori della cabina, in grossi spilloni che mi colpirono ogni parte del corpo.
Un grido soffocato mi crebbe in gola.
Poi divenne tutto nero.
   
 
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